Porcoddue 2015

Sabato 21 e Domenica 22 Novembre.
Destinazione: Isola Santa – Alpi Apuane
Sistemazione:  Borgo Isola Santa
1 appartamento 45mq – 1 letto matrimoniale + 1 divano letto.
Camino, bagno privato. Costo € 30,00 a persona.
La locanda è provvista di ristorante: Il ristorante Casa del Pescatore è specializzato in piatti di carne e pasta fatta in casa, accompagnati da funghi porcini dei boschi circostanti.
Opzione appartamento fino al 18 novembre.

Incontro Area servizio Selva Candida Interna – GRA 07:30
Partenza ore 08:00

Itinerario andata
a

Isola Santa e Locanda

17-18 ottobre 2015 – disavventura ma non troppo

LE FOTO

Abbiamo seguito gli sbalzi di umore del meteo tutta la settimana.
Abbiamo cambiato destinazione, dall’Umbria al Molise, proprio per assecondare i capricci del tempo atmosferico.
Ma non è servito a nulla… quando la sfiga è determinata a colpirti, gli sforzi nell’organizzare un evento in modo che tutto fili liscio risultano perfettamente inutili.
Prima di mettermi a redigere questo report ero molto combattuto, assalito da forti dubbi: pubblicare il resoconto di una uscita che ha vissuto momenti drammatici oppure no?
Ho deciso per il si, dandomi queste motivazioni:
– stiamo scrivendo la storia del nostro gruppo e questa è stata una pagina importante.
– le disavventure fanno comunque parte della storia, dei ricordi, è giusto che un domani possiamo rileggere anche queste pagine; è vita vissuta in prima persona, sono spunti di riflessione ed introspezione che con una chiave di lettura postuma possono farci comprendere il nostro comportamento in un determinato scenario, farci rilevare eventuali errori che possiamo aver commesso ed anche quanto di positivo possiamo aver fatto nella situazione contingente.
– poter scrivere che nella sfiga siamo stati comunque in grado di rientrare con i nostri mezzi, con le nostre forze, senza dover lasciare moto o persone ricoverate le une in un garage e le altre in un ospedale è comunque un lieto fine, evidenzia l’esperienza e la saggezza dei Babbaluci e soprattutto la coesione di questo gruppo.

Mettiamo dunque fine alla suspense e raccontiamo i fatti concreti in ordine cronologico…
Ci si vede il sabato mattina a Trastevere, ore otto al bar-pasticceria da Checco er Carettiere.
Io e Lucilla arriviamo un pò prima, nel mentre MrSergio ci avvisa che la sua moto ha la batteria morta e che è fermo non molto distante. Riesce a ripartire avviando la moto con l’ausilio dei cavi e della moto di Daniela.
Arrivano tutti, ovvero la coppia Freeblue-Annina e i due sopracitati, sontuosa colazione.
Il rione a quest’ora del mattino è semi deserto, per un verso affascinante, rivelando i suoi angoli e vicoli tipici in genere nascosti dalla massa di pecoroni che frequentano questi luoghi. Per un altro verso è deprimente: proprio i suddetti pecoroni la notte precedente hanno lasciato sui sacri sampietrini ogni genere di schifezze…
Dopo la colazione si parte, rapida traversata di Roma, Via dei Cerchi, Porta San Sebastiano ed infine l’Appia, strada maestra di Roma Antica. Percorrere questo tratto è un tuffo nella storia!
In breve siamo sull’Appia moderna, nulla a che vedere ma i resti di antichi acquedotti ne rivelano comunque il glorioso passato.
Saliamo a Velletri costeggiando il lago di Albano, chioschi di porchetta già attivi nei punti panoramici! Dopo Velletri, trotterellando, passiamo Lariano ed Artena e, giunti infine a Colleferro, imbocchiamo decisi la Carpinetana. Fondo stradale buono, temperatura non troppo rigida, percorrenza piacevole sulle numerose curve, bello guidare fra rocce che incombono sull’asfalto alternate ad aperture panoramiche con prati e boschi al limitare dell’asfalto.
Priverno e Prossedi sono la logica conseguenza della Carpinetana; ci fermiamo ad un bar e… sorpresa! Incontriamo un folto gruppo di motociclisti fra i quali notiamo vecchie conoscenze.
Chiacchiere, caffè e si riparte.
La nostra prima destinazione è il porto di Formia, dove incontreremo Pino-Giuseppe.
Ma ecco che a meno di tre chilometri al punto X succede il fattaccio, il primo della giornata: senza dilungarmi in inutili dettagli riporto che MrSergio nulla può contro una automobile che, improvvisamente e nonostante la striscia continua che lo vieterebbe, effettua una svolta a sinistra trascinandoselo dietro. Moto a terra! Io che lo seguivo metto subito di traverso la mia moto nella carreggiata opposta, bloccando il flusso delle auto. Gli altri fermano il traffico sulla corsia di marcia. Momenti di angoscia quelli in cui il Mister è a terra, sotto la moto!
Ma poi fortunatamente si riprende dallo shock, non del tutto; dopo esserci assicurati che non avesse nulla di rotto lo rialziamo; qualche ovvio dolore. Per fortuna il generoso paramotore e la voluminosa valigia laterale hanno formato una sorta di ponte che ha impedito alla moto di schiacciarlo.
In breve: ambulanza che lo porta al pronto soccorso, seguito in moto da Daniela. Vigili che arrivano e fanno foto, rilevamenti ecc. Meno male che l’automobilista si accolla subito la colpa, preoccupatissimo e molto onesto, che dovrebbe essere la normalità ma invece c’è da ringraziarlo per tale anomalo comportamento.
Nel frattempo Freeblue avvisa Pino, che essendo già al porto arriva in pochi minuti.
Facciamo il punto della situazione, ci organizziamo: lo stesso Pino e Freeblue portano Annina e Lucilla al porto, inutile farle restare in mezzo alla strada, meglio che si riposino e si riprendano sedute al bar. Pino e Freeblue torneranno poi entrambi in sella alla GS di Pino, dato che ci sarà da portare via la moto di MrSergio. Finalmente i vigili terminano di compilare i verbali e di prendere le dichiarazioni; non abbiamo tutti i documenti in quanto il Mister li aveva addosso quando è stato portato via dall’ambulanza. Vogliono sequestrare la moto ma facciamo opera di convincimento e Freeblue si accolla la funzione di “custode e responsabile”. Finalmente ce ne possiamo andare.
In tutto questo lasso di tempo eravamo in comunicazione con Daniela, che ci dava notizie rassicuranti dal pronto soccorso. Arriviamo al porto, la Capitaneria gentilmente ci consente di ricoverare la moto nel parcheggio riservato. Attendiamo notizie da Daniela, alla fine arriviamo in ospedale che sono quasi le quattro del pomeriggio, l’incidente è avvenuto prima delle tredici…
Rapido consulto su cosa fare, ma è ovvio che o si continua tutti insieme o tutti insieme si torna a casa, come è nostra sacrosanta abitudine. Il consulto vive momenti di tensione dato il nervosismo e l’apprensione di qualcuno, peraltro più che comprensibile data la situazione e le responsabilità prese. Poi viene la soluzione, logica, ideale: la ADV di MrSergio resterà al parcheggio della Capitaneria, lui proseguirà l’itinerario facendo da zavorrina  a Pino 🙂
Il bagaglio del Mister, essenziale, lo assicuro sul portapacchi della mia moto, che faceva una inutile bella mostra di se stesso essendo scarico.
Ci mettiamo in marcia, la destinazione, da Venafro in poi, non consente itinerari alternativi; il percorso montano è tutta una curva per centoquaranta interminabili chilometri, che ci beviamo tutti di un fiato dopo aver fatto una sola sosta al distributore. Dovremmo arrivare comunque per le sette e trenta, margine ne abbiamo grazie a percorsi e percorrenze studiati nei minimi dettagli.
Si fa buio presto e pesto; queste strade sono sprovviste di illuminazione ma i potenti fari delle moto in fila indiana illuminano a giorno la strada. Si sale, svalichiamo a milleccinquecento metri, fa freddino. Mancano una manciata di chilometri all’arrivo, forse cinque o sei. Galleria, corta ed è una curva unica dall’entrata all’uscita.
Ma in uscita la strada è cosparsa di uno strato consistente di fango viscido che più non si può, probabilmente è venuto giù dalla montagna perchè è veramente tanto.
Appena messe le ruote fuori una poderosa sbandata dell’avantreno mi gira il manubrio sulla destra… ho perso l’anteriore. Tecnica e culo lavorano in perfetta sinergia; evito di toccare i freni, con una rapida botta di controsterzo e gas la moto derapa sulle due ruote, procedendo di lato.
Poi riprende grip e il peggio è passato. Il tutto ovviamente è accaduto in una frazione di secondo. Dietro di me esce Daniela, anche lei devota al fuoristrada, e riesce a cavarsela con una scodata gestita nel miglior modo possibile.
Dopo essermi allontanato dall’uscita del tunnel per evitare di creare ostacolo ai compagni, ho rallentato, sono quasi fermo perchè sono in ansia, vorrei vedere uscire tutti dritti dalla galleria ma il lampeggiare ed il clackson di Daniela non sono forieri di buone notizie.
Torniamo indietro: Freeblue, che oltre a trovarsi come noi nella melma si era anche trovato in una nuvola di terra e fango alzati dalle moto mia e di Daniela, è andato a terra. Cazzo e stracazzo!
Pino e Mr si sono salvati perchè, inteso il botto da dentro la galleria, sono riusciti a raddrizzare la moto e fermarsi in qualche modo.
E’ buio pesto, si scivola molto e quasi non riusciamo a rimettere in piedi la moto di Freeblue. Lui e Annina sono contusi, ma sembra che anche per loro non ci siano conseguenze gravi. Le nostre moto tutte con le quattro frecce accese fanno da scudo ed infatti un’auto che sopraggiungeva ha rallentato e si è fermata. Raccogliamo in fretta i cocci, con Annina che illumina faccio una rapida verifica: dischi e pinze freni ok, leve al manubrio (storto) ok; leva cambio e freno posteriore ok, le marce entrano… si può proseguire.
Presto, rapidi che siamo messi in un punto molto pericoloso… davanti a noi c’è un breve rettilineo ma l’uscita della galleria, come già detto, è in piena curva.
E’ anche difficile risalire in moto, si scivola parecchio, gli stivali sono pieni di fango.
Qualche chilometro e siamo a destinazione; quattro ore di fermo a Formia, due incidenti e comunque alle otto siamo alla nostra locanda. Roba da Babbaluci!
Prendiamo le stanze, il paese e la locanda sono veramente belli e caratteristici. Quando avevo prenotato mi ero informato con la signora: non ci sono ristoranti o pizzerie in paese; il più vicino è un ristorante che gestiscono loro, a circa due chilometri. Espressa la mia volontà di non prendere le moto per andare a cena, la signora mi aveva detto che poteva darci un furgoncino oppure ci potevano accompagnare loro e così è stato. Dopo una rapida ma confortevole doccia bollente, con due auto ci portano al ristorante.
Rustico, gradevole e nonostante la lentezza della cucina riusciamo a gustare un’ottima cena.
L’atmosfera, ora, è rilassata anche se pervasa da un leggero retrogusto amarognolo per quanto accaduto durante la giornata; ma si ride, si scherza come al solito; Annina è encomiabile ed invidiabile per lo spirito con cui sta affrontando la malasorte che l’ha sbattuta a terra ed il dolore al braccio.
Dopo aver pagato un misero conto ci riaccompagnano alla locanda e possiamo dire conclusa questa giornata che, nonostante tutto, mi viene difficile definire di merda, perché sono portato per carattere a cogliere sempre i lati positivi: nessuno si è fatto male seriamente, le moto sono in grado di viaggiare e tornare a casa sulle proprie rotelle, il gruppo che non si è disunito. Certo, dispiace vedere amici doloranti ed afflitti per i danni alle proprie moto, ma bisogna considerare anche che abbiamo sulle spalle anni di gite, viaggi e migliaia di chilometri percorsi insieme; è inevitabile che, pur avendo un basso coefficiente di rischio dato il nostro comportamento in strada, siamo comunque soggetti al calcolo percentuale che vuole che ogni tanto qualcosa capiti, anche se non siamo noi la causa diretta di tali avvenimenti; le colpe di quanto accaduto sono di un automobilista imprudente e distratto e di una specie di slavina di fango. C’è da dire in entrambi i casi non stavamo correndo, specie nel secondo nonostante il ritardo; il passo era buono, sostenuto, malgrado il buio e la strada non certo facile, ma nulla di esagerato e se così non fosse stato, nei due incidenti avremmo riportato danni molto più seri.

La domenica mattina, presto, ci ritroviamo in strada io e Freeblue; facciamo un check approfondito alla sua moto, puliamo più che altro dal fango accumulato, sistemiamo lo specchietto, una freccia… danni seri non ce ne sono. Poi ci riuniamo con gli altri per la colazione. Una colazione gradevole per il palato e per l’atmosfera.
Oggi non ci sarà storia che meriti di essere raccontata, un mero trasferimento verso casa. Con Pino ci salutiamo perché da subito prenderà una strada diretta per raggiungere la sua casa. Carico nuovamente il bagaglio di MrSergio sulla mia moto e stavolta anche quello di Daniela in quanto i due viaggeranno sulla di lei moto.
Si torna a Formia, Mister riprende la ADV e tutti insieme ci dirigiamo verso Gaeta e poi Sant’Agostino.
Qui, data l’ora, ci fermiamo per un pranzetto a base di tielle: con la scarola, con friarielli e salsiccia, con polpo; poi ancora olive, mozzarelle di bufala, pomodori, melanzane grigliate… di tutto un po’.
Si riparte, strada veloce; dopo Terracina prendiamo l’Appia e, giunti a Latina, ci immettiamo sulla Pontina. Un po’ di traffico ma scorrevole; in breve siamo alle porte di Roma ed ognuno prende il proprio ultimo miglio per raggiungere casa. Freeblue ha urgenza di portare Annina al pronto soccorso per il persistere del dolore al braccio: frattura del gomito, diagnosticheranno.
A lei tutto il nostro plauso e la nostra ammirazione per l’atteggiamento positivo.
Siamo orgogliosi di avere persone così nei Babbaluci.

Alla prossima, amici!

27-28 settembre 2015 – Sarteano

Anche questo mese siamo riusciti a concederci una due giorni in moto…
Mi sarebbe piaciuto, in occasione di due eventi concomitanti, il mio compleanno e la prima uscita con la mia nuova moto, che ci fosse stato qualche personaggio in più e soprattutto MrSergio che a tutti gli effetti è stato colui che ha valutato e contrattato l’acquisto della moto in mia vece, facendosi due viaggi alla Motorrad mentre io ero impegnato al lavoro. Grazie ancora!
Veniamo al dunque… In questa uscita abbiamo avuto il piacere della presenza di Jack che, rientrato da Londra, il venerdi sera si è fatto una trasferta in moto da Fabriano a casa mia e di Rob arrivando alle 22:30. Motociclista d’altri tempi, anche lui come la maggior parte dei Babbaluci.
Sistemata la moto di Jack nel box, che così ha avuto modo di fare amicizia con Karolina Silke la quale non conosceva nessuna delle moto babbaluche, saliamo in casa e ci lasciamo andare a racconti per colmare il lungo periodo di lontananza.
La mattina successiva, sabato, ci svegliamo presto ed in breve siamo pronti per uscire; al box il solito rituale della vestizione; finalmente i motori rombano e via, ci troviamo sull’Aurelia per raggiungere il luogo dell’incontro.
Arriviamo, come consuetudine, perfettamente in orario sulla mezz’oretta di anticipo e poco dopo arrivano anche Freeblue e Annina.
Possiamo fare colazione… Qualche cazzata, le moto sono già rifornite e si parte davvero, la gita è ufficialmente iniziata; il percorso disegnato da Freeblue ci fa uscire subito dal GRA, siamo sulla Trionfale.
La Cassia, in questo tratto SR2, ci conduce sulla Braccianese Claudia: Bracciano, ovviamente, poi il percorso ci porta a lambire le sponde del lago di Vico, passiamo San Martino al Cimino, Viterbo ed infine, con un percorso veramente da goduria in moto, arriviamo a Bolsena.
Magnamosela ‘na cosetta!
Sosta in piazza, la simpatica vigilessa ci consente un parcheggio comodo ma non regolare, anche se le moto non procurano affatto intralci; ci sediamo ai tavoli all’aperto e fra caffè, bibite e qualche trancio di pizza preso direttamente al forno siamo in grado di ripartire con uno stato d’animo e di panza predisposti al meglio.
San Lorenzo Nuovo, Acquapendente, Ponte a Rigo e qui, decisi, lasciamo la Cassia per raggiungere Piancastagnaio.
Bella sia per l’ambiente che per la guida la strada che, salendo, ci porta fino all’Amiata.
Il clima cambia, la temperatura si abbassa decisamente; gli ultimi chilometri sono in mezzo alle nuvole, ci fermiamo sul piazzale della seggiovia, parcheggiamo le moto ed entriamo nell’accogliente baita bar/albergo. L’ora c’è, la fame non manca mai e dunque in breve ci troviamo seduti al tavolo, le femminucce accanto alla stufa accesa…
Panini rustici, con pancetta et similia, biscotti offerti dal gestore; due chiacchiere in tutta rilassatezza ed arriva il momento di ripartire, sono da poco passate le due di dopopranzo…
Lasciamo l’Amiata e nel primo tratto, ancora nella fitta faggeta, abbiamo modo di vedere due leprotti belli in carne infrascarsi precipitosamente… epperò erano ancora crudi! Scendiamo, dunque, ma non verso la Cassia, bensì verso Montalcino, poi San Quirico d’Orcia e adesso sì, ci troviamo a percorrere un breve tratto della Cassia direzione Roma. Prima di arrivare a Bagno Vignoni, però, imbocchiamo la strada che sale per Radicofani, che lasciamo scorrere alla nostra destra proseguendo per Sarteano, meta della nostra gita.
Prima di arrivare in albergo riforniamo le moto e con grande piacere posso constatare i parchi consumi della mia moto.
Entriamo nel piazzale dell’albergo, pochi minuti per prendere possesso delle camere; dopo la sacrosanta doccia e indossati abiti civili, ci ritroviamo nel giardino dell’albergo. Portiamo le moto nel garage e poco dopo siamo intorno ad un tavolo, su comodi divani e poltrone sotto gli alberi, a gustarci prosecco -Jack no che essendo analcolico preferisce altro- parmigiano, noccioline e salatini.
Beh, questo l’ho interpretato come bagno alla mia nuova moto.
Mentre siamo in siffatte pratiche indaffarati non possiamo non notare i preparativi per il ricevimento di un matrimonio; qualcosa non ci quadra negli allestimenti e nelle mise dei primi arrivati… ci spiegano che è un matrimonio rumeno.
Molti accessori rossi sia per gli uomini che per le donne, sarà una loro usanza… parecchie donne sono vestite con abiti di un verde acceso, varie fogge ma stessa tonalità per tutte.
Auto anche nuove, in prevalenza Audi e BMW, ma “acchittate” in modo pacchiano, che forse forse riportano ai nostri anni settanta.
Sapremo poi dal personale dell’albergo che non c’è stata cena ma un ballo continuo fino alle tre e mezza di notte, ovviamente ed abbondantemente inframmezzato da pause sigarette e poppate ai biberon di whisky, vodka ed altro. La musica, di chiara derivazione arabo-turca, è stata una vera tortura! Performance live, tutti i pezzi erano caratterizzati dallo stesso ritmo binario, dalla stessa velocità e, se non bastasse, dalla stessa tonalità! Non esisteva melodia, al ritmo base si sovrapponevano assoli di tastiera, con un timbro che ricordava le vecchie pianole Bontempi, e sassofono; ma le scale -modo misolidio- erano sempre le stesse e con abbondanza di cromatismi, con il risultato di un continuo ronzio, una specie di moscone impazzito. Scale molto veloci, per carità, ed anche ben eseguite ma una bella pippa resta pur sempre una pippa…
Ci hanno deliziato con qualche brano cantato, scopiazzature di Cutugno e pezzi della vena neo-melodica partenopea. Un pianto, insomma.
Finalmente la cena, argomento che per fortuna ha avuto un degno sviluppo.
L’antipasto di crostini, sinceramente, mi aveva un pò preoccupato ed invece il menu riservava gradevolissime sorprese: pici, che personalmente mi sono fatto condire con il sugo dell’arrabbiata; gnocchi, ribollita; coscio di maiale -non quelle che ballavano- con funghi porcini, abbacchio e via dicendo. Il vino non ci ha esaltato ma non ci ha neanche deluso. Alla fine, con mia sorpresa, è magicamente apparso un Berlucchi con tanto di Profitterol al seguito. Una sola candelina, altrimenti le sessanta e dico SE SSA NTA candeline avrebbero appiccato il fuoco alle tende!
Molto carini i tovaglioli con una specie di limite di velocità a 60 all’ora.
Grazie, amici… mi sono commosso!
Arriviamo così al momento di andare a nanna; meno male che eravamo al terzo piano e fortunatamente c’era una bella e pesante porta taglia fuoco che una volta chiusa ha di molto attutito il maiala dance! Svegliatomi alle tre di notte sentivo ancora pompare il pippero!

La mattina seguente, domenica, ci vediamo alle otto e mezza per la colazione. In attesa delle signore provvediamo intanto a tirare fuori le moto da garage, caricare i bagagli e settare i navigatori sul percorso concordato: R2!
Durante la colazione ci raggiunge Walter, amico di Freeblue, partito la mattina presto da Ladispoli.
Si scalda con un cappuccino insieme a noi e poco dopo siamo in strada.
L’itinerario si snoda fra dolci colline, sinuosi saliscendi di puro divertimento. Chiusi, Città della Pieve che attraversiamo con me in coda al gruppetto, memore di tristi accadimenti 🙂 e poi per vie alternative arriviamo sotto Todi; naturalmente imbocchiamo decisi ed allegri la Millecurve verso Orvieto. Jack sfoga la sua crisi di astinenza aggredendo le curve da vero Teddy Boy, ma sempre in piena sicurezza. Baschi; qui ci fermiamo per un panino ma al bar hanno solo panini confezionati. Io, Freeblue e Jack ne avevamo già fatti mettere a scaldare uno ciascuno, pazienza! Paghiamo, usciamo e riprendiamo le moto; nel frattempo una processione fa il suo giro di boa proprio al bar e se ne ritorna da dove era venuta… che tristezza, già le processioni mi deprimono, vederne con così scarsa partecipazione, la banda asincrona ed i pochi vessilli alzati ne fanno una scena da film di Pasolini. Brrr…
Riprendiamo le moto, torniamo un pò indietro per salire ad Orvieto. Parcheggiamo nella piazza del Duomo, dopo un primo tentativo andato a vuoto troviamo al corso un posticino con tavoli all’aperto. Panini con salumi, porchetta e via dicendo. Ottimi, siamo stati fortunati, ma d’altronde chi gira lecca e chi sta fermo se secca!
Un buon caffè al bar e andiamo a riprendere le moto; tornando indietro incontro anche una persona alla quale avevo sistemato e modificato un paio di bassi elettrici… come è piccolo il mondo!
Saliti in sella ritorniamo anche noi da dove eravamo venuti, come la processione. Riprendiamo il percorso ed in breve, sempre seguendo strade molto guidate e belle, arriviamo a Orte paese. Qui ci salutiamo: Jack verso Fabriano, Freeblue e Annina vanno a prendere l’autostrada per Roma, io, Lucilla e Walter proseguiamo sulla Ortana verso Viterbo ma a metà strada deviamo per Soriano nel Cimino. Scendiamo al lago di Vico e ripercorriamo al contrario il tratto fatto all’andata, con la variante che arrivati a Manziana lasciamo la Braccianese Claudia e, passato Sasso, scendiamo sull’Aurelia.
Siamo arrivati! a casa ci scambiamo messaggi con gli altri, ognuno per confermare il proprio arrivo a casa.
Anche questa è andata; la moto ha avuto una degna inaugurazione ed io un festeggiamento del compleanno veramente commovente.
Durante il tragitto del ritorno, in tratti dove si guidava rilassati ed a velocità da passeggio, pensavo al nostro gruppo, a come si è modificato negli anni sia nelle modalità che negli stessi membri. Qualcuno se ne è andato strada facendo, molto pochi i rimpiazzi ma di qualità.
Forse abbiamo perso un pò il carattere Garibaldino di certe zingarate, la guida è sicuramente più tranquilla anche se non mancano momenti di in cui gli occhi diventano a fessura e le narici fumano… Ma ciò che è più evidente è la configurazione del gruppo. Oramai se arriviamo a 5 moto in una uscita è record; non che mi dispiaccia, registro solo il dato di fatto.
Coloro che sono rimasti hanno mantenuto integro lo spirito di gruppo, la filosofia motociclistica e di vita dei Babbaluci.
Gli altri, evidentemente, Babbaluci veri non lo sono mai stati e forse non è un caso che, in un modo o nell’altro abbiano abbandonato il gruppo. Una sorta di selezione se non naturale sicuramente inevitabile.
Riflessioni di un sessantenne nell’intimità del casco in una calda giornata autunnale… Wertmuller la intitolerebbe così.

Ah, nel corso del ristoro a Monte Amiata le menti bacate di Annina e Ulysse hanno partorito il “magnamosela ‘na cosetta tour”.
Siete avvisati!!!

Alla prossima, amici!</span></p>

11-12 agosto 2015 – Majella

LE FOTO

Ci siamo regalati una uscita infrasettimanale…
Il sondaggio fra gli amici del gruppo aveva rilevato che, oltre me, l’unico ad avere disponibilità per questa uscita era MrSergio.
In settimana avevamo ipotizzato un paio di mete ed alla fine si era deciso per la Majella -che non è una imprecazione- dedicandoci poi agli itinerari ed alla ricerca del posticino per passare la notte. Tutto pronto, non ci resta che andare… il lunedì viene giù acqua che sembra il diluvio universale; per martedi le previsioni meteo dicono che ci sarà ancora pioggia, ma per noi è un dato puramente statistico, siamo noi che decidiamo quando andare e non ci lasciamo condizionare dalle stagioni, dai capricci del meteo, dagli orari o altre simili sciocchezze. Se si deve andare in moto si va, punto. E basta, aggiungo.
Ci vediamo dunque alle sette di martedi mattina presso un’area di servizio sul Gra; sono in ritardo di mezz’ora, nel senso che arrivando quasi sempre mezz’ora in anticipo, questa volta presentandomi alle sette in punto mi trovo in ritardo sull’anticipo. S’è capito?
MrSergio è infatti già lì, in ansia, e sento squillare il telefono mentre entro nel piazzale: è lui!
Facciamo colazione ed una volta fuori restiamo a parlare quasi un’ora. Di cosa? mmmmh, al momento è ancora top secret!
Si parte, sono le otto; piccola tiratina sul raccordo ed usciamo sulla Anagnina.
Trotterelliamo allegri fino ad arrivare ad Artena, sempre splendido il colpo d’occhio sul paese arroccato là in alto.
Arrivare a Colleferro e ritrovarci sulla Carpinetana è un attimo; Montelanico, Carpineto Romano, passiamo sotto Maenza e poi serpeggiamo fra Pisterzo, Amaseno, Arce, Fontana Liri ed infine ci fermiamo a Isola del Liri.
Parcheggiamo le moto, bar per un rinfresco e poi a piedi andiamo a fotografare la cascata. Una mezz’ora di sosta, tempo ne abbiamo.
Ci rimettiamo in marcia, Sora e poi veloci verso Forca d’Acero. Il tempo fino ad ora ha retto, ma là in alto i monti sono avvolti da un hijab più o meno integrale; gocce d’acqua si materializzano sul cupolino e sulla visiera. Come era facile immaginare, qualche tornante prima del valico la pioggia si fa più consistente ed arrivati ai chioschi sul passo ci fermiamo per indossare gli antipioggia. Ma non restiamo li a perdere tempo aspettando che spiova, non è cosa.
Scendiamo dal passo, la centralina che abbiamo nella scatola cranica si è già auto settata su modalità RAIN, adottando l’adeguata mappatura.
Il passo non è lento, ma cambia il modo di frenare, di entrare ed uscire dalle curve, di piegare la moto.
L’esperienza rende automatici questi adattamenti, ed è quello che ci ha sempre consentito di uscire con qualunque tempo, su qualunque terreno.
Arriviamo ad Opi o, meglio, sotto Opi poi, in rapida successione, passiamo Villetta Barrea, il lago, Barrea, Alfedena e ci ritroviamo sulla SS17, (s)conosciuta anche come Appulo-Sannitica.
Distributore, abbevero la moto mentre una signo…ra? ina? alquanto rustica e rotondetta fa le fusa a MrSergio (<em>nzò capace, che m’aiutiii?</em>), che infatti la aiuta a fare rifornimento dal self service; self si fa per dire, era un Se..rgio Service. La pallocca, felice e rifornita, ringrazia e se ne va. Ce ne andiamo anche noi, nel frattempo la pioggia è diminuita, è diventata fine e quasi non la si percepisce. Roccaraso, Rivisondoli e siamo sulla mitica SS84. Scorre rapida la strada sotto le ruote, scorrono paesi dai nomi noti, che infilziamo ad andatura Garibaldina ma controllata ed infine arriviamo a Fara San Martino, in perfetto orario per lo spuntino.
E’ cosa ovvia e buona fermarci alla nostra stazione di posta; ci liberiamo degli ingombranti ed umidicci capi tecnici, in pochi minuti ci viene preparato un tavolo; nell’attesa ci gustiamo l’impresa di un giovane e molto furbo cagnetto che si sbafa quasi un pranzo intero lasciato su un tavolo all’aperto dai commensali che hanno abbandonato la postazione alle prime gocce d’acqua. Si, perchè nel frattempo l’acqua scende a scroscio, più forte che pria.
Prendiamo possesso del tavolo, mangiamo: un piccolo tagliere di salumi ed affettati locali, una carbonara, un gelatino. Naturalmente acqua minerale.
Ci attardiamo un pò,  nessuno ci corre dietro e mancano solo una cinquantina di chilometri a destinazione. Telefono al tizio della locanda e per poco non mi sfonda un timpano! Urla e neanche ti sta a sentire: snocciola rapido il suo discorso smozzicando le parole, non si capisce un’acca!
Va bene, comunque sa che siamo sulla strada e che presto arriveremo. Ripartiamo, ora non piove tanto ma appena le ruote iniziano a girare, ariecco l’acqua!
Il temporale è intenso ma per fortuna dura poco. Ci arrampichiamo su per la Majella: Palombaro, Pennapiedimonte, Bocca di Valle e l’ultimo strappo a Pretoro. Pochi tornanti prima di Passo Lanciano c’è la nostra locanda.
Parcheggiamo, una volta spente le moto regna il silenzio assoluto… ci viene da parlare sottovoce! Prendiamo le borse ed entriamo: una cattedrale deserta! Non un rumore, nessuna anima viva e neanche morta!
Ci sediamo, nella paziente attesa che qualcuno, uomo o animale, si materializzi nella navata…
Ma!? Da dietro una colonna spuntano un mezzo divano ed un mezzo uomo, non nel senso che è corto ma nel senso che gli si vedono solo i piedi e poca gamba… Ora il silenzio è rotto da un russare sordo e profondo, una specie di tromba tibetana con la sordina.
Facciamo piccoli rumori ed l’uomo si sveglia, palesandosi nella sua interezza… beh, in effetti non è che ciò che si celava dietro la colonna fosse molto, un mezzo uomo ma si rivela subito molto simpatico e gentile. E’ lui, l’urlatore telefonico!
Un gaffè, lo volete un gaffè? E senza attendere risposta va dietro al bancone del bar e comincia ad armeggiare…
Va bene. Ci lascia li e sale a verificare la camera, scende, prende i documenti e ci da la chiave. Ma è inutile tentare di instaurare un discorso, parte per la tangente e sciorina rapidamente le cose che ci deve dire.
Ci sistemiamo in camera, doccia e poi scendiamo; questo è il momento del relax, che sempre affrontiamo come un sacro rituale: pochi o tanti che siamo, ci ritroviamo attorno ad un tavolo per un aperitivo, generalmente birra e patatine, e per quattro chiacchiere. Un simpatico cagnone ci porta un bastone ed inizia il gioco del lancio e riporto; conosciamo anche il cameriere tuttofare che ci porta la birra, simpatico e gentile anche lui come la stragrande maggioranza degli Abruzzesi. Poi arriva il gestore, con notes e penna, che ci voglia intervistare? Invece ci raccomanda che si cena alle otto e prende già l’ordinazione, elencandoci prima le proposte della cucina. Decidiamo rapidamente, ma ci blocchiamo sui contorni; diceeee: “<em>c’è l’inzalata, il pomodoro, le verdure, forse c’è anghe altro ma non zono sicuro… vabbè, il condorno lo vediamo dopo, si cena alle otto.</em>” E se ne va, ma in quei pochi passi che deve fare per raggiungere la porta d’ingresso riesce a girarsi tre volte per dirci che si cena alle otto, c’è il pomodoro mavabbè il contorno lo vediamo dopo, si cena alle otto.
Finiamo la birra fra discorsi seri ed ameni, ovvie cazzate; MrSergio sale in camera a prendere una maglia più pesante, io lo aspetto appostandomi vicino alle moto.
I due comici arrivano ora in coppia, l’urlatore esordisce: “belle moto, e quanto sò? quanto sò?” ovviamente si riferisce alla cilindrata.
Rispondo: “questa è milledduecento” e l’altro prontamente esprime il suo candido e sincero commento, palesando meraviglia: “freeeeeeegnaa!“.
Proseguo: “quest’altra invece è novecento” e di rimando l’urlatore riconosce la mia saggezza e parsimonia “grande, anche questa, ma ti sei condenuto, ti sei condenuto“.
Arriva MrSergio, ci muoviamo per fare due passi e i due fanno per rientrare, ma immancabilmente… “si cena alle otto, alle otto, c’è il pomodoro ma vabbè il condorno lo vediamo dopo, si cena alle otto“.
Si fanno le otto e, per carità!, ci avviamo al tavolo.
Non c’è molta gente, atmosfera rilassata, sottofondo musicale tematico: liscio! Ma mica siamo in Romagna… C’è qualche variazione, canzoni di sentimento ed alle prime note il cameriere alza il volume a palla… evidentemente questa canzone gli risveglia vecchi amori o cose simili, perchè non capisce più niente e comincia a sbagliare le portate: a noi ci viene intavolato il secondo prima del primo, ad un altro tavolo porta non so cosa al posto di non so cos’altro… Si ride, lui gira per la sala ripetendo “errore mio, errore mio“.
Ancora una volta ci troviamo fuori dal tempo, fuori dai canoni classici, gente particolare, simpatica, gentile come solo in certi posti si può trovare.
Lui, il cameriere, è un giramondo: è da poco rientrato dall’Australia e fra poco ci tornerà. L’altro anche, ha lavorato in diversi Paesi. Gente che non si è lasciata cambiare da altre culture, altre modalità di vita ed è rimasta semplice, genuina.
Con il primo arriva il gestore, ora in versione direttore di sala: “c’è il pomodoro, l’inzalata oppure la parmiggiana di zucchine…” e che ce la lasciamo scappare?!?
Dopo la pasta “chitarrina” con ragù arriva un piatto con agnello, salsiccia, mozzarella grigliata, a parte le zucchine alla parmigiana.
Tutto ottimo, oltre le aspettative. Il vinello bianco non è un gran che ma un mezzo litro in due va giù con piacere.
Dolcetto, gentilmente rifiutiamo amari ed alcolici vari ed usciamo di nuovo. Bella serata, oramai non piove da un bel pò, l’aria è frizzantina e si sta proprio bene.
Ci addentriamo nel boschetto, ci infanghiamo per bene le nostre belle scarpe da relax, siamo costretti a pulirle con erba e spigolo di muretti…
Fine dei giochi, rientriamo in camera e ci prepariamo per la notte. Chiacchiere, sempre più o meno serie, ma per lo più si ruota sempre al solito argomento per il momento ancora secretato.

Ci si ritrova all’alba, dopo varie interruzioni notturne dei rispettivi sonni… Ma la nottata è stata comunque fresca e tranquilla.
Prepariamo il poco bagaglio e scendiamo per la colazione.
Nel frattempo è arrivata una ambulanza, una vecchietta si è sentita male, problemi di pressione… Ci ritroviamo al banco per il conto, 30 la camera 24 tutto il resto, cena birre acque ecc.
Di nuovo le chiappe sulla sella, cominciavo a sentire la mancanza di questo intimo contatto. Saliamo a Passo Lanciano, ci regaliamo un caffè ed una oransoda prima di salire al Blockhaus.
Si sale, strada immersa nel fitto bosco; tornanti, pratoni di montagna, ecco il rifugio Pomilio, si parcheggiano le moto. Panorama stupendo, montagne austere come tutte quelle dell’Abruzzo.
Ma una marea di antenne e ripetitori di tutti i tipi fanno stupro di questo magnifico paesaggio. E’ il prezzo del progresso e c’è sempre da domandarsi se non sia troppo caro, troppo.
Ma anche gli abitanti di queste regioni hanno il diritto di usare il cellulare, di vedere la tv che spesso è l’unica fonte di svago in paesi che non hanno neanche un cinema o un teatrino, in case che non hanno neanche un paese… Gironzoliamo un pò, poi prendiamo la strada del ritorno, tracciata dalla oramai esperta mano di MrSergio.
Ci addentriamo in un territorio selvaggio, per certi tratti aspro, duro come è dura la vita da queste parti: si vedono casolari di pietra, ricoveri per gli animali, per lo più greggi.
Qui l’allevamento e l’agricoltura sono ancora importanti e spesso le uniche attività possibili.
Scendendo attraversiamo paesini graziosi, abbiamo importanti montagne intorno, strade non sempre ben asfaltate ma che si intonano perfettamente con l’ambiente circostante.
Il Passo Leonardo, un paio di foto e si riprende il cammino. Arriviamo a Pacentro dall’alto; strada chiusa in due punti ma sappiamo che con le dovute accortezze si può passare, non sempre ma spesso, questa volta è una delle tante in cui riusciamo nell’intento. Arrivando a Pacentro da questa direzione non si può non fermarsi a fotografare ed ammirare il paese disteso sul monte e fra il verde, con Sulmona e la Conca Peligna a fare da sfondo. La Conca Peligna… a me evoca immagini erotiche!
Fotografiamo, entriamo in paese e dopo un paio di giri ci fermiamo presso un distributore-bar-alimentari-parco giochi.
Il ragazzo che gestisce l’attività ci fornisce un tavolo all’ombra, panini con hamburger, altri due con salame e formaggio, due cocacole ghiacciate e una simpatica conversazione, raccontando delle sue disavventure motociclistiche. Anche qui ci attardiamo, il posto è incantevole, all’ombra si sta benissimo, le chiacchiere sono piacevoli, ma poi giunge il momento di partire.
Usciamo dal paese, altra strada chiusa (ci dicono che ad aprile ha fatto un metro e venti di neve) ma questa volta siamo costretti a deviare. Attraversiamo il centro di Sulmona e dopo un paio di giri da minuetto siamo sulla statale. Poi un tratto veloce di autostrada, per passare Avezzano; di nuovo la Tiburtina, che percorriamo spediti fino a Vicovaro.
Negli interfoni. durante il tragitto, abbiamo parlato di noi, di progetti, dei Babbaluci e dell’attuale situazione degli stessi… forse l’intimità del casco favorisce l’insorgere di certe tematiche anche loro intime, delicate.
Arriviamo alla stazione di Mandela, sappiamo che da qui alla fine non ci sarà storia: caldo afoso, insopportabile, auto, caos al casello, delirio sul raccordo.
Rapido saluto in corsa, un’occhiata, ci stringiamo la mano mentre le moto corrono e ci facciamo il segno del telefono.
Certo, ci sentiremo, e vedrai che salterà fuori qualche altro bel progetto…

Alla prossima, amici!

18-19 luglio 2015 – Castelluccio

Sabato mattina, ci incontriamo alla solita aera di servizio sul GRA: Freeblue e Annina, MrSergio, Lucilla e Ulysse. In verità c’è anche Daniela che, ancora dolorante alla spalla, non rinuncia però al piacere, suo e nostro, della rituale colazione babbaluca. Cara ragazza!
Si parte, direzione Flaminia, che percorreremo fino a poco dopo Rignano; poi ci immettiasmo su una piacevolissima strada immersa nella natura che, passando sotto Sant’Oreste e poi per Nazzano e Torrita Tiberina, ci porterà a Poggio Mirteto Scalo.
Da qui proseguiamo sulla 313 fino a prendere la deviuazione per Cottanello. E’ presto ma già fa caldo, molto molto caldo. Ci fermiamo al bar sulla piccola piazza di Cottanello, acqua ed un gelato ci rimettono in sesto; durante la sosta arriva un piccolo ma variopinto gruppetto di motociclisti, molto eterogeneo sia nelle persone che nelle cavalcature e non possiamo non notare che sono motociclisti a tempo perso.
Riprendiamo la strada, ma solo per fare quella pochissima distanza che ci separa dall’Eremo di San Cataldo, dove ci fermiamo per qualche foto.
Si riparte, ora che si sale un pò di quota il caldo è molto meno asfissiane e, addirittura, entrando nel bosco possiamo godere di una leggera frescura.
Come da accordi dovremmo fermarci a fare la foto di rito al Valico di Fonte Cerreto, ma con MrSergio alla guida non puoi pretendere tanto.
Gran motociclista, bella guida, efficace, instancabile, ci farei il giro del mondo in moto, ma non fatelo stare davanti! 🙂
Arriviamo a Rieti, vorremmo salire al Terminillo ma una gara automobilistica in salita ce lo vieta. Non ci resta che andare a prendere un tratto che avremmo dovuto fare al rientro e così saliamo per Cantalice, Poggio Bustone, Rivodutri e Morro Reatino. Qui incocciamo in un matrimonio, gente vestita che non si può vedere ma nel mucchio spicca una moretta…
Lasciamo stare, facciamo qualche altro chilometro e ci fermiamo presso una trattoria bar a prendere un pò d’acqua fresca, che il caldo ha ricominciato a farsi sentire.
Ora è la volta di percorrere la mitica 521, con la quale arriveremo sotto Leonessa; da qui prendiamo un percorso non molto battuto, che per campagne e monti ci porta alle porte di Norcia. Bel paesaggio, niente case se non rare e poco concentrate, nessun palazzone, traffico zero. Il fondo stradale non è dei migliori, ma questa strada merita davvero di essere percorsa in moto.
Alle porte di Norcia, dicevamo, Freeblue tira dritto per andare ad incrociare un distributore e così tutti, tranne MrSergio che ha la motocisterna, facciamo il pieno.
Adesso viene il bello, un paio di chilometri a ritroso e prendiamo la strada per Castelluccio.
Poco prima di arrivare in paese ci sono dei “commissari di percorso” che sbarrano la via: le auto non possono entrare, il parcheggio è pieno! Meno male, era ora!
Noi, in moto, possiamo proseguire ed arrivati in piazza, sorpresa! C’è ora un parcheggio fettucciato, sembra il parco chiuso di una gara di enduro… Moto parcheggiate ordinatamente, non più quel solito casino indescrivibile. Meno male, era ora!
Parcheggiamo anche noi, poi andiamo a raggiungere il bar-alimentari dove, seduti al fresco, gusteremo formaggi e salumi locali, con tanto di acqua minerale di una buona annata!
Caffè, qualche cazzatella al locale negozietto di souvenir e si riparte.
Lo scopo della gita sarebbe fotografare la fioritura, ma con il caldo che ha fatto ne resta ben poca. Comunque ci fermiamo nella piana, qualche scatto degno riusciamo a farlo. Si riparte, è la volta di Forca di Presta, c’è un affollamento di auto e camper parcheggiati in ogni dove; da qui parte il sentiero più comodo per il lago di Pilato. Sfliliamo in fretta, dopo il Valico la strada è semplicemente meravigliosa… Boschi, curve di tutti i tipi, paesi minuscoli… Percorriamo circa quaranta chilometri in questo scenario e poi siamo alla fine della strada, a Foce. Quattro case in croce, l’asfalto che ben presto si trasforma in strada bianca piena di pietre che tanto mi piace!
Parcheggiamo davanti alla locanda, molto spartana. Prendiamo possesso delle camere e, dopo una bella doccia, ci ritroviamo fuori per fare quattro passi e l’immancabile birra con patatine, nostro aperitivo preferito prima della cena.
Cena che si svolge nella classica atmosfera babbaluca, cazzate in pieno relax ed a ruota libera. Saltano agli occhi un paio di tavolate: la prima sono ragazzi, una decina; ce ne fosse uno che non ha il cellulare in mano, impegnatissimi a scambiare messaggi ognuno per conto proprio! Ma fra di loro non parlano, assoluto mutismo.
La seconda tavolata è composta da una famiglia composta da un padre, una madre, una probabile zia, quattro fanciulli di età variabile. Tutti, e dico tutti, con il cellulare in mano, anche loro impegnato in messaggerie varie, tranne il più piccolo che ha un iPad con il quale gioca a non so cosa. E’ veramente deprimente vedere queste scene, gente che si apre ai social, al mondo intero puchè sia virtuale, mentre le persone fisiche intorno a loro sono distanti, ignorate… Questi ragazzi cresceranno complessati!
Torniamo a noi: la cena qualitativamente non è il massimo, ma neanche possiamo gridare allo scandalo; tutto sommato ci possaimo alzare da tavola soddisfatti.
Qualche altra chiacchiera e ben presto si raggiungono le stanze per il meritato riposo.

La mattina dopo mi sveglio di buon’ora; scendo armato di reflex e vado a fare qualche scatto verso i pratoni che salgono al Vettore. C’è un ovile, bei cani pastori, di un bianco candido, stanno ancora dormendo; qualcuno, sentendomi, si alza e si stiracchia. Li fotografo.
Arriva il pastore, sulla irrinunciabile Panda 4×4, con un altro cane nel bagagliaio.
Appena entra nel recinto i cani si alzano e vanno ad aspettare due al cancelletto del recinto del gregge e due si appostano poco più avanti. Il pastore entra nel recinto delle pecore, armeggia un pò e poi, emettendo un suono gutturale irripetibile, ordina ai due cani di entrare e far uscire il gregge, compito che viene svolto immediatamente ed egregiamente.
Gli altri due cani pensano a far incolonnare le pecore e farle uscire dal secondo recinto.
I cani le spingono su una spalletta erbosa ed attendono; il pastore chiude il recinto, esce ed emette un altro suono, questo un pò più comprensibile: un AGGHIA’ ripetuto un paio di volte ed i cani immediatamente spingono il gregge in diagonale sul costone della montagna.
Il pastore sta per risalire in auto, seguito dal suo cane personale, ci scambiamo un saluto e gli chiedo: “adesso vai a raggiungere il gregge con l’auto?”
No“, mi risponde lui “i cani sanno dove andare e quello che devono fare, riporteranno le pecore qui oggi pomeriggio alle cinque. Io vado a casa, ritorno qui alle cinque, pure io” .
Capito? questi cani sono impagabili, soldatini ligi al dovere di una affidabilità unica.
Ho avuto l’impressione, studiandoli, che ci fosse un capo cane o un cane capo che era quello che recepiva gli ordini; gli altri aspettavano sempre lui per muoversi ma ad osservarli bene si notavano due cose: il capo cane si muoveva un attimo prima dell’ordine, segno che sapeva già cosa gli sarebbe stato chiesto. Gli altri si muovevano un pò prima del capo cane, coem dei marinai che conoscono perfettamente la manovra da eseguire e non si azzardano a farlo immediatamente per rispetto della gerarchia.
Ritorno alla locanda, trovo gli amici già operativi, sistemiamo i bagagli, facciamo colazione e partiamo. Ci eravamo sentiti con Poldo, il quale ci avrebbe dovuto raggiungere in quel di Amatrice per mangiare qualcosa insieme ed insieme fare un pò di strada. Ma Poldo latita. Lo sentiremo più tardi, ci dirà che non sarà dei nostri.
Intanto, dopo una bella cinquantina di chilometri sempre fra boschi e luoghi ameni, raggiungiamo Arquata del Tronto; dopo una sosta la bar ci rimettiamo in marcia ed in breve siamo ad Amatrice.
Che ve lo dico affà? Trattoria, che già conoscevo. Tavolo, acqua e chiacchiere e la cameriera ci chiede “amatriciana rossa o bianca?” Ribadiamo “amatriciana rossa E bianca”. E così fu.
Qualche costoletta d’abbacchio per gradire e ci rimettiamo in marcia, a panza piena.
Trotterelliamo sgranocchiando chilometri e digerendo amatriciane.
Posta, la strada che porta a Leonessa è tanto bella quanto conosciuta, si fa sempre con gran piacere. Non saliamo al Terminillo, perchè se ieri c’erano le prove oggi ci sarà la gara, sicuro come il giorno che viene dopo la notte! Così è di nuovo SR521, ora in senso inverso.
Poi si scende verso Greccio, dove poco distante ci fermiamo ad una gelateria; si riparte, Monte Tancia è nostro, Poccio Catino, Poggio Mirteto, Passo Corese e fine della storia.
Qui prendiamo l’autostrada per evitare il caos della Salaria verso Roma ed in breve, dopo esserci fermati per i saluti, ognuno prende la strada per la propria casa.
Ancora una bella uscita, due giorni in allegria e in amicizia, aspettando la prossima.

Grazie Amici!

13-21 giugno 2015 – Austria ed Alpi

Il viaggio è stato parecchio tempo in gestazione, diverse mete sono state valutate senza riuscire a trovare una soluzione che rispondesse alle esigenze di tutti. Ma è stato un esercizio utile, le proposte “scartate” sono state comunque elaborate ed archiviate, pronte per essere concretizzate in altri viaggi, con qualche aggiustamento della logistica.
Il gruppo è quello oramai consolidato, con qualche defezione ma anche una new entry, Giuseppe.
Si parte sabato 13 Giugno, di buon ora; siamo:
– Ulysse e Lucilla su TDM 900
– Freeblue e Annina su TDM 900
– Murdok e Giovanna su Multistrada
– MrSergio su R1200GS Adventure
– Poldo su MT09 Tracer
– Giuseppe su  R1200GS LC.
Dopo la sacra colazione e dopo aver perso un po’ di tempo, ma senza rimorso in quanto preventivato dato il largo margine di tempo a disposizione, si parte: Flaminia, Narni, seconda colazione. Sono le sette e venti quando ripartiamo, sembra che ci stiamo mettendo in viaggio ora ma abbiamo già percorso una novantina di chilometri. Spoleto, dunque, e visita alle Fonti del Clitunno; una passeggiata nel parco per ammirare le limpide acque della fonte, acque sacre per gli Antichi Romani. Fa caldo, qualche bottiglietta di acqua fresca seduti al bar del parco ci ristora il giusto prima di rimetterci in marcia. Foligno, la Valtopina, Nocera Umbra, poco prima di Gualdo Tadino una foratura alla gomma posteriore della GS Adventure di MrSergio ci costringe ad una sosta imprevista.
Non si tratta di un foro, è un taglio di modeste dimensioni; mettiamo comunque il chiodo di gomma con il mastice e gonfiamo ad 1,6 per mezzo del piccolo ma efficace compressore portatile, quanto basta per arrivare al primo distributore e ripristinare la corretta pressione. Ma ciò che temevamo si avvera: sul taglio il chiodo nulla può ed una micro perdita ci consiglia di rivolgerci ad un gommista, che troviamo a Gubbio.
Una pezza all’interno del copertone, camera d’aria, problema risolto. Fra foratura e riparazione abbiamo perso due ore di tempo, forse qualcosa in più ed il vantaggio di partire presto si palesa spontaneo.
Di nuovo in sella, per curve e dolci colline andiamo a riprendere il percorso originale ed ecco un nuovo problema: vorremmo percorrere la Gola del Furlo, ma è chiusa per frana!
Poco male, data l’ora mangiamo qualche piadina presso una locanda a Furlo e ripartiamo; ci dirigiamo ad Acqualagna per prendere la E78 per Fano e, da qui, la A14 fino a Ravenna. Proseguiamo poi sulla Romea fino a Rosolina, dove ci fermiamo per la notte. Una locanda pulita e senza pretese, una cena non da urlo ma il vantaggio è di non deviare di un millimetro dal percorso.

Il mattino dopo si riparte, ma sotto la pioggia; la nostra rotta prevede di svalicare in Slovenija dopo Udine, passando per Cividale del Friuli ed il Valico di Stupizza e poi per Kobarid, la tristemente nota Caporetto.
Siamo sulla provinciale, ma a Noventa di Piave decidiamo di prendere l’Autostrada, perché si sta scatenando una vera bufera, un muro d’acqua nel quale volano rami e qualche pezzo di grondaia in rame.
Un’area di servizio ci offre riparo ed approfittiamo per uno spuntino; si riprende il cammino sotto una pioggia sopportabile; abbiamo deciso di cambiare direzione, il meteo ci sconsiglia di inerpicarci nel parco delle Alpi Giulie in Slovenija;  puntiamo su Tolmezzo, valicheremo da questa parte direttamente in Austria, nostra destinazione, senza passare per la Slovenija.
A Tolmezzo, abbandonata l’Autostrada, saliamo per la statale fino al Passo Monte Croce Carnico.
Non piove più, almeno la salita al valico ce la godiamo; il passo è un tuffo nella storia, peccato che sia in evidente stato di abbandono, questi luoghi storici andrebbero curati un po’ di più.
Foto e si riparte per la discesa, oramai in territorio Austriaco.
Strada incastonata nella roccia, i passi Gailbergsattel e poi Iselsbergpass ci conducono alla nostra meta, Dollach, passando per valli amene e boschi spettacolari.
Conosciamo il posto, ci siamo già stati e prima di partire, senza indugio, avevamo prenotato la stessa stupenda locanda.
Non piove, in Austria il tempo, pur coperto ed umido, oggi è decisamente meglio che in Italia, almeno la zona che abbiamo attraversato noi. Scelta più che azzeccata abbandonare, pur se a malincuore, l’incursione in Slovenija.
La locanda dunque non ci riserva sorprese ma piacevoli conferme; le camere sono caratteristiche, ognuna diversa dalle altre. La birra, la cena sontuosa… tutto come ci aspettavamo. Anche il mastodontico cane Max!

Il giorno dopo, siamo a lunedi, saliamo al Grossglockner sotto una pioggerellina; il pass ci è costato solo 10€ contro i 24, grazie ai buoni che ci ha elargito il proprietario dell’albergo.
Salita al ghiacciaio Franz Josef, foto di rito, spillette, adesivi e si scende di nuovo sulla Grossglockner Hochalpenstrasse, fino ad arrivare al passo (e galleria) Hoctor, 2.504m, che segna anche il confine fra Salisburgo e Carinzia. Il termometro all’entrata della galleria segna 5,5 gradi; anche qui qualche foto per poi riprendere la strada che sale ai 2.571m dell’Edelweissspitze. Punto panoramico, con il sole è uno spettacolo! Noi siamo in mezzo alle nuvole, pochissime moto sul piazzale; sono più le nostre! Nel locale/rifugio siamo gli unici: salsicciotti e patate soddisfano il nostro appetito.
Tornando alla base abbiamo modo di fermarci in un paesino per qualche altra foto; il posto è stupendo, come tutta la Carinzia: montagne, prati verdissimi, coltivazioni, ruscelli e cascate, una meraviglia, insomma.
In albergo, dopo una doverosa doccia calda, ci attendono birre e poi la luculliana cena a base di spatzle, gulash e molto altro ancora.

Mercoledi, purtroppo, il tempo peggiora e l’atteso giro per la Nockalmstrasse va a farsi benedire.
Scendiamo, sempre per valli incantate, verso Lienz e da qui rientriamo in Italia, a San Candido, dove ci fermiamo per un giro a piedi ed un mini shopping. Bar e pizzerie locali non offrono un gran che, decidiamo di rimetterci in sella; percorriamo la valle di Anterselva, che ci porta all’omonimo lago; non piove, finalmente una tregua. Aspettiamo pochi minuti che il semaforo ci dia il via libera e saliamo decisi per il Passo Stalle.
Uno spettacolo della natura, un ristretto nastro di asfalto (da qui il senso unico alternato regolato dal semaforo) che si snoda sul fianco della montagna fino a raggiungere i 2.052m al valico.
L’ora c’è, la fame anche, il rifugio in cima al passo ci fornisce ristoro.
Mentre mangiucchiamo ricomincia a piovere, ma dopo i caffè percorriamo ugualmente e lentamente la valle Defereggental al piccolo trotto, per gustarci ogni chilometro di paesaggio. La nostra destinazione odierna è Sankt Veit in Defereggen, il comune più alto del Tirolo orientale, a 1.500m. La locanda che abbiamo prenotato è molto carina, a picco sulla valle, con una cascata proprio di fronte. Accoglienza calorosa, disponibilità, questa locanda/chalet è a conduzione familiare, gente di altri tempi.

Il mattino dopo, giovedi, riprendiamo il cammino percorrendo a ritroso la valle Defereggental, Passo Stalle e la valle di Anterselva; passiamo Brunico e ci dirigiamo verso la Val Gardena; superato il passo ci fermiamo preso uno chalet a gustare un tris di canederli, facciamo foto e riprendiamo anche qualche auto d’epoca ferma nel piazzale. Abbiamo sostato a sufficienza, dobbiamo andare; la destinazione odierna è Vipiteno, ci arriviamo abbastanza presto ed abbastanza asciutti. Foto ad un castello prima di entrare in città, sosta gelato in centro e poi saliamo al nostro rifugio, ancora una volta una locanda tipica, vista panoramica che più non si può, in alto su una montagna che sovrasta Vipiteno.
Oggi il meteo è stato clemente, umido ma senza pioggia e qualche bel raggio di sole a Passo Gardena.
La cena è superba, come richiede l’appetito di un motociclista che ha percorso chilometri di curve e passi.
La birra, a cena, è una abitudine che ci concediamo volentieri, dato che di giorno siamo “analcolici”.

E viene di nuovo la mattina, oggi è un gran giorno e per fortuna il sole, questo sconosciuto, ci accompagnerà per tutto il tragitto.
Lasciata Vipiteno si inizia subito con il Passo di Monte Giovo; qualcuno viene colto di sorpresa, non si aspetta questa impegnativa salita a pochissimi chilometri dalla partenza. Poi, senza soluzione di continuità e senza soste, saliamo al Passo Rombo, uno spettacolo affascinante!
Strada selvaggia, curve e tornanti come si conviene ma tutto in una natura rigogliosa ed aspra, che incute soggezione e rispetto.
C’è molta neve al valico, per fortuna c’è anche il rifugio dove prendere qualcosa di caldo perché nonostante il sole fa fraddino qui a 2.474m.
Siamo di nuovo in Austria, paghiamo il balzello per la Bundenstrasse, meritato se non altro per il panorama, serpeggiamo lungo il confine fino a rientrare in Italia. Passo e Lago di Resia, strada che sembra il Mugello.
Sluderno e … ci siamo! Ecco la salita allo Stelvio!
Ciclisti, troppi; auto, troppe; moto, troppe quelle che ingombrano e purtroppo anche qualche incivile, ma più che altro maldestro, che affronta i tornanti in discesa contromano, non sapendo fare di meglio!
Tutto bene, però; dopo i 48 tornanti (qualcuno si è fregato la targa del primo tornante!) arriviamo al passo, 2.758m, una delle tante Cime Coppi disseminate sulle Alpi.
Parcheggiate le moto decidiamo che lo spuntino si può fare qui, presso un chiosco che arrostisce salsicce; la solita passeggiata per reperire spillette ed adesivi e dopo un caffè si riparte.
La discesa verso Bormio è una passeggiata, strada molto più facile e tranquilla; ci fermiamo anche a fotografare le cascate del Brolio.
Per fortuna, come dicevo, c’è stato il sole tutto il giorno ed arriviamo a meta, Sant’Antonio in Valfurva, perfettamente asciutti.
La locanda ci accoglie stanchi ma soddisfatti, bel giro oggi, veramente. Intenso, faticoso, appagante.
Camere, doccia etc e poi la meritata cena.
Anche qui mangiamo benissimo, ben presto il tavolo si riempie di leccornie e birre…

Siamo a venerdi, oggi saliamo al Mortirolo e poi, passati Edolo, Aprica e Tirano, siamo sulla salita al Passo del Bernina.
Strada molto bella, sinuosa, tornanti e curve di tutti i tipi immersi in una natura incontaminata.
Al Passo Svizzero arriviamo all’ora di pranzo, che per noi varia da mezzogiorno alle quattro del pomeriggio, dipende dal percorso. Ci lasciamo salassare dall’oste Svizzero per un frugale pranzo e siamo di nuovo sul piazzale a far foto.
E’ comunque presto, decidiamo di tornare indietro di due o tre chilometri e infiliamo la Forcola che, attraverso l’omonimo Passo, ci porta a Livigno.
Parcheggio (qui tutto è a pagamento) giriamo a piedi in “cerca di affari” ma è tutto più caro che in Italia! Non conviene proprio… tranne la benzina, con la quale rimpinziamo i serbatoi!
Facciamo le sei del pomeriggio girando per negozi vari, poi riprendiamo le moto e, sempre percorrendo la Forcola, saliamo al Passo d’Eira ed arriviamo a Bormio e di nuovo Sant’Antonio in Valfurva.
La commedia è una replica della sera prima: dopo aver assunto sembianze più umane ci attendono prima uno spritz e poi l’ambita cena.

Sabato, è giorno di partenza; assunta una buona colazione e sistemati i bagagli lasciamo Sant’Antonio e, passata Santa Caterina, attacchiamo decisi il Gavia.
Pochissime o niente moto a salire; fa freddo, non piove ma ad un certo punto inizia a nevicare, una neve leggera e gentile. Arriviamo ai 2.621m in un clima polare, ciclisti intirizziti affollano il rifugio; troviamo posto ad un tavolo e ci sorbiamo una bella cioccolata calda.
Ora nevica fitto, lasciamo un po’ scemare e ripartiamo, appena fatti un paio di tornanti in discesa riappare il sole.
Appare anche in imbecille che con la propria auto sta facendo manovra nel bel mezzo di un tornante, guidato nella manovra da una zoccolona che manco Bocconotti Cinzia!!!
Arriviamo a valle, da Brescia in poi non c’è più storia, l’Autostrada ci ingoia e ci rilascia a Rioveggio; qui una statale molto bella ci porta a Grizzana Morandi, dove passeremo la notte.
Per fortuna ci ha detto più che bene con l’albergo, una struttura molto ben tenuta, staff efficiente e molto gentile, cena superlativa.

La mattina ripartiamo, destinazione casa.
Il venerdi ci aveva lasciati Murdock, richiamato d’urgenza in Azienda.
Sabato, dopo il Gavia, anche Poldo ha preso una direzione diversa; Genova, per un colpo di coda delle ferie. Dunque siamo rimasti in sei su quattro moto.
Partiamo da Grizzana Morandi, un tratto della bella strada del giorno prima ci riporta a Rioveggio, poi per altre strade interessanti arriviamo a Loiano e qui, è inutile dirlo, saliamo per la Raticosa.
Una marea di moto sul piazzale, come al solito; foto e via, per la conseguente Futa.
Molto più discreta la presenza di bikers; foto, caffè, acqua e si riparte, abbiamo una missione importante da compiere: pranzo alla Casa del Prosciutto.
Arriviamo puntualissimi, qualche minuto prima dell’orario prenotato; ci accomodiamo dopo esserci liberati delle armature e comincia la danza: tortelli alle patate, con funghi o sugo di cinghiale; rosticciana, pollo al mattone, braciole, patate arrosto, funghi fritti e dolce. Ovviamente acqua minerale d’annata!
Di solito quando siamo in moto non pranziamo così, ma la Casa del Prosciutto non si può eludere se si è nel raggio di cento chilometri…
Arriva il momento di ripartire, per digerire facciamo due passi: Croce ai Mori e Mandrioli 🙂
Poi ci infiliamo nella tristissima E45 fino a Orte, dove ci divideremo ognuno per la propria strada.
Fine del giro, 3.100 chilometri in parte bagnati, ma goduti tutti fino all’ultimo giro di ruota.
E Poldo ci invia foto da Genova da bordo della barca a vela del suo amico!
In definitiva un bel giro; come da nostra abitudine non ci facciamo scoraggiare dalla pioggia ma cerchiamo alternative per raggiungere la meta in sicurezza; sapersi adattare alla strada ed al meteo è la prima cosa che si impara con l’esperienza, ed i miei sessant’anni, quarantasei dei quali passati su due ruote a motore senza soluzione di continuità, mi hanno insegnato qualcosa. Andare è l’imperativo, in sicurezza è una logica deduzione.

Alla prossima, già si pensa a Settembre…