5 luglio 2013 – Prati di Tivo

A volte capita di uscire in solitaria; magari si ha un giorno libero non di fine settimana e non ci sono amici disponibili a formare un gruppetto o quanto meno una coppia di baldanzosi motociclisti alla ricerca di una giornata in completa libertà.
A me capita spesso, perchè essere solo non mi impedisce di farmi una bella cavalcata in moto.
Fino ad ora, a parte qualche piccolo resoconto sul forum, non ho mai redatto un vero e proprio report di queste giornate, ma ora mi piace farlo, almeno per trasmettere le sensazioni che si provano ad andare in giro in compagnia di se stessi e della propria moto.
La prima cosa, abbastanza evidente, è che orari e ritmo sono perfettamente calzanti alle proprie personali esigenze, abitudini e, perchè no, all’estro del momento.
Io mi sveglio presto ma se so che debbo andare in moto l’orologio biologico anticipa ulteriormente la sveglia. In questa occasione si è ripetuto ciò che succede generalmente in situazioni simili: occhi sbarrati, all’improvviso, intorno alle tre di notte. E così mi ritrovo nel mio garage che sono circa le quattro, ora cosiddetta legale, perchè l’orologio della mia moto è fisso sull’ora vera, quella solare: giro la chiave nel quadro e leggo 3:03…
Mi preparo, la metodologia acquisita impedisce che io dimentichi qualcosa; faccio presto ed alle 3:20 sono fuori del garage, con la moto che borbotta gentilmente senza, credo, aver svegliato i vicini.
Il pieno di carburante è stato effettuato il pomeriggio precedente, così come tutti i controlli di routine, livelli e così via.
Bar aperti a quest’ora non ce ne sono e così trotterello sull’Aurelia, a circa settanta all’ora, dirigendomi verso il Grande Raccordo Anulare; area di servizio Selva Candida, frequente punto di incontro con gli amici; potrei fermarmi qui ma è ancora troppo presto e dunque tiro lungo; viaggiando ad una velocità modesta, fra i novanta ed i cento all’ora, arrivo sulla A24 e mi fermo a Colle Tasso Sud, altro punto di incontro noto ai Babbaluci,. Data l’ora non c’è praticamente nessuno; lascio la moto davanti alla vetrina così, facendo colazione, la potrò controllare, dato che non ho staccato nè il navigatore nè la borsa sul portapacchi.
La colazione è veloce quanto deprimente, mi rimetto subito in marcia; c’è una foschia nell’aria che preannuncia una giornata di sole intenso, ma al momento è umido e non fa certo caldo. Durante la vestizione ho indossato un wind stopper sotto la giacca ed i guanti in pelle, cosa che si rivela opportuna.
Sempre sul filo dei novanta-cento percorro i pochissimi chilometri di autostrada, per uscire a Vicovaro Mandela. Tiburtina, ora, passando per una ancora assonnata Arsoli, da dove le valli sottostanti risultano nascoste nella nebbia; Carsoli, dove incrocio un paio di camioncini ed altrettanti trattori. Ancora nebbia, si sale; attraverso paesaggi ovattati e le mille curve, serrate, di tutti i tipi, passo Pescorocchiano, San’Elpidio ed infine Tornimparte. Non riesco a vedere neanche il lago del Salto, dove la nebbia ne copia perfettamente i contorni. A Tornimparte un paio di strade interrotte mi costringono a fare delle deviazioni antipatiche, ma in breve sono su una delle strade più belle e motociclistiche d’Italia, la SS 80. Passo in completa solitudine il Valico delle Capannelle e, senza incontrare anima viva, arrivo al lago di Provvidenza. Un paio di foto, senza scendere di sella e con il motore acceso… Il ritmo è modesto ma costante, concedo poco alla velocità di punta e nulla alle soste. Ad Aprati dovrei fare rifornimento, ma il pos del distributore non funziona e nei dintorn inon c’è un bancomat dove prelevare. Vado avanti, lasciando la SS 80 per salire a Crognaleto, sono a circa trenta chilometri da Teramo. Benzinai neanche l’ombra, tanto meno bancomat; entro nel paese di Altavilla ed un attempato nonchè pittoresco abitante del posto scoppia a ridere quando gli chiedo del bancomat e del distributore: “Ma tu proprio qui vai cerchenno ste cose? Da dove arrivi?” Da Aprati, rispondo, e lui: ” Ecco, allora tornaci oppure riprendi la strada sopra e vai a Montorio… Ce la fai?, sennò te la do io un pò di benzina.” Millle ringraziamenti, ma non mi meraviglio, gli Abruzzesi sono così! Ce la faccio, comunque; mi rode un pochino arrivare a Montorio per poi ritornare qui, perchè è chiaro che debbo seguire il mio percorso; mi rode ancora di più tornare indietro, sono ancora più chilometri. Per forza di cose raggiungo Montorio, dove ho un altro siparietto con altro attempato locale, molto distinto: “Si, la posta è in piazza, quella principale”. Io: “E dov’è la piazza principale?” Lui: “Un poco più avanti, sulla destra, dove c’è la posta.” Chiarissimo, no? Non contento chiedo anche se c’è anche un distributore e lui: “Per il distributore devi cambiare!” Che devo cambiare? mica sono in treno!!! Non si scompone e con tutta calma risponde: “Devi cambiare strada, no?!”.

Espletate le operazioni di rifornimento contante e carburante ripercorro a ritroso la strada fatta, che in totale sono circa venticinque chilometri, e riprendo il percorso che avevo disegnato. Molto ben fatto, mi complimento con me stesso perchè se avessi fatto diversamente, ovvero se da Montorio avessi ripreso la SS 80, mi sarei perso degli angoli incantevoli, con tanto di ruscelletto canterino ed innumerevoli cascatelle!
Fino ad ora, dopo la colazione, l’unica volta che sono sceso di sella è stato alla posta, anche il rifornimento è stato fatto a cavallo sulla moto.
Comunque, alla fine, sempre sulla SS 80 mi ritrovo, poco distante dal bivio per salire a Pietracamela ed ai Prati di Tivo. Poco più di quattordici chilometri di salita e tornanti, con il suggestivo panorama sul Gran Sasso a fare da quinta. Paesaggio severo, austero, magnifico. Passo, senza entrarci, il paese di Pietracamela; anche lui incute un certo timore, ricorda storie antiche, di pastori, mi vengono in mente i racconti di Ignazio Silone… Il paese sembra perennemente minacciato dalle pareti rocciose fra le quali è incassato, davvero suggestivo. Proseguo, al piccolo trotto; la strada, invece, mi ricorda i tornanti della recentissima vacanza in Basilicata, in compagnia dei Babbaluci; mi accorgo che, sotto la visiera, sto sorridendo al ricordo!
Durante il tragitto ho già ricevuto una chiamata da MrSergio, che mi accompagnava nell’itinerario seguendolo su Google Maps, ed una chiamata da Dragokappa, che invece chiedeva informazioni riguardo ad un intervento che avrebbe dovuto effettuare sulla moto di un suo amico.
Fa caldo, ora, caldissimo! Durante la breve sosta a Montorio mi ero tolto il wind stopper ed aperto tutte le prese d’aria della giacca e dei pantaloni ed avevo indossato i guanti leggerissimi, da fuoristrada, in luogo dei pesanti guanti in pelle. Farò pubblicità, ma non ho obblighi verso nessuno pertanto non frega: impagabile il completo Rev’it; appena posso ne prendo un altro!
Sono le ore undici, solari, nonostante la deviazione. Mentre continuo a salire mi faccio mentalmente due conti pensando a quanto si potrebbe impiegare con il gruppo per arrivare fin qui. Si può fare!
Arrivato ai Prati di Tivo faccio una ricognizione ai prati bassi poi, completato l’anello, salgo per i prati alti. E’ tutta un’altra musica! Si è immersi nel fitto bosco, luce ne penetra veramente poca. Prendo appunti: individuati due posti per il picnic, con panche e tavoli, più una fontana con acqua corrente; nei prati bassi, invece, individuati posti per un buon bivacco. Oddio! L’asfalto finisce di botto, me la rido sotto la visiera… Più che sterrato, pietraia, canali, buche di varia profondità, acqua. Ci sarà, e c’è, da divertirsi; arrivo al capolinea, una sbarra dice che è vietato proseguire; non per i validi ciclisti, in MTB, che sono già oltre la sbarra e studiano un percorso su carta e GPS; è gente pratica, non il solito pollame di allevamento, si vede subito, come subito si riconoscono certi motociclisti della domenica. Plauso.
Dietro front, un pargolo sui tre anni saluta, seduto sul gradino di un camper fra le gambe del giovane papà; esce anche la mamma, il bimbo mi indica ed urla cose incomprensibili; i genitori ridono, io mi fermo, spengo il motore e tolgo il casco. Ci salutiamo allegramente, tutti, fra le risa generali per i versi che fa, che urla il bimbetto.
Fa bene vedere certe cose, l’imprinting giusto glie lo stanno dando, mettendolo a contatto con la natura, quella vera, e non relegandolo sotto un ombrellone su una spiaggia gremita di soliti polli, quelli di batteria. Ah, la massa… fuggirne è un obbligo morale verso se stessi.
Riparto; scendo a folle ed a motore spento i primi tornanti, per non disturbare la quiete dei pochi escursionisti, poi riprendo il pieno controllo del mezzo; sappiamo per esperienza che a folle, a motore spento, in fuoristrada si possono fare danni, vero Manga?!? 😀
Di nuovo alla piazzetta, scendo ancora, ripercorrendo la strada verso Pietracamela; adesso entro in paese, mi accingo a prendere nota sui vari macellai, alimentari ma nulla di fatto; se torneremo qui per un bivacco, sarà bene approvvigionarsi a Montorio.
Eccomi ancora una volta sulla SS 80, ancora in direzione di Montorio ma questa volta è giusto così, è iniziato il percorso di rientro.
Per strade che non sto a spiegare ma che sono facilmente intuibili, dopo un’oretta mi ritrovo al Rifugio Mucciante; una sosta sarebbe opportuna, per le chiappe e la panza, ma ho una leggera antipatia per questo posto, un tempo vero rifugio dove era possibile sostare in santa pace.
Squilla il telefono nell’auricolare, è Murdok; quanto mi fa piacere sentire gli amici che vogliono in qualche modo partecipare al giro e si tengono informati.
Scendo per Castel del Monte, San Demetrio, Molina Aterno;  mi godo in completa solitudine le Gole di San Venanzio, procedo per Goriano; lascio l’asfalto per un corto sentiero che mi porta sulla sommità di una collinetta: lascerò raffreddare un pò la moto e mi riposerò anche io. Mi spoglio, inserisco l’antifurto semmai dovessi addormentarmi e mi sdraio sull’erba, all’ombra di un alberello. Quarantacinque minuti, in silenzio e nel silenzio; qualche raro cinguettio, nessun mezzo a due o quattro ruote che passa; qualche scricchiolio dalla moto, anche il metallo si rilassa.
Riparto, ora sento la fame, ma tiro dritto: Collarmele, Celano ed entro in autostrada, mi da fastidio attraversare Avezzano.
Ne approfitto per prendere un panino ed una coca all’area di servizio, ma il cassiere mi fa innervosire con la sua insistenza per farmi prendere un menù, cosi me ne vado, lasciando la signorina con il panino in mano: “Senta, ma io il panino l’ho scaldato!” Bene, lo dia al suo collega, con sessanta centesimi può prendere anche il dolce, è conveniente…” Esco, casco e guanti, al pari un nobile incazzato che avrebbe preteso guanti e cappello; risalgo sul mio poderoso destriero e via. Poca autostrada, esco a Magliano de Marsi, qui il panino vero, al mio bar preferito, con tanto di bibita ghiacciata; ci sta tutto. Altra bibita, alla faccia dei cassieri invadenti!
Riparto, strada nota: Scurcola Marsicana, Tagliacozzo; prima dei Colli di Monte Bove mi concedo una deviazione: un omaggio alla memoria, la mia; per non dimenticare mai, come si dice. Marsia. Ci venivo da ragazzetto, ancorchè quattordicenne, a cavallo del mio Corsarino 50 ZZ; un gruppetto di amichetti, la tenda militare presa a via Sannio… Che tempi!
Riprendo l’itinerario del rientro: Colli di Monte Bove, come dicevo, poi giù, verso Carsoli e di nuovo Mandela Scalo, dove mi immetto sulla A24 per l’ultimo noioso tratto verso casa. Al garage conto i chilometri; fra itinerario e deviazioni sono ottocentoquarantasei; per il giro con gli amici, al netto del percorso di avvicinamento da e per casa, saranno circa settecento; in due giorni, in gruppo, si può fare.
Anche questa è oramai in archivio.
In certi momenti, viaggiando da soli, si secca la gola e le mandibole si serrano per mancanza di articolazione… Ma un paio di telefonate degli amici aiutano a rinfrancare lo spirito, la loro presenza si sente ed è molto gradita, pur se via etere. Progressi della tecnologia, il bluetooth fa miracoli! Ovviamente ci vogliono anche gli amici giusti, ed io ce l’ho! Molto soddisfatto del giro, delle varianti effettuate per necessità, per curiosità o per romanticismo, saudade di tempi che non ritorneranno mai più.
Eh, si, viaggiare da soli innesca ricordi, introspezioni; molti ne ho fatti di viaggi o semplici giri in solitaria, ogni volta prima che un viaggio per i luoghi è un viaggio dentro se stessi.
E mi piace, quasi quanto viaggiare in compagnia!

Alla prossima, Amici!

25-26 agosto 2012 – GPAQ

Finalmente è arrivato il tanto atteso GPAQ!
L’acronimo sta per Gay Pride in Alta Quota, evento storico dei Babbaluci fin dal 2007.
Perchè Gay Pride? Non c’è un motivo vero e proprio, se non quello scaturito dalla fantasia di Jestercap appunto nel 2007 quando, cercando un nome da dare a questa due giorni in montagna, lui lo propose in quanto eravamo tutti maschi ed avremmo dormito insieme.
Dato che noi alle tradizioni ci teniamo ci siamo tenuti anche questo nome sia in onore di Jestercap sia perchè la prima edizione fu davvero strepitosa.
Qualche defezione l’abbiamo avuta, anche questa volta; all’appuntamento sulla Roma – L’Aquila eravamo: Freeblue, Simpleflower, MrSergio, Marmar ed io, Ulysse. Mancava Jean, con suo e nostro dispiacere.
L’appuntamento era per le sette; facciamo colazione ed alle sette e venti siamo già in marcia. Pochissimi chilometri di autostrada per poi infilarci sulla Tiburtina.
Il ritmo è tranquillo ma non scadente; Simpleflower dimostra di saper stare al passo e così affrontiamo i Colli di Monte Bove in scioltezza; ci fermiamo al valico per le foto e qui Simpleflower si fa prendere dagli scrupoli: “vi rallento troppo… troppe curve… forse faccio meglio a tornare indietro…” Tornare indietro? Non è una pratica conosciuta ai Babbaluci; la convinciamo, diamo consigli su come affrontare il lungo percorso e ripartiamo. Non so, non sappiamo cosa sia successo, ma dopo qualche curva la donzella sfoggia uno stile di guida formidabile!
Facciamo strada, rapidamente ci troviamo al nostro solito bar di quando passiamo da queste parti, con magnifica vista sul Velino. Altra capatina al bar, formiamo il fondo cassa comune e dopo le solite cazzate andiamo a prendere l’autostrada, di nuovo e di nuovo per una manciatina di chilometri che però ci faranno guadagnare tempo prezioso evitandoci gli affollati centri urbani lungo la via normale.
Di nuovo la Tiburtina; appena accenniamo a salire sulla nostra variante ecco che un motociclista intutato ci affianca: tuta rossa e nera, moto nera, un vero diavolo! Mi faccio da parte e con il piede gli indico che gli lascio strada libera, passa e scompare. Ce lo troviamo poi fermo dietro una curva, dopo pochi chilometri, intento a filmare il nostro passaggio; salutiamo e proseguiamo ed eccolo di nuovo! Ma che cazzo vuole questo? Apro il casco: ahò, ma se conoscemo? Lui ride e sbotta: ahò, sò Drago! Mavaff…
Ci fermiamo, questa volta è Marmar ad aver preceduto il gruppo e, anche lui fermo dietro una curva, intento a riprenderci; gli roviniamo la scena, non sapendo delle sue intenzioni e fermandoci per salutare Drago.
Veramente all’inizio, visto che nessuno l’aveva riconosciuto e che Marmar non l’aveva mai visto di persona, insceniamo una lite al che MrSergio, arrivato in quel momento, si precipita a lasciare la moto e correre verso di noi per partecipare alla rissa. Tolti i caschi il misterioso motociclista prende sembianze conosciute e tutti ridiamo.
Di nuovo in moto, seguendo una strada non usuale per i motociclisti, ma molto molto bella; arriviamo dopo una lunga galoppata a Barrea, dove Pannocchietta ed il suo babbo ci attendono lungo la via, in mountain bike.
CI fermiamo, ci spogliamo -fa veramente caldo- e prendiamo un rinfresco seduti ai tavoli del chiosco, all’ombra. Passiamo una piacevolissima mezz’ora poi salutiamo i due bikers ed anche Drago, che riprende la strada di casa. Certo è matto non poco per farsi una sgroppata del genere per poter guidare e sparare cazzate insieme a noi per così poco tempo ma lo capisco, anche io con questa compagnia così piacevole avrei fatto lo stesso.
Ripartiamo, ci aspetta un lungo tratto per arrivare alla sosta spuntino; curva dopo curva divoriamo la strada: il ritmo è buono anche se non ai nostri usuali livelli. Guido il gruppo senza perdere di vista Simpleflower, che si sta comportando benissimo; anzichè rallentare nei tratti più rilassati per farle riprendere fiato, aumento un pochino la velocità così che non abbia tempo di accusare la stanchezza. In simili frangenti è meglio battere il ferro quando è caldo, non si deconcentrerà ed la sosta spuntino sarà abbastanza lunga da consentirle un recupero.
Arriviamo, finalmente. Simpleflower ferma la moto di botto, scende e si sdraia in terra, esausta… Sono le quattordici, siamo in perfetto orario.
Il nostro ristoro è aperto e praticamente siamo padroni della situazione: quando prendiamo posto non c’è nessuno ai tavoli, tavoli all’ombra di un rustico pergolato.
Arrivano i taglieri con porchetta, prosciutto, lonza, salsicce, formaggi ed un pane-pizza fantastico. Ovviamente le bottiglie di acqua non si contano; alla fine anche qualche cremino gelato e qualche caffè.
Siamo sazi e riposati, indugiamo più del previsto ma quando si parte presto e si rispettano le tempistiche è una cosa che ci si può permettere senza rimorsi di coscienza.
Paghiamo il conto, veramente esiguo, e riprendiamo la via; ora ci aspetta un lungo tragitto tutte curve ma il fondo stradale non è buono come lo è stato finora. Non ci fa certo timore, adeguiamo la velocità, soprattutto ammiriamo gli splendidi panorami che ci scorrono intorno e la nostra successiva boa arriva in men che non si dica. Una fonte, dove preleviamo acqua nelle taniche flosce e nei recipienti che ci siamo portati dietro, per far fronte alle esigenze del nostro campo. Ci dissetiamo, ovviamente, con quell’acqua fredda e pura.
Salutiamo, ripartendo, un gruppo di ragazzini in gita e ci avviamo per il tratto finale; pochi chilometri, oramai siamo arrivati ed infatti ecco che si apre la *nostra* radura. Ci fermiamo, valutiamo la situazione, scarichiamo i bagagli e MrSergio con Marmar ripartono alla volta del vicino paese per acquistare la materia prima per la nostra cena. Noi intanto cerchiamo il posto migliore per piantare le tende e lo troviamo in una radura oltre gli alberi, circoscritta a sua volta da alberi e siepi, un posto ideale. Sistemiamo le moto, montiamo le tende; prepariamo con le pietre il sito per il focherello che ci produrrà la brace; montiamo anche un trespolo per appendere la lanterna e i due sono già di ritorno. Si cambiano d’abito anche loro, Freeblue si trasforma in fochista e prodotta una bella brace si accinge a preparare le bruschette.
Maa… cos’è quel lampeggiante che va avanti e indietro lungo la strada? Probabilmente Forze dell’Ordine che hanno visto il nostro fuocherello e vorrebbero saperne di più, pensiamo; se è così non tarderanno a farci visita. Continuiamo i nostri lavori e loro continuano a fare avanti e indietro finchè si fermano ed i lampeggianti diventano due! E’ chiaro che ce l’hanno con noi, anche perchè oltre a noi non c’è nessun altro ed allora decidiamo di prendere la cosa di petto, dichiarandoci. Freeblue e Simpleflower si avviano verso le macchine e, spiegato che siamo in gita con le moto e stiamo facendo un bivacco per la notte, sia i Carabinieri che la Municipale si tranquillizzano e dopo averci raccomandato prudenza massima con la brace se ne vanno tranquilli. E così siamo più tranquilli anche noi.
La cena prosegue allegra, sostanziosa: salsicce, lombate di maiale, due fettone di mortadella alla brace, bruschette, birra, coca cola, acqua…
Il povero MrSergio si era fatto anche un doppio viaggio per andare a prendere ulteriori bottiglie di acqua ma alla fine un paio ne sono avanzate.
Oramai è buio, non fa freddissimo ma c’è umidità; parliamo, volano cazzate ed alla fine ci separiamo: tutti in tenda.
La notte passa tranquilla, non c’è un rumore! Alle sei sono già fuori della tenda, preceduto da MrSergio. Visto che gli altri continuano a pisolare, ci facciamo una lunga e benefica passeggiata nei boschi, individuando anche il percorso migliore per ritornare sull’asfalto. Torniamo al campo, ancora tutti dentro le tende ed allora iniziamo a parlare forte per svegliarli; nel frattempo riattiviamo un fuocherello mite e prepariamo un bel caffè alla brace, con la macchinetta, il caffè e lo zucchero portati da MrSergio. Forse è l’aroma do cafè ma in breve sono tutti fuori. Per Simpleflower invece scaldiamo una cuccumella di acqua con la quale si può preparare una gustosa camomilla … mmmmmh, beata lei!
Iniziamo a smontare il campo, con molta calma le cose riprendono posto negli zaini e nelle borse; ci rivestiamo con gli indumenti da moto e percorriamo il sentiero che con un tratto finale di fuoristrada ci porterà sull’asfalto.
Raggiungiamo il paese, sosta per una colazione più sostanziosa e ripartiamo; oggi il percorso è meno faticoso, per nostra scelta; comunque è sempre pieno di curve ed attraversiamo posti incantevoli; saliamo lungo in costoni delle montagne, passiamo nella splendida Gola di San Venanzio ed alla fine, senza interruzione nel susseguirsi di curve ci ritroviamo alla solita piazzetta di Magliano de Marsi.
Bar, panini, piadine, gelati, bevande e passiamo un’oretta abbondate. Da Roma riceviamo notizie di violenti nubifragi ma il cielo ce lo stava già annunciando per cui, senza indugio, preferiamo partire subito e farci un’oretta di autostrada per arrivare velocemente a Roma. Solo che poco dopo aver imboccato l’autostrada la pioggia che era iniziata a cadere si trasforma in grandine; un turbinio di acqua e vento impedisce di vedere oltre il manubrio della moto e le auto sono addirittura ferme sulla corsia di emergenza. Proviamo a fermarci ma riparto subito; ho paura di stare fermo in quella bolgia, già con il sole ti falciano se sei fermo sulla corsia di emergenza, figuriamoci con questa visibilità praticamente nulla.
Avanzo con una velocità fra i 40 ed i 60 all’ora, tenendomi non troppo a ridosso della corsia di emergenza poichè qualche imbecille magari è fermo a luci spente e senza le frecce di emergenza: infatti…
Dopo una trentina di km ell’uscita di una galleria improvvisamente c’è il sole; decido di continuare a quell’andatura per aspettar gli altri ed infatti poco dopo arrivano; procediamo senza soste, fradici, fino all’ultima area di servizio prima del casello, dove ci fermiamo per finire di asciugarci e per salutarci.
Sosta lunghina, in verità non ho nessuna voglia di ripartire e lasciare i miei amici ma alla fine mi forzo e sono il primo a salutare la compagnia. Mi restano circa ottanta chilometri da percorrere prima di arrivare a casa e li impiego facendomi ripassare nella mente tutti i momenti belli e le cazzate che abbiamo detto e fatto in questa due giorni. Ovviamente e come sempre c’è il dispiacere per chi non ha potuto partecipare ma questa è anche una molla che ci invoglia a ripetere gli eventi.
Che dire? Proviamo a riassumere con poche parole questo fine settimana molto intenso: moto, curve, montagna, paesaggi, mangiare, bivacco… certo, nulla di eccezionale in fin dei conti ma ad amalgamare tutto questo c’è l’amicizia che contraddistingue il nostro gruppo e di conseguenza quelle che dovrebbero essere semplici gite in moto ma sono invece qualcosa di molto più coinvolgente.
Ah, dimenticavo: benzina a parte questo fine settimana ci è costato la bellezza di 30 euro a testa, per le colazioni, le soste ai bar, due pranzi ed una cena.
Dovremmo limitare le spese e fare qualche taglio…

Alla prossima, BabbAmici!

28-29 luglio 2012 – Abruzzo

Dopo aver riempito una decina di pagine nel forum, per lo più di cazzate varie, l’argomento *due giorni in Abruzzo* finalmente si concretizza.
Sabato mattina ci incontriamo alla stazione di servizio sulla Roma – L’Aquila, la solita: Murdok, MrSergio e Francesca, io -Ulysse- e Lucilla.
Dopo la colazione e dopo aver perso un pò di tempo in chiacchiere ci avviamo; una ventina di chilometri ed usciamo dall’autostrada, a Vicovaro.
Si prosegue sulla Tiburtina, la proposta di MrSergio è di percorrere la Sublacense fino a Subiaco, appunto, ma dato che io sono solito calare un carico a mia  volta propongo di raggiungere Subiaco con una strada alternativa. Detto, fatto! Ci regaliamo anche una salita a Cervara, il comune più alto del Lazio, per ammirare la vallata ed i paesini incastonati sui monti circostanti.
Dopo la sosta riprendiamo la strada che ci porta a Subiaco e da qui, attraversanto il caotico centro urbano, saliamo a Jenne. Strada percorsa mille volte ma sempre piacevole, sia dal punto di vista motociclistico che paesaggistico.
A Trevi facciamo una sosta panino, seduti all’ombra degli ombrelloni di un bar-alimentari. Ce la stiamo prendendo comoda, avremmo appuntamento con i Pallini, Yamarero e compagnia bella al più tardi alle tredici e trenta a Fonte Vetica.
Ripartiamo. Il passo è buono senza però strafare e la strada, divertente e curvosa, ci porta fino a Capistrello; qui il famigerato navigatore di MrSergio si produce in una performance di tutto rispetto facendoci arrivare al casello di Avezzano con un arabesco che farebbe venire il mal di testa ad una mosca! Cose che capitano, ci ridiamo sopra non senza averlo adeguatamente per il culo. MrSergio incassa ed abbozza, sa bene quali sono le regole e le tendenze del gruppo… Arrivati al casello Murdok ci saluta, prendendo a malincuore la via di casa. La cosa dispiace non poco anche a noi, ma la famiglia ha ovviamente la priorità.
Non abbiamo più tempo per seguire l’itinerario originale ed allora invece di farci il piccolo tratto di A25 previsto allunghiamo fino a Popoli, una trentina di chilometri in più di autostrada. Risparmiamo solo dieci chilometri ma recuperiamo una quarantina di minuti. Usciti dalla A25 imbocchiamo prima la SS17 e successivamente la SS17 bis; la strada è un toboga tutto in salita ed rapidamente ci porta a Fonte Vetica; sono le quattordici, solo mezz’ora di ritardo ed ovviamente ora sono io ad essere preso per il culo da Yamanero & co. Incasso ed abbozzo, come è giusto.
Da Mucciante c’è il solito caos, il solito vento, il solito sole cocente; dai barbecue si innalzano segnali di fumo con le quali le piccole tribù di amici e familiari comunicano l’una con l’altra: “c’ho fame”… “pure io”… “io deppiù”.
Noi preferiamo dei panini con prosciutto, salame e surplus di formaggio, comunque non meno gustosi dei soliti arrosticini. Ci lessiamo un pò al sole dato che ai tavoli non c’è un filo di ombra manco a pagarlo oro; le bevande si scaldano subito ed infatti io bevo acqua, odiando birra, vino e bibite varie se non ghiacciate.
Rifocillarsi tutto sommato non ci porta via molto tempo; ci facciamo un giro per le misere bancarelle piene di cineserie varie che pure ci attraggono ma solo se perfettamente inutili, veramente originali ed orrendamente kitsch.
Nel frattempo Yamanero ed Enzo, con le rispettive moto e compagne, prendono la strada del B&B per un riposo non so quanto meritato!
Noi quattro, in compagnia dei Pallinidi e per par condicio degli Istrioidi, accompagniamo MrSergio e Francesca al campeggio, davvero poco distante dal nostro B&B; vogliono fare l’esperienza della tenda + moto e così li aiutiamo (aiutiamo?) a montare la tenda, come si può immaginare fra mille cazzate; l’avesse montata da solo avrebbe fatto in due minuti…
Ci accomiatiamo dandoci appuntamento a più tardi per un aperitivo e la conseguente cena. Nel frattempo Pallina è in contatto con Piero850 che sta arrivando da Bologna e che si unirà a noi per passare la serata insieme.
Salutate le due Giovani Marmotte io, Lucilla, Hystrix e Pallina raggiungiamo il B&B dove abbiamo un appartamentino in comune. Doccia, con tutta calma, e poi si esce di nuovo per ritornare al campeggio; Yamanero, Patrizia, Enzo e Tiziana preferiscono restare al B&B per una cena casalinga.
Arriviamo al campeggio e troviamo MrSergio e Pannocchietta seduti al tavolo di legno fuori della trattoria, in pieno relax a sorseggiare l’uno una birra e l’altra un calice di rosso. Ovviamente ci adeguiamo subito, accomodandoci anche noi per assumere la giusta quantità di alcool pre cena. Ci tengo a dire che in questo siamo abbastanza moderati: quando siamo in viaggio nei vari spuntini e ristori non beviamo mai nulla di alcoolico e la sera, pur lasciandoci andare a libagioni più serie e sostanziose, non eccediamo mai il limite dle buon senso.
Dunque, mentre eravamo intenti a sorseggiare i nostri *svegliarini* arriva Piero850 con al seguito Luba; baci, abbracci, passiamo del tempo e poi finalmente tutti a tavola.
Conoscevo il posto ma non avevo mai avuto occasione di fermarmi a gustare la cucina, che si è rivelata una piacevolissima sorpresa: gente simpatica, cordiale e disponibile; cucina di tutto rispetto, risultato di un degno lavoro di una ragazza bella e brava. La cena è stata dunque un successo sotto tutti i punti di vista, incluso il breve soggiorno alla cassa!
Abbiamo fatto tardi, due chiacchiere due fiori del ristorante e poi tutti a nanna per un meritato riposo.
La mattina dopo, dopo aver caricato i pochi bagagli, inutilmente aspettiamo Piero850 e Luba; Enzo scorrazza su e giù con la moto; Yamanero traffica con la sua GS ed il di lei antifurto; arrivano MrSergio e Pannocchietta e ci trovano intenti a chiacchierare nel giardino del B&B; conciliabolo e poi visto che il B&B aveva praticamente perso la seconda B andiamo alla ricerca di un bar; Enzo sparisce prima che l’ultimo di noi sia in sella, Yamanero non passa per quelle strade ed allora decidiamo di dirigerci a Castel del Monte, per la suddetta colazione ed il rifornimento, mentre i Pallinidi ci salutano e vanno alla ricerca di Pero850.
Portaportese alle 10 di mattia è un deserto in confronto alla piazza del paese: moto su moto, parcheggiate ovunqe, anche dove logica ed educazione non vorrebbero. A fatica faccio il pieno alla moto, a fatica riusciamo a trovare un tavolo libero e fare colazione. Partiamo, ovviamente con pretese di percorso molto meno ardite rispetto alle intenzioni pre partenza. Saliamo alla piana di Fonte Vetica, torniamo verso Campo Felice ma all’incrocio tiriamo dritto per Fonte Cerreto. Anche qui c’è un bel caos di moto e possiamo ammirare l’improvvisato zoo motociclistico che comprende comuni esemplari di deficienti domenicali: quello che ti inchioda davanti, quello che parte a razzo da bordo strada. Fra i deficienti anche dei zelanti *commissari di percorso* che, come tanti suricate, sono sull’attenti pronti ad indicare ad ogni motociclista che passa la direzione da prendere per la moto magnata di turno; peccato che noi non facciamo parte di codesta brigata e si sbracciano inutilmente… ma lo sapete che hanno inventato le pettorine per contrassegnare le pecore dello stesso gregge?!?
Proseguiamo, siamo sulla provinciale che ci porterà a Passo delle Capannelle, dove sosteremo per qualche foto ricordo. Riprendiamo la marcia, la discesa verso Antrodoco è spettacolare per tre quarti del tragitto; arriviamo nella predetta località che è giusto ora di farci uno spuntino: una pizzeria nella piazza è quanto di meglio ci possa essere: tavolo di fianco alle moto; quasi all’ombra, basta spostarlo di una trentina di centimetri; pizza, bevande a temperatura adeguata. Appena ci sistemiamo la pizzeria chiude e restiamo gli unici avventori. Antò, fa caldo… ma tanto! Sostiamo le moto all’ombra per non ustionarci il punto di contatto con la sella; qualche minuto e ripartiamo, direzione Rieti, Salaria, Roma. La strada è stranamente e piacevolmente deserta o quasi, andiamo spediti; ci gustiamo il fresco del lungo tunnel a Rieti e senza soste arriviamo all porte del GRA. Qui ci fermiamo per i saluti di rito, io e Lucilla abbiamo ancora cinquanta chilometri prima di arrivare a casa.
Anche questa gita è andata nel migliore dei modi: belle strade, guida divertente ed in sicurezza, bei posti, la compagnia di Murdok almeno per la mattinata del sabato; gli amici lontani che per forza di cose vediamo ogni tanto: Pallina, Hystrix, Yamanero, Patrizia, Enzo, Tiziana e gli ancora più rari Piero850 e Luba.
Motociclisticamente è stata una uscita senza troppe pretese, non abbiamo certo pianto per aver tagliato parte del percorso in quanto per forza di cose l’uno o l’altro tratto capitano sempre nei nostri giri; però è stato appagante per i bei posti che abbiamo attraversato ma soprattutto per aver passato del tempo in compagnia ed amicizia. Non solo il gruppo dei Babbaluci negli ha ha subito una sorta di selezione naturale per la verità con la perdita di pochissimi elementi, ma anche la mischia di coloro che marginalmente o in rare occasioni fanno parte del nostro gruppo ha subito una conformazione tale che quando ci incontriamo anche se è molto tempo che non ci vediamo sembra sempre che ci siamo salutati appena il giorno prima.
Grazie a tutti ed un pensiero a coloro che pur non avendo partecipato alla gita sono stati sempre nei nostri pensieri e nei nostri discorsi.

Alla prossima, Amici!

1-7 luglio 2012 – RDGA

Domenica 1 luglio.
Sono da poco passate le 5 del mattino quando io, Ulysse, e Sam ci incontriamo; senza toglierci neanche il casco e senza scendere dalle moto ci avviamo decisi verso il luogo dell’appuntamento con gli altri Babbaluci Romani: Freeblue e Murdok. Con loro l’appuntamento è alle 6 ma quando arriviamo, in anticipo ovviamente, Murdok è già lì, dalle 5! L’ansia per la partenza si era impossessata della sua anima e delle sue facoltà mentali…
Poco dopo arriva anche Freeblue, rapida colazione e si parte, l’avventura è ufficialmente iniziata.
Per Marmar è iniziata la sera precedente, partito da Palermo con il traghetto; l’appuntamento con lui è alle 18:30 presso un’area di servizio a Genova – Voltri, sulla A26.
Percorriamo velocemente ed in assenza di traffico la Roma – Firenze, fino a Valdichiana; qui imbocchiamo la Siena – Bettolle e ci fermiamo al primo distributore, luogo di incontro con Jack, proveniente da Fabriano.
L’appuntamento è per le 8:30, noi siamo li alle 8:15 e dopo pochi minuti ecco spuntare Jack, sincronismo perfetto!
Ripartiamo così qualche minuto prima dell’ora dell’appuntamento; se è importante non perdere tempo, guadagnarne lo è ancor di più…
Veloce passaggio sulla Siena – Bettolle, dunque, e giunti a Poggibonsi lasciamo le strade veloci per effettuare una piacevolissima diagonale verso nord ovest che ci porta fino a Borgo a Mozzano; ovvia sosta foto al Ponte della Maddalena, altrimenti detto Ponte del Diavolo. Si riprende il viaggio, passiamo per Castelnuovo in Garfagnana e deviamo per Isola Santa; qui evitiamo di salire al Passo del Vestito, percorrendo la più veloce ma altrettanto suggestiva -e curvosa- alternativa per Forte dei Marmi; entriamo nuovamente in autostrada al casello Versilia e ci dirigiamo a nord.
Una cinquantina di chilometri ed usciamo a Carrodano – Levanto: l’Aurelia ed il Passo del Bracco ci porteranno a fare la sosta pranzo all’Osteria Tagliamento, alle 14 in punto.
Siamo messi molto bene con l’orario e ci possiamo permettere una sosta abbastanza comoda; pasta al pesto, veramente speciale e scopo della fermata non casuale. Ci sono molte altre moto al parcheggio, come sempre in questo posto essendo l’Aurelia ed il passo del Bracco meta molto ambita dai motociclisti. Il pranzetto scorre piacevolmente, inframmezzato da chiacchiere con altri motociclisti; qualcuno si concede un caffè e poi si riparte; abbiamo tempo ed invece di riprendere l’autostrada a Deiva Marina scendiamo per l’Aurelia fino a Sestri Levante. Strada molto bella, ma dopo pochi chilometri noto che mancano un paio di moto, in coda… ci fermiamo ad aspettare all’ombra, poi passa una delle persone con la quale avevo parlato all’osteria, su uno scooter, e ci dice che la polizia ha fermato i nostri amici. Attendiamo ancora e ci meravigliamo un pò: stavamo procedendo a velocità molto al di sotto del limide del CdS e quando i due arrivano si svela l’arcano: i poliziotti, attratti dalla bellissima moto di Murdok, lo avevano fermato per vederla da vicino e soddisfare la loro curiosità. Meglio così.
Sestri Levante, si rientra in autostrada; percorriamo in scorrevolezza un pò di chilometri ma arrivati nei pressi di Genova c’è il blocco totale; con le moto si riesce a passare in una corsia centrale fra le due file di automobili ma dato che non tutti sono così intelligenti da lasciare libero questo spazio, a volte si deve fare un pò di gimkana e proprio in uno di questi passaggi l’automobile che mi precede si blocca di colpo e la struscio con la valigia laterale; nello sbandamento che segue urto il guard rail con il manubrio e si spezza il collare della pompa freno anteriore. L’auto non riporta nessun danno, solo una strusciatura di vernice e così, dopo che Freeblue mi ha sistemato con delle fascette il bracciale, possiamo ripartire. Nel delirio di auto che continua ad intasare l’autostrada sbagliamo una deviazione ed invece di essere sulla A26 cio ritroviamo sulla A7; poco male, più a nord troveremo la bretella per Alessandria ed i km supplementari sono veramente irrisori. Però Marmar, che ci ha avvisato di essere arrivato ed in attesa di sbarcare, ha appuntamento sulla A26 e così dopo esserci fermati alla prima area di servizio lo chiamiamo per comunicargli le coordinate del nuovo appuntamento.
Mentre sorseggiamo acqua minerale eccolo che arriva; anche in questo caso e nonostante l’incoveniente siamo in perfetto orario!
Si riparte quasi subito, per l’ultima sgroppata autostradale della giornata. Arriviamo ad Ivrea, in albergo, poco dopo le 20; ci presentiamo alla reception ma senza neanche scaricare il bagaglio e senza cambiarci ripartiamo per una pizzeria poco distante, prenotata telefonicamente da Freeblue, per la cena e per vederci la finale dell’Europeo fra Italia e Spagna.
Certo il risultato della partita, peraltro meritato, non ci ha portato fortuna… Dopo la cena rientriamo in albergo, fermandoci ad un distributore a fare il pieno per l’indomani; com’è, come non è, arrivato in albergo Jack si accorge di non avere più il portafoglio; soldi ce n’erano pochi perchè per fortuna li teneva separati ma c’erano dentro le carte, la patente, la carta d’identità… Minchia, che guaio!
Lui e qualcun altro si rifanno la strada a ritroso, ritornano in pizzeria, al distributore ma niente. Si bloccano le carte e si va a dormire.
Per oggi è abbastanza; chi è partito da Roma si è fatto più di 800 km, 14 ore in moto per le italiche strade; Jack, da Fabriano, ne ha fatti poco meno mentre Marmar si è fatto solo la tratta Genova – Ivrea, circa 180 km.
Domani si passerà il confine…

Lunedi 2 luglio.
La giornata inizia presto, prima delle 7 sono già alle prese con la mia moto: aperta l’officina mobile su di un tavolo in giardino ed aperte le varie borsette con i ricambi cerco e trovo una delle piccole piccola staffe in ergal che mi sono autocostruito per ovviare ad una eventuale, ma in questo caso reale, rottura di un bracciale pompa freno o frizione.
Tolte le fascette in plastica applicate il giorno prima da Freeblue sistemo la staffa in modo che il pezzo rotto si comprima fra questa ed il manubrio restando solidale con il resto del collare. Usando poi dei bulloni più lunghi per compensare il maggior spessore dovuto alla staffa, stringo il tutto e la riparazione è ultimata. Freeblue e Marmar aiutano, sistemando anche il retrovisore che si era allentato nell’urto.
Jack invece è disperato, in preda allo sconforto; vuole rientrare a casa per via dei documenti persi e noi facciamo di tutto per convincerlo a proseguire… Paghiamo il conto dell’albergo, ci avviamo verso il centro di Ivrea per fermarci al primo bar per la colazione; continua la nostra insistenza, continua la sua resistenza, ma alla fine cede lui. Si riparte, direzione Aosta percorrendo la SS26; da qui proseguiamo per Courmayeur e ci infiliamo nel tunnel… Comodo per un trasferimento veloce, ma ci costa ben 26 euri e 10 centesimi, ‘cciloro!
L’uscita dal traforo ci vede fuori dai nostri confini, in Francia. Ci fermiamo nell’ampio piazzale per ricongiungerci; qualche foto, le solite cazzate e si riparte, scendendo verso Chamonix. Da qui dobbiamo percorrere circa 90 km per arrivare ad Annecy, nostro way point per la sosta spuntino che prevede anche un rapido giro a piedi per i canali ed i vicoli del centro storico. Lo stomaco lo soddisfiamo a Le Brooklin, con hamburgher, patate, insalate, dolci etc; in genere nelle escursioni in moto preferiamo un panino al volo, ma in viaggio le giornate sono molto più lunghe ed una sosta pranzo più lunga è opportuna; comunque non facciamo certo pranzi luculliani e di certo non beviamo alcoolici; ripartiti da Le Brooklin raggiungiamo il centro e parcheggiamo le moto in un garage privato, custodito. Possiamo lasciare tutti i bagagli, anche i caschi assicurati alle moto e portando via la sola borsa da serbatoio. Il giretto ad Annecy è piacevole, acquistiamo anche delle spillette da applicare sulle giacche da moto ma ci dilunghiamo un pò troppo tanto che Marmar, il quale solitamente si dimentica dell’orologio, esclama un “minchia, ma sono quasi le sette!” Di corsa, si riprendono le moto e si paga l’amaro conto del posteggio, ben 2 euri e 40; si imbocca l’autostrada e dopo una deviazione che però ci porta via solo qualche chilometro, arriviamo a Thonon Les Bains, dove imbocchiamo la direzione di Vacheresse; la strada è proprio sulla Route Des Grandes Alpes; qui, però, troviamo un blocco che ci costringe ad una ulteriore deviazione ma riusciamo ad arrivare alla locanda in tempo per sistemare i bagagli, darci una cambiata e presentarci a cena in modo decente.
La cena, come il locale, è molto rustica e molto buona: antipasto di affettati vari, risotto ai funghi, tacchino in salsa, formaggi vari senza limite di quantità, dolce e, per chi lo gradisce, anche un liquore locale; l’intera bottiglia lasciata sul tavolo… ma la cosa più buona della serata è senz’altro la cameriera! Un Culo spettacolare, come se ne vedono pochi e due occhi (scusate il termine) splendidi; fra l’altro molto graziosa anche nei modi, simpatica e sorridente. Murdok l’aveva notata già prima di entrare, come la maggior parte di noi, ma lui in quel preciso momento ha coniato il tormentone che ci ha poi accompagnato per tutto il viaggio: “MA QUELLA?!”.
Cotti dalla stanchezza, dalle birre e dal liquore, dall’abbondante libagione, ci lasciamo andare sempre più raggiungendo limiti impensabili in situazioni normali, nella vita quotidiana; le cazzate fioccano e si ride a crepapelle; non è buona educazione ripetere qui, pubblicamente, ciò che si è sentito durante la serata ma potete facilmente immaginare qual’è stato l’argomento principale delle varie battute… si, proprio gli occhi della giovane cameriera.Cameriera che ad un certo punto è sparita; eravamo i soli nella piccola sala da pranzo e data l’ora tarda aveva evidentemente finito il proprio turno di lavoro; ad un certo punto appare quella che doveva essere la di lei madre… è comparsa silenziosamente, all’impovviso, materializzandosi accanto a Marmar il quale avvertita una umana presenza si è girato credendo di trovare il culo ed invece ha trovato un donnone scaruffato! Mariiiiia, che scantu! Comunque la signora, che ci aveva già accolto alla reception (il piccolo banco del bar) era molto simpatica e disponibile; ha scherzato un pò con noi e poi siamo andati finalmente a dormire.
Oggi abbiamo percorso circa 360 km, attraversando la splendida Val d’Aosta con i suoi panorami, i castelli, i vigneti a terrazza, la Dora, Courmayeur. poi il T1, tunnel del Monte Bianco. Abbiamo lambito Chamonix; poi la bella discesa verso Flumet, su una strada panoramica e tutte curve; abbiamo visitato Annecy, perla di rara bellezza con la sua antica prigione nel bel mezzo del canale principale, l’omonimo lago ed i pittoreschi canali e vicoli.
Giornata ricca, andiamo a letto contenti di averla vissuta e di averla conclusa con una degna cena, offuscata solo da IL CULO! Bonanotte…

Martedi 3 luglio
Ci alziamo in orario tutto sommato comodo, la colazione è per le 8:30. Fortunatamente non abbiamo nulla da sistemare sulle moto se non ingrassare le catene, a quelle che ce l’hanno.
Colazione servita dalla signora, e ho detto tutto! Piacevole comunque; si paga l’esiguo conto (50 euri a testa per pernotto, cena e che cena, e la colazione).
Si sistemano i bagagli e si parte che oramai sono le 9:30. Il blocco del giorno prima ci costringe a modificare un pò l’itinerario ma dato che siamo comunque in montagna e che qui le strade sono tutte belle, un percorso molto sinuoso ed appagante ci porta prima a svalicare le Col du Corbier, non previsto, e poi ad immetteci sulla RDGA senza aver perso nulla di significativo.
Inizia la lunga salita, non una percentuiale notevole ma costante, che conduce a Les Gets. Sosta a Taninges, per dissetarci e per acquistare pile di ricambio per le radio; si riparte, passate Cluses e Le Reposoir ci attende il Col de la Colombiere, dove facciamo sosta per le foto di rito. Di nuovo in sella, la strada pur ammirando i panorami scorre rapidamente: Le Grand Bonard, Saint Jean de Sixt ed infine il Col des Aravis, dove ci fermiamo per lo spuntino. Con disappunto e stupore vedo che Les Rhodos è completamente bruciato, distrutto! Ripieghiamo sulla brasserie di fronte, ottima comunque. Moto parcheggiate proprio di sotto alla terrazza dove sono sistemati i tavoli; arriva la cameriera (MA QUELLA?!) con i baffi ma molto molto carina ed “azzinnata”, come direbbe Paolo Stoppa, ed ordiniamo un piatto unico, tipico di questa zona: la plancha; è un piatto grande, rettangolare, con ricco assortimento… prosciutto, salumi, patè, patate, formaggi, insalata etc.
Naturalmente acqua minerale e/o Coca Cola. Finiamo di mangiare e torniamo al parcheggio, preparandoci per la ripartenza. Mentre sono indaffarato intorno alla mia moto Marmar mi chiama: abbiamo un problema da risolvere, problema serio! Penso ovviamente che è successo qualcosa alla sua moto ma quando mi avvicino mi dice che è la moto a fianco, una mastodontica Honda Pan-American di una coppia francese, ad avere la manopola del comando gas bloccata; si può dare gas, forzandola, ma ovviamente non ritorna ed è impossibile proseguire il viaggio. Apro l’officina mobile ed in 10 minuti sistemiamo l’inconveniente… la moto era stata trasportata su un carrello ed una delle cinghie che assicuravano la moto al carrello era stata tirata a morte; di conseguenza la manopola era andata a finire contro il comando luci ed anche il bilanciere, non si sa come, era stato tirato in dentro… Riposiziono il tutto, aiutato da Marmar e Freeblue ed incassati i mille ringraziamenti della coppia riprendiamo la nostra strada.
Notre Dame de Bellecombe, Hauteluce, Beaufort, Col de Meraillet con sosta per gustare una bibita rinfrescante sulla terrazza di un bar affacciata sul lago di Roselend. Foto, cazzate, coinvolgimento della cameriera, vivace e procace, e di nuovo in sella… Pochi chilometri ci portano ad una nuova sosta, per documentare il passaggio al Cormet de Roselend, ultimo colle della giornata.
Dopo il valico la strada prosegue immersa in un paesaggio incantevole, da fiaba, in un susseguirsi di curve senza fine; guidiamo in scioltezza, non abbiamo fretta in quanto siamo in perfetto orario; oggi ce la siamo presa comoda, la nostra destinazione è Seez, poco dopo Bourg Saint Maurice, dove fra l’altro ci fermiamo per fare il pieno. A Seez alloggiamo al Relais des Villards, l’unico posto in cui sosteremo due notti di seguito.
Arriviamo dunque al grande chalet, Murdok sbriga le formalità di presentazione ed io, che conosco il posto avendoci pernottato lo scorso anno, gli dico di farci aprire il cancello del grande giardino dove troveranno ricovero le nostre moto; altri clienti debbono spostare le loro, di moto, in quanto le hanno messe a cazzo di cane occupando tutto lo spazio disponibile, ma lo fanno di buon grado.
Raggiungiamo le camere, sistemiamo i bagagli, doccia e in poco tempo ci troviamo tutti attorno ad un tavolo all’aperto, per una bella birra in compagnia in attesa della cena. Ne approfittiamo per fare il punto della situazione, soprattutto per l’escursione al Monte Bianco che vorremmo effettuare l’indomani. Fra chiacchiere serie e le solite cazzate a profusione dove predomina l’esclamazione “MA QUELLA?!” soprattutto ll’indirizzo dell’ennesima cameriera degna di nota, arriva l’ora di cena. Ceniamo fuori, la serata è bella e nonostante le mosche si sta molto bene. Zuppa o crostini al pomodoro, una pasta tipo quadrucci ma molto più grandi condita con formaggio ed erbe, molto delicata; carne in salsa di semi di senape, insalata, dolce, caffè, ammazzacaffè, birre, birre, birre e qualche coca cola per gli analcolici del gruppo.
Concudiamo in maniera degna anche questa giornata: i chilometri sono stati circa 200, pochini ma suffcienti a farci gustare bei percorsi, colli, paesaggi, laghi, cascatelle, belle figliole; infine relax ed una bella cena in compagnia degli amici, che si può volere di più?

Mercoledi 4 luglio
Oggi non abbiamo nessun bagaglio da caricare in moto in quanto è giorno di escursione e questa sera dormiremo ancora nello stesso albergo.
Si parte non troppo presto, anche per dare modo a Marmar di riprendersi da una nottata insonne causa problemi al … retrofit!
Il nostro chalet è proprio su Route de Petit Saint Bernard ed una volta in sella iniziamo subito a salire per i tornanti che in breve ci porteranno al Colle: solo 26 chilometri ci separano dal confine con l’Italia.
La strada, anche se non troppo ben tenuta, è scorrevole e sgranelliamo i tornanti rapidamente, fermandoci poi ad un paio di km dal valico per fare foto ad una cascatella ed al paesaggio circostante. Poco dopo altra fermata, d’obbligo, al passo per le foto di rito e per vedere se possiamo comprare qualche altra cazzatella. Niente di che, solo qualche adesivo… si riparte, la discesa verso Champex è rapida, imbocchiamo la SS26 in direzione Aosta, percorsa in senso contrario qualche giorno prima, e saliamo poi verso il Col de Grand Saint Bernard. Man mano che si sale il paesaggio diventa lunare, selvaggio. Arriviamo al colle non tutti insieme in quanto io, Marmar e Freeblue ci siamo fermati a fare delle foto senza scendere dalle moto. Gli altri sono già li, parcheggiati davanti al laghetto prima del valico presidiato dalla Polizia di Frontiera.
Qualche foto e poi, con un pò di apprensione per Jack, in fila indiana passiamo il varco senza problemi. Ci fermiamo subito dopo, nei pressi dell’Ospizio. Altre foto, acquisti di spille, patch, magliette e si riparte per la splendida discesa nella valle d’Entremont in territorio svizzero, direzione Martigny; passato il lungo tratto di strada protetto dal para valanghe lasciamo la strada principale deviando per Champex, lago e paesino, perchè sapevo essere strada molto bella incassata in una valle da cartolina. Così è; ci fermiamo al lago, qualche foto e vorremmo anche mangiare qualcosa ma visto che una margherita costa circa 18 € preferiamo proseguire e sconfinare in Francia.
La nostra destinazione è Chamonix, ci arriviamo rapidamente e qui ci rifocilliamo presso un McDonald. Dobbiamo fare presto perchè rischiamo di perdere il trenino a cremagliera per il Mar de Glace; lasciamo le moto parcheggiate davanti al McDonald e a piedi raggiungiamo la stazione Chemin de Fer du Montenvers. Il treno parte dopo un quarto d’ora circa ed una volta in carrozza ci godiamo la salita verso il ghiacciaio, facendo foto all’interno del treno e dai finestrini; oltre a noi solo un altro piccolo gruppo di passeggeri, abbiamo la carrozza in esclusiva! Arriviamo al ghiacciaio dove sostiamo meno di un’ora, dato che quello che ci riporterà a valle sarà l’ultimo trenino della giornata. Esperienza interessante, comunque, perchè lo spettacolo è davvero impressionante per l’imponenza del ghiacciaio e la severità delle vette circostanti. Ritorno a valle un pò più sacrificato visto che l’ultimo treno è ovviamente affollato. Arrivati al parcheggio delle moto decidiamo di fare il traforo per accorciare i tempi del rientro, dato che si è fatto un pò tardino.
Da Camonix al traforo è un niente, non c’è neanche fila per passare la barriera e rapidamente ci troviamo in Italia, a Courmayueur. Altrettanto rapidamente raggiungiamo Pre Saint Didier dove inizia la salita al Piccolo San Bernardo, che percorriamo in senso contrario rispetto a quello effettuato la mattina; in solitaria perchè siamo gli unici a salire e non ricordo di aver visto altre moto a scendere, non sul tratto del passo vero e proprio; inoltre sono oramai le 19 passate e la luce è fantastica, le montagne sono di un rosso dorato incantevole. Rientro veloce, dunque, visto che da Chamonix abbiamo percorso solo 75 km per arrivare alla nostra locanda.
Anche oggi giornata molto appagante: belle strade, due colli importanti come il Piccolo ed il Gran San Bernardo di cui il primo percorso nei due sensi di marcia; panorami mozzafiato, la salita al Mar de Glace del Monte Bianco…  Il tutto in soli 320 km. Arrivati in albergo svolgiamo il solito rituale: doccia, abiti più che comodi, aperitivo e cena. Dopo il piatto di apertura, zuppa di legumi o altro, ci gustiamo una succulenta Tartiflette, piatto tipico dell’Alta Savoia: si tratta di uno sformato di patate cucinato in forno, con lardo, cipolle ed il formaggio locale, che ovviamente si fonde, denominato reblochin, dal sapore e dal profumo inconfondibili. Tutti tranne Marmar, per i noti problemi al retrofit… Le solite birre e le solite Coche per i “pupi” che non bevono alcoolici, dolce, liquore e la giornata si conclude in un crescendo di goliardia ed allegria, come è giusto che sia in queste situazioni.
Domani si sbaracca e dormiremo in un altro posto.

Giovedi 5 luglio
Lasciamo Seez ed il Relais des Villards, dopo la solita colazione e dopo aver sistemato i bagagli sulle moto.
Marmar non sta ancora benissimo e prima di lasciare Bourg Saint Maurice ci fermiamo presso la locale farmacia per procuraci qualcosa di efficace per il suo problema. Marmar assume subito delle pillole e ci mettiamo in marcia.
Dirigiamo verso la Val d’Isere, dove arriviamo dopo soli 35 km di marcia, smalteno un pò perchè non troviamo distributori lungo la strada… il navigatore ce ne segnalava un paio ma erano informazioni fasulle. Facciamo dunque il pieno (magari la benzina costasse così anche da noi…) e oramai sereni attraversiamo la valle, davvero un paradiso Terrestre, salendo verso il colle. Un paio di cartelli sono in contraddizione perchè uno dice che il colle è chiuso ed un altro dice che è aperto… un terzo recita che la chiusura è solo in ore notturne, per manutenzione. Oramai siamo qui, decidiamo di proseguire fin dove è possibile. A pochi km dalla vetta un ulteriore cartello, questa volta sincero, dice che c’è una frana dopo lo scollinamento e che di conseguenza la strada è sbarrata. Continuiamo, fortunatamente possiamo arrivare in vetta e fare almeno le foto sul passo. Diprendiamo la strada per ritornare a Bourg Saint Maurice, dove ci fermiamo per fare il punto della situazione: sono oramai le 12 passate, decidiamo di acquistare qualcosa al supermercato per fare uno spuntino veloce e ripartire al più presto mettendo in atto il piano B. Lo spuntino non è poi così veloce: ci infiliamo in un parco dove è possibile accedere con le moto fin dove ci sono dei tavoli con panche per i pic nic. Ci sistemiamo, prepariamo i panini con proscitto, mortadella e formaggio, mangiamo bevendo la solita acqua minerale e poi cazzariamo un pò come di consueto. Proprio li di fronte scorre un grazioso ruscello, c’è ombra offerta generosamente dai numerosi alberi circostanti ed è difficile rompere l’incantesimo. Alla fine saliamo in sella che sono le 14, direzione Col de la Madeleine. Questo colle non era previsto, ovviamente, ma siamo molto contenti di essere stati costretti a farlo: strada bellissima, un continuo susseguirsi di curve e tornanti, soliti panorami diversi fra loro ma tutti belli allo stesso modo. Sulla strada notiamo le scritte fresche fresche per il Tour de France, che passerà di qui fra non molto ed infatti la strada, non solo questa, è stata riasfaltata da pochissimo. Svalicato il colle proseguiamo per Saint Michel de Maurienne, dove ci ricongiungiamo con l’itinerario originale. Per arrivare qui dal Col de l’Iseran abbiamo percorso quasi 200 km di strade di montagna, contro i 75 dell’itineraio originale, più del doppio. 125 km in montagna non sono pochi ma un buon ritmo ci ha consentito di recuperare il tempo perso e fortunatamente abbiamo perso solo quello, senza aver dovuto rinunciare a nessuno dei colli previsti per la giornata odierna, anzi ce ne ritroviamo con uno in più… tutta salute!
Una volta tornati sulla retta via inanelliamo nell’ordine: col du Telegraph, Col du Galibier e Col du Lautaret dove siamo costretti ad indossare gli antipioggia per un improvviso temporale. Continuiamo su una strada di fondovalle, sinuosa, che ci conduce fino a Briancon; ha smesso di piovere, da un pezzo oramai, e saliamo rapidamente verso l’ultimo colle della giornata: il Col de l’Izoard. Se la salita offre un panorama incredibilmente suggestivo, la discesa dal Col de l’Izoard verso il successivo Col de la Platriere è uno spettacolo mozzafiato! Pinnacoli di roccia incastonati come diamanti lungo i pendii della Casse Deserte… uno di questi pinnacoli è un monumento in quanto sono poste due distinte targhe a memoria di Coppi e Bobet dove sono ritratti i loro profili e posti dei mazzi di fiori. Riesco a vedere il monumento per puro caso e di sfuggita, perchè ho l’abitudine di guardarmi sempre intorno, ma purtroppo non riesco a fermarmi per fotografare, data la posizione che ho assunto nel gruppo sarebbe rischioso fermarsi di colpo… Proseguiamo; la strada, mai noiosa, si infila nel Canyon de Queyras in un susseguirsi senza fine di curve veloci, rocce sporgenti sull’asfalto, torrente incazzoso che scorre accanto alla strada. Arrivati quasi alla fine del canyon dietro una curva, infilati in una piazzola a filo strada, ci sono dei personaggi accanto alle loro auto che evidentemente hanno appena concluso una discesa in rafting e si stanno cambiando, montrando le chiappe al vento. Passando mi attacco al clacson come a voler rimproverare la loro indecenza e loro mi urlano qualcosa… rido nel casco, a volte sono, siamo veramente deficienti ma è un bene, perchè ci si diverte con poco!
La bella strada è finita, siamo a Guillestre; la attraversiamo, passiamo anche Eygliers ed in breve ci infiliamo nel cortile-parcheggio del nostro Motel. Come al solito e come da sua incombenza Murdok sbriga la presentazione alla reception, prendiamo possesso delle camere, doccia, abiti civili, due chiacchiere e siamo a cena.
Il motel è discreto, tranquillo, con un bel parcheggio chiuso da un cancellone scorrevole ed un parco con sdraio, tavoli e sedie per il relax. Il ristorante è di quelli che da fuori non gli dai fiducia ma avendoci fatto sosta lo scorso anno sapevo di cosa si trattava. Cena luculliana: antipasto a buffet e la gentile, sensuale cameriera la quale non ha certo evitato il corale “MA QUELLA?!” ci ha specificato che potevamo andare al buffet quante volte lo avessimo desiderato. E già così si era consumata una cena degna, con tanto di biere a pression formato grande. A seguire entrecote con patate ed insalata, altro giro di birra, acque minerali, dolce… L’entrecote di Sam, come le nostre, era pepata per cui abbiamo chiesto a QUELLA di farne preparare un’altra in cucina. Nessun problema.
Andiamo a letto più che soddisfatti, fino ad oggi ci ha detto sempre bene, sia con i percorsi che con i pasti; il resto lo ha fatto il gruppo con la tenacia che lo distingue, ovviando ai vari problemi che si sono presentati; con l’amicizia profonda ed oramai fortemente radicata, con l’allegria di cui è capace. I km oggi sono stati circa 340, impegnativi sia per la natura del tracciato e dell’ambiente, sia per aver trovato la strada sbarrata ed essere stati costretti, ma non penalizzati, a cambiare percorso, sia per le non perfette condizioni fisiche di alcuni di noi.

Venerdi 6 luglio
Murdok si aggirava nel parcheggio già all’alba! Troviamo le catene pulite con l’apposito detergente ed ingrassate; ho il sospetto che, non avendo più nulla da fare, abbia ingrassato anche gli ingranaggi del cancello!!!
E sì che io e Freeblue siamo scesi abbastanza presto per caricare i bagagli, con molto anticipo sull’orario stabilito. Arrivano poi Marmar, Sam ed infine Jack lo sdocumentato.
Saldiamo il conto dopo aver fatto colazione: la notte, la cena come descritta (la doppia entrecote non era stata conteggiata) e la colazione ci sono costate solo 67 € a testa. Ripartiamo per fare solo qualche centianio di metri e ferrmarci al distributore per il pieno quotidiano. Anche qui, dato che non è bello tirare santioni perlomeno di prima mattina, tiro un sospiro di auto compassione: la superplus 98 ottani la paghiamo meno della eurosuper 95 ottani, la standard, da noi… Come dice il Marchese del Grillo: posso essè ancora un pò incazzato?”
Va bene, fatto il pieno si parte sul serio, lagiornata sarà molto lunga. A pochi chilometri dal nostro punto di partenza iniziamo a salire verso il Col du Vars; sosta al sommo della salita, foto e visitina al bar-ristoro-cianfrusaglie.
Troviamo degli adesivi molto carini e Sam acquista anche un oggetto per la sua collezione: un parallelepipedo di cristallo con incione laser interna, raffigurante una moto.
Riprendiamo la strada, la cosa si fa seria in quanto fra pochissimo inizieremo la lunga salita verso la Bonette. La giornata è soleggiata, luminosa e ciò nonostante a Vars avevamo indossato wind stopper sotto le giacche, buff e guanti pesanti perchè faceva già freschetto. Saliamo agevolmente, la strada è stata ovviamente riasfaltata ed in alcuni punti sembra anche più larga rispetto a quando l’ho fatta lo scorso anno, in solitaria; forse anceh perchè non c’è il muro di ghiaggio e neve a ricoprire la parete a monte che mi aveva accompagnato per un lungo tratto. Scomparse anche le buche e le crepe sull’asfalto, ma lo scorso anno lo feci una decina di giorni prima rispetto al periodo attuale; c’era anche fango sulla strada, a causa del disgelo che iniziava il suo lavoro. Meglio così, tanto di guadagnato in sicurezza. Arriviamo in cima, 2802 mt; non c’è tantissima gente e sicuramente le bici sono in gran numero. Facciamo le foto inquadrando anche la targa commemorativa e poco dopo scendiamo dal versante opposto, fermandoci intorno ai 2000 mt persso un vecchio presidio militare, per fare altre foto e toglierci lo strato termico; ora fa caldo, il sole cuoce con tutta la sua intensità. Cazzariamo un pò, il posto è gradevole ed il clima anche, ci fa piacere stare un pò fermi; poi il dovere ci chiama.
In sella, ci aspetta un bel tratto di strada da fare senza tentennamenti, per arrivare ad un’ora decente alla sosta spuntino evitando così di ritardare l’arrivo in albergo e crearci inutili disagi. A noi piace arrivare comodi, magari partiamo più presto rispetto ad altri, ma essere in albergo ad un orario che ci consente di fare una bella doccia, di sistemare le cose con calma,di  stare almeno un’ora tutti insieme in giardino o comunque seduti attorno ad un tavolo prendendo un aperitivo mentre si parla della tratta appena conclusa, del programma del giorno dopo e, perchè no, di rilassarci beatamente distesi sulla marea di cazzate che produciamo è una condizione propria del nostro gruppo ed oramai irrinunciabile se non per cause di forza maggiore.Ci fermiamo dunque a Saint Dalmas per il pranzo, posto conosciuto anche questo. pranziamo all’aperto, le moto bene in vista anche se qui, presi fra le montane, non ci sono davvero timori a rovinare la nostra tranquillità. Consumato il pasto lentamente ci rimettiamo in marcia, ora ci aspetta un pò di strada scorrevole che serpeggia in una bella vallata e poi l’icredibile, seppur con un modesto profilo altimetrico, ascesa al Col de Turini. I rettilinei su questo tracciato non sono stati contemplati in fase di progettazione: innumerevoli tornanti fanno da contorno ad una lunga serie di curve di tutti i tipi, rigorosamente tutte in salita. All’inizio suggestive pareti di rocce rosse accompagnano il nostro cammino, qualche tunnel molto rustico, con pietre a vista, e poi ci troviamo immersi in un fitto bosco dove la frescura ci da la necessaria energia per essere un pò aggressivi, per tirare con grinta l’asfalto sotto le ruote. Si cammina, ci siamo solo noi e sembra di non avere bagaglio al seguito. Tutti con le gomme nuove, montate subito prima della partenza, più o meno tutti arriviamo al colle coni riccioli a bordo gomma.
Foto sul colle; ci trasferiamo alla fontana che è dall’altra parte del grande piazzale. Acqua gelata, di fonte, nulla di più piacevole; ma si sa che le fontanelle sono anche fonte di gioco, scherzo specie per chi da bambino ne ha avute a disposizione tantissime, come nei quarieri del centro di Roma… ed eccco che esce fuori il bambimo, un pò deficiente in verità, che è in noi. E’ anceh un modo per rinfrescarci, senza dubbio, ma è più divertente di una semplice e tradizinoale sciacquettata. Ecco, ora che abbiamo soddisfatto anche la nostra non latente parte imbecille possiamo ripartire felici. Stanchi ma felici. La discesa verso Menton ci fa un pò venire la nausea per tutti quei tornanti a ripetizione, in effetti ci siamo saziati oltremisura e li affrontiamo un pò svogliatamente. Arriviamo alle porte di Menton, autostrada! Circa 135 km di questo infuocato nastro di asfalto per uscire a Varazze ed essere poi con pochi km di tornantini alla nostra pensione. Arriviamo, dopo aver fatto una sosta rifornimento e refrigerante in un’area di servizio, al nostro alberghetto immerso nella pineta alle 19 circa.
Superdoccione, sistemazione dei bagagli e lungo relax nel giardino dell’albergo, al fresco sotto gli alti pini. Aperitivo, ovviamente; chiacchiere, ovviamente ed ovviamente cazzate in produzione industriale, mentre Sam è impegnato a sguazzare nella piscina dell’albergo. La struttura è una tipica pensione anni 50 ed i clienti sono ottuagenari in cerca di frescura, in prevalenza donne anche a gruppetti; uno di questi gruppetti di simpatiche vecchiette ci aveva notato al nostro arrivo e mentre passavamo nel giardino per recarci alla reception commentavano ad alta voce: “Sò motociclisti… Si, si, sò tuuuutti motociclisti, che belli!”.
Poco prima di cena si spandeva nell’aere una musica da fiera di paese, brani facenti parte di una scaletta un pò disomogenea: dalla mazurka alla tecno passando per la Carrà e la Pausini.
Ceniamo: spaghetti al pesce spada con pomodorini ed olive, grandioso fritto misto di pesce, contorno e per la prima volta in questo viaggio beviamo vino: un gradevole Vermentino di Luni, fresco e frizzantino; gli analcolici vanno sempre ad acqua e/o coca, ovviamente.
Dopo cena, incitati dalla cameriera, decidiamo di andare a dare un’occhiata alla festa e mentre scendiamo il pensiero comune è che probabilmente troveremo solo simpatiche vecchiette, tanto che sentendo la cantante – presentatrice annunciare la waka waka Murdok commenta: “antro che waka waka, qui famo la wechia wechia!” Il rombo delle risate per un pò ha coperto i decibel degli amplificatori.
E invece, appena sbucati sul piazzale… E QUELLA?! E QUELLA?! E QUELLA?!… pieno di gioventù e di vie di mezzo, quasi tutte gradevoli e per giunta in abiti discinti o più che discinti. Comunque la nostra è solo una toccata e fuga, dopo un pò ritorniamo al nostro alberghetto, altre due chiacchiere e ce ne andiamo a dormire. Il tono generale è un pò calato, c’è in noi la consapevolezza che siamo giunti al termine dell’avventura. Domani si farà strada verso casa ma siamo altrettanto consapevoli di aver scritto un’altra importante pagina della nostra bella storia. Buonanotte.

Venerdi 6 luglio
La mattina facciamo rapidamente colazione, paghiamo il conto, anche qui in linea con il nostro standard, sistemiamo per l’ultima volta i bagagli sulle moto e partiamo.
Ci aspettano 230 km di autostrada, che divoriamo facendo una sosta rifornimento, percorsi i quali siamo alle porte di Pisa e possiamo prendere strade decisamente più divertenti; però era importante fare un pò di strada veloce per non allungare i tempi del rientro. Attraversiamo dunque la Toscana da nord a sud, seguendo una ipotetica linea parallela alla costa ma una cinquantina di km verso l’interno. Nomi noti scorrono sui cartelli stradali, passiamo sotto Volterra, a Castelnuovo di Cecina, a pochissimi km da San Galgano ed arrivati a Monticiano ci fermiamo per lo spuntino. Fa caldo, fa veramente caldo; ne avevamo avuto un assaggio il giorno prima appena imboccata l’autostrada a Menton, avvertendo tutto il contrasto con le temperature molto più fresche registrate sulle Alpi Francesi. Il caldo, unito alla stanchezza, fa desiderare a tutti di accorciare il percorso e così, dopo pranzo, dimentichiamo l’Amiata e puntiamo l’Aurelia il cui punto più vicino è Grosseto. Dopo pochi km Jack si separa, prendendo la strada per Fabriano. Noi scendiamo verso Grosseto sempre tenendo le moto più inclinate che dritte: la strada è piacevolissima e addirittura divertente quando imbocchiamo la SP19, tutta curve in discesa e con delle rampe veramente ripide che sembrano far scomparire la moto che ci precede!
Grosseto, la civiltà, il caldo ancora più caldo, il traffico tornato a livelli normali… ci fermiamo ad un distributore per il rabbocco. Prendiamo dell’acqua gelata al bar e mentre siamo seduti, svogliatamente, all’ombra a gustarci l’effimera frescura idrica si ferma un’auto con un giovane a bordo. Chiede a Marmar, seduto accanto a me: “Conosci Selva Nera?”. Marmar neanche risponde e punta l’indice verso di me, che dato il caldo e la non disponibilità dovuta allo status di fine viaggio ho ancora meno voglia di dare indicazioni. Il tizio ovviamente ripete a me la domanda: “Conosci Selva Nera?”. Risposta: ” di Selva Nera conosco solo la topa!” E quello riparte, ridendo fragorosamente. Ritorniamo sull’Aurelia, rovente; ci avviciniamo sempre più a casa e quando siamo a Civitavecchia avverto fisicamente la fine del viaggio. L’ultima area di sosta per i saluti prima della divisione: io, Sam e Marmar usciremo a Cerveteri, Marmar lascerà la moto da me e farà ritorno in Sicilia in aereo. Freeblue e Murdok proseguiranno per Roma. Ripartiamo; la conclusione di un viaggio mi lascia sempre sensazioni discordanti: la felicità per aver archiviato l’ennesima avventura, in compagnia degli amici poi, ed il rammarico per la fine del viaggio e per il commiato dal gruppo. Ma dura poco, guidando negli ultimi chilometri sto già pensando al prossimo capitolo che scriveremo insieme. Quando prendiamo la rampa di uscita mi sfogo attaccandomi al clacson per salutare i due che invece stanno tirando dritto.

Bei posti ne abbiamo visti in questo viaggio, tutti incantevoli seppur diversi fra loro. Strade avvincenti, disegnate espressamente per le moto anche; abbiamo fatto indigestione di curve e tornanti, di vette, di ruscelli e cascate di tutte le dimensioni. Ma credo che le emozioni più intense, i ricordi più belli siano legati a ciò che abbiamo vissuto insieme e sò che è così anche per gli altri, per chi ha avuto la fortuna di esserci.
Ogni viaggio è una storia a sè in cui gli unici elementi che si ripetono costantemente sono la nostra unione e la nostra intesa, che più dei luoghi, delle cose da vedere, delle strade da percorrere ci spingono a programmare già da ora il prossimo viaggio.
Grazie, Amici!

28 aprile 2012 – Maratona

Aprile, il primo quadrimestre dell’anno si concude con una uscita strepitosa per paesaggi e percorso.
Si conclude facendo anche registrare un punteggio chilometrico di tutto rispetto sia per la gita in questione che per l’intero periodo; questo oltre a testimonianza di una passione mai sopita è anche un presagio di cosa sarà il resto del 2012 motociclisticamente parlando. Ovviamente da un punto di vista pratico è stato anche un buon allenamento.
Purtoppo ci sono state delle defezioni sullo già sparuto gruppo che doveva partecipare: Freeblue impegnato e MrSergio alle prese con una influenza.
Ci siamo così ritrovati ad incontrarci la mattina alle settemenodieci io, Ulysse, e Murdok il quale però aveva ricevuto notizia da Dennykey che sarebbe stato alle 7:30 all’area di servizio sulla A24 mentre io non avevo ancora conferma della partecipazione di Dragokappa.
Alle 7:10, in ovvio anticipo in quanto sapevamo essere soli e dunque non vincolati da appuntamenti, io e Murdok siamo all’area di servizio concordata.
Mentre aspettiamo Denny invio sms a Drago, nessuna risposta in quei minuti di attesa; si fanno le 7:35, Denny non si vede, ci infiliamo i caschi, saliamo in sella e proprio mentre stiamo partendo vedo nel retrovisore una moto entrare nel piazzale una moto: è Denny. Senza perder tempo partiamo, che la strada da percorrere è tanta.
Si fa dunque un pò di autostrada, solo una ventina di chilometri per arrivare a Mandela; da qui a Magliano de Marsi percorriamo la Tiburtina Valeria, pressochè deserta.
Strada asciutta, buon fondo stradale, voglia di andare ed in breve siamo a Magliano; colazione al nostro solito bar e nel mentre arriva la telefonata di Drago il quale ci informa che è in viaggio. Ci diamo appuntamento sotto Opi, sulla Marsicana; noi ci arriviamo facendo altri 17 km di autostrada, per evitare soprattutto Avezzano. A Pescina invece di percorrere la solita strada per il Passo del Diavolo prndiamo una strada alternativa; insieme non l’abbiamo mai fatta e via etere ho modo di constatare tutto l’apprezzamento di Murdok. Opi, siamo 10 minuti in anticipo sull’appuntamento telefonico con Drago; ci fermiamo e mentre Murdok si denuda, eliminando strati alla sua tenuta in quanto fa già molto caldo, ecco la telefonata del Dragone che ci informa essere dalle parti di Pescina. Bene, alora ci vediamo ad Alfedena, e ci rimettiamo in marcia.
Inutile aspettare li fermi; facciamo strada noi e lui, andando un pò meno allegri noi ed un pò più lui e così non si perde tempo infatti ad Alfedena non appena finito di effettuare il rifornimento eccotelo che sbuca dalla curva. Saluti e si riparte.
Quattro chilometri di strada dissestata ci portano ad imboccare un percorso invece pulito e scorrevole; un paio di cavalli dietro una curva, in mezzo alla strada, uno dei quali molla un calcione in faccia all’altro sono l’imprevisto quotidiano…
Senza sosta maciniamo i chilometri, su un tracciato divertente, semi deserto ed immersi in una natura rigogliosa e non per niente degradata. Ben presto ci troviamo però ad affrontare un’altra realtà: l’attraversamento di Isernia è snervante, fra auto, caos e caldo ma ben presto ne siamo fuori, ancora una volta fra il verde delle colline e l’azzurro intenso e luminoso del cielo, colori che contrastano e mettono in risalto il nastro di asfalto scurissimo che sale in un susseguirsi di curve da pelle d’oca.
Ancora nessuna sosta, si prosegue fino ad arrivare al bivio impostato come destinazione; qui prenderemo la decisione su quale dei due percorsi centrali preventivati sarà quello che ci porterà ad agganciare il percorso di ritorno.
Sono le 13:30, siamo fermi davanti ad una specie di osteria/bar e, nonostante Denny dia inizio alla sua opera di convincimento indicandoci cartelli di agriturismo e trattorie non ci facciamo convincere: parcheggio definitivo e poco dopo ordiniamo affettati, porchetta, formaggio e pane e via così. Mentre consumiamo il pasto, saporito e genuino, decidiamo di prendere il percorso alternativo che consiste in un taglio di 90 km all’altro, necessità dettata da due fattori: la moto di Denny non va benissimo, la lunga inattività ha fatto si che si imbrattasse, che si formasse acqua nel serbatoio e la stessa inattività determina anche il secondo fattore, ovvero la non perfetta forma del pilota.
In verità questo percorso non è che sia più rilassante dell’altro e presenta un tratto di strada pieno di buche e crepe però essendo più corto abbrevierà le sofferenze 🙂
Ci rimettiamo in marcia e non ci fermiano se non una volta che abbiamo raggiunto la Frentana attraverso un paesaggio antico fatto di strade lungo le quali incontrare una casa è un evento raro; colline, le creste dei monti Frentani, boschi… un incanto.
Al bivio sulla Frentana prendiamo il senso opposto al nostro itinerario di rientro, a poco più di un chilometro c’è la fonte *Murdok* e non possiamo perdere l’occasione di abbeverarci e rilassarci qualche minuto.
Si riparte, scendiamo dal vcalico della Forchetta e saliamo poi su strada conosciuta, per andare a vedere il posto che con tutta probabilità ospiterà il nostro campo ad Agosto. Questa volta effettuo una ricognizione approfondita, trovando e verificando il passaggio per le moto fra la vegetazione; posto ottimo!
Ci rimetiamo in marcia, pochi km per arrivare in paese e fare una sosta caffè proposta ed offerta da Drago; ne approfittiamo per fare rifornimento e dopo qualche minuto di relax ripartiamo; in breve raggiungiamo le porte di Sulmona e Danilo ci lascia, aveva già deciso di rientrare via autostrada. Noi, non ancora sazi, saliamo per la Gola di San Venanzio, Castelvecchio e poi verso Ovindoli per poi ridiscendere fino a Celano; lungo tratto di strada che pur attraversando provincie ed aree geografiche diverse mantiene però le stesse caratteristiche: asfalto ottimo, curve a non finire, paesaggi incantevoli e natura incontaminata.
A Celano riprendiamo contatto con la realtà, ci infiliamo in autostrada e percorriamo in tutta tranquillità l’ultimo tratto di strada che ci porterà a casa.

Giornata da incorniciare ed un nuovo, entusiasmante capitolo del libro dei Babbaluci.
Alla prossima, Babbaluci!