Autore: ulysse
17-19 aprile 2015 – Isola d’Elba
La proposta, il vaglio ed il travaglio ed alla fine la concretizzazione dell’idea: l’Isola d’Elba.
Ci ritroviamo il venerdi mattina direttamente sull’autostrada per Civitavecchia, presso una stazione di servizio.
Il gruppo è un pò più numeroso che nelle ultime uscite: Freeblue, Annina, MrSergio, Murdock, Giovanna, Lucilla e Ulysse.
Una gita babbaluca non può non iniziare con la colazione ed anche questa volta la tradizione è rispettata; approfittiamo del momento per fare il pieno e si parte, in perfetto orario con la tabella di marcia. Certo, è solo un trasferimento e come tale lo assimiliamo, tranquilli e dritti alla meta. Arriviamo a Piombino; dopo un macchinoso e complicato parto per i biglietti siamo in tempo per prendere il traghetto che sembra aspettare solo noi per salpare. Infatti non appena imbarcate le moto abbiamo giusto il tempo per salire ai ponti superiori e prendere posto nelle poltroncine al bar che il traghetto inizia a muoversi.
Sgranocchiamo toast e patatine in navigazione, aspettando di essere sulla terraferma per mangiare qualcosa di più sostanzioso.
Portoferraio, pochi minuti per sbarcare e ci muoviamo in direzione del centro, attraversando un mercato rionale che oramai sta chiudendo; la tavola calda che abbiamo adocchiato ha però i tavoli tutti prenotati e così andiamo più avanti; c’è un locale a me noto, offre un comodo parcheggio a vista per le moto ed una veranda chiusa; ci preparano il tavolo ed ordiniamo. Una volta qui servivano solo panini, ottimi e di tutti i tipi; adesso il locale ha assunto pretese da ristorante ma la qualità dei panini era decisamente superiore! Il conto, invece, è da ristorante vero… ma l’Elba è questa, bisogna cercare negli angolini nascosti per trovare un rapporto qualità – prezzo decente.
Bene, dopo il frugale pasto riprendiamo le moto e ci dirigiamo verso Marciana Marina ma prima ci fermiamo a fare il pieno. Arriviamo a Marciana Marina, è presto, prendiamo possesso degli alloggi e dopo aver sistemato i bagagli siamo di nuovo in strada, pronti per un primo giro.
Il tempo atmosferico è ottimo, avevamo preso un pò d’acqua all’arrivo a Piombino ma qui sull’isola c’è il sole!
Di nuovo in sella; abbiamo programmato un giro nel quale percorreremo una strada molto sinuosa e montana: da Marciana Marina costeggiamo di nuovo il mare in direzione Procchio e poi su, per Sant’Ilario e Poggio per poi scendere di nuovo a Marciana Marina.
Mente ci accingevamo a prendere la salita per Sant’Ilario, al bivio La Pila, veniamo fermati da un gruppo di commissari di percorso: c’è il rally ed alcune strade sono in fase di chiusura per le prove speciali. Dopo un iniziale malinteso con un commissario intento più a rimpinzarsi che a controllare, lo stesso ci da la benedizione per percorrere lo stretto tracciato, raccomandandoci di andare veloci perchè fra non molto avrebbero chiuso la strada e saremmo rimasti bloccati a Poggio.
Forti di questa autorizzazione e della raccomandazione ad andare veloci, procediamo a passo garibaldino per lo stretto e sinuoso percorso, incastonato fra i boschi. Fondo stradale pessimo, ma tracciato degno di ospitare la speciale. Sant’Ilario, poi Poggio; parcheggiamo in piazza per un caffè ma siamo costretti a ripartire immediatamente, perchè il gentile vigile ci comunica che stanno per mettere le transenne; e via, questa volta in rapida discesa su Marciana Marina.
E’ ora di farci una bella doccia ma siamo costretti a smadonnare un pò con la caldaia; problema risolto in poco tempo dal proprietario della casa assistito da Freeblue, in versione Puffo Termoidraulico. Ci ritroviamo in strada per fare due passi e fare una ricognizione per pizzerie, tavole calde e trattorie. In verità ce le aveva indicate il proprietario di casa e la ricognizione serve ad annusare, a farci venire l’ispirazione giusta.
Abbiamo scelto, il posto è in un vicolo del lungomare, a pochi passi da casa.
La proprietaria è di Acitrezza e la cucina offre in aggiunta alle specialità locali anche dei piatti siciliani. Facciamo un mix, la cena risulta molto gradevole al palato e, come di consueto, molto gradevole anche dal punto di vista umano; non mancano le cazzate, le risa, gli sfottò e tutto quello che la nostra fantasia riesce a partorire.
Bene, ci è molto piaciuto tanto che ordiniamo la cena per l’indomani sera!
Due passi ancora, per digerire, e cominciamo a far diminuire la distanza fra noi ed i letti…
Un riposo ristoratore ci vuole, praticamente sono diciotto ore che siamo in giro!
La notte scorre serena, senza il minimo rumore; anche il mare è tranquillo e non si riesce a percepire il benchè minimo sciabordio; l’alba risveglia gli infaticabili gabbiani, che salutano il sole a gran voce, con le loro caratteristiche risate.
Qualche automezzo passa sotto le finestre, la nostra casa è sul porto e le attività, qui, iniziano molto presto. Ancora non sveglio riesco però a percepire l’Ape a quattro tempi dalla più vecchia due tempi… Lucilla lascia il giaciglio molto presto, se ne va in giro a respirare l’aria frizzantina del mattino, scattando anche qualche bella foto all’alba nell’Elba.
Abbiamo appuntamento alle nove al bar, per la colazione e qui ci ritroviamo puntuali, tutti o quasi ed il ritardo accumulato ci fa lasciare il bar poco dopo le 10e30; abbiamo deciso di andare a visitare la miniera di Monte Calamita, dato che precedentemente io e Lucilla eravamo riusciti a consultare l’itinerario del rally: interdetta la zona Portoferraio, Volterraio, Rio e più tardi chiuderanno a Lacona… il giro dell’isola va a farsi benedire e noi rimediamo con valida alternativa.
Una bella passeggiata al trotto ci porta a Capoliveri; sosta in piazza per cercare di parlare con qualcuno dell’ufficio visite, ma non c’è nessuno. Un gentile impiegato del municipio mi dice che un minibus è già partito per le miniere, con a bordo una scolaresca, ma chiama al telefono la guida avvertendola del nostro arrivo; bene, ci aspettano con l’altro minibus.
Percorriamo i sei chilometri di sterrato fino al piazzale di partenza per la miniera; parcheggiamo le moto, la guida gentilmente ci concede di lasciare caschi e giacche all’interno dell’ufficio; visitiamo il piccolo museo, ci forniscono i caschetti, saliamo sul minibus e partiamo. Altri chilometri di sterrato e finalmente arriviamo alla miniera.
Il luogo è suggestivo, il mare cristallino contrasta con il rosso e l’ocra della terra e delle rocce circostanti, a loro volta sovrastate da una rigogliosa flora mediterranea; entriamo in miniera, la guida ci precede illustrando luogo e storia, decisamente affascinanti.
Terminata la visita riprendiamo posto sul minibus e torniamo al piazzale, dove dopo una breve sosta riprendiamo le moto e partiamo, tornando a Capoliveri. Oramai sono le 13e30, dobbiamo trovare un posto per lo spuntino; a Capoliveri c’è la morte civile, dobbiamo anche sbrigarci perché fra non molto chiuderanno la strada a Lacona e non potremmo effettuare neanche quel mezzo giro che ci rimane da fare; avrei voluto sostare a Mortigliano per il pranzo, ma l’orario non ce lo consente.
Proseguiamo costeggiando il mare, passiamo Lacona e poco dopo troviamo una specie di pub-trattoria. Ci fermiamo, ci preparano un doppio tavolo all’interno di una veranda e dopo aver fatto un po’ di casino con le ordinazioni finalmente mangiamo: salsicciotti, hamburgher, capresi…
Dobbiamo partire, indugiamo solo un po’ dopo la fine del pranzetto perché fra poco chiudono la strada e noi rischiamo di rimanere bloccati; ci mettiamo in marcia, continuiamo lungo la costiera e dato che oramai siamo passati possiamo anche concederci una sosta per ammirare il panorama. Dopo le foto riprendiamo la strada ma nei pressi di Marciana troviamo la strada bloccata; poco male, ci gustiamo il passaggio di alcune auto impegnate nella speciale e poi una stradina alternativa ci riporta a Marciana Marina.
Doccia, abbiamo anche il tempo per un aperitivo a base di birra e patatine e poi scendiamo a fare due passi.
Alle ventuno siamo alla trattoria, pronti a gustarci cous cous di pesce, caciucco, un frittino di calamari e gamberi, cannoli e caprese per dolce. Che magnata, regà!
Soddisfatti lasciamo la trattoria, il solito camminamento e poi a casa.
La nostra ultima notte sull’isola è dolce e tranquilla come la precedente.
E’ di nuovo giorno; oggi l’appuntamento è al solito bar per le 8e30 ed il ritardo è contenuto…
Dopo la colazione si parte, in mattinata potremmo girare quella parte di isola che ci manca. Solita marcia trotterellante, solo un po’ più allegra. Arriviamo alle Foci, antico crocevia delle nostre scorribande in fuoristrada; all’altezza del campeggio Le Palme prendiamo decisi per il Volterraio; anche se la strada non è più sterrata il fascino del luogo resta intatto; da alcune aperture fra le fronde che coronano la strada si può intravedere un paesaggio marino che neanche in cartolina, mentre dall’altra parte e dall’alto la fortezza guida e sorveglia severa il nostro cammino.
Siamo a Rio nell’Elba, scendiamo verso Rio Marina, piccola deviazione per una frana e siamo in porto.
Parcheggiamo e subito chiediamo alla biglietteria se possiamo imbarcarci da qui, ma non è possibile.
Ci incamminiamo per andare a fare qualche foto alla fine dell’antemurale, dove c’è il cannone, poi di nuovo in moto per andare a rubare qualche scatto al vecchio pontone di carico della miniera.
E’ ora di andare, a Portoferraio dobbiamo imbarcarci alle 14e30 e vorremmo arrivare in tempo per prendere qualcosa da mangiare in traghetto. Arriviamo poco prima delle 12 e decidiamo di imbarcarci subito, pranzeremo a Piombino ed eviteremo di perdere inutilmente tempo.
Detto fatto, in breve siamo seduti ai divani del bar e ci possiamo anche gustare uno scorcio della SuberBike!
Sbarchiamo, giriamo un po’ per Piombino ed alla fine troviamo una rosticceriaristorantebar.
Entriamo e subito scopriamo che la rosticceria è chiusa; va bene, non abbiamo alternative, ci sediamo ad un tavolo ed ordiniamo chi un primo, chi un’insalata e cose così.
Il locale è veramente triste, demodè ed anche kitsch; il cameriere, con i suoi capelli laccati, sembra uscito dalle pagine di Alan Ford… gli avventori, poi, sono caricature viventi: a parte una famigliola sono tutti anziani ma ovviamente non è questo il problema, ma è che sono veramente particolari. Una coppia dove lui sembra un cravattaro o un beccamorto e lei una decrepita Liz Taylor nel suo peggior stato di forma; altra coppia dove lei parla parla parla e lui, che a mala pena si regge sulle gambe, mangia mangia mangia.
Però i piatti che arrivano sono buoni, davvero… mai fidarsi delle apparenze.
Ci rimettiamo in moto, abbiamo davvero guadagnato tanto tempo, tutto quello che avremmo dovuto aspettare inutilmente se avessimo preso il traghetto all’ora stabilita.
Il rientro a casa è monotono, un’Aurelia che più noiosa non si può!
Sosta ad un bar distributore, anche qui gente molto particolare: un gruppo di motociclisti che… meglio lasciar perdere, dico solo che sulla semicarena di una V-Storm campeggiava la scritta “smanetta bike”. Ma si può?!
I personaggi del posto, poi, anche loro sono delle macchiette: tutti superpanzoni, enormi, più che anziani bisognerebbe dire andati a male ed in mezzo una ragazzetta ventenne di tutt’altre fattezze; dietro al distributore, per non farci mancare nulla, una famigliola numerosa in camper si fa la doccia alla fontanella.
Via, dopo il piccolo ristoro maciniamo gli ultimi chilometri e ci fermiamo all’area di servizio sulla Civitavecchia Roma per i saluti.
Anche questa è andata; e bene!
In questa gita abbiamo anche fissato le date e ci siamo contati per il viaggetto annuale, adesso sarà solo da organizzare, ma questa è un’altra storia che spero di scrivere quanto prima.
Bella gita, meteo favorevole, amicizia e condivisione; i Babbaluci non si sono smentiti neanche questa volta.
Alla prossima, amici!
21-22 marzo 2015 – San Vito Chietino
E siamo a Marzo!
Oramai, e da tempo, è consuetudine che i Babbaluci non riescano ad effettuare una gita al gran completo; c’è sempre qualcuno che, per un verso o per l’altro, non può aggregarsi all’allegra brigata.
A me dispiace, noi siamo Amici prima che un gruppo di motociclisti ed ogni volta che parto in formazione ridotta ho sempre l’impressione di aver fatto un torto a chi resta al palo…
Ma dovrò abituarmi all’idea che il tempo spensierato è oramai passato e che gli impegni lavorativi e di famiglia possono prendere il sopravvento su altro. Forse da grande ci riuscirò! 😀
Alla fine siamo io, Ulysse, e MrSergio il quale durante la settimana ha però una sorpresa in serbo; diceeee… “Problemi se viene una amica con noi?”
A Sè, ma quali problemi, telefono alla locanda e prenoto una stanza in più. Detto, fatto.
Ci ritroviamo la mattina del sabato, alle 8e30, alla stazione di servizio Ardeatina, sul Gra. Posto inusuale, per noi, ma siamo solo in 3 e Sergio con Daniela provengono dallo stesso quartiere, via, palazzo… inutile fargli fare tanta strada, mentre per me che vengo da più lontano un punto del Raccordo o un altro è la stessa cosa.
Colazione, la ritualità deve essere rispettata! Daniela si offre di offrire, non è l’ultima arrivata all’appuntamento perchè giunta insieme a MrSergio, ma potrebbe esserlo nel gruppo Babbaluco, così le lasciamo gioia ed emozione di recarsi alla cassa.
Fa freddo, per tutta la settimana il meteo non è stato certo propizio per una gita in moto, anche se una schiarita il giorno precedente ci aveva fatto sperare.
Decidiamo quale percorso prendere: un breve tratto della Roma L’Aquila per poi uscire a Vicovaro e proseguire sulla Tiburtina; MrSergio apre la via e, seguendo l’estro delle sue improvvisazioni alla Paganini, ci conduce sulla Roma Napoli!!! 😀 poco male, recuperiamo in fretta facendo abortire un tentativo per evitare la A24 imboccando da subito la Tiburtina: troppo traffico, troppi semafori, troppi lavori in corso.
Riprendiamo così il percorso deciso all’inizio e rapidamente arriviamo a Vicovaro. Il freddo persiste, ma la pioggia fortunatamente non arriva! Saliamo di quota con la SS5, passiamo Carsoli e poi ancora più su, fino a Tagliacozzo per poi scendere su Avezzano. Prendiamo una strada oramai resa obsoleta e dimenticata dalla superstrada Avezzano Sora, ma un incanto da percorrere in moto.
Un lungo susseguirsi di curve e saliscendi, anche se il fondo stradale non è dei migliori possiamo guidare sciolti e senza avere automobili intorno. Neanche moto, a dire la verità, ma si sa che i Babbaluci non sono motociclisti estivi, la nostra stagione dura tutto l’anno.
Sono contento di vedere, nei retrovisori, Daniela che svolacchia fra le curve come la farfalletta della vispa Teresa; è abile ed agile, una piacevole sorpresa; sta al passo, che cerco di calibrare allungando fino a che non la vedo staccarsi, per poi rallentare di quel tanto che serve a sincronizzarci e procedere allo stesso ritmo. MrSergio chiude la fila, con l’autorità ed il mestiere che gli sono propri.
Arriviamo a Sora, incredibilmente scaldati da un sole per niente timido; rifornimento, opportuna sosta al bar e si riparte, non prima di esserci informati sulle condizioni di Forca d’Acero; dice il giovane benzinaio: “oramai il peggio è passato, potete trovare un pò di ghiaccio all’ombra ma la strada è pulita.”
Saliamo decisi, prudenti ma decisi, e dopo il lungo tratto sinuoso, all’altezza del rifugio iniziano i tornantoni tipici della Route 666, come l’ha poi ribattezzata Daniela.
La neve comincia a fare la sua comparsa a bordo strada, per poi diventare elemento predominante man mano che si sale; la percorrenza del valico e la successiva discesa avvengono fra due muri di neve, sembra di essere in una pista da bob! Strada pulita, sì, ma bisogna camminare al centro evitando di mettere le ruote sul ghiaccio; e comunque il nastro d’asfalto è opportunamente condito con sale misto ad una una finissima ghiaia.
Non ho ansia, MrSergio non è certo una novità e Daniela dimostra perizia e sicurezza; in questo scenario e con tutta la tranquillità del mondo arriviamo sotto Opi, proseguendo verso Barrea su una strada semideserta.
Passiamo il lago, la strada sale di nuovo e noi pure; si va verso Castel di Sangro, Roccaraso e poi Rivisondoli; la neve rende il paesaggio simile ad una foto in High Key: tutto è bianco, dalle campagne ai rilievi montuosi, dagli alberi ai paesi che si intravedono in lontananza. Noi proseguiamo, attraversiamo Campo di Giove su un fondo stradale pessimo ma di grande soddisfazione, perchè siamo consapevoli di esserci, di stare vivendo una delle nostre tante scorribande particolari, dove la nostra presenza è spesso la sola presenza che si può incontrare su due ruote.
Io e MrSergio chiacchieriamo, accoppiati nel canale bluetooth, e ad un certo punto la domanda sorge sponantanea: maaa… ndò se magna?
Rispondo: “avresti dovuto fermarti a Rivisondoli, ora conviene proseguire fino a Fara San Martino, prima non troviamo nulla.” E proseguiamo. La “nostra” fontanella poco dopo il Valico della Forchetta è ghiacciata ma ciò che fa veramente impressione è vedere la strada che percorremmo lo scorso anno in estate, una strada immersa nel bosco e che sbuca a poca distanza dal Valico, completamente sommersa dalla neve; ovviamente una sbarra ne chiude l’accesso, ma se non ci fosse la sbarra non si capirebbe che lì c’è una strada! La neve ricopre tutto, altissima fino ad arrivare a metà dei grossi tronchi e fronde ed alberi caduti fanno pensare ad una selva impenetrabile!
Ma la SS84 ben presto cattura con prepotenza la nostra attenzione, mostrandoci tutta la sua austera bellezza; le rocce che incombono sull’asfalto come panna che ricade sul cioccolato, invadenti, minacciose; il fondo valle che scorre alla nostra destra, tutto incute timore e rispetto e noi guidiamo di conseguenza, non senza prenderci quel minimo di libertà che la confidenza e l’affetto del luogo ci consentono.
Arriviamo così a Fara San Martino; poco prima di uscire definitivamente dall’abitato e dopo l’ennesima curva, c’è un punto di ristoro, un bar pizzeria ristorante che ci accoglie calorosamente, in quanto adeguatamente riscaldato.
Ci liberiamo delle armature, che accatastiamo su un tavolo adiacente: una natura morta fatta di caschi, guanti, protezioni, giacche…
Preso posto al tavolo a fianco ci apprestiamo ad ordinare, non senza aver fatto una visita di cortesia ai bagni. Qualcuno bussa in modo molto maleducato alla porta: ” ma insomma, vogliamo liberare questo bagno?”
Il vaffa fermenta rapidamente in gola, scuotendo prepotentemente le corde vocali; apro la porta per donargli la giusta libertà ma… Sorpresa, Gianfranco!!!
Resto un attimo ammutolito e sbigottito, mentre con uno sforzo deglutisco il vaffa, e poi ci abbracciamo da fraterni amici quali siamo. Queste sono situazioni nelle quali in una frazione di secondo si torna indietro di secoli.
Con Gianfranco e Massimo ho condiviso amicizia intima e scorribande in moto, quante e quante ne abbiamo fatte!
Poi, come spesso avviene, gli accadimenti della vita ci portano a prendere strade diverse ma ciò che è stato fra noi era veramente profondo e per forza di cose è rimasto radicato nell’animo.
Torniamo ai tavoli, saluto Patrizia e Ludovica, moglie e figlia di Gianfranco, ed i loro amici di gita poi, prima che i ricordi rubino la scena, torno al tavolo e mi riunisco ai miei compagni di merenda.
Un tagliere formaggi ed affettati per antipasto; pasta, ottima, abbondante e con l’aggiunta di una ulteriore ciotolona della medesima che ci viene recapitata al tavolo a nostra insaputa.
Acque, caffè e con 10 eurozzi a testa facciamo la nostra porca figura alla cassa.
Saluto rapidamente la combriccola di Gianfranco e poco dopo siamo di nuovo fuori, di nuovo bardati; come novelli crociati alla conquista di Edessa, cavalchiamo i nostri destrieri per raggiungere l’agognata meta.
La strada dopo un pò diventa tranquilla, le curve si addolciscono ed il nastro d’asfalto si distende verso il mare; passato Lanciano non sono molti i chilometri che ci separano dall’arrivo.
Ed arriviamo, possiamo concederci anche un proseguimento a bassa andatura lungo la Costa dei Trabocchi per poi tornare indietro e fermarci alla locanda.
Parcheggiamo le moto e prendiamo possesso delle camere; l’orario di arrivo è quello abituale, quel tardo pomeriggio ma non troppo tardo, che ti consente doccia, relax ed una passeggiata a piedi prima di andare a cena.
Facciamo le foto al trabocco che è proprio di fronte alla locanda, fino al calar del sole in modo da poter catturare la splendida luce naturale che, poco più tardi, si lascia sopraffare dai fanali apposti lungo il molo e sul trabocco.
Due chiacchiere con un loquace indigeno, poi prendiamo la strada della locanda. Ceniamo qui, il tavolo ben presto si riempie: piatti di spaghetti alle vongole, il tipico brodetto locale, dolce, vino, tanta acqua, ben cinque bottiglie che includono la scorta notturna; con 18 euri a testa chiudiamo la pratica.
Due passi dopo cena, constatando che il meteo è stato molto generoso ma che, come ogni cosa, tutto ha un limite: le nuvole, fino ad ora presenti ma discrete, alte, riprendono ad addensarsi in una specie di riunione carbonara, lasciando presagire un complotto ai nostri danni.
Raggiungiamo i giacigli, prima di addormentarmi mi metto a trafficare con la carta per cercare un percorso per il rientro del giorno dopo, che possa essere un itinerario compatibile con il maltempo ma interessante, motociclisticamente dignitoso. Raggiunto lo scopo e soddisfatto, chiudo la carta e mi lascio andare al meritato riposo.
Durante la notte, silenziosa, rilassante, la pioggia scende piano ma incessante. Metto il naso fuori della porta verso le 6 e mi preparo psicologicamente ad un rientro bagnato.
Dopo la colazione, però, la pioggia diventa fine e delicata, più uno sporca visiere che un rovescio vero e proprio. Ma al momento di avviare le moto si prefigura l’episodio che avrebbe dato vita all’avventura di questa gita: la mia moto non parte, batteria completamente a terra. Era successo anche a Casciana, a Febbraio, ed avevo dato la colpa alla notte trascorsa sotto la pioggia incessante ed al freddo.
I cavetti, presto, non c’è un minuto da perdere! MrSergio li tira fuori e la moto riparte; prendiamo la strada del rientro, seguendo la costa fino a poco prima di Ortona, poi deviamo verso l’interno per raggiungere Chieti, attraversando un pò di colline.
Bel percorso, la pioggia ci accompagna ma in modo delicato, senza essere d’intralcio. Lambiamo la periferia di Chieti, ecco la Tiburtina: Manoppello Scalo, Alanno, Scafa, i cartelli scorrono a velocità regolare lungo la via e quasi non ci accorgiamo che, oramai, la pioggia ci ha lasciati da un pò di chilometri.
Arriviamo alle porte di Popoli che lo scenario è umido ma non completamente annacquato; fa freddino, ma le strade sono pulite anche se giustamente e leggermente scivolose.
L’idea pian piano prende forma nell’involucro racchiuso all’interno del casco, rapida consultazione con MrSergio tramite il dente blu e via, in breve siamo a Raiano.
Sosta caffè, cioccolata per Daniela, il freddo ci ricorda di esistere nonostante, da due giorni, siamo in Primavera. Ci scaldiamo un pò all’interno del bar e dopo riprendiamo le moto per goderci le Gole di San Venanzio.
Arriviamo, e passiamo senza fermarci, a Castelvecchio Subequo; proseguiamo verso Castel di Ieri per poter valicare a Forca Caruso… Strada ghiacciata ai bordi, bisogna fare attenzione a dove si mettono le ruote; intorno solo neve e neve; le pale dei generatori eolici che, come fantasmi, appaiono e scompaiono fra le nuvole; atmosfera surreale, scenario insolito ed improponibile se correlato ad una gita in moto.
Ma sappiamo il fatto nostro, la migliore qualità dei Babbaluci non è andare a manetta ad ogni costo, ma sapientemente sapersi adattare al tracciato ed alle condizioni climatiche per poter raggiungere qualsiasi meta, e questo stiamo facendo, siamo semplicemente noi stessi. Ci fermiamo nei pressi del valico per le foto, poi il freddo ci consiglia di non indugiare nella sosta. Cominciamo a scendere verso Celano, poi ecco Avezzano, dove girando per le vie del centro individuiamo un bar ben fornito di focacce e panini. Sosta, l’ora c’è e la fame pure. Ordiniamo e poi ci andiamo a sedere all’interno di un moderno gazebo in metallo e vetro, riscaldato a meraviglia e non da quei funghi cinesi che odio; l’aria calda arriva dalle grate incassate nel pavimento di legno.
Consumiamo il frugale e soddisfacente pasto e ci rimettiamo in sella, ma senza partire perchè la mia moto, di nuovo, si rifiuta di avviarsi e lo fa solo dopo tante preghiere e convincimenti.
Si va verso Tagliacozzo, saliamo e dopo Sante Marie la moto si ammutolisce, del tutto e definitivamente. Il sospettato è ora reo confesso: lo statore!
La strada è ghiacciata, siamo dopo una curva e Daniela, saggiamente, si apposta all’inizio della medesima per le opportune segnalazioni.
Io e MrSergio armeggiamo con cavetti e batterie, ma visto l’esito negativo dei nostri tentativi e la luce che comincia a scarseggiare, decidiamo per il traino.
Siamo attrezzati, in ordine di apparizione entrano in scena la fettuccia da montagna, i rinvii ed il cordino d’acciaio che MrSergio ha sapientemente inguainato in un tubetto di gomma e provvisto di redance.
La mia moto è ora unita alla sua in un cordone ombelicale che va dai riser del mio manubrio al suo portapacchi; la comunicazione via interfono si dimostra quanto mai utile per tenere la corda sempre in tiro.
Una quindicina di chilometri, poi Carsoli; un distributore, ci accampiamo; il gentilissimo gestore chiama al telefono il proprietario di un negozio di ricambi moto proprio di fronte, ma questi essendo domenica è fuori; però ci dice che la madre può venirci ad aprire il negozio e possiamo prendere ciò che ci serve, batteria e quant’altro, “poi quando ripasserete da qui, pagherete”.
Ci sta un triplo esclamativo? Si, proprio tutto, anche tre!!! Però non ha la batteria adatta, le sue dovrebbero essere riempite di acido e tenute sotto carica almeno tre ore.
Così torna alla ribalta l’idea iniziale: supermercato, MrSergio parte, io e Daniela ci occupiamo dei preparativi per l’operazione: si tagliano a misura i cavi dei morsetti di MrSergio, si scollega la vecchia batteria, si prepara il sito per il trapianto della nuova, che verrà sistemata all’interno della borsa da serbatoio.
Mr ritorna con una batteria da auto da 35Ah, che inseriamo nell’alloggio previsto e tramite le nuove arterie artificiali connettiamo ai morsetti della vecchia. Il tutto, cavi e morsetti, viene posizionato e fasciato con cura meticolosa, nulla deve pendere, nulla deve scintillare; i cavi escono da sotto la sella, vengono fissati con fascette alla maniglia della borsa e dalla congiunzione delle cerniere entrano nella borsa.
Operazione da manuale, trapianto perfettamente riuscito! All’inizio la moto borbotta, ha un avvio incerto e faticoso, la centralina si è giustamente risentita di tutti gli sbalzi che ha dovuto subire.
Ma poi, capito che avevamo agito anche per il suo bene, per consentirle una alimentazione corretta e sufficiente, si mette a disposizione senza ulteriori polemiche.
Stacco l’anabbagliante, che consumerebbe troppa energia; oramai è scuro, prendiamo l’autostrada che è a soli due chilometri e procedo con la sola posizione e, di tanto in tanto, le quattro frecce -che consumano parecchio- , l’incedere sicuro protetto da MrSergio in avanguardia e Daniela subito dietro.
Arrivare al casello è abbastanza veloce ed agevole, poi il deliro del raccordo. Ci eravamo salutati all’area di servizio Colle Tasso, poco prima del casello, la mia moto rigorosamente lasciata accesa.
Loro avevano anche insistito per scortarmi fino a casa, ma lo ritenevo inutile. Così, acceso solo l’abbagliante nello svincolo GRA – AUTOSTRADA FIUMICINO, prendo per Civitavecchia sempre con le sole quattro frecce e la posizione. Arrivo a casa; entro nel garage, spengo la moto e non riparte più!!!
La gita si è conclusa, e con essa l’avventura. Abbiamo percorso strade non facili in ambienti non facili; neve, ghiaccio, freddo, nulla ci ha fermato, neanche l’inconveniente alla mia moto.
I Babbaluci hanno dimostrato ancora una volta di essere ciò che sono: motociclisti veri, senza fanatismi, senza borchie, senza tute in pelle ma molto efficaci, molto consistenti.
Daniela ha degnamente arricchito le nostre fila; è un piacere vedere la gente guidare in quel modo, molti maschietti potrebbero vergognosamente arrossire dentro il casco.
I complimenti si estendono anche scesi di sella: compagnia e simpatia sono quanto di meglio si possa sperare.
Su MrSergio nulla da dire che già non sia stato detto, posso solo ripetere condensando in una sola parola la mia concezione sull’uomo e motociclista: affidabile! C’è, sempre, in ogni situazione non si tira mai indietro, è uno di quelli (pochissimi) con i quali farei il giro del mondo in moto.
Io? Che c’entro io, la mia poca esperienza e la mia troppa modestia mi impediscono di esprimermi adeguatamente.
Alla prossima, Amici.
E vorrei vedervi tutti, Babbaluci che non siete altro.
14-15 febbraio 2015 – Casciana Terme
Uno dei luoghi di incontro più utilizzati dai Babbaluci, un’area di servizio sul GRA, vede arrivare alle 8e15 di mattina la coppia Ulysse-Lucilla.
Mentre completiamo il pieno di carburante arriva anche MrSergio; insieme ci trasferiamo davanti al bar e poco dopo arrivano Andrea ed Annina.
Siamo tutti qui, lo sparuto gruppo di Babbaluci ha perso nella settimana anche donna Flò, influenzata.
Murdok probabilmente sperduto nelle regioni Balcaniche, Poldo afflitto da poltronite, freddo, sindrome da cambio moto o chissà che altro… E gli altri immersi ognuno nei propri impicci.
Colazione, gentilmente “offerta” dalla coppia Freeblue-Annina come da antica tradizione, che vede l’ultima moto appropriarsi dell’ambito posto alla cassa.
Convenevoli, giochiamo con le radio e finalmente, poco dopo le 9, partiamo.
Cassia, il meteo a rischio non ci consente grosse alternative; percorriamo un lungo tratto un tratto della Consolare, poi una interruzione ci costringe a salire a Radicofani e dopo un giro tutto curve e saliscendi riprendiamo la strada maestra; tutto sommato un gradevole imprevisto!
Trotterellando senza fretta arriviamo a Bagno Vignoni; una sosta è d’obbligo anche per chi già conosce questo luogo incantevole, a maggior ragione per chi non l’ha mai visto.
Foto, fotine, autoscatti e… s’è fatta ‘na certa, come si dice da noi.
Decidiamo che ci conviene fare uno spuntino qui, data l’ora, perchè più avanti, lasciata la Cassia per addentrarci fra colline e campagne della Maremma, sarà difficile trovare un posto per rifocillarsi lungo la via.
Spuntino in una specie di grotta; crostoni, arrosticini, polenta… Doveva essere veloce, ma la flemma degli autoctoni non ci consente questa facoltà.
Si riparte; poco prima di Siena lasciamo la Cassia e dopo un bel tratto di Maremmana arriviamo a San Galgano, altra sosta prevista ed imperdibile.
Parcheggiamo le moto, entriamo nell’Abbazia dopo aver pagato il relativo biglietto; una gentile impiegata ci invita a lasciare caschi e zaini alla reception.
Visita interessante, sempre affascinante; anche qui altre foto, una sosta al bar una volta usciti e di nuovo in sella.
Il tempo regge, a tratti abbiamo anche un bel sole; la mattina era stata umidiccia e fredda, ma da Bagno Vignoni è andata molto meglio.
Andatura decisa ma tranquilla, la strada scorre piacevolmente e senza soste sotto le nostre ruote, ad una quarantina di km all’arrivo arriva il buio.
La strada è scivolosa, altra piccola deviazione, ma oramai siamo arrivati: ecco il nostro B&B!
Meno male, perchè qualche goccia d’acqua aveva già cominciato a cadere…
Sistemiamo le moto nel parcheggio interno, scarichiamo i pochissimi bagagli e prendiamo possesso delle camere.
Bella struttura, pulita, accogliente. Una bella doccia ci rimette in pace con noi stessi, fugando le fatiche della giornata dovute più al freddo che al tracciato.
Ci ritroviamo tutti nel soggiorno-sala da pranzo-cucina e decidiamo per la cena; non siamo entusiasti all’idea di riprendere le moto, sta piovendo; non ci va neanche di andare a piedi alla pizzeria poco lontano.
La signora del B&B telefona ad una trattoria non molto distante dal B&B, chiedendo se possiamo ordinare una cena da portare via.
Affare fatto. MrSergio, più tardi, chiama e coadiuvato da Freeblue, in una sorta di siparietto tipo Totò e Peppino che scrivono la lettera alla malafemmina, fanno le ordinazioni.
I due si recheranno poi, in moto, alla trattoria per prelevare la frugale cena.
Con 16 euri a testa ci sbafiamo: due focacce e un pezzo di casareccio; rigatoni con funghi, rigatoni con sugo piccante, tagliata, straccetti con rughetta e parmigiano, patate, verdure grigliate, il tutto per sei persone mentre noi siamo in cinque. A complemento una bottiglia di rosso, una birra e cinque bottiglie di acqua!!! Che cena!
Ma il bello di questa cena, più che la bontà del cibo ed il ridicolo esborso, sono l’atmosfera ed il contesto.
Babbaluci riuniti a tavola, come tantissime altre volte, ma come se fossimo a casa nostra.
La signora e relativo marito ci lasciano padroni della locanda, con tanto di chiavi, in quanto si recano al porto di Livorno.
Eh si, i Babbaluci ispirano e meritano fiducia!
Durante la cena le nostre cazzate si fondono e si confondono con quelle provenienti dall’ultima serata del festival di San Remo, in sottofondo televisivo.
Finita la cena un vorace MrSergio si finisce gli ultimi rigatoni al sugo piccante rimasti nella teglia! ‘Ccitua, Sè!!!
Le chiacchiere dopocena ci accompagnano al commiato per il meritato riposo.
Le stanze sono molto carine, pulite e confortevoli. L’appuntamento è per l’indomani mattina alle nove, per la colazione.
La notte scorre tranquilla e silenziosa, mentre la pioggia cade incessante.
Siamo a colazione, fra un fetta di torta ed una crostata cerchiamo di definire il percorso per il rientro.
Deciso, passiamo per le Terme di Saturnia.
Partiamo in un momento di tregua dalla pioggia; una strada sinuosa e piacevole, nonostante sia abbastanza scivolosa, ci conduce per valli e colline da cartolina.
Umidicci ma ancora salvi dalla pioggia arriviamo fino all’Aurelia, dove invece ci si rovescia addosso un incessante acquazzone.
Percorriamo la Consolare 1, grandissimo regalo di Gaio Aurelio Cotta, fin quasi a Grosseto, per poi piegare nuovamente verso l’interno.
Belle strade, la pioggia ora è cessata e la guida è più rilassata. Pancole, Scansano, ma poco prima di Montemerano di nuovo strada interrotta!
Siamo a pochissimi km da Saturnia, ma aggirare il blocco ci costrebbe più di 40km… Improponibile, con questo tempo e a quest’ora.
Torniamo sui nostri passi poi, per strade e stradine incantevoli ed immerse in scenari bucolici, ritorniamo sull’Aurelia, all’altezza di Montalto, passando sotto Capalbio e per Pescia Fiorentina.
Il tratto di Aurelia è abbastanza anonimo, unica nota registrata il ritorno della pioggia, ma più leggera.
Ci fermiamo per uno spuntino, sono quasi le 16. Fortunatamente ripartiamo asciutti e a Civitavecchia prendiamo l’autostrada.
Ci fermiamo ad una stazione di servizio per i saluti.
Dispiace sempre lasciarci dopo aver passato delle belle giornate insieme, nonostante le avversità meteo.
Ma fin dai giorni del Porcoddue abbiamo imparato a non far condizionare le nostre uscite dai capricci di Giove Pluvio.
Bella uscita, impronta Babbaluca molto marcata.
Un plauso alle ragazze, Annina e Lucilla, che hanno affrontato senza batter ciglio i lunghi tratti senza sosta, il freddo e la pioggia.
Alla prossima, Amici!
13-14 settembre 2014 – Preci
25 luglio 2014 – Senza Meta
Un venerdì qualunque…
Con Murdok ci eravamo scambiati un messaggio via WhatsApp un paio di giorni fa: “io venerdì sono libero, te che fai?”.
La risposta arriva il giorno dopo: “per venerdì ok”.
Appuntamento alle otto all’area di servizio sulla Roma – L’Aquila. Puntuali, anzi, come nostro solito alle sette e mezza siamo già lì…
Colazione, rapida, un messaggio sibillino a MrSergio ma non sorte nessun effetto, solo un “magara” al nostro invito a raggiungerci.
Partiamo, con calma percorriamo i pochi chilometri che ci portano all’uscita di Vicovaro.
Non abbiamo una meta precisa, Murdock deve rientrare presto nel pomeriggio, verso le cinque, cinque e mezza, così navighiamo a vista.
Vicovaro, dunque, poi Arsoli, Carsoli e via dicendo fino a Tagliacozzo; poi Magliano dei Marsi, il nostro bar abituale.
Un paio di foto, due chiacchiere e si riparte: Massa d’Albe, Forme e poi la splendida strada per Ovindoli, raggiunta e passata la quale ci immettiamo sulla strada che conduce a Secinaro.
Siamo nel cuore del parco del Velino Sirente, paesaggio mozzafiato!
Ci fermiamo per un paio di foto e per assimilare profumi e paesaggio; certo che non fa affatto caldo, anzi!
Secinaro, la logica dice di proseguire per Castelvecchio, per poi scendere per le Gole di San Venanzo.
Ma la strada è chiusa, all’incrocio. Sia mai che ci facciamo scoraggiare e dunque proseguiamo, seguiti da un motociclista solitario. Ma questa volta non c’è nulla da fare, proprio non si passa: camion e ruspe sono ai bordi di una specie di voragine che prende tutta la larghezza della strada. Dietrofront!
Solo un chilometro per ritornare all’incrocio dove, dopo una rapida consultazione, decidiamo di non ripercorrere la strada già fatta e dunque saliamo per la SR261: Molina Aterno, Acciano, Fontecchio e poi la periferia dell’Aquila.
Il tutto a velocità moderata, per godere il scioltezza il piacere della guida e della vista su panorami austeri e spettacolari.
Attraversiamo L’Aquila, una stretta al cuore! Ferite ancora aperte, chissà quando e se si saneranno…
Usciamo dal centro per immetterci sulla SS17Ovest. Dopo pochi chilometri il caos è oramai alle spalle, cominciamo ad apprezzare le considerevoli doti di questa strada: fondo perfetto, tracciato che sembra una pista, veloce, velocissimo; è veramente pericoloso farsi prendere la mano, ma noi pur concedendoci il giusto divertimento siamo sempre prudenti.
Sella di Corno rappresenta l’apice di questa goduria, ma non la fine perchè la seconda parte del tracciato, verso Antrodoco, produce altrettanta adrenalina.
Da Antrodoco si procede sulla SS4, fino alle porte di Rieti; prendiamo una strada a noi nota, montana, solitaria, deserta, curve a non finire. Longone Sabino, sono le dodici e mezza, non ci siamo mai fermati, rifornimento senza scendere dalla moto, unica sosta la mattina poco prima delle nove a Magliano dei Marsi… non è che sentiamo i morsi della fame, ma data l’ora non ci dispiacerebbe assaggiare qualcosa.
La mia idea è di andare verso il Turano, la strada ci consente questa possibilità, ma non seguiamo la via più facile, scontata. Lasciamo la strada principale, in questo punto di per se già stretta ed alquanto sconnessa.
Viottolo, sterrato, poi fuoristrada vero, con pietrisco e canaloni, il paradiso: una veduta sul lago, dall’alto, che ci consente di ammirarlo nella sua interezza. Ora si scende, ci infiliamo in una macchia folta e sempre più stretta.
Arriviamo a Castel di Tora da una direzione alquanto insolita, dopo un giretto nelle strette vie del paese arriviamo al ponte ma invece di percorrerlo ci inerpichiamo su una corta ma ripidissima salita.
MrSergio mi aveva parlato un ristorantino che aveva visitato la scorsa settimana e vogliamo provare: aveva ragione, molto babbaluco il posto, il cibo, il conto!
Molto soddisfatti, ci godiamo la vista del lago da sotto la fresca pergola, una siesta non molto lunga ma appagante, poi si riparte.
Passiamo, ora si, il ponte; Posticciola, il bivio di Rocca Sinibalda, senza indugi verso Monteleone e poi Salaria.
Pochi chilometri, quanti bastano per farci maledire un paio di automobilisti imbecilli contromano, addirittura un sorpasso in terza fila e prima di una curva… ‘cciloro!
Arrivati a Passo Corese non abbiamo dubbi: pochi chilometri di autostrada ci porteranno al raccordo, dove le nostre strade si divideranno.
Lisciamo la stazione di servizio dove avremmo potuto salutarci… ci facciamo segno che ci telefoneremo.
Arrivo a casa, il parziale segna 520km, freghete lupè! Nonostante i chilometri percorsi abbiamo anche rispettato l’orario di rientro.
Anzi, come da cultura Babbaluca, siamo naturalmente in anticipo!
Tutto questo è stato il nostro venerdì qualunque, dove avremmo dovuto essere impegnati in tutt’altre attività.
E’ stato quasi come nei Giorni del Porcoddue: lontano dalla routine, dai pensieri, da tutto ciò che è fastidioso. Abbiamo spezzato la spirale, ancora una volta, e siamo felici.
Quanto poco ci vuole per stare bene: un amico, vero, come lo sono tutti i Babbaluci, la moto sotto al culo e la strada davanti… Null’altro!
Grazie, Jean, per questa splendida giornata.
Un abbraccio fraterno in attesa di incontrarci di nuovo.
Alla prossima, magari con tutti gli altri Amici!
22-29 giugno 2014 – Dolomiti & Austria
Questa volta sembrava proprio non si dovesse fare!
Mille impedimenti, impegni, problemi… il viaggetto annuale, anche nel momento in cui tutto era definito, dalle prenotazioni agli itinerari, non suscitava la solita frenesia, tipica di questi eventi.
Ma poi tutto si è materializzato all’improvviso, con l’unica ansia di sempre: riuscirà Marmar ad effettuare le prenotazioni del suo traghetto per le date giuste?
Fortunatamente, al terzo tentativo ha azzeccato l’ambo 🙂
Defezioni importanti ne abbiamo comunque avute, Murdok e Jack, ed anche se il viaggio è stato divertente e senza problemi i loro fantasmi si palesavano inquieti ed inquietanti nelle gallerie, nei corridoi degli alberghi e se ti affacciavi di notte dalla camera potevi scorgere i loro lenzuoli luminescenti aggirarsi fra le moto a lubrificare con olio evanescente le catene.
Il gruppo si ritrova domenica 22 giugno, la mattina molto presto: alle 5e30 siamo tutti alla solita area di servizio sul GRA: Freeblue ed Annina, MrSergio, Marmar, Ulysse e Lucilla ed un intrepido Murdock che come forma di autolesionismo sceglie di venirci a salutare al momento della partenza, facendo colazione insieme a noi.
Manca solo Donna Flo, in visita alla sorella in quel di Fermo; ci raggiungerà lungo la via, l’appuntamento è a Faenza.
Si parte! Salutiamo Murdok, che ci segue con l’auto per un pezzo di raccordo, ed imbocchiamo decisi l’autostrada.
Il nostro punto di uscita sarà Incisa. Fa freddino e le previsioni meteo non sono certo incoraggianti, ma pur viaggiando sotto i 130 ci beviamo l’autostrada, facendo anche una sosta in autogrill per il necessario svuotamento idraulico.
Bella scenetta durante la sosta: in idiota a bordo di una Golf, in compagnia di una bella ragazza, arriva in stile “what’s American boy”, spedito, curva larga veloce e decisa per entrare nel parcheggio e… SBRANGH! prende in pieno il marciapiede con una ruota. Io e MrSergio avvertiamo un sibilo: ha spaccato la gomma, che nel breve lasso di tempo che serve ai due per scendere dall’automobile è già a terra.
Mr Idiot esordisce con un semplice e superficiale “ho bucato”!
Ci rimettiamo in marcia, usciamo dall’autostrada e dopo aver percorso un piacevole tratto lungo l’Arno siamo sulla statale che ci porta prima a lambire Pontassieve e poi a Dicomano, crocevia di mille nostre scorribande sul Tosco Romagnolo.
Prendiamo la direzione di Borgo San Lorenzo ed uno sguardo al TomTom mi dice che l’ora ed i km mancanti per Faenza ci consentono una sosta, non prevista ma “premeditata”: a Vicchio, o meglio a Ponte a Vicchio, ci fermiamo alla Casa del Prosciutto, sosta doverosa nei confronti di coloro che non la conoscono.
C’è il sole e fa anche caldo, ora. La tesoriera Annina e gli altri entrano, tranne il sottoscritto che resta a guardia delle moto con tutto il loro carico, inclusi navigatori, ricetrasmittenti, caschi lasciati appesi eccetera.
Escono recando preziosi involti di pizza con mortadella, prosciutto, acqua e CocaCola.
Ci sbafiamo il tutto seduti ai tavoli sotto la pergola, concedendoci un’oretta di relax e cazzate varie, poi giustamente arriva il momento di ripartire.
Borgo San Lorenzo, rapida salita al Passo della Colla, foto ricordo sotto il cartello del passo ed altrettanto rapida discesa a Marradi, da dove ci lanciamo per Faenza.
Qui, dopo un volo pindarico, incontriamo il papà e la sorella di MrSergio, incluse le due bellissime e simpaticissime nipotine.
Qui arriva anche Flo, il che mi toglie quel peso che mi portavo dietro dalla partenza. Non per sfiducia nei confronti di Flo o di altri, ma esperienza e fatti vissuti dicono che appuntamenti del tipo “alle otto e ventinove alla prima area di servizio sul raccordo Siena Bettolle, fra Colonna del Grillo e Castelnuovo Berardenga” sono fattibili solo con i Babbaluci da una parte (ovvio) e Jack dall’altra!
Scherzi a parte, una semplice foratura potrebbe far cominciare molto male l’avventura e sarebbe bene evitare. Ci servirà per la prossima volta… Io cerco sempre di tenere preoccupazioni ed ansie lontane dai nostri viaggi e scorribande, non è il caso di andarsele a cercare.
Bene, dopo la piacevole sosta a Faenza che ha coinciso anche con lo spuntino a pranzo, ci spippiamo con notevole spirito di sopportazione il lungo tratto autostradale che, passando per Bologna, ci condurrà fino a Belluno.
Fortunatamente il tempo regge, solo un paio di soste, sufficienti per far riprendere alle chiappe la usuale forma, ed arriviamo nei tempi previsti a Ponte nelle Alpi, dove usciti dall’autostrada dirigiamo verso Belluno.
Qui è decisamente più divertente, la strada sinuosa, i panorami ci destano dal torpore autostradale e con rinnovata energia maciniamo i restanti chilometri.
Ma… ecco che visiere e cupolini cominciano ad impreziosirsi con perle di rugiada… cazzo, affanculo la poesia, PIOVE!
Nulla di esagerato, però; acqua che scende dolcemente e che smette anche abbastanza presto, così che arriviamo ad Alleghe, nostra prima tappa, praticamente asciutti.
L’albergo è una graziosa costruzione nello stile tipico di questa zona; all’arrivo ci viene subito aperto il garage dove ricoveriamo le moto.
Scarichiamo i bagagli, ci impossessiamo delle camere e dopo una rapida doccia ci ritroviamo nuovamente tutti quanti: un’occhiata al lago, le cui acque lambiscono il giardino dell’albergo, qualche foto, convenevoli con una simpatica combriccola di vecchietti marchigiani in gita e fra un “scine” ed un “none” arriva presto l’ora di cena.
Sinceramente ci aspettavamo che l’albergo svolgesse il tema “cena” con argomenti più convincenti, degni dei palati e degli appetiti Babbaluchi, ma comunque strappano la sufficienza, più per nostra generosità che per loro meriti. Durante la cena conosciamo Giulia, cameriera giovanissima, bella e simpatica e scopriremo poi anche laureata, alla quale va il nostro caloroso saluto.
Dopo cena siamo troppo stanchi per poterci concedere i soliti momenti divertenti, dunque presto prendiamo la via del letto.
Il cielo non promette nulla di buono, vento e pioggia si impossessano delle tenebre, ma personalmente confido che domani il sole non mancherà di mostrare la sua prepotenza agli altri elementi.
E’ lunedì, dunque, e di buon mattino siamo riuniti al tavolo della colazione, durante la quale decidiamo il percorso odierno: viste le condizioni meteo pensiamo di sfruttare la mattinata ed il primo pomeriggio per fare strada e salire ai passi, poi se il meteo ce lo consentirà effettueremo estensioni altrimenti, in caso di maltempo, saremo già nei pressi della locanda.
Partiamo, rifornimento appena usciti dal bel paesino di Alleghe; poi la strada inizia a salire: Passo Pordoi e Passo Sella fatti a bassa andatura, per goderci lo spettacolo offerto da queste montagne imperiose e dalle pittoresche vallate. Ovvie foto transitando sui passi, acquisto di spille ed adesivi, caffè, duemila curve in rapida successione… insomma, una tranquilla giornata facendo “quattro passi” con gli amici.
Si prosegue, scendiamo dal Passo Sella e ci dirigiamo verso Passo Gardena percorrendo una statale molto bella, per panorami, curve, fondo stradale… Ma purtroppo, arrivati al punto in cui si dovrebbe iniziare a salire per il Passo Gardena, la sbarra abbassata impedisce l’accesso.
In questi casi, come dimostrano passate esperienze, non ci facciamo intimidire e quanto meno proviamo a passare, nel peggiore dei casi si torna indietro; ma siamo attorniati da altre moto e così decidiamo di non dare il cattivo esempio. Torniamo qualche centinaio di metri indietro, giusto per parcheggiare davanti ad uno splendido chalet dove consumeremo lo spuntino di metà giornata; l’ora c’è, la fame pure, sarà una occasione anche per fare il punto della situazione e goderci un pò di sole. In effetti ci godiamo anche il pranzo, a base di canederli, speck, formaggi; apprendiamo anche che l’imponente massiccio davanti a noi è il Sassolungo.
Il cibo ottimo, le ragazze che servono ai tavoli sono simpatiche ed efficienti, lo chalet è veramente grazioso, il panorama stupendo… cosa volere di più? Che la salita al passo fosse aperta, magari.
Le ragazze ci informano che c’è stata una frana nella notte e dunque si ripete la storia vissuta al Col de l’Iseran quando facemmo la RDGA.
Decidiamo di tornare indietro, purtroppo dovremo di nuovo valicare il Passo Sella, in senso contrario ovviamente, ma poi invece di proseguire per il Pordoi scediamo a Canazei e prendiamo la strada fra i boschi che ci condurrà prima al lago di Fedaia, poi a Malga Ciapela ed infine, a pochissima distanza, a Sottoguda.
Durante questo tragitto il cielo era diventato nero e un pò di pioggia l’abbiamo presa, ma arrivati a Sottoguda anche se non c’è la comparsa del sole per lo meno non piove. Decidiamo di andare a vedere le gole, ma il trenino che dovrebbe condurci lungo il percorso oggi non fa servizio e così, con stivali ed abbigliamento tecnico, sarebbe impossibile percorrere a piedi i cinque chilometri di andata e ritorno nelle gole.
Riprendiamo la strada, arrivati al bivio per Alleghe decideremo se proseguire per il Falzarego ed il Giau o rientrare alla locanda. Arriviamo al bivio asciutti, ma il cielo sopra le montagne è nelle peggiori condizioni possibili, tanto che non mi sento di incoraggiare la salita ai due passi. Proseguiamo per Alleghe e durante il tragitto cerchiamo la cascata indicata dai cartelli che avevo notato la mattina uscendo dal paese, ma arrivati ad una radura, dopo aver percorso un tratto in fuori strada, la cascata sembra non essere nelle immediate vicinanze e dunque, definitivamente, rientriamo.
Definitivamente è parola grossa… dato che qui il tempo ancora regge, ci cambiamo velocemente e ritorniamo ad Alleghe, dove ci gustiamo uno spritz seduti comodamente ai tavoli di un bar, su una terrazza affacciata sul lago.
Abbiamo anche modo di fare due passi nei dintorni, entrare in un negozio di sport per poi scappare via alle prime gocce d’acqua.
Facciamo appena in tempo ad entrare nel garage che si scatena il finimondo, con acqua a catinelle ed un vento impressionante. Durerà quasi tutta la notte.
Noi intanto ci andiamo a cambiare e dopo la doccia di rito ci ritroviamo al piano terra, dove Flo prende lezioni di burraco dalle arzille vecchiette, altri sorseggiano birra, altri ancora impegnati al telefono.
Arriva l’ora di cena, solito rancio non schifoso ma che neanche ci sorprende per qualità e quantità.
Dopo cena giochiamo a carte, a “merda”, gioco molto divertente e coinvolgente. Anche la bella Giulia, espletato il servizio in sala, si unisce a noi e “sci diverte, sci, proprio coscì”!
Fra cazzate, botte sulle mani ed unghie conficcate nella carne (la mano destra di Ulysse è un’arma letale e ne fanno le spese la mano di Marmar ed anche quella di Annina) giunge l’ora di andare a nanna.
Tutto sommato la pioggia non ci ha disturbato più di tanto, dandoci un avvertimento nel pomeriggio e facendo poi la sua comparsa definitiva solo al momento del rientro; si potrebbe anche dire che i Babbaluci hanno esperienza e cervello per saper cogliere i segnali e capire quando è il momento di rientrare… la salita al Passo Gardena è stata sostituita con un percorso altrettanto valido, la sosta spuntino è stata molto positiva, la compagnia dei Babbaluci sempre divertente ed entusiasmante. Domani non potremo scegliere il percorso, dato che questa possibilità ce la siamo giocata oggi e con gran successo.
Martedì, solita colazione; il cielo ha scaricato durante la notte acqua e vento a volontà, ora è rabbuiato e le nuvole nascondono le cime delle montagne.
Ma se la tendenza è la stessa di ieri, potremo contare sulla presenza del sole durante la mattinata e parte del pomeriggio; ci mettiamo in marcia con questa speranza, che è quasi una certezza.
Usciamo da Alleghe, direzione opposta a quella di ieri; un percorso molto piacevole ci porta, in breve, a salire alla Forcella Aurine ed un ancor più entusiasmante tracciato, fra i boschi, ci conduce a Passo Cereda.
Foto e proseguiamo per San Martino di Castrozza, attraversando poi l’omonimo parco naturale nel quale è inserita la salita al Passo Rolle. Solito caffè, spille ed adesivi e ci rimettiamo di nuovo in marcia.
Passo Pramadiccio e Passo di Lavaze ci conducono sulla splendida statale che ci porterà al lago di Carezza.
Un colpo d’occhio suggestivo, il laghetto incastonato fra le montagne, con il Latemar a fare da quinta. Il lago è veramente come lo si vede dalle foto che si trovano in rete: cristallino, con colori saturi e particolari.
In lingua ladina viene chiamato “Lec de Arcoboan” ed è proprio così! Parcheggiate le moto entriamo in quella specie di centro commerciale, per niente invasivo e che non deturpa affatto questo meraviglioso scenario; ci serviamo di una tavola calda per il meritato spuntino, a base di salsicciotti, tacchino, patate ed un assaggio di polenta.
Poi al lago… scendiamo alla sponda più vicina, fotografiamo, leggiamo le numerose targhe che ci ricordano che questa è la zona in cui cresce l’abete di risonanza con il quale vengono costruiti violini e chitarre; ci immergiamo in questa atmosfera magica, da favola.
Si riparte, come è giusto che sia, conservando questo scenario nelle nostre capoccette.
Passo di Costalunga, Vigo di Fassa, Moena e poi la spettacolare salita al Passo San Pellegrino, durante la quale incrociamo un curioso e datato “centauro” a bordo del suo instancabile cinquantino!
Dopo il valico, il tracciato ed il panorama sono altrettanto spettacolari: qui i tornanti, in ripida discesa, sono molto più numerosi, con un raggio molto stretto e c’è modo di divertirsi semplicemente guidando, tranquilli e lisci come la seta.
Anche oggi non abbiamo preso acqua, avendo avuto la comparsa di un pur timido sole, con un rientro ad Alleghe che più asciutto non si può.
Doccia, abiti civili e ci ritroviamo nella sala per vedere la partita del mondiale: gioca l’Italia contro l’Uruguay.
Prendiamo posto nella sala, attorniati dai simpatici vecchietti marchigiani e di nuovo Giulia in nostra compagnia.
Io sono tranquillo, tanto lo so che dopo il fuoco fatuo con l’Inghilterra ripeteremo la figuraccia fatta contro il Costa Rica.
Non dovrei farlo, ma apro una parentesi personale, passionale, “de core”: Prandelli non l’ho mai potuto sopportare, già dalla sciagurata partita contro la Juve quando ci venne annullato il gol di Turone.
Men che meno lo potei soffrire quando fece la sua fugace ed infame apparizione nella Roma, da allenatore.
La mia stima come uomo e come professionista del calcio è sempre stata negativa, ma questo è un mio parere personale e poco importa.
Quello che importa è che, puntuale, è arrivata la figuraccia con l’Uruguay e la conseguente eliminazione dal mondiale. Complimenti vivissimi!
Mentre noi, a gratis, ci divertivamo a giocare a “merda” lui, insieme al sopravvalutato SuperMario, impietosiva l’Italia con una figura di merda vera; pagato profumatamente, però.
Una nota di colore: nel 2012 eravamo in viaggio, noi Babbaluci, e ad Ivrea durante la cena assistemmo alla disfatta dell’Italia all’Europeo: 0-4 contro la Spagna.
Noi che portiamo sfiga? No no, loro le solite pippe ar sugo!
Dopo questa disgraziata parentesi ci mettiamo a tavola, stasera le cose vanno un pò meglio.
Il dopo cena ci vede impegnati nel solito gioco a “merda”, divertente e gratuito, poi si va a dormire. Solita buriana di acqua e vento durante la notte.
Mercoledì, oggi è giorno di trasferimento.
Si impacchettano i bagagli sulle moto, saluti ai vecchietti, a Giulia, e dopo la colazione si parte. Una deviazione dal percorso impostato sui TomTom ci porta a valicare il Falzarego ed il Valparola, che non avevamo potuto fare il lunedi per il cambio di itinerario causato dalla frana sul Gardena. Piove pianissimo, ma confidiamo nell’usuale miglioramento.
Ci ricongiungiamo poi con la retta via, ovvero la piacevole statale che ci porta a Brunico. Rifornimento, caffè e proseguiamo per il lago di Anterselva: percorso per lo più rettilineo ma immerso in una natura rigogliosa, da cartolina. Il lago è molto carino, ci fermiamo a fare le foto ed una breve passeggiata lungo la sponda. Si pensa, inizialmente, di fermarsi qui per lo spuntino ma il semaforo a tempo per salire al Passo Stalle consiglia, nonostante qualcuno insista, di proseguire e non perdere tempo inutilmente, tanto sicuramente al valico troveremo qualcosa per rifocillarci.
La salita è ripida, tortuosa e molto stretta, si percorre a senso unico grazie al semaforo a tempo ed è una benedizione, perchè a parte che due auto proprio non ci passerebbero, ma in moto ci si può concedere di buttare un occhio al panorama senza doversi impegnare esclusivamente nella guida.
Al passo la veduta sulla valle e sul lago è spettacolare. Il rifugio è proprio sul valico e dalla terrazza si può continuare ad ammirare il panorama.
Anche qui canederli ed altre prelibatezze tipiche soddisfano il palato quanto l’ambiente circostante appaga l’occhio e lo spirito.
C’è il sole, anche troppo! E adesso possiamo disporre del tempo secondo le nostre esigenze e non quelle del semaforo, i Babbaluci sono sempre lungimiranti!
Solite spillette ed adesivi li abbiamo presi, si riparte. La discesa nella valle successiva, ovviamente ora in territorio Austriaco, è veramente entusiasmante, attratti come siamo dal panorama incontaminato, con le poche case di contadini, i piccoli borghi rurali con giardini che neanche nelle riviste specializzate si possono ammirare.
Un buon tratto di strada, circa 40km, tanto dura questo angolo di paradiso. Poi la statale, comunque sempre piacevole, ci conduce a Lienz e poi a Grosskirchheim, nostra meta.
Il posto è incantevole, il piccolo borgo ha un sapore antico, tutto è pace e tranquillità; la locanda poi è un posto da favole.
Ci presentiamo alla gentile signora, che arriva dopo una breve attesa durante la quale abbiamo modo di vedere un simpatico, anziano e secco signore prendere la porta di uscita con andatura di bolina, barcollando peggio di un peschereccio sballottato dalla mareggiata… ammazza che sbornia! Mi fa piacere, mi ricorda mio nonno! Quale dei due? No, nessuna differenza, entrambi si imbenzinavano spesso ma soprattutto volentieri 😀
Prendiamo le camere, che ci lasciano letteralmente stupefatti per ampiezza e soprattutto per le particolarità architettoniche ed anche dell’arredo.
Cerchiamo di addolcire il nostro aspetto svestendo l’armatura motociclistica e dopo una ritemprante doccia indossiamo abiti più rilassanti e ci rechiamo in giardino, dove fra una chiacchiera e l’altra consumiamo un aperitivo a base di pollo fritto e birra.
Ma qui succede il fattaccio! I locandieri hanno un bellissimo cane: Max, un enorme russian terrier, nero come la pece. Simpatico, socievole, gradisce le nostre carezze, soprattutto quelle di Marmar che nell’impeto del gioco finisce a terra. assumendo una posizione, per così dire, dog style! E’ un attimo, Max gli è sopra e… zum zum, che spendida cagnetta! avrà pensato il terrier.
Io mi piego in due dalle risate, gli occhi appannati dalle lacrime. Un più lucido Freeblue riesce a riprendere la scena con il telefono ma purtroppo si sono persi gli istanti iniziali, che peccato!
Mentre scrivo mi sto ancora sganassando dal ridere!
Dopo questa romantica parentesi Max viene ricondotto a cuccia e noi, poco dopo, prendiamo posto a tavola.
La cena è eccellente, a dir poco. Ora si che siamo a livelli abituali e consoni ai Babbaluci. Prelibatezze locali, ottima birra; Arti (?!), simpatico ragazzo in sala che era già stato “addocchiato” nel giardino da una esuberante e per niente timida Flo (questo è simpatico anche a noi, non quello jettatore olandese sul Valparola!) ci spiega il menù in inglese, ma è un inglese per me più incomprensibile dell’idioma locale, che non è il tedesco standard. Bene o male, anzi molto bene, le pietanze arrivano a tavola e sono quanto di meglio avremmo potuto desiderare.
E la cena ci è costata una stupidaggine, come del resto il soggiorno.
Dopo cena altra partita a merda, ovviamente rinominata “scheisse”. Giulia è stata sostituita da Arti, che si adegua immediatamente e vince anche diverse mani.
Si va a dormire, domani la giornata sarà lunga e faticosa. Oh, anche oggi giornata asciutta! Giustamente MrSergio fa notare che il meteo dice che nel fine settimana sarà bello, mica arriverà all’improvviso domenica mattina! Cazzarola, dovrebbe già migliorare da prima ed infatti oggi è stata una giornata soleggiata dopo l’iniziale umidità dovuta più che altro al fare strada fra le nuvole, sui primi passi dopo Alleghe.
Il giovedì mattina, dunque, ci ritroviamo non troppo presto. I più arzilli sono comunque già in giro per il piccolo borgo… Ci riuniamo, colazione, si salda il conto e finalmente si parte: direzione Grossglockner!
Siamo veramente a pochissimi chilometri dall’inizio della salita al passo; fatto il rifornimento alle moto poco dopo il paese, iniziamo a marciare su questo splendido percorso, fondo stradale perfetto, curve di ogni tipo.
L’andatura è sempre rilassata, godiamo della guida e dei panorami che, man mano che si sale, diventano più austeri, imponenti.
Siamo al piccolo casello dove la nostra efficiente tesoriera paga il pedaggio per tutti, ricevendo anche degli adesivi insieme ai biglietti.
Si sale di quota, ad una rotatoria prendiamo la prima delle due deviazioni previste: il ghiacciaio Franz Josefs; la strada continua a salire, salire… Pareti di roccia e cascate lungo il lato destro, ampio panorama dall’altro lato.
Arriviamo in cima, il parcheggio per le moto è fortunatamente molto più avanti di quello per auto e pullman; ci liberiamo dei caschi, lasciamo tutto attaccato alle moto e ci andiamo ad affacciare alla terrazza sul ghiacciaio.
Scenario incantevole, vette innevate, l’enorme vallone del ghiacciaio, specchi d’acqua azzurra sul fondovalle. Bello veramente!
Foto, naturalmente e naturalmente visita al negozio per l’acquisto di spille ed adesivi. C’è anche il sole, il cielo è pulito e le vette intorno sono fortunatamente tutte libere da nuvole.
Abbiamo modo di vedere, al parcheggio, diverse moto “strane” e personaggi eccentrici. Ci rimettiamo in marcia, ripercorrendo in discesa la strada fatta per salire e fermandoci per qualche foto ancora presso un laghetto ed una cascata lungo la via.
Ripresa la Grossglockner AlpenStrasse continuiamo a salire; una serie infinita di ampi curvoni e tornanti stretti… Ci fermiamo ancora una volta per una foto panoramica, al passo vero e proprio e poi, imboccato il tunnel, riprendiamo la marcia. Arriviamo al piazzale dove ci attende l’altra deviazione: la salita ai 2.500 e rotti metri dell’Edelweissspitze.
Strada strettissima, dobbiamo attendere che si svuoti il piazzale in cima prima che i “commissari di percorso” ci diano il via libera per salire. Solo tornanti, non ci sono curve di altre misure.
Ricapitolando: salita molto ripida e molto stretta, solo tornanti e pavè! Arriviamo in cima e lo spettacolo circostante, dal belvedere del piazzale, è da mozzare il fiato!
Si può ancora salire, a piedi ovviamente, di qualche metro sulla torretta e vedere ancora più lontano. Siamo stati molto fortunati a beccare una giornata di sole pieno proprio oggi, sul Grossglockner!
Ma la fortuna, si sa, aiuta gli audaci…
Si scende e la discesa ci rende consapevoli che stiamo per abbandonare il luna park.
Passiamo numerosi ed ingombranti trattori d’epoca che avevamo già notato sui passi Italiani, ma qui sono veramente tanti; noi, con le moto, comunque riusciamo a svicolare abbastanza velocemente.
Arriviamo a valle, ci aspetta una statale larga ed anonima; facciamo rifornimento e dopo qualche malinteso con i TomTom riusciamo a prendere la strada che ci porta a Bad Gastein.
Strada molto più piacevole, montana, curvosa ma non troppo se non nella parte dopo la sosta per lo spuntino.
Questa volta lo spuntino è un semplice panino a testa, neanche un gran che. MrSergio gira la clessidra e dice che è ora di ripartire, con grande soddisfazione da parte mia perchè la stessa esortazione la stavo per fare io. Anche ad Anterselva, sia lui che Andrea, avevano colto al volo l’importanza di partire subito per non perdere il semaforo verde…
In sella! Una ripida salita e qualche tornante ci portano fuori dal paese e poi ci addentriamo in una valle amena, molta vegetazione, seguendo la quale arriviamo al capolinea.
Qui dobbiamo caricare le moto sul treno e non posso non rimarcare che il via dato da MrSergio è stato quanto mai opportuno, perchè attendiamo solo pochi minuti, il tempo di fare i biglietti, che già possiamo imbarcarci; altrimenti l’attesa sarebbe stata lunga assai, perchè il treno parte ai venti minuti di ogni ora! Anche qui, come al passo Stalle, abbiamo giocato d’anticipo.
Le moto sui pianali delle carrozze, cavalletto laterale e prima innestata; l’addetto provvede, con grazia e perizia, a tesare le cinghie a cricchetto per assicurare le moto.
Mi viene in mente la traversata per la Grecia, dove dovemmo reperire da soli, sul traghetto, le cime ed assicurare sempre in prima persona le nostre moto…
Il treno parte, si infila ancora di più nella stretta valle e poi imbocca una lunga galleria.
Sembriamo dei pendolari stanchi, al rientro dal lavoro ed infatti la palpebra cala velocemente, inesorabilmente.
Pochi minuti, comunque, e siamo all’altra stazione, Mallintz.
Da qui attraversiamo una bella e lunga valle, immersa fra montagne e boschi e la strada è accompagnata da un allegro fiumiciattolo, che oltre ad acque limpide offre alla vista qualche cascatella.
Una sessantina di chilometri e siamo a Linz, la piacevole strada finisce qualche chilometro prima. Ci fermiamo, facciamo il punto della situazione: salire di nuovo al passo Stalle e scendere poi a Rasun di Sopra, nostra meta, oppure continuare sulla statale e passare il confine a San Candido? Si decide per la statale, in quanto Freeblue è un pò in apprensione per le indicazioni provenienti dall’amperometro della batteria. Il tempo di percorrenza sarebbe lo stesso sia per il passo che per la statale, ma ovviamente in caso di necessità al passo saremmo isolati.
Statale dunque, un pò di traffico ma neanche tanto; San Candido, Dobbiaco, Lago di Valdaora ed infine la deviazione per Anterselva, la stessa che imboccammo da Brunico per salire allo Stalle.
Pochi chilometri, una rotatoria e siamo in piena campagna, con le montagne a fare da sfondo; la locanda è proprio qui, bella, antica, bianca.
Ci piace, impastoiamo le moto ad una staccionata, sono proprio degli infaticabili cavalli che ci hanno portato a dorso per tutto il viaggio, incuranti delle ripide salite, della pioggia, del caldo.
Sciogliamo i bagagli, la pittoresca signora, pignola all’estremo ma molto simpatica, ci consegna le chiavi delle camere solo dopo averci sequestrato i documenti “manca uno, chi manca ti voi?”… sembra la moglie del Professor Kranz, tetesco di Cermania! Una più morbida -e carina- inserviente/cameriera ci accompagna al primo piano, nostra esclusiva proprietà! Le camere sono ampie, luminose, antiche come tutto il resto.
Solita routine: si sistemano i bagagli, doccia e poi si scende per la meritata birra.
Gironzoliamo un pò per il giardino, la signora appare molto compiaciuta dei nostri apprezzamenti per l’orto ed in effetti, anche se mancano i cetrioli, è molto ben curato come tutto da queste parti.
Ci illustra le varie piante, inclusi un “pasilico di montagna, si” ed una pianta di “menta al limone, menta al limone, ja”.
Ci aspetta la birra, sotto il porticato dell’ingresso, con un tavolone di legno massiccio e le relative panche. Gradini di una pietra antica e consunta conducono al porticato, tutto intorno è verde, è fattoria, è puzza di cacca di mucca, non del tutto sgradevole per chi ha passato le estati dell’infanzia dagli zii in Abruzzo. Ricordi antichi riaffiorano, dunque, e sono piacevoli, sono dei lunghi periodi estivi a scuole chiuse, ricordi di libertà incondizionata, regolata solo dalle ore dei pasti, ore sacrosante ed immutabili per i contadini.
La birra, dunque, accompagnata da chiacchiere e cazzate varie. Ci informano dalla cucina che si cena molto presto ed alle 20 siamo a tavola.
Che cena, ragazzi! Avevo avuto informazioni a riguardo, quando scelsi questa locanda, ma non speravo tanto!!!
Vi risparmio l’elenco, ma sappiate che dall’antipasto al dolce è stato un susseguirsi di piatti tipici molto molto buoni. Vino rosso, naturalmente.
Siamo contenti che anche domani sera potremmo gustare questa cucina! Il dopo cena, data l’ora della stessa, arriva presto… prendiamo possesso di un tavolo al primo piano, il nostro piano riservato.
Le carte immancabilmente vengono smazzate e distribuite per la solita “merda”, ma poi, dopo i vani tentativi delle sere precedenti, riusciamo a cambiare gioco, molto più triviale, nel quale i nomi dei concorrenti vengono cambiati in frasi che dire sconce è dir poco!
E così, fra un “maaa popo cacato er cazzo” ed un molto più gentile “aaa sgarato n’culo” arriviamo all’ora del meritato riposo.
A domani, amici!
E l’indomani arriva, puntuale. Alle sette io e Freeblue siamo già al corral dei cavalli… delle moto, cioè.
Andiamo dall’elettrauto a ritirare la batteria d’auto che Freeblue aveva ordinato ieri pomeriggio. Rapidamente torniamo alla locanda e ci mettiamo subito al lavoro: praticato un foro sul fondo del baule e sul portapacchi per poter far uscire i cavi, installiamo la batteria nel baule stesso. Assembliamo i cavi, montiamo i morsetti sulla batteria; prima di collegare i cavi a questa nuova batteria li stendiamo ordinatamente sotto la sella e li connettiamo alla batteria della moto, poi alla nuova, isolando i morsetti con nastro americano. Avviamento, la moto parte con un minimo di arrancamento iniziale.
Bene, operazione conclusa, possiamo andare a fare colazione.
Oggi la nostra meta è il lago di Misurina e la salita alle Tre Cime di Lavaredo.
Ripercorriamo la statale per Dobbiaco, prendiamo la deviazione per l’omonimo lago; il percorso, inutile a dirlo, è molto gradevole; si snoda fra laghi e boschi e sullo sfondo le imperiose montagne.
Misurina, deviazione per la salita alle Tre Cime; pedaggio, soldi buttati rispetto al Grossglockner, in quanto pur essendo bellissimo il tracciato è pessimo nel fondo asfaltato.
Il posto è incantevole, comunque, e dopo una lunga serie di curve e tornanti sempre in salita, arriviamo al rifugio Auronzo. Prima ci eravamo allungati fino al piazzale superiore, ma nuvoloni neri nascondevano le cime e così abbiamo parcheggiato sotto e siamo entrati nel rifugio.
Una cioccolata calda ci sta, una fetta di torta anche. Seduti al tavolo del rifugio apriamo la carta stradale e vediamo quale strada prendere dopo questa sosta.
Ci dilunghiamo, speriamo che gli squarci di azzurro che vediamo in cielo possano aprirsi anche sulle tre cime, ma è una vana attesa.
All’angolino dei souvenir ci procuriamo le solite ed irrinunciabili spille, adesivi ed in più qualche buff da indossare sotto il casco.
Riprendiamo le moto e scendiamo a valle, un pò dispiaciuti per non aver visto le Tre Cime, ma pazienza, siamo consapevoli di essere stati fortunati sul Grossglockner e nel resto del viaggio.
Passiamo il lago di Misurina e proseguiamo per Auronzo di Cadore. Bella strada, sinuosa, abbastanza ben tenuta, attraversiamo boschi verdi e rigogliosi.
Ad un certo punto la pioggia ci ricorda che esiste anche lei; gli amici si fermano ad indossare gli antipioggia; io proseguo, perchè la mia nota insofferenza a fermarmi per indossare l’antipioggia si giustifica dicendomi che il paese è a pochi chilometri e se dovesse continuare a piovere potremmo approfittare per fare la sosta spuntino.
Detto, fatto! Dopo una curva vedo una insegna tanto scarna ed essenziale quanto invitante: è una trattoria in mezzo alla campagna, prima di entrare in paese.
Mi fermo, parcheggio: mentre Lucilla va a chiedere al locandiere se è possibile pranzare io chiamo gli amici al telefono, dato che la ricetrasmittente collegata all’interfono è fuori portata; mi risponde Marmar e lo avviso che siamo fermi dopo il curvone a destra, davanti alla trattoria.
Nel frattempo arriva Flo, che non ha indossato l’antipioggia per la semplice ragione che non lo aveva. Intrepida ragazza, non si ferma e non si spaventa davanti a nulla; anzi, a volte si spaventa ma vince le paure e prosegue come tutti gli altri. Sta diventando una motociclista coi fiocchi e questo viaggio, fatto con la sua nuova GS 700, le sta regalando una carrettata di esperienza.
Arrivano gli altri, parcheggiano anche loro e ci accomodiamo nella trattoria, senza fronzoli come la sua insegna ma già si respira un buon profumo di genuinità.
Infatti il pranzo è quanto di meglio possiamo desiderare, accompagnato dalle chiacchiere anche istruttive del locandiere.
Ci dilunghiamo, quel tanto che serve ad aspettare che cessi la pioggia.
Poi di nuovo in sella, direzione Passo di Monte Croce di Comelico. Passato il centro abitato ed un lungo tunnel, si inizia a salire e se si sale la strada ovviamente non è rettilinea.
La salita è allietata anche dalle numerose cascatelle che scendono dalle rocce ai lati della strada; bel passo, certo non ci impressiona dopo quello che abbiamo visto nei giorni precedenti, ma la salita è gratificante per la guida e per i soliti panorami; per parecchi chilometri prima e dopo il passo la strada è in eccellenti condizioni. La discesa, poi, non è altro che un susseguirsi di tornanti molto stretti…
Arriviamo così a Sesto, continuiamo a scendere per San Candido, poi Dobbiaco e dopo che Marmar è stato inseguito, raggiunto e redarguito dai Carabinieri con tanto di sirena (!) deviamo per il lago di Braies.
Che spettaccolo: acque di un colore incredibile, trasparenti. Fotografiamo anche la palafitta di legno dove noleggiano barche e che invece il capo della Forestale Pietro-Terence Hill usa come casa nella fiction televisiva.
Un giretto a piedi lungo le rive del lago, che rispecchia le montagne tutto intorno, poi caffè o cioccolata ai tavoli all’aperto del bar sul piazzale, con l’immancabile fetta di torta da dividere fra tutti noi.
Si riparte, torniamo alla locanda; alla solita rotatoria Freeblue lascia la moto al meccanico per far ricaricare la batteria che in effetti, forse perchè troppo grande per la moto, non è al massimo.
Lui ed Annina vengono trasportati alla locanda da Marmar e Flo.
Arriviamo, per questa sera la cena sarà inclusa nella mezza pensione mentre la sera precedente non era stato possibile “perchè la signora non aveva potuto preparare in così poco tempo un menu adeguato…”.
Dopo esserci dati una sistemata andiamo subito a tavola; la mattina ci era stato chiesto dalla cameriera ” a che ora volete cenare questa sera?” Otto e mezza era stata la nostra naturale e corale risposta.
Poco dopo era ritornata dicendo che la signora aveva detto “sette e trenta va pene!”.
Ed alle sette e trenta tutti a tavola; essendo regime di mezza pensione non c’è possibilità di scelta, ma la cena è ugualmente superlativa.
Alla fine alcuni di noi chiedono della grappa, arriva la signora con un boccione da due litri in braccio, cullato come fosse un bebè.
“Crappa ti cirmolo” esordisce fiera. Un Marmar curioso chiede cos’è il cirmolo e lei, minacciosa e quasi offesa, gli risponde “TUU NON CONOSCE CIRMOLO, NOOO?! cirmolo alpero che sta qvi tietro, che fa frutti ti cirmolo che cadono e io fa crappa ti cirmolo”. Azz, ci versa la crappa nei bicchierini e sparisce. Ci stava benissimo il nitrito del cavallo di Frau Blucher!!!
La cameriera bionda, nel frattempo, prontamente ribattezzata Inga, sta armeggiando con il dosatore di una bottiglia di grappa vera, non riuscendo a comprenderne la funzione.
Marmar glie la illustra e lei, scoperto l’arcano, fa una faccia talmente meravigliata che a me viene spontaneo gridare “WUNDERBAR!” e lei, immediatamente “OHH WUNDERBAR, JA!” e non posso trattenermi dal conseguente, inevitabile “SCHWANSTUCK!”. Per completezza di informazione: la crappa ti cirmolo finisce parte nella bottiglia del vino, oramai vuota, parte a concimare i fiori…
La cena termina, saliamo al nostro primo piano dove, dopo aver cercato a lungo le carte che probabilmente avevano nascosto a seguito del casino della sera precedente, riprendiamo il nostro intellettuale e scientifico gioco della “merda”. Altro che burraco…
La mattina dopo io e Freeblue di nuovo dabbasso alle sette. Prendiamo la mia moto ed andiamo dal gentilissimo, efficiente e simpatico meccanico (complimenti per la splendida officina) a ritirare la sua moto.
Appuntamento per le otto, naturalmente noi eravamo li già da qualche minuto e lui, uscendo da casa vestito da ciclista, ci appella dandoci degli svizzeri per la nostra puntualità.
Seee, svizzeri… In confronto ai Babbaluci sono ritardatari cronici!
Di nuovo alla locanda, colazione e pagamento del dovuto. Maaa… “manca uno, chi manca ti voi?” A Sè, e daje sto cazzo de documento 🙂
La signora ci chiede se rientriamo a casa e noi rispondiamo che no, non oggi; ci fermeremo in Toscana. “JAAA, TOSCANA, MANCIARE PENE!” e mima l’atto di mangiare una pannocchia… Mah!
Si parte, di nuovo Dobbiaco, poi Passo Cimabanche ed infine Cortina, degna di nessuna nota; il tempo di un giro in centro, un’acqua minerale e dopo il rifornimento si procede in direzione Pieve di Cadore e Longarone. Qui avevamo programmato una doverosa visita alla diga del Vajont. La strada, una bella e curvosa strada di montagna che nel rispetto della sacralità del luogo viene percorsa a bassissima andatura, ci conduce sul posto. E’ impressionante la vista del costone di montagna dal quale si staccò la frana! E’ impressionante ricordare quanti morti procurò questa immane sciagura, in pochissimi minuti!
Attraverso il camminamento arriviamo sul bordo della diga, poi mesti ritorniamo alle moto. Brutto colpo, ma non si poteva passare di qui senza fare un doveroso saluto a quanti sono morti, inconsapevoli ed incolpevoli.
Autostrada, solite soste pipì e carburante… ma non si potrebbe inventare qualcosa che, facendola direttamente nei serbatoi, ci faccia risparmiare tempo e denaro? No, eh?!
Arriviamo a Bologna in una tirata, poi mi incasino con le uscite ed invece di prendere la rampa per l’autostrada direzione Forlì, esco più avanti e mi trovo dopo un paio di giri sulla via Emilia.
Che palle, semafori e andatura lenta. Sarà la stanchezza oppure sarà il pur valido TomTom, non aggiornatissimo, perchè anche Freeblue aveva tentennato in quella che doveva essere la nostra uscita.
Vabbè, arriviamo a Forlì, la successiva salita al Muraglione dissiperà stanchezza e pensieri. Fa caldo, molto caldo. Un pò di frescura al Muraglione, seduti all’ombra degli alberi, e l’acqua minerale ci ristorano a sufficienza. Riprendiamo la strada per Camaldoli, che purtroppo passa per il Valico di Croce ai Mori; per la seconda volta nella nostra storia passiamo il valico alle 19, in solitaria.
Espletata anche questa pratica, ma poi il resto della strada per arrivare a Camaldoli non è che sia pianeggiante e rettilinea, tutt’altro!
Arriviamo, dunque, e dopo aver parcheggiato le moto prendiamo possesso delle camere nell’antica locanda. Meno male che qui si può cenare ad orari ragionevoli e siamo a tavola poco prima delle 21. Cena eccellente, ricca, gustosa! Dopo Alleghe abbiamo sempre cenato egregiamente, in modo degno della nostra cultura Babbaluca. Anche negli spuntini a pranzo siamo andati sempre benissimo, tranne lo scarno panino a Bad Gastein. Una media eccellente, direi.
Stasera niente gioco a carte, due passi fuori la locanda e poi a nanna, la giornata è stata lunghissima e molto faticosa.
Domenica, stiamo chiudendo il cerchio…
Due passi prima di colazione, vedo Flo in tenuta running che esce dalla locanda per la sua corsetta quotidiana; io e Lucilla ci prendiamo un caffè al bar in attesa della colazione.
E ci siamo tutti, attorno al tavolo; bella colazione, con prodotti fatti in casa: crostate, sbriciolona, ciambellone, biscotti…
Si paga e si parte, di nuovo in sella, la quale ha preso la forma delle chiappe e, per proprietà transitiva, le chiappe hanno la forma della sella… chiappe in memory foam!
Saliamo all’eremo, naturalmente, a beneficio di coloro che non lo hanno mai visitato ed anche per quelli che lo conoscono già; è un luogo mistico e mitico, atmosfera surreale e pace vera.
Però, ogni volta che varco il cancello, non posso fare a meno di ridere pensando a Murdok che, come un bacarozzo tutto nero, faceva foto sdraiato in terra ed il frate che mi chiedeva “è vostro amico? sta bene”?
“AVOJA” era la risposta valida e corretta per entrambe le domande. Che gente, i Babbaluci!
Dopo la visita chiediamo a Flo se se la sente di scendere per il Fangacci ma no, non se la sente.
Scendiamo allora per la stessa strada per la quale siamo saliti, una stretta via fra altissimi abeti e castagni che segue il corso di un suggestivo ruscello.
Avevamo deciso di fare Bibbiena e poi il Valico dello Spino, ma mi dirigo verso Badia Prataglia; rifornimento al solito distributore e poi, prendo per il Fangacci.
Non è mia intenzione ingannare Flo, anche se un pensierino ce lo avevo fatto; mi fermo invece alle Tre Cascate, dove facciamo le foto.
Ripartiamo, disoriento gli amici prendendo a salire per il Passo dei Mandrioli, ma poi devio per la semi deserta e suggestiva strada che, attraverso i boschi, ci porterà alla Verna.
Sosta pranzo al bar in piazza, seduti ai tavoli all’aperto ovviamente. Anche qui non va male, focaccia con finocchiona, mortadella o prosciutto e formaggio o pecorino. Un lapsus durante la scelta della seconda serie… dico a MrSergio “pensavo, invece, tu prendessi ficaccia con finocchione a pecorina…” 🙂
Coca cola ed acqua sono il nostro abituale beveraggio durante il giorno, quando siamo alla guida delle moto.
Si riparte, foto di rito al Valico dello Spino e posi si scende su Pieve di Santo Stefano. Sulla strada si possono vedere il traguardo, i cordoli ed alla fine anche la linea di partenza della corsa in salita che si svolge su questo bellissimo tracciato. Poco dopo Pieve di Santo Stefano imbocchiamo la E45, noiosa, afosa, troppi lavori in corso ed abbastanza trafficata essendo domenica.
Non c’è storia da raccontare qui, nessuna nota degna di tale nome se non la sensazione di aver messo a segno, ancora una volta, un viaggio le cui mille caratteristiche positive si possono raccogliere in un solo aggettivo, superlativo: bellissimo!
Belli i posti, belle le strade, le montagne, i laghi.
Bella, sopra ogni altra cosa, l’amicizia dei Babbaluci.
Complimenti a tutti, per lo spirito di gruppo, per la sopportazione, per i km macinati, per la compagnia.
Complimenti a Flo, per aver saputo affrontare questo viaggio che forse era sopra le sue possibilità ma che è stato fattibile grazie alla sua tenacia ed ai Babbaluci, che non hanno mai forzato più di quanto si pensava fosse il suo limite. I passi sulle Dolomiti, il Grossglockner, l’Edelweissspitze non sono cose facili.
Complimenti anche ad Annina che si è perfettamente integrata nel gruppo e nel suo spirito, efficiente Tesoriera ed, oramai, irrinunciabile compagna di avventure.
Complimenti a Lucilla ed Annina per aver sopportato la fatica di stare in sella per ore ed ore senza mai mostrare segni di cedimento.
Infine una punta di invidia per Marmar, da parte mia, per aver avuto un surplus di emozioni rispetto a noi tutti. Nella vita è raro ma può capitare di essere inseguiti dai Carabinieri a sirena spiegata solo per aver svicolato fra le auto, per altro cosa obbligatoria dalle nostre parti. Molto più raro è essere inchiappettati da un enorme cane. Ma assolutamente unico è che sia la stessa persona a vivere questi due avvenimenti nell’arco di tre giorni!!! 😀
Grazie a tutti, e concludo con la solita nota di dispiacere per chi non c’era.
Alla prossima, Amici!
22-29 giugno 2014 – Dolomiti & Austria
15-16 novembre 2013 – I giorni del Porcoddue
Ci pensavamo da tempo.
In genere le nostre uscite si svolgono nei fine settimana, ma da un pò di tempo con MrSergio avevamo una idea: spesso i problemi, ma anche la semplice routine quotidiana, ci portano a raggiungere il punto di saturazione e serve una valvola di sfogo che possa prevenire la deflagrazione delle p… parti anatomiche maschili; e quale migliore sfogo, quale migliore cura che ritagliarsi un paio di giorni, radunare qualche amico, prendere le moto e andare? Si, lo sappiamo cari amici maschi, che conoscete tutti un rimedio migliore, ma una moto la si può cavalcare per ore ed ore, per più giorni consecutivi e fra una cavalcata e l’altra RESTA MUTA!
Purtroppo la controindicazione di queste uscite infrasettimanali ed estemporanee è che non tutti riescono mettere insieme un paio di giorni liberi consecutivi, così il gruppetto è davvero esiguo: Murdok, MrSergio e Ulysse.
A dire il vero si sarebbe unita anche Donna Flò, ma le pessime previsioni meteo, il ritmo che sapevamo sarebbe stato serrato ed altre cosucce hanno fatto prevalere il buon senso.
Appuntamento alle sette e trenta sull’Aurelia, subito dopo la fine della Roma Civitavecchia.
Arrivo alle sette e cinque, appena il tempo di scendere dalla moto, sfilarmi casco e guanti che ecco arrivare Murdok e MrSergio… Senza indugi ci mettiamo in marcia, ci fermeremo al primo bar per la rituale e necessaria colazione.
Il primo bar, il primo che ci andasse bene, lo incontriamo a Tuscania; avevamo fatto anche un giro all’interno delle mura del borgo, ma era tutto chiuso. Con tutta calma ci gustiamo una buonissima colazione e la simpatia della bar(wo)man, simpatia anche a livello fisico 🙂
In moto, si parte; abbiamo scelto un percorso abbastanza diretto, ovviamente su strade “categoria moto”. Se poi il meteo lo consentirà avremo modo di allungarlo strada facendo.
Ci reputiamo già fortunati ad essere partiti all’asciutto, ma quanto durerà? Nei giorni precedenti la pioggia era stata incessante e le previsioni erano le peggiori possibili, con le cartine piene zeppe di nuvole nere e goccioloni.
Raggiungiamo San Lorenzo Nuovo, dove ci immettiamo sulla Cassia, quella bella, che percorriamo per un bel tratto prima di svicolare per strade interne molto più sinuose, le quali ci portano a Montevarchi passando anche per Asciano ed altri posti ameni.
Qui avremmo voluto evitare i semafori ed il poco gradevole attraversamento urbano, preferendo un indolore tratto di autostrada di circa venti chilometri, ma strade interrotte e deviazioni improbabili alle stesse ci consigliano di tirare dritto per Figline Valdarno, cavandocela con qualche minuto di inevitabile traffico.
La strada, ora, è molto piacevole e risaliamo il corso dell’Arno fino a Pontassieve. I cartelli che indicano il passo della Consuma evocano giorni gloriosi e non tanto lontani, giorni in cui abbiamo scritto altre pagine importanti della storia dei Babbaluci. E non piove!
Abbiamo macinato chilometri, con una sola sosta dopo la colazione.
Alla partenza avevo detto ai miei compagni che avremmo pranzato in un certo posto se, ovviamente, ci fossimo arrivati all’ora appropriata… le tredici e zero tre ci sembrava l’ora appropriata 🙂
Così in luogo di freddi, seppur ottimi, panini con prosciutto ed altri salumi, dato che i suddetti avremmo dovuto consumarli all’aperto con una temperatura ed una umidità non certo primaverili, dato che l’occasione non si sarebbe ripresentata certo a breve termine, data l’occasione ancor più rara di aver trovato un tavolo libero senza prenotazione, abbiamo deliberato che era meglio sederci e mangiare qualcosa di caldo.
Servizio impeccabile e velocissimo: il tempo di svestire l’armatura, di fare “un saltino in bagno” e tre fumanti piatti di tortelli alle patate, conditi con ragù, erano in tavola; a seguire un gustosissimo carciofone per MrSergio mentre io e Murdok preferiamo dei porcini fritti… una bontà divina, degno prosieguo dopo cotanti tortelli.
Ben tre bottiglie di acqua minerale d’annata, focaccia e pane, caffè… quindici euro a testa, prego.
Due chiacchiere fuori dell’osteria; la mia sensazione ha sapore d’antico, di quando i viaggiatori sostavano presso le stazioni di posta per rifocillarsi, riposarsi e riscaldarsi nella stagione fredda; so cosa provavano fisicamente; l’aver viaggiato in groppa alle nostre cavalle da sella, esposti al freddo ed alle intemperie; l’osteria, con i tavoli vecchi e consunti, dove c’erano più ombre che luci; l’atmosfera fatta di voci soffuse; il contatto gomito a gomito con altri commensali; il poter parlare senza dover urlare, hanno contribuito a far nascere nella mente questa analogia fra il moderno motociclista e l’antico viandante.
Anche senza andare così indietro nel tempo e restando nell’ambito delle cose concrete, conosciute di persona, mi vengono in mente ricordi comunque lontani, di quando ero fanciullo ed ascoltavo i racconti dei motociclisti di famiglia, mio padre, mio nonno ed i miei zii… strade tortuose e non per scelta, quelle c’erano; fatica, oggi decisamente meno, e le soste presso le osterie tenendo ben presente che a quell’epoca non si usava pasteggiare ad acqua minerale, neanche se stavi viaggiando in moto.
Riprendiamo il cammino, le cavalle si sono riposate anche loro; dobbiamo salire per Borgo San Lorenzo e poi San Piero a Sieve, dove decideremo se andare dritti a Firenzuola, nostra destinazione, salendo per il passo del Giogo di Scarperia o allungare per la Futa e la Raticosa, passando poi per Colle di Canda ed il Sasso di San Zenobi. La differenza fra i due percorsi è di circa quaranta chilometri da San Piero, un’oretta di tempo in più considerando le soste foto ai passi ed al Sasso. Arrivati a San Piero la decisione è a favore della Futa e compagnia bella, dato che non piove.
Direzione Barberino, dunque, ed in breve ci troviamo sui tornanti della Futa. Salendo ai novecentotre metri del Passo della Futa ci infiliamo in una nuvola; non è proprio pioggia ma acqua vaporizzata che ci ammanta come rugiada, se vogliamo essere poetici, oppure in modo più prosaico, “stamo naaa guazza”… Bagnati, comunque, ma in modo delicato, quasi non ce ne accorgiamo.
Scendiamo dalla Futa e la nuvola si dirada, regalandoci scenari dai colori vividi e ben definiti; la strada è bagnata ed un pò viscida, ma da sopra non arriva acqua, almeno.
Lo scenario si ripete, però, in prossimità della Raticosa, 968 metri, e rimane tale perchè non si scende, anzi: al Colle di Canda siamo addirittura sopra i milleccento metri ed al Sasso di San Zenobi a ottocento settanta.
Dopo il Sasso si scende per Firenzuola e di nuovo siamo in un ambiente asciutto sopra e bagnato sotto… evidentemente la pioggia vera ci precede di poco, e meno male!
La strada per Firenzuola non prevede rettilinei, di nessuna lunghezza! Le curve si raccordano l’una all’altra ed i tornanti sono in abbondanza. Molto divertente, anche se bisogna guidare con la massima attenzione e prevenire possibili scivolate della ruota anteriore… le dita della sinistra sono ancorate alla frizione, pronte ad intervenire al minimo scarto della cavalla.
Finalmente arriviamo a Firenzuola. Parcheggiamo le moto, ci infiliamo nel bar di fianco all’albergo per una tazza di cioccolata calda; ancora due chiacchiere in santa pace e poi prendiamo possesso delle camere, in realtà un appartamentino molto grazioso, fatto di tre stanze ed un grande bagno; una terrazza affacciata sulla piazza completa la planimetria della nostra dimora; sulla terrazza c’è anche una porticina di ferro che da accesso al locale dei boiler dell’acqua calda, locale molto caldo; costruire uno stenditoio di fortuna è un attimo, avvalendomi delle fettucce e dei moschettoni che mi porto sempre appresso… et voilà, abbiamo a disposizione un bell’asciugatoio ad uso esclusivo dei Babbaluci: giacche, pantaloni e guanti trovano un caldo giaciglio per la notte.
Noi ci facciamo una doccia calda e poi, dopo un pò di cazzeggio, scendiamo a fare due passi.
Ceniamo presto, verso le otto e venti; cibo squisito, un chianti profumato e delicato, un dolcetto, un pò, ma poca poca, degustazione etilica post pasto ed il gioco è fatto.
Ci fermiamo a parlare con la gentile proprietaria dell’albergo; paghiamo anche il conto in quanto la mattina presto lei non ci sarà e saliamo in camera, non senza aver distribuito carezze allo splendido setter che girovaga dentro e fuori il locale.
Si va a dormire, è quasi mezzanotte, la giornata è stata faticosa e domani avremo ancora più chilometri da fare.
E il domani arriva dopo un bel sonno ristoratore, nel silenzio più assoluto, una pace vera.
Scendiamo, io e Jean leghiamo le sacche impermeabili sulle rispettive selle mentre MrSergio infila la borsa nella valigia della moto.
Colazione al “solito bar” e si parte. Poche centinaia di metri e facciamo il pieno, lubrifichiamo anche le catene con il piccolo spray che ho infilato nella minuscola borsa da serbatoio.
La Montanara Imolese è tutta nostra, non gira un’anima. Incrociamo due o tre camion subito dopo Firenzuola e poi nulla più.
Lasciamo la Imolese e saliamo per il Valico del Paretaio, a novecentocinquanta metri. Scena già vista: salendo siamo avvolti dalla nuvola, vista appannata e acqua impalpabile.
Dietro una curva abbiamo la sorpresa di vedere un giovane capriolo che attraversa la strada, salta un cespuglio, finisce in un fosso a gambe all’aria e, appunto, con una magistrale capriola salta fuori e corre su per il pendio.
E’ emozionante vedere questi animali in libertà; dopo qualche altra curva lo spettacolo che ci si presenta è di genere opposto: una sfilza di suv e fuoristrada parcheggiati a bordo strada o sull’erba ed un cartello che indica una battuta di caccia al cinghiale; la speranza è che non trovando il cinghiale non si sfoghino sparando a tutto ciò che si muove.
Andiamo avanti, il posto è veramente selvaggio; lasciate le poche case all’inizio della salita non incontriamo altri insediamenti umani, neanche auto né tanto meno moto.
Dopo il passo inizia la lunga e tortuosa discesa che ci porta a Palazzuolo sul Senio.
Non ci fermiamo, infilando subito la strada per il Passo della Sambuca. Oramai sappiamo cosa ci aspetta ed infatti dopo un pò di salita siamo nuovamente nell’atmosfera ovattata, intima e umida con la quale arriviamo al passo. Le foto, ovviamente, e si riprende la via. Ma questa volta non abbiamo il beneficio della discesa, con la quale ritrovare visibilità ed aria asciutta; dal Passo della Sambuca, mille e ottanta metri, nella direzione da noi percorsa si scende pochissimo, solo un breve falsopiano in discesa e poi si riprende a salire ai mille e trentasei metri del Prato all’Albero; da qui altra breve discesa e nuovamente siamo oltre i novecento metri del Passo della Colla. Dunque, stavolta, abbiamo inanellato tre valichi restando nella coltre grigia.
Ma è bello! Siamo solo noi, unica moto incontrata finora al Passo della Colla.
Certo, la strada spesso è viscida e bisogna guidare con attenzione; anche se siamo letteralmente con la testa fra le nuvole siamo molto attenti e tutto procede per il meglio.
Si scende per Marradi, affascinante lo spettacolo del fiume Lamone che scorre fra rocce e salti, laggiù in fondo; la strada corre al suo fianco ma parecchi metri più in alto. Ecco, ci siamo: prendiamo la deviazione che, attraverso un paesaggio selvaggio e non molto frequentato, ci porta a svalicare prima il Passo dell’Eremo e poi il Passo della Peschiera; lo scopo, oltre che ammirare la bellezza dei luoghi attraversati da questo tratto del nostro percorso, è di arrivare velocemente a San Benedetto in Alpe per poi salire al Passo del Muraglione. La discesa su San Benedetto non è facile; non lo è normalmente, con strada asciutta, a causa dei numerosi tornanti strettissimi in ripida discesa; con fondo bagnato e foglie a terra c’è da stare veramente all’erta! Ma siamo Babbaluci, diciamo molte cazzate ma in moto non ne facciamo.
Prendiamo dunque la SS67 e saliamo al Muraglione, dove ci fermiamo per le foto di rito.
Mi fermo, scendo dalla moto, mi volto ed un deja vu mi fa vacillare: Jean disteso sull’erboso pendio di fronte al cartello del passo, tuta e casco neri, gambe e braccia aperte a quattro di spade… Una scena vissuta qui nel duemila e otto!!! Quanta strada abbiamo fatto da allora…
Altre foto al Muraglione vero e proprio e si scende a briglia sciolta su Dicomano. Qui facciamo il punto della situazione: sono le dodici e trenta, non ci conviene mangiare ora e spezzare il ritmo; proseguiamo per il Passo di Croce ai Mori.
La salita è velocissima, la strada è asciutta e sta addirittura uscendo il sole; neanche ci fermiamo al valico per la solita foto, perchè MANCANO I CARTELLI!
Scendiamo altrettanto velocemente, forse anche più di come eravamo saliti, tagliamo una parte del percorso che ci avrebbe portato a Camaldoli e poi a Badia Prataglia e procediamo per Poppi e Bibbiena, dove arriviamo alle quattordici circa.
Ci infiliamo in una tavola calda, un piatto di pasta, due chiacchiere e poco dopo le quindici siamo di nuovo in sella.
Procederemo con la statale verso Arezzo e Sinalunga, dove prenderemo la Cassia per tornare a casa.
C’è il sole, si viaggia bene, il traffico sulla statale è blando. Arrivati a Sinalunga, poco prima in verità, mi ritorna in mente la strada che passa per Torrita e poi Pienza.
Passo in testa, rilevando MrSergio; seguo i cartelli stradali ignorando il TomTom, che ha iniziato ad inveire contro di me, e dopo aver sbagliato direzione ad un bivio ci ritroviamo su questa splendida strada che si snoda sulle colline, fra curve e saliscendi.
Un bel toboga, divertente, asciutto. Finalmente Pienza, altro divertente tratto fino alla Cassia.
MrSergio propone una breve deviazione per Bagno Vignoni, dove scattiamo alcune foto e dopo un caffè siamo di nuovo sulla Cassia.
Rifornimento, e non ci saranno più soste fino alla stazione di servizio sulla Civitavecchia Roma, dove ci saluteremo.
Si era fatto buio quando iniziavamo a salire per Acquapendente, ma siamo andati avanti spediti grazie alla luminaria che abbiamo a disposizione.
Ci lasciamo che sono le diciannove, in venti minuti io sarò a casa, loro impiegheranno una mezz’ora in più; stavolta sono io il fortunato!
Tornando a casa, in quei venti minuti, rivivo mentalmente il film dei due giorni appena trascorsi; i luoghi che abbiamo attraversato, le cose che ci siamo detti, la cena, il pranzo con i tortelli; il rammarico per gli amici che non hanno potuto partecipare, i passi come mai li avevamo visti e senza prendere una goccia di acqua vera, di pioggia.
C’è chi pensa che sia semplicemente fortuna, con la C maiuscola.
Vero, ma è anche vero che… Audaces fortuna juvat!
Alla prossima, Amici!
3-4 agosto 2013 – GPAQ
Eccoci giunti all’appuntamento con uno dei nostri eventi annuali: il GPAQ.
GPAQ sta a significare Gay Pride in Alta Quota, che nulla a che vedere con il gay pride così come lo conosciamo ma è una espressione scherzosa per definire quello che inizialmente era un appuntamento per soli maschi.
Tutti a mangiare e dormire insieme, liberi anche dalle pastoie comportamentali che la vita di tutti i giorni ci impone; ognuno libero di essere solamente se stesso, senza vincoli, tabù o falsi pudori ed il tutto, ovviamente, con l’unico limite del buon gusto e del rispetto.
Anche quest’anno, per la seconda volta, il GPAQ ha visto la presenza di Flò in rappresentanza del … e adesso, dopo la premessa, come lo chiamiamo? Gentil sesso?!? 🙂
Ci si vede, puntuali, ad uno dei nostri abituali punti di incontro: Murdok, Freeblue, MrSergio, Flò, Ulysse ed un (mica tanto) inaspettato Drago.
Colazione, qualcuno rabbocca il serbatoio e si parte; poco Raccordo, qualche chilometro di statale e poi, come usanza del GPAQ vuole, deviamo per strade meno frequentate.
Girovaghiamo allegri, buon ritmo ma senza esagerazioni, fino ad arrivare in un paesino. Incredibile entrare in un bar a circa cento km da casa e sentire la cameriera/proprietaria chiedere: “il solito? Tramezzino tonno e mozzarella e aranciata amara?” Certo che si!
Ci rifocilliamo, i tramezzini sono uno spettacolo, preparati al momento!
Un pò di sano cazzeggio fuori del bar e si riparte; ora ci si diverte ancora di più: la strada sale, si respira il profumo e l’aria leggera delle alture, priva dell’afa della pianura; bella strada, sinuosa; bei panorami, scorci da cartolina.
Le moto hanno abbandonato il borbottio sommesso e tranquillo per lasciarsi andare ad un respiro più ampio, un canto di qualche ottava più alto e sicuramente più ritmico.
Qualche foto, qua e là, ma senza perdere troppo tempo. La strada, tranne un breve tratto di sei km per evitare un centro abitato, riprende il suo percorso fra boschi, alture, discese e salite, sempre in piega.
Anche non esagerando con la manopola de gas si può godere delle belle curve, incessanti, che ci scorrono sotto le ruote.
Di questo passo arriviamo a metà giornata ed è il momento in cui Drago deve rientrare; ci sediamo all’ombra di un albero, su un muretto; chiacchiere, le solite cazzate, è una specie di tutti contro tutti; poi alla fine i saluti: Drago prende la via del rientro, noi saliamo ancora, per un percorso in cui a tratti l’asfalto è un antico ricordo.
La soddisfazione di ammirare paesaggi anche conosciuti, ma da un punto di vista assolutamente inedito ci ripaga ampiamente della strada deformata e dissestata.
Si scende, ora, e passato lo stradello sulla sommità di una diga, la strada si allarga, dotata anche di un buon fondo stradale, tranne in un punto dove pur a velocità molto modesta, non più di ottanta all’ora, una curva più che scivolosa mi fa intraversare come se stessi facendo speedway; mai mollare il gas, in simile frangente: l’improvviso grip avrebbe come effetto collaterale un bel lancio dalla sella ed allora, dosando, assecondo la derapata.
Queste cose hanno una durata temporale di qualche secondo, ma lasciano sensazioni ed emozioni profonde…
Si percorre il bel tracciato a buon passo e poi viene nuovamente il momento di deviare per le alture: un lungo toboga, asfalto quasi perfetto, ci porta ad attraversare diverse comunità montane, per poi alla fine scendere di nuovo a valle; mancano oramai pochi chilometri all’ultimo paese che dobbiamo raggiungere, dopo di che l’asfalto lascerà il posto a qualcosa di più divertente…
Arriviamo, sono da poco passate le tredici ed oramai l’alimentari, l’unico del paese, è chiuso; dobbiamo aspettare le sedici e trenta e così, dopo esserci un pò *sfiammati* all’ombra di una pergola, entriamo nell’unica trattoria del paese per rifocillarci.
Acqua minerale come se piovesse, antipastino all’italiana, con affettati e bruschette; dei primi al ragù o con zucchine e salsiccia, melanzane grigliate e patate per contorno.
Ci dilunghiamo, tanto abbiamo tempo… Poi fuori, di nuovo sotto la pergola; arrivano le sedici, andiamo al bar, l’unico del paese anche questo, prendiamo vino ed acqua minerale, il tutto bello freddo, e sistemiamo le bottiglie nello zaino termico posizionato sul mio retro sella. Scendiamo di nuovo verso l’alimentari, solo un paio di cento metri, e provvediamo a scaricare la moto di Flò: il suo bagaglio lo sistema Freeblue sulla sella della sua moto, Flò salirà in moto con MrSergio e la sua motina resterà parcheggiata davanti alla stazione dei Carabinieri.
Apre anche l’alimentari, si comprano le cose necessarie, mentre tutto il *grigliabile* è già dalla mattina stipato nella borsa termica, proveniente dal mio macellaio di fiducia.
Si sistemano anche gli ultimi acquisti, un’ultima abbeverata e risciacquo alla fresca fontanella in piazza e finalmente si parte per il fuoristrada.
Qualcuno del paese ci avvisa che in settimana “la strada è stata sistemata”, ovvero sono passati con una ruspa a spianare alcuni punti insidiosi. Noi procediamo; man mano che si sale le pareti rocciose si avvicinano l’una all’altra, formando un vero e proprio canyon.
Siamo immersi nel fitto bosco e in una atmosfera quasi surreale. Le moto arrancano, senza fatica, e sembrano non risentire dell buche, dei sassi fissi e mobili, dei profondi avvallamenti dovuti all’attraversamento del ruscello in periodo di disgelo. Lunga salita, a tratti un poco ripida, ma con le dovute accortezze tutto fila liscio. In una mezz’ora o poco più siamo al punto in cui pianteremo le nostre tende: uno slargo pianeggiante, con bei prati. Si vede il cielo, ma gli alberi contornano le radure in un fitto bosco. E proprio ai limiti di questo bosco scegliamo l’area per il bivacco. Ogni tanto passa qualche fuoristrada a quattro ruote ed in buon numero sono le moto da enduro o da cross che sfilano lungo il percorso; tutti ci guardano e ci scambiamo saluti e sguardi di approvazione gli uni verso gli altri.
In poco tempo le tende sono montate, c’è ancora molta luce. Freeblue, coadiuvato da Murdok, MrSergio e perfino da Flò, attrezza una panca a quattro posti, da fare invidia alle panchine del Pincio.
Anche un bel lampadario viene montato in quattro e quattr’otto, siamo proprio una squadra fortissimi!!!
Murdok provvede anche a reperire un bel pezzo di tronco il quale, con un masso sistemato da MrSergio, sarà il mio scranno, comodo ed invidiabile.
Comincia a calare la luce, mentre Flò affetta formaggio e salame fra una marea di battute e doppi sensi, Murdok affetta il pane; MrSergio e Freeblue invece provvedono a posizionare e studiare i barbecue preconfezionati.
Sembra che abbiamo preso una sola, la brace non si avvia, è debole ma poi avremo modo di ricrederci. Intanto Flò, finito il suo lavoro di affettatrice, prende a leggere le istruzioni, ma dato che già abbiamo iniziato a sorseggiare il vino, non è poi così lucida… “Io leggio… cuocendo girando vivande…” e la cantilena diventa un tormentone, fra risa e prese per il culo.
Uno dei bracieri sembra avviato meglio degli altri e su questo Free sistema gli spiedi di pollo, tacchino e pancetta. Sugli altri due bracieri Murdok, Flò e MrSergio sistemano le prime bistecche di dinosauro… Insomma, tutti si danno da fare meno che io, che osservo e commento comodamente seduto sul mio trono; il fatto è che un fortissimo mal di schiena mi blocca, conseguenza di un brutto colpo preso un paio di giorni prima.
Ma qui siamo tutti amici, si sa che se uno non partecipa è perchè non può ed anche se non gli andasse di fare una beneamata cippa non ci sarebbero problemi, è consentito, tanto approfittatori fra noi non ce ne sono.
Le carbonelle vanno a tutto spiano, cominciamo a consumare spiedi e bistecche, mentre MrSergio sistema le salsicce man mano che si liberano le griglie. Che mangiata! Il formaggio ed il salame sono andati giù come olive, la ciccia ce la siamo sbafata in un baleno; il vinello pure è finito, si è fatto buio, le chiacchiere e le cazzate, mai sopite in verità, riprendono il loro incessante scorrere.
Ecco che arriva un cane, avrà sentito l’odore della carne da chissà dove… Diventa subito nostro amico, cibandosi di avanzi di carne, formaggio e dell’ultima salsiccia rimasta. Poi, così come era arrivato, sparisce nel buio fitto, senza un guaito, senza abbaiare, senza far rumore.
A proposito di rumori: dal bosco provengono versi di uccellacci, schiocchi di rami spezzati, altri rumori che mettono in allarme Flò… per fortuna ci siamo noi a rincuorarla, mettendoci il carico da undici 🙂
Sistemiamo le griglie, raccogliamo in un sacco avanzi e rifiuti, che poi appendiamo ad un albero.
E’ tempo di ritirarci nelle tende, dopo aver contemplato il cielo limpido e di un blù intenso, pieno di stelle che solo in montagna è possibile vedere.
La mattina, ero già sveglio da un pò, sento flebili rumori, passi… esco dalla tenda e vedo MrSergio girovagare nel campo, con la fotocamera imbracciata. Parlottiamo, verifichiamo l’ora che avevamo ipotizzato e che si rivela esatta; poi iniziamo a preparare il caffè: macchinetta, acqua, caffè, zucchero… Porcamignotta, l’accendino! Dico a MrSergio di prenderlo in una sacchetta nella mia tenda, ma dalla tenda di Freeblue esce “la Mano”, solo quella, che porge l’accendino… La parola caffè, pur pronunciata sottovoce, ha risvegliato corpo ed anima!
Poco dopo, reduce dal letargo, si fa vivo Murdok.. Caffè anche per lui, anche latte, visto che lo avevamo portato ed era stato scaldato anche lui in una cuccumella, alla potente fiamma del fornelletto a spirito costruito da Andrea con due mezze lattine di birra… Ammazza, se ci chiamano all’isola dei famosi facciamo fuori tutti, con le nostre risorse e capacità.
Eccola, fa capolino dalla tenda anche Flò che per riprendere completa padronanza di se ha bisogno della sua tisana del caz.. eehhmmm, della sua tisana in tazza.
Colazione lenta, fra il ripristinarsi della favella e delle capacità motorie cominciamo a smontare il campo ed alle dieci siamo pronti, con i bagagli nuovamente caricati sulle moto.
Scendiamo, gli otto chilometri in fuoristrada ci risvegliano completamente; siamo di nuovo in paese; altra colazione al bar, dal mitico Vincenzo che ci accoglie con la sua solita simpatia. Si parte, finalmente e definitivamente.
La strada ci porta ad attraversare nuovamente zone montane; sembra non finire mai… infine ci fermiamo in un paese, sono le quattordici circa.
Ho addocchiato un posticino per spiluccare qualcosa, un bar bello grande con una terrazza dove spira anche un leggero refolo d’aria fresca, a tratti. Certo, avevamo anche azzardato l’ipotesi di andare da Aaaaaangela, è proprio qui dietro, ma ci vorrebbe troppo tempo e poi fa caldo; abbandonata anche l’idea di scendere sulle sponde del fiume per mangiare in un posticino, ma oggi, essendo domenica, sarà strapieno.
Invece nel bar siamo solo noi; un simpatico ragazzotto ci rifornisce di acqua minerale, patatine, panini con cotoletta o cheeseburger, cocacola ed un buon quantitativo di ghiaccio. Proprio quello che ci voleva.
Si riprendono le moto, si concorda l’ultimo tratto di percorso e via, di nuovo in strada, a macinare chilometri e curve, a non finire.
Ecco, ci siamo: ultima fatica, i venti chilometri di A24… Ci fermiamo all’area di servizio prima del casello, siamo in una fornace… bottigliette di acqua fredda, i saluti e poi… Oh cazzo! La mia gomma posteriore completamente a terra. Niente paura, spostiamo la moto all’ombra ed in un baleno la foratura è riparata; altri saluti, ora si parte davvero.
Ed ora finisce anche questa avventura; l’ennesima e l’ennesima ben riuscita. Che gruppo fantastico!!!
Ho volutamente omesso i nomi delle strade, delle località, dei paesi per due motivi: uno, per non dare indicazioni precise a quei motociclisti che già troppi posti ci hanno sputtanato, con il loro comportamento barbaro.
Due, perchè qualunque sia il luogo i Babbaluci stanno bene se sono in compagnia fra di loro. A noi basta poco: una strada e del tempo libero, tutto il resto, compresa l’amicizia che ci lega, l’affiatamento, l’affetto, lo portiamo sempre con noi nella nostra casetta…
Alla prossima, Amici!