Quella di quest’anno è stata la seconda edizione del Porcoddue.
Nome bizzarro per intitolare una uscita in moto, ma tutto ha un suo perchè.
E’ facile intuire che a novembre, essendo lontani sia dalle ultime vacanze che dalle prossime, il desiderio di fare qualcosa di importante in moto si unisca al desiderio di sfuggire alla routine quotidiana, che in questo periodo dell’anno ci ha oramai completamente fagocitati.
Superata la soglia di sopportazione, il desiderio diventa necessità e sgorga spontanea l’esclamazione “e porcoddue, mo basta!” . Un grido di angoscia e ribellione allo stesso tempo, che si concretizza in una uscita di due giorni senza stare a guardare il meteo, le convenienze, le convenzioni; l’unico motivo che ci spinge è il desiderio di andare, di passare del tempo insieme, noi e le moto.
Dopo aver aggiustato il tiro sulle date, e lo slittamento di un solo giorno non ha fatto altro che produrre ulteriore, positiva ansia da partenza, finalmente si va. MrSergio e Ulysse, avendo Freeblue rinunciato all’ultimo per comprensibili problematiche.
La volta precedente furono presenti MrSergio, Ulysse e Murdok; mmmmh, c’è del metodo in questa follia! Anzi, più che metodo come diceva il buon William, c’è una costante 🙂
L’appuntamento è dunque sabato mattina alle otto direttamente dopo Civitavecchia, laddove l’autostrada confluisce con l’Aurelia, al solito chiosco dei formaggi.
Io, che provengo dall’Aurelia, non riesco a raggiungere il sito, impedito da un dedalo di strade chiuse, nuove rotatorie, deviazioni e tratti incanalati. Stanno prolungando la strada veloce, si dice, fino a Grosseto e sono costretto a tirare dritto fino a Montalto; quattrocento metri prima del bivio c’è una area di servizio e mi fermo. Invio whatsup al mister, dopo aver provato invano a chiamare, ed aspetto, approfittando del bar per immettere ed espellere liquidi caldi.
MrSergio chiama, anche lui non riesce a fermarsi al punto prestabilito e così, ricevuta conferma sulla mia posizione, dopo non molto arriva.
Essendo entrambi in anticipo di circa mezz’ora sull’orario prestabilito, ci troviamo in perfetto orario nel ritardo causato dalla triste viabilità, e circa trenta chilometri più avanti… Cose da Babbaluci!
Si parte, proprio a Montalto di Castro avremmo, ed in effetti abbiamo, la deviazione del nostro itinerario dall’Aurelia alla Castrense. Qualche chilometro prima di Canino ci addentriamo nella Maremma Laziale: Manciano, Scansano e su, fino a Roselle; da qui, con un tratto di nove chilometri di superstrada, siamo a Montorsaio. Una sessantina di chilometri di curve si snodano fra campagna e sottobosco; il tracciato, veramente divertente anche se scivoloso, ci porta a Montieri. Durante questo tratto abbiamo indossato gli antipioggia; eravamo partiti asciutti ma il meteo ed il cielo concordavano: pioggia doveva essere e pioggia è! Il fatto non ci disturba, l’acqua di cielo è preventivata e caratterizza la porcoddue…
A Montieri ci fermiamo, un bar di paese molto accogliente e barista all’altezza della situazione ci accolgono! 🙂 Qualcosa di caldo; non sostiamo a lungo, presto si riparte e siamo di nuovo alle prese con curve e saliscendi su strada molto viscida. Il ritmo, pur con tutte le cautele del caso, è ottimo, e così ci beviamo, sempre sotto la pioggia, circa centottanta chilometri senza sosta alcuna.
Gli ultimi cinquanta chilometri sono stati sotto un diluvio universale, visibilità ridotta al minimo e per avere cognizione della strada, curve ed incroci, bisognava guardare il navigatore!
In queste condizioni è meglio non fermarsi, prima si arriva e meglio è, e così giungiamo a destinazione, Castelnuovo di Garfagnana, alle diciassette e trenta.
Parcheggiamo le moto davanti alla locanda e smontiamo di sella… sembriamo due lontre!
Prendiamo possesso della camera ma per non allagarla ci spogliamo nel corridoio, appendendo gli antipioggia ai termosifoni siti nello stesso corridoio e lasciamo qui anche gli stivali.
Lo strato sottostante è fortunatamente asciutto e possiamo continuare a spogliarci all’interno della camera. Trasferiamo poi, appendendole in bagno, le cose inzuppate ma in parte sgocciolate in corridoio; gli stivali trovano alloggio in un sembrafattapposta dietro la porta della camera. Bene, è l’agognato momento della doccia bollente!
In breve tempo siamo in condizioni di poter uscire, alla ricerca di un bar dove poter vedere la partita della Roma, che si rivelerà tutt’altro che entusiasmante. Consumiamo una quantità industriale di birre e stuzzichini vari durante i novanta minuti della partita e ci ritroviamo, alla fine, a pagare un conto irrisorio: otto euro a testa!
Torniamo alla locanda, sono le venti e trenta ed è il momento della cena… fame ne abbiamo poca, visto quello che abbiamo ingurgitato al bar, ma una cenetta ci sta tutta, se non altro per rinfrancare lo spirito in allegra compagnia. Il locale è grande, triste e vetusto; malgrado ciò ci troviamo in un ambiente familiare, gradevole e nonostante le cameriere siano ancora più tristi del locale… dopo cena andiamo in camera, la sgroppata in moto si fa sentire tutta: quattrocentoventi chilometri in condizioni non ideali, non facili; quasi tutto l’itinerario sotto l’acqua con l’aggravante finale del diluvio universale.
Infilati sotto le calde e confortevoli coperte, ambiente anche lui bello caldo grazie ai termosifoni accesi, guardiamo un pò di televisione scambiando due chiacchiere. Personalmente il sonno mi assale senza preavviso, anche al mister credo, perchè al mattino non ci ricordiamo neanche quali sono state le nostre ultime parole.
Domenica mattina, la notte è stata tranquilla, beata, un bel sonno ristoratore.
Alle sette e trenta cominciamo a ricomporre il misero bagaglio, ci vestiamo da motociclisti e scendendo per la colazione approfittiamo per portare le cose che vanno riposte nelle valigie.
Bella giornata, molto sole, ma un freddo boia!
La colazione non è pantagruelica, il giusto per poter affrontare la giornata.
Saliamo di nuovo in camera, prendiamo il resto delle cose, giacche e caschi, e scendiamo.
Paghiamo il conto della locanda, quota standard Babbaluca, e ci avviciniamo alle moto.
La sera precedente ci avevano detto che durante la notte avrebbe nevicato, in montagna, ed infatti un’auto parcheggiata davanti alle moto è carica di neve!
Partiamo, dopo aver fatto scaldare un pò i motori; facciamo la strada per salire al Passo del Vestito, umida, viscida, nei tratti in ombra anche ghiacciata. Isola Santa, foto di rito, si prosegue.
Arriviamo al bivio di Arni che già abbiamo percorso un bel tratto di strada innevata e qui dobbiamo prendere la saggia decisione: non saliremo al passo, condizioni proibitive!
La strada, da quella parte, sale repentinamente e ciò che si vede è incompatibile con queste moto e queste gomme, pur se guidate da gente temeraria ma non incosciente!
Continuiamo sulla provinciale, che comunque è una strada montana di tutto rispetto, anch’essa carica di neve e ghiaccio ma giudichiamo fattibile l’impresa dato che non si inerpica in modo così imperioso. Le modo scodinzolano allegre, la velocità è tale da poter avanzare in salita agevolmente e senza strappi ma non eccessiva da poter diventare non gestibile.
Progressione costante ed armonica, si impostano le curve “di culo”, spingendo sulla sella ed una leggerissima, dolce intraversata consente di immettersi nella giusta traiettoria.
Impieghiamo poco più di un’ora per completare i trenta e passa chilometri che ci portano a svalicare; la galleria del Cipollaio è ostruita per metà da un albero caduto presumibilmente durante la notte.
Passiamo utilizzando la carreggiata opposta, con la dovuta prudenza; siamo fuori, si inizia a scendere, neve e ghiaccio ancora presenti ma si diradano man mano che la quota diminuisce.
Arriviamo in paese, dopo un bel tratto di strada sinuoso e caratterizzato da un panorama bucolico.
Un bar pasticceria, bella sosta con cappuccino e qualcosa di solido; al calduccio decidiamo quale percorso intraprendere per ritornare a casa.
Seguendo strade interne arriviamo a Lucca e da qui proseguiamo per Fucecchio e Siena. Arriviamo ad Arbia dopo centottantuno chilometri e tre ore e trenta no stop!
Altro bar, panino e via. Strada a dir poco spettacolare: Asciano ed oltre fino ad arrivare ad incrociare la Cassia, asfalto pulito ed asciutto, curve da GP, ottimo grip; il ritmo è ora baldanzoso, più che Garibaldino! La Cassia, proseguiamo ma ben presto ci troviamo alle prese con l’interruzione che ci fa deviare per Radicofani, dopo aver cercato invano strade alternative.
Giunti al bivio di Radicofani decidiamo di separarci: al Mister viene più comodo e veloce andare a prendere l’autostrada a Chiusi, io preferisco proseguire sulla Cassia, per Acquapendente e poi la deviazione che mi porterà di nuovo a Montalto di Castro. Qui il delirio di corsie alternate mi conduce sull’autostrada di Civitavecchia ed in breve sono a casa. Ma gli ultimi sessanta chilometri me li sono fatti di nuovo sotto l’acqua! Non mi sono neanche fermato ad indossare l’antipioggia per arrivare prima possibile. Io ed il Mister arriviamo alle rispettive magioni più o meno allo stesso orario, mossa vincente. Altri duecento trenta chilometri senza alcuna sosta, ed oggi sono stati quattrocentottanta.
Mi cambio nel box, sistemo la moto e rientro a casa, stanco, infreddolito ma decisamente felice.
Relegare il racconto della porcoddue ad un mero resoconto di itinerari ed orari è riduttivo.
Le difficoltà, la pioggia, il freddo, la neve, l’impresa non usuale di andare in moto in questi giorni e su questi percorsi richiedono degli ingredienti base: passione e complicità, cose che si possono condividere solo con gli amici più intimi, sinceri.
Allora la fredda cronistoria diventa un qualcosa di profondo, l’uscita in moto diventa occasione per fare introspezione. La pioggia fuori del casco aggiunge uno strato in più alla coltre che solitamente ed idealmente ci separa dal resto del mondo, che osserviamo non visti, ed in questi frangenti mi capita di dare risposte a domande che mi si ripropongono da tempo, in questo buio fitto riesco a fare luce.
Inoltre, la complicità rende speciali le amicizie; ricordo con tenerezza e gioia imprese in tenerà età e gli amici di quel tempo, perchè la complicità in quelle scorribande e malefatte da ragazzi è stato un marchio che ci ha contraddistinto ed unito. Oggi è ancora così, avere un amico complice per fare qualcosa fuori dagli schemi rende speciali la stessa amicizia e la situazione condivisa.
Da un punto di vista motociclistico, invece, posso dire che oggi come oggi cercare l’avventura come trenta o quaranta anni fa, per me, è improponibile, perchè di avventuroso, sconosciuto e misterioso è rimasto ben poco. I grandi viaggi in moto non si possono fare tutti i giorni e neanche una volta l’anno, forse una volta o due nella vita ed anche qui, fra organizzazioni, assistenze al seguito, trasferimenti in aereo ed alberghi, di avventuroso non c’è nulla.
Così la vera avventura è portare a compimento una impresa anche piccola, ma rispettando orari e percorsi programmati nonostante il meteo avverso, le strade interrotte e le difficoltà varie.
E senza dover discutere, andare in contrasto con l’amico o gli amici, ma ritrovarsi la sera a cena soddisfatti e sereni perchè insieme, con complicità, abbiamo alzato ancora una volta il livello tecnico, abbiamo accumulato altra esperienza ed abbiamo vissuto momenti speciali insieme.
Questa è la porcoddue!