21-22 novembre 2015 – I giorni del Porcoddue.

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Quella di quest’anno è stata la seconda edizione del Porcoddue.
Nome bizzarro per intitolare una uscita in moto, ma tutto ha un suo perchè.
E’ facile intuire che a novembre, essendo lontani sia dalle ultime vacanze che dalle prossime, il desiderio di fare qualcosa di importante in moto si unisca al desiderio di sfuggire alla routine quotidiana, che in questo periodo dell’anno ci ha oramai completamente fagocitati.
Superata la soglia di sopportazione, il desiderio diventa necessità e sgorga spontanea l’esclamazione “e porcoddue, mo basta!” . Un grido di angoscia e ribellione allo stesso tempo, che si concretizza in una uscita di due giorni senza stare a guardare il meteo, le convenienze, le convenzioni; l’unico motivo che ci spinge è il desiderio di andare, di passare del tempo insieme, noi e le moto.

Dopo aver aggiustato il tiro sulle date, e lo slittamento di un solo giorno non ha fatto altro che produrre ulteriore, positiva ansia da partenza, finalmente si va. MrSergio e Ulysse, avendo Freeblue rinunciato all’ultimo per comprensibili problematiche.
La volta precedente furono presenti MrSergio, Ulysse e Murdok; mmmmh, c’è del metodo in questa follia! Anzi, più che metodo come diceva il buon William, c’è una costante 🙂
L’appuntamento è dunque sabato mattina alle otto direttamente dopo Civitavecchia, laddove l’autostrada confluisce con l’Aurelia, al solito chiosco dei formaggi.
Io, che provengo dall’Aurelia, non riesco a raggiungere il sito, impedito da un dedalo di strade chiuse, nuove rotatorie, deviazioni e tratti incanalati. Stanno prolungando la strada veloce, si dice, fino a Grosseto e sono costretto a tirare dritto fino a Montalto; quattrocento metri prima del bivio c’è una area di servizio e mi fermo. Invio whatsup al mister, dopo aver provato invano a chiamare, ed aspetto, approfittando del bar per immettere ed espellere liquidi caldi.
MrSergio chiama, anche lui non riesce a fermarsi al punto prestabilito e così, ricevuta conferma sulla mia posizione, dopo non molto arriva.
Essendo entrambi in anticipo di circa mezz’ora sull’orario prestabilito, ci troviamo in perfetto orario nel ritardo causato dalla triste viabilità, e circa trenta chilometri più avanti… Cose da Babbaluci!
Si parte, proprio a Montalto di Castro avremmo, ed in effetti abbiamo, la deviazione del nostro itinerario dall’Aurelia alla Castrense. Qualche chilometro prima di Canino ci addentriamo nella Maremma Laziale: Manciano, Scansano e su, fino a Roselle; da qui, con un tratto di nove chilometri di superstrada, siamo a Montorsaio. Una sessantina di chilometri di curve si snodano fra campagna e sottobosco; il tracciato, veramente divertente anche se scivoloso, ci porta a Montieri. Durante questo tratto abbiamo indossato gli antipioggia; eravamo partiti asciutti ma il meteo ed il cielo concordavano: pioggia doveva essere e pioggia è! Il fatto non ci disturba, l’acqua di cielo è preventivata e caratterizza la porcoddue…
A Montieri ci fermiamo, un bar di paese molto accogliente e barista all’altezza della situazione ci accolgono! 🙂 Qualcosa di caldo; non sostiamo a lungo, presto si riparte e siamo di nuovo alle prese con curve e saliscendi su strada molto viscida. Il ritmo, pur con tutte le cautele del caso, è ottimo, e così ci beviamo, sempre sotto la pioggia, circa centottanta chilometri senza sosta alcuna.
Gli ultimi cinquanta chilometri sono stati sotto un diluvio universale, visibilità ridotta al minimo e per avere cognizione della strada, curve ed incroci, bisognava guardare il navigatore!
In queste condizioni è meglio non fermarsi, prima si arriva e meglio è, e così giungiamo a destinazione, Castelnuovo di Garfagnana, alle diciassette e trenta.
Parcheggiamo le moto davanti alla locanda e smontiamo di sella… sembriamo due lontre!
Prendiamo possesso della camera ma per non allagarla ci spogliamo nel corridoio, appendendo gli antipioggia ai termosifoni siti nello stesso corridoio e lasciamo qui anche gli stivali.
Lo strato sottostante è fortunatamente asciutto e possiamo continuare a spogliarci all’interno della camera. Trasferiamo poi, appendendole in bagno, le cose inzuppate ma in parte sgocciolate in corridoio; gli stivali trovano alloggio in un sembrafattapposta dietro la porta della camera. Bene, è l’agognato momento della doccia bollente!
In breve tempo siamo in condizioni di poter uscire, alla ricerca di un bar dove poter vedere la partita della Roma, che si rivelerà tutt’altro che entusiasmante. Consumiamo una quantità industriale di birre e stuzzichini vari durante i novanta minuti della partita e ci ritroviamo, alla fine, a pagare un conto irrisorio: otto euro a testa!
Torniamo alla locanda, sono le venti e trenta ed è il momento della cena… fame ne abbiamo poca, visto quello che abbiamo ingurgitato al bar, ma una cenetta ci sta tutta, se non altro per rinfrancare lo spirito in allegra compagnia. Il locale è grande, triste e vetusto; malgrado ciò ci troviamo in un ambiente familiare, gradevole e nonostante le cameriere siano ancora più tristi del locale… dopo cena andiamo in camera, la sgroppata in moto si fa sentire tutta: quattrocentoventi chilometri in condizioni non ideali, non facili; quasi tutto l’itinerario sotto l’acqua con l’aggravante finale del diluvio universale.
Infilati sotto le calde e confortevoli coperte, ambiente anche lui bello caldo grazie ai termosifoni accesi, guardiamo un pò di televisione scambiando due chiacchiere. Personalmente il sonno mi assale senza preavviso, anche al mister credo, perchè al mattino non ci ricordiamo neanche quali sono state le nostre ultime parole.

Domenica mattina, la notte è stata tranquilla, beata, un bel sonno ristoratore.
Alle sette e trenta cominciamo a ricomporre il misero bagaglio, ci vestiamo da motociclisti e scendendo per la colazione approfittiamo per portare le cose che vanno riposte nelle valigie.
Bella giornata, molto sole, ma un freddo boia!
La colazione non è pantagruelica, il giusto per poter affrontare la giornata.
Saliamo di nuovo in camera, prendiamo il resto delle cose, giacche e caschi, e scendiamo.
Paghiamo il conto della locanda, quota standard Babbaluca, e ci avviciniamo alle moto.
La sera precedente ci avevano detto che durante la notte avrebbe nevicato, in montagna, ed infatti un’auto parcheggiata davanti alle moto è carica di neve!
Partiamo, dopo aver fatto scaldare un pò i motori; facciamo la strada per salire al Passo del Vestito, umida, viscida, nei tratti in ombra anche ghiacciata. Isola Santa, foto di rito, si prosegue.
Arriviamo al bivio di Arni che già abbiamo percorso un bel tratto di strada innevata e qui dobbiamo prendere la saggia decisione: non saliremo al passo, condizioni proibitive!
La strada, da quella parte, sale repentinamente e ciò che si vede è incompatibile con queste moto e queste gomme, pur se guidate da gente temeraria ma non incosciente!
Continuiamo sulla provinciale, che comunque è una strada montana di tutto rispetto, anch’essa carica di neve e ghiaccio ma giudichiamo fattibile l’impresa dato che non si inerpica in modo così imperioso. Le modo scodinzolano allegre, la velocità è tale da poter avanzare in salita agevolmente e senza strappi ma non eccessiva da poter diventare non gestibile.
Progressione costante ed armonica, si impostano le curve “di culo”, spingendo sulla sella ed una leggerissima, dolce intraversata consente di immettersi nella giusta traiettoria.
Impieghiamo poco più di un’ora per completare i trenta e passa chilometri che ci portano a svalicare; la galleria del Cipollaio è ostruita per metà da un albero caduto presumibilmente durante la notte.
Passiamo utilizzando la carreggiata opposta,  con la dovuta prudenza; siamo fuori, si inizia a scendere, neve e ghiaccio ancora presenti ma si diradano man mano che la quota diminuisce.
Arriviamo in paese, dopo un bel tratto di strada sinuoso e caratterizzato da un panorama bucolico.
Un bar pasticceria, bella sosta con cappuccino e qualcosa di solido; al calduccio decidiamo quale percorso intraprendere per ritornare a casa.
Seguendo strade interne arriviamo a Lucca e da qui proseguiamo per Fucecchio e Siena. Arriviamo ad Arbia dopo centottantuno chilometri e tre ore e trenta no stop!
Altro bar, panino e via. Strada a dir poco spettacolare: Asciano ed oltre fino ad arrivare ad incrociare la Cassia, asfalto pulito ed asciutto, curve da GP, ottimo grip; il ritmo è ora baldanzoso, più che Garibaldino! La Cassia, proseguiamo ma ben presto ci troviamo alle prese con l’interruzione che ci fa deviare per Radicofani, dopo aver cercato invano strade alternative.
Giunti al bivio di Radicofani decidiamo di separarci: al Mister viene più comodo e veloce andare a prendere l’autostrada a Chiusi, io preferisco proseguire sulla Cassia, per Acquapendente e poi la deviazione che mi porterà di nuovo a Montalto di Castro. Qui il delirio di corsie alternate mi conduce sull’autostrada di Civitavecchia ed in breve sono a casa. Ma gli ultimi sessanta chilometri me li sono fatti di nuovo sotto l’acqua! Non mi sono neanche fermato ad indossare l’antipioggia per arrivare prima possibile. Io ed il Mister arriviamo alle rispettive magioni più o meno allo stesso orario, mossa vincente. Altri duecento trenta chilometri senza alcuna sosta, ed oggi sono stati quattrocentottanta.
Mi cambio nel box, sistemo la moto e rientro a casa, stanco, infreddolito ma decisamente felice.

Relegare il racconto della porcoddue ad un mero resoconto di itinerari ed orari è riduttivo.
Le difficoltà, la pioggia, il freddo, la neve, l’impresa non usuale di andare in moto in questi giorni e su questi percorsi richiedono degli ingredienti base: passione e complicità, cose che si possono condividere solo con gli amici più intimi, sinceri.
Allora la fredda cronistoria diventa un qualcosa di profondo, l’uscita in moto diventa occasione per fare introspezione. La pioggia fuori del casco aggiunge uno strato in più alla coltre che solitamente ed idealmente ci separa dal resto del mondo, che osserviamo non visti, ed in questi frangenti mi capita di dare risposte a domande che mi si ripropongono da tempo, in questo buio fitto riesco a fare luce.
Inoltre, la complicità rende speciali le amicizie; ricordo con tenerezza e gioia imprese in tenerà età e gli amici di quel tempo, perchè la complicità in quelle scorribande e malefatte da ragazzi è stato un marchio che ci ha contraddistinto ed unito. Oggi è ancora così, avere un amico complice per fare qualcosa fuori dagli schemi rende speciali la stessa amicizia e la situazione condivisa.
Da un punto di vista motociclistico, invece, posso dire che oggi come oggi cercare l’avventura come trenta o quaranta anni fa, per me, è improponibile, perchè di avventuroso, sconosciuto e misterioso è rimasto ben poco. I grandi viaggi in moto non si possono fare tutti i giorni e neanche una volta l’anno, forse una volta o due nella vita ed anche qui, fra organizzazioni, assistenze al seguito, trasferimenti in aereo ed alberghi, di avventuroso non c’è nulla.
Così la vera avventura è portare a compimento una impresa anche piccola, ma rispettando orari e percorsi programmati nonostante il meteo avverso, le strade interrotte e le difficoltà varie.
E senza dover discutere, andare in contrasto con l’amico o gli amici, ma ritrovarsi la sera a cena soddisfatti e sereni perchè insieme, con complicità, abbiamo alzato ancora una volta il livello tecnico, abbiamo accumulato altra esperienza ed abbiamo vissuto momenti speciali insieme.
Questa è la porcoddue!

17-18 ottobre 2015 – disavventura ma non troppo

LE FOTO

Abbiamo seguito gli sbalzi di umore del meteo tutta la settimana.
Abbiamo cambiato destinazione, dall’Umbria al Molise, proprio per assecondare i capricci del tempo atmosferico.
Ma non è servito a nulla… quando la sfiga è determinata a colpirti, gli sforzi nell’organizzare un evento in modo che tutto fili liscio risultano perfettamente inutili.
Prima di mettermi a redigere questo report ero molto combattuto, assalito da forti dubbi: pubblicare il resoconto di una uscita che ha vissuto momenti drammatici oppure no?
Ho deciso per il si, dandomi queste motivazioni:
– stiamo scrivendo la storia del nostro gruppo e questa è stata una pagina importante.
– le disavventure fanno comunque parte della storia, dei ricordi, è giusto che un domani possiamo rileggere anche queste pagine; è vita vissuta in prima persona, sono spunti di riflessione ed introspezione che con una chiave di lettura postuma possono farci comprendere il nostro comportamento in un determinato scenario, farci rilevare eventuali errori che possiamo aver commesso ed anche quanto di positivo possiamo aver fatto nella situazione contingente.
– poter scrivere che nella sfiga siamo stati comunque in grado di rientrare con i nostri mezzi, con le nostre forze, senza dover lasciare moto o persone ricoverate le une in un garage e le altre in un ospedale è comunque un lieto fine, evidenzia l’esperienza e la saggezza dei Babbaluci e soprattutto la coesione di questo gruppo.

Mettiamo dunque fine alla suspense e raccontiamo i fatti concreti in ordine cronologico…
Ci si vede il sabato mattina a Trastevere, ore otto al bar-pasticceria da Checco er Carettiere.
Io e Lucilla arriviamo un pò prima, nel mentre MrSergio ci avvisa che la sua moto ha la batteria morta e che è fermo non molto distante. Riesce a ripartire avviando la moto con l’ausilio dei cavi e della moto di Daniela.
Arrivano tutti, ovvero la coppia Freeblue-Annina e i due sopracitati, sontuosa colazione.
Il rione a quest’ora del mattino è semi deserto, per un verso affascinante, rivelando i suoi angoli e vicoli tipici in genere nascosti dalla massa di pecoroni che frequentano questi luoghi. Per un altro verso è deprimente: proprio i suddetti pecoroni la notte precedente hanno lasciato sui sacri sampietrini ogni genere di schifezze…
Dopo la colazione si parte, rapida traversata di Roma, Via dei Cerchi, Porta San Sebastiano ed infine l’Appia, strada maestra di Roma Antica. Percorrere questo tratto è un tuffo nella storia!
In breve siamo sull’Appia moderna, nulla a che vedere ma i resti di antichi acquedotti ne rivelano comunque il glorioso passato.
Saliamo a Velletri costeggiando il lago di Albano, chioschi di porchetta già attivi nei punti panoramici! Dopo Velletri, trotterellando, passiamo Lariano ed Artena e, giunti infine a Colleferro, imbocchiamo decisi la Carpinetana. Fondo stradale buono, temperatura non troppo rigida, percorrenza piacevole sulle numerose curve, bello guidare fra rocce che incombono sull’asfalto alternate ad aperture panoramiche con prati e boschi al limitare dell’asfalto.
Priverno e Prossedi sono la logica conseguenza della Carpinetana; ci fermiamo ad un bar e… sorpresa! Incontriamo un folto gruppo di motociclisti fra i quali notiamo vecchie conoscenze.
Chiacchiere, caffè e si riparte.
La nostra prima destinazione è il porto di Formia, dove incontreremo Pino-Giuseppe.
Ma ecco che a meno di tre chilometri al punto X succede il fattaccio, il primo della giornata: senza dilungarmi in inutili dettagli riporto che MrSergio nulla può contro una automobile che, improvvisamente e nonostante la striscia continua che lo vieterebbe, effettua una svolta a sinistra trascinandoselo dietro. Moto a terra! Io che lo seguivo metto subito di traverso la mia moto nella carreggiata opposta, bloccando il flusso delle auto. Gli altri fermano il traffico sulla corsia di marcia. Momenti di angoscia quelli in cui il Mister è a terra, sotto la moto!
Ma poi fortunatamente si riprende dallo shock, non del tutto; dopo esserci assicurati che non avesse nulla di rotto lo rialziamo; qualche ovvio dolore. Per fortuna il generoso paramotore e la voluminosa valigia laterale hanno formato una sorta di ponte che ha impedito alla moto di schiacciarlo.
In breve: ambulanza che lo porta al pronto soccorso, seguito in moto da Daniela. Vigili che arrivano e fanno foto, rilevamenti ecc. Meno male che l’automobilista si accolla subito la colpa, preoccupatissimo e molto onesto, che dovrebbe essere la normalità ma invece c’è da ringraziarlo per tale anomalo comportamento.
Nel frattempo Freeblue avvisa Pino, che essendo già al porto arriva in pochi minuti.
Facciamo il punto della situazione, ci organizziamo: lo stesso Pino e Freeblue portano Annina e Lucilla al porto, inutile farle restare in mezzo alla strada, meglio che si riposino e si riprendano sedute al bar. Pino e Freeblue torneranno poi entrambi in sella alla GS di Pino, dato che ci sarà da portare via la moto di MrSergio. Finalmente i vigili terminano di compilare i verbali e di prendere le dichiarazioni; non abbiamo tutti i documenti in quanto il Mister li aveva addosso quando è stato portato via dall’ambulanza. Vogliono sequestrare la moto ma facciamo opera di convincimento e Freeblue si accolla la funzione di “custode e responsabile”. Finalmente ce ne possiamo andare.
In tutto questo lasso di tempo eravamo in comunicazione con Daniela, che ci dava notizie rassicuranti dal pronto soccorso. Arriviamo al porto, la Capitaneria gentilmente ci consente di ricoverare la moto nel parcheggio riservato. Attendiamo notizie da Daniela, alla fine arriviamo in ospedale che sono quasi le quattro del pomeriggio, l’incidente è avvenuto prima delle tredici…
Rapido consulto su cosa fare, ma è ovvio che o si continua tutti insieme o tutti insieme si torna a casa, come è nostra sacrosanta abitudine. Il consulto vive momenti di tensione dato il nervosismo e l’apprensione di qualcuno, peraltro più che comprensibile data la situazione e le responsabilità prese. Poi viene la soluzione, logica, ideale: la ADV di MrSergio resterà al parcheggio della Capitaneria, lui proseguirà l’itinerario facendo da zavorrina  a Pino 🙂
Il bagaglio del Mister, essenziale, lo assicuro sul portapacchi della mia moto, che faceva una inutile bella mostra di se stesso essendo scarico.
Ci mettiamo in marcia, la destinazione, da Venafro in poi, non consente itinerari alternativi; il percorso montano è tutta una curva per centoquaranta interminabili chilometri, che ci beviamo tutti di un fiato dopo aver fatto una sola sosta al distributore. Dovremmo arrivare comunque per le sette e trenta, margine ne abbiamo grazie a percorsi e percorrenze studiati nei minimi dettagli.
Si fa buio presto e pesto; queste strade sono sprovviste di illuminazione ma i potenti fari delle moto in fila indiana illuminano a giorno la strada. Si sale, svalichiamo a milleccinquecento metri, fa freddino. Mancano una manciata di chilometri all’arrivo, forse cinque o sei. Galleria, corta ed è una curva unica dall’entrata all’uscita.
Ma in uscita la strada è cosparsa di uno strato consistente di fango viscido che più non si può, probabilmente è venuto giù dalla montagna perchè è veramente tanto.
Appena messe le ruote fuori una poderosa sbandata dell’avantreno mi gira il manubrio sulla destra… ho perso l’anteriore. Tecnica e culo lavorano in perfetta sinergia; evito di toccare i freni, con una rapida botta di controsterzo e gas la moto derapa sulle due ruote, procedendo di lato.
Poi riprende grip e il peggio è passato. Il tutto ovviamente è accaduto in una frazione di secondo. Dietro di me esce Daniela, anche lei devota al fuoristrada, e riesce a cavarsela con una scodata gestita nel miglior modo possibile.
Dopo essermi allontanato dall’uscita del tunnel per evitare di creare ostacolo ai compagni, ho rallentato, sono quasi fermo perchè sono in ansia, vorrei vedere uscire tutti dritti dalla galleria ma il lampeggiare ed il clackson di Daniela non sono forieri di buone notizie.
Torniamo indietro: Freeblue, che oltre a trovarsi come noi nella melma si era anche trovato in una nuvola di terra e fango alzati dalle moto mia e di Daniela, è andato a terra. Cazzo e stracazzo!
Pino e Mr si sono salvati perchè, inteso il botto da dentro la galleria, sono riusciti a raddrizzare la moto e fermarsi in qualche modo.
E’ buio pesto, si scivola molto e quasi non riusciamo a rimettere in piedi la moto di Freeblue. Lui e Annina sono contusi, ma sembra che anche per loro non ci siano conseguenze gravi. Le nostre moto tutte con le quattro frecce accese fanno da scudo ed infatti un’auto che sopraggiungeva ha rallentato e si è fermata. Raccogliamo in fretta i cocci, con Annina che illumina faccio una rapida verifica: dischi e pinze freni ok, leve al manubrio (storto) ok; leva cambio e freno posteriore ok, le marce entrano… si può proseguire.
Presto, rapidi che siamo messi in un punto molto pericoloso… davanti a noi c’è un breve rettilineo ma l’uscita della galleria, come già detto, è in piena curva.
E’ anche difficile risalire in moto, si scivola parecchio, gli stivali sono pieni di fango.
Qualche chilometro e siamo a destinazione; quattro ore di fermo a Formia, due incidenti e comunque alle otto siamo alla nostra locanda. Roba da Babbaluci!
Prendiamo le stanze, il paese e la locanda sono veramente belli e caratteristici. Quando avevo prenotato mi ero informato con la signora: non ci sono ristoranti o pizzerie in paese; il più vicino è un ristorante che gestiscono loro, a circa due chilometri. Espressa la mia volontà di non prendere le moto per andare a cena, la signora mi aveva detto che poteva darci un furgoncino oppure ci potevano accompagnare loro e così è stato. Dopo una rapida ma confortevole doccia bollente, con due auto ci portano al ristorante.
Rustico, gradevole e nonostante la lentezza della cucina riusciamo a gustare un’ottima cena.
L’atmosfera, ora, è rilassata anche se pervasa da un leggero retrogusto amarognolo per quanto accaduto durante la giornata; ma si ride, si scherza come al solito; Annina è encomiabile ed invidiabile per lo spirito con cui sta affrontando la malasorte che l’ha sbattuta a terra ed il dolore al braccio.
Dopo aver pagato un misero conto ci riaccompagnano alla locanda e possiamo dire conclusa questa giornata che, nonostante tutto, mi viene difficile definire di merda, perché sono portato per carattere a cogliere sempre i lati positivi: nessuno si è fatto male seriamente, le moto sono in grado di viaggiare e tornare a casa sulle proprie rotelle, il gruppo che non si è disunito. Certo, dispiace vedere amici doloranti ed afflitti per i danni alle proprie moto, ma bisogna considerare anche che abbiamo sulle spalle anni di gite, viaggi e migliaia di chilometri percorsi insieme; è inevitabile che, pur avendo un basso coefficiente di rischio dato il nostro comportamento in strada, siamo comunque soggetti al calcolo percentuale che vuole che ogni tanto qualcosa capiti, anche se non siamo noi la causa diretta di tali avvenimenti; le colpe di quanto accaduto sono di un automobilista imprudente e distratto e di una specie di slavina di fango. C’è da dire in entrambi i casi non stavamo correndo, specie nel secondo nonostante il ritardo; il passo era buono, sostenuto, malgrado il buio e la strada non certo facile, ma nulla di esagerato e se così non fosse stato, nei due incidenti avremmo riportato danni molto più seri.

La domenica mattina, presto, ci ritroviamo in strada io e Freeblue; facciamo un check approfondito alla sua moto, puliamo più che altro dal fango accumulato, sistemiamo lo specchietto, una freccia… danni seri non ce ne sono. Poi ci riuniamo con gli altri per la colazione. Una colazione gradevole per il palato e per l’atmosfera.
Oggi non ci sarà storia che meriti di essere raccontata, un mero trasferimento verso casa. Con Pino ci salutiamo perché da subito prenderà una strada diretta per raggiungere la sua casa. Carico nuovamente il bagaglio di MrSergio sulla mia moto e stavolta anche quello di Daniela in quanto i due viaggeranno sulla di lei moto.
Si torna a Formia, Mister riprende la ADV e tutti insieme ci dirigiamo verso Gaeta e poi Sant’Agostino.
Qui, data l’ora, ci fermiamo per un pranzetto a base di tielle: con la scarola, con friarielli e salsiccia, con polpo; poi ancora olive, mozzarelle di bufala, pomodori, melanzane grigliate… di tutto un po’.
Si riparte, strada veloce; dopo Terracina prendiamo l’Appia e, giunti a Latina, ci immettiamo sulla Pontina. Un po’ di traffico ma scorrevole; in breve siamo alle porte di Roma ed ognuno prende il proprio ultimo miglio per raggiungere casa. Freeblue ha urgenza di portare Annina al pronto soccorso per il persistere del dolore al braccio: frattura del gomito, diagnosticheranno.
A lei tutto il nostro plauso e la nostra ammirazione per l’atteggiamento positivo.
Siamo orgogliosi di avere persone così nei Babbaluci.

Alla prossima, amici!

27-28 settembre 2015 – Sarteano

Anche questo mese siamo riusciti a concederci una due giorni in moto…
Mi sarebbe piaciuto, in occasione di due eventi concomitanti, il mio compleanno e la prima uscita con la mia nuova moto, che ci fosse stato qualche personaggio in più e soprattutto MrSergio che a tutti gli effetti è stato colui che ha valutato e contrattato l’acquisto della moto in mia vece, facendosi due viaggi alla Motorrad mentre io ero impegnato al lavoro. Grazie ancora!
Veniamo al dunque… In questa uscita abbiamo avuto il piacere della presenza di Jack che, rientrato da Londra, il venerdi sera si è fatto una trasferta in moto da Fabriano a casa mia e di Rob arrivando alle 22:30. Motociclista d’altri tempi, anche lui come la maggior parte dei Babbaluci.
Sistemata la moto di Jack nel box, che così ha avuto modo di fare amicizia con Karolina Silke la quale non conosceva nessuna delle moto babbaluche, saliamo in casa e ci lasciamo andare a racconti per colmare il lungo periodo di lontananza.
La mattina successiva, sabato, ci svegliamo presto ed in breve siamo pronti per uscire; al box il solito rituale della vestizione; finalmente i motori rombano e via, ci troviamo sull’Aurelia per raggiungere il luogo dell’incontro.
Arriviamo, come consuetudine, perfettamente in orario sulla mezz’oretta di anticipo e poco dopo arrivano anche Freeblue e Annina.
Possiamo fare colazione… Qualche cazzata, le moto sono già rifornite e si parte davvero, la gita è ufficialmente iniziata; il percorso disegnato da Freeblue ci fa uscire subito dal GRA, siamo sulla Trionfale.
La Cassia, in questo tratto SR2, ci conduce sulla Braccianese Claudia: Bracciano, ovviamente, poi il percorso ci porta a lambire le sponde del lago di Vico, passiamo San Martino al Cimino, Viterbo ed infine, con un percorso veramente da goduria in moto, arriviamo a Bolsena.
Magnamosela ‘na cosetta!
Sosta in piazza, la simpatica vigilessa ci consente un parcheggio comodo ma non regolare, anche se le moto non procurano affatto intralci; ci sediamo ai tavoli all’aperto e fra caffè, bibite e qualche trancio di pizza preso direttamente al forno siamo in grado di ripartire con uno stato d’animo e di panza predisposti al meglio.
San Lorenzo Nuovo, Acquapendente, Ponte a Rigo e qui, decisi, lasciamo la Cassia per raggiungere Piancastagnaio.
Bella sia per l’ambiente che per la guida la strada che, salendo, ci porta fino all’Amiata.
Il clima cambia, la temperatura si abbassa decisamente; gli ultimi chilometri sono in mezzo alle nuvole, ci fermiamo sul piazzale della seggiovia, parcheggiamo le moto ed entriamo nell’accogliente baita bar/albergo. L’ora c’è, la fame non manca mai e dunque in breve ci troviamo seduti al tavolo, le femminucce accanto alla stufa accesa…
Panini rustici, con pancetta et similia, biscotti offerti dal gestore; due chiacchiere in tutta rilassatezza ed arriva il momento di ripartire, sono da poco passate le due di dopopranzo…
Lasciamo l’Amiata e nel primo tratto, ancora nella fitta faggeta, abbiamo modo di vedere due leprotti belli in carne infrascarsi precipitosamente… epperò erano ancora crudi! Scendiamo, dunque, ma non verso la Cassia, bensì verso Montalcino, poi San Quirico d’Orcia e adesso sì, ci troviamo a percorrere un breve tratto della Cassia direzione Roma. Prima di arrivare a Bagno Vignoni, però, imbocchiamo la strada che sale per Radicofani, che lasciamo scorrere alla nostra destra proseguendo per Sarteano, meta della nostra gita.
Prima di arrivare in albergo riforniamo le moto e con grande piacere posso constatare i parchi consumi della mia moto.
Entriamo nel piazzale dell’albergo, pochi minuti per prendere possesso delle camere; dopo la sacrosanta doccia e indossati abiti civili, ci ritroviamo nel giardino dell’albergo. Portiamo le moto nel garage e poco dopo siamo intorno ad un tavolo, su comodi divani e poltrone sotto gli alberi, a gustarci prosecco -Jack no che essendo analcolico preferisce altro- parmigiano, noccioline e salatini.
Beh, questo l’ho interpretato come bagno alla mia nuova moto.
Mentre siamo in siffatte pratiche indaffarati non possiamo non notare i preparativi per il ricevimento di un matrimonio; qualcosa non ci quadra negli allestimenti e nelle mise dei primi arrivati… ci spiegano che è un matrimonio rumeno.
Molti accessori rossi sia per gli uomini che per le donne, sarà una loro usanza… parecchie donne sono vestite con abiti di un verde acceso, varie fogge ma stessa tonalità per tutte.
Auto anche nuove, in prevalenza Audi e BMW, ma “acchittate” in modo pacchiano, che forse forse riportano ai nostri anni settanta.
Sapremo poi dal personale dell’albergo che non c’è stata cena ma un ballo continuo fino alle tre e mezza di notte, ovviamente ed abbondantemente inframmezzato da pause sigarette e poppate ai biberon di whisky, vodka ed altro. La musica, di chiara derivazione arabo-turca, è stata una vera tortura! Performance live, tutti i pezzi erano caratterizzati dallo stesso ritmo binario, dalla stessa velocità e, se non bastasse, dalla stessa tonalità! Non esisteva melodia, al ritmo base si sovrapponevano assoli di tastiera, con un timbro che ricordava le vecchie pianole Bontempi, e sassofono; ma le scale -modo misolidio- erano sempre le stesse e con abbondanza di cromatismi, con il risultato di un continuo ronzio, una specie di moscone impazzito. Scale molto veloci, per carità, ed anche ben eseguite ma una bella pippa resta pur sempre una pippa…
Ci hanno deliziato con qualche brano cantato, scopiazzature di Cutugno e pezzi della vena neo-melodica partenopea. Un pianto, insomma.
Finalmente la cena, argomento che per fortuna ha avuto un degno sviluppo.
L’antipasto di crostini, sinceramente, mi aveva un pò preoccupato ed invece il menu riservava gradevolissime sorprese: pici, che personalmente mi sono fatto condire con il sugo dell’arrabbiata; gnocchi, ribollita; coscio di maiale -non quelle che ballavano- con funghi porcini, abbacchio e via dicendo. Il vino non ci ha esaltato ma non ci ha neanche deluso. Alla fine, con mia sorpresa, è magicamente apparso un Berlucchi con tanto di Profitterol al seguito. Una sola candelina, altrimenti le sessanta e dico SE SSA NTA candeline avrebbero appiccato il fuoco alle tende!
Molto carini i tovaglioli con una specie di limite di velocità a 60 all’ora.
Grazie, amici… mi sono commosso!
Arriviamo così al momento di andare a nanna; meno male che eravamo al terzo piano e fortunatamente c’era una bella e pesante porta taglia fuoco che una volta chiusa ha di molto attutito il maiala dance! Svegliatomi alle tre di notte sentivo ancora pompare il pippero!

La mattina seguente, domenica, ci vediamo alle otto e mezza per la colazione. In attesa delle signore provvediamo intanto a tirare fuori le moto da garage, caricare i bagagli e settare i navigatori sul percorso concordato: R2!
Durante la colazione ci raggiunge Walter, amico di Freeblue, partito la mattina presto da Ladispoli.
Si scalda con un cappuccino insieme a noi e poco dopo siamo in strada.
L’itinerario si snoda fra dolci colline, sinuosi saliscendi di puro divertimento. Chiusi, Città della Pieve che attraversiamo con me in coda al gruppetto, memore di tristi accadimenti 🙂 e poi per vie alternative arriviamo sotto Todi; naturalmente imbocchiamo decisi ed allegri la Millecurve verso Orvieto. Jack sfoga la sua crisi di astinenza aggredendo le curve da vero Teddy Boy, ma sempre in piena sicurezza. Baschi; qui ci fermiamo per un panino ma al bar hanno solo panini confezionati. Io, Freeblue e Jack ne avevamo già fatti mettere a scaldare uno ciascuno, pazienza! Paghiamo, usciamo e riprendiamo le moto; nel frattempo una processione fa il suo giro di boa proprio al bar e se ne ritorna da dove era venuta… che tristezza, già le processioni mi deprimono, vederne con così scarsa partecipazione, la banda asincrona ed i pochi vessilli alzati ne fanno una scena da film di Pasolini. Brrr…
Riprendiamo le moto, torniamo un pò indietro per salire ad Orvieto. Parcheggiamo nella piazza del Duomo, dopo un primo tentativo andato a vuoto troviamo al corso un posticino con tavoli all’aperto. Panini con salumi, porchetta e via dicendo. Ottimi, siamo stati fortunati, ma d’altronde chi gira lecca e chi sta fermo se secca!
Un buon caffè al bar e andiamo a riprendere le moto; tornando indietro incontro anche una persona alla quale avevo sistemato e modificato un paio di bassi elettrici… come è piccolo il mondo!
Saliti in sella ritorniamo anche noi da dove eravamo venuti, come la processione. Riprendiamo il percorso ed in breve, sempre seguendo strade molto guidate e belle, arriviamo a Orte paese. Qui ci salutiamo: Jack verso Fabriano, Freeblue e Annina vanno a prendere l’autostrada per Roma, io, Lucilla e Walter proseguiamo sulla Ortana verso Viterbo ma a metà strada deviamo per Soriano nel Cimino. Scendiamo al lago di Vico e ripercorriamo al contrario il tratto fatto all’andata, con la variante che arrivati a Manziana lasciamo la Braccianese Claudia e, passato Sasso, scendiamo sull’Aurelia.
Siamo arrivati! a casa ci scambiamo messaggi con gli altri, ognuno per confermare il proprio arrivo a casa.
Anche questa è andata; la moto ha avuto una degna inaugurazione ed io un festeggiamento del compleanno veramente commovente.
Durante il tragitto del ritorno, in tratti dove si guidava rilassati ed a velocità da passeggio, pensavo al nostro gruppo, a come si è modificato negli anni sia nelle modalità che negli stessi membri. Qualcuno se ne è andato strada facendo, molto pochi i rimpiazzi ma di qualità.
Forse abbiamo perso un pò il carattere Garibaldino di certe zingarate, la guida è sicuramente più tranquilla anche se non mancano momenti di in cui gli occhi diventano a fessura e le narici fumano… Ma ciò che è più evidente è la configurazione del gruppo. Oramai se arriviamo a 5 moto in una uscita è record; non che mi dispiaccia, registro solo il dato di fatto.
Coloro che sono rimasti hanno mantenuto integro lo spirito di gruppo, la filosofia motociclistica e di vita dei Babbaluci.
Gli altri, evidentemente, Babbaluci veri non lo sono mai stati e forse non è un caso che, in un modo o nell’altro abbiano abbandonato il gruppo. Una sorta di selezione se non naturale sicuramente inevitabile.
Riflessioni di un sessantenne nell’intimità del casco in una calda giornata autunnale… Wertmuller la intitolerebbe così.

Ah, nel corso del ristoro a Monte Amiata le menti bacate di Annina e Ulysse hanno partorito il “magnamosela ‘na cosetta tour”.
Siete avvisati!!!

Alla prossima, amici!</span></p>

11-12 agosto 2015 – Majella

LE FOTO

Ci siamo regalati una uscita infrasettimanale…
Il sondaggio fra gli amici del gruppo aveva rilevato che, oltre me, l’unico ad avere disponibilità per questa uscita era MrSergio.
In settimana avevamo ipotizzato un paio di mete ed alla fine si era deciso per la Majella -che non è una imprecazione- dedicandoci poi agli itinerari ed alla ricerca del posticino per passare la notte. Tutto pronto, non ci resta che andare… il lunedì viene giù acqua che sembra il diluvio universale; per martedi le previsioni meteo dicono che ci sarà ancora pioggia, ma per noi è un dato puramente statistico, siamo noi che decidiamo quando andare e non ci lasciamo condizionare dalle stagioni, dai capricci del meteo, dagli orari o altre simili sciocchezze. Se si deve andare in moto si va, punto. E basta, aggiungo.
Ci vediamo dunque alle sette di martedi mattina presso un’area di servizio sul Gra; sono in ritardo di mezz’ora, nel senso che arrivando quasi sempre mezz’ora in anticipo, questa volta presentandomi alle sette in punto mi trovo in ritardo sull’anticipo. S’è capito?
MrSergio è infatti già lì, in ansia, e sento squillare il telefono mentre entro nel piazzale: è lui!
Facciamo colazione ed una volta fuori restiamo a parlare quasi un’ora. Di cosa? mmmmh, al momento è ancora top secret!
Si parte, sono le otto; piccola tiratina sul raccordo ed usciamo sulla Anagnina.
Trotterelliamo allegri fino ad arrivare ad Artena, sempre splendido il colpo d’occhio sul paese arroccato là in alto.
Arrivare a Colleferro e ritrovarci sulla Carpinetana è un attimo; Montelanico, Carpineto Romano, passiamo sotto Maenza e poi serpeggiamo fra Pisterzo, Amaseno, Arce, Fontana Liri ed infine ci fermiamo a Isola del Liri.
Parcheggiamo le moto, bar per un rinfresco e poi a piedi andiamo a fotografare la cascata. Una mezz’ora di sosta, tempo ne abbiamo.
Ci rimettiamo in marcia, Sora e poi veloci verso Forca d’Acero. Il tempo fino ad ora ha retto, ma là in alto i monti sono avvolti da un hijab più o meno integrale; gocce d’acqua si materializzano sul cupolino e sulla visiera. Come era facile immaginare, qualche tornante prima del valico la pioggia si fa più consistente ed arrivati ai chioschi sul passo ci fermiamo per indossare gli antipioggia. Ma non restiamo li a perdere tempo aspettando che spiova, non è cosa.
Scendiamo dal passo, la centralina che abbiamo nella scatola cranica si è già auto settata su modalità RAIN, adottando l’adeguata mappatura.
Il passo non è lento, ma cambia il modo di frenare, di entrare ed uscire dalle curve, di piegare la moto.
L’esperienza rende automatici questi adattamenti, ed è quello che ci ha sempre consentito di uscire con qualunque tempo, su qualunque terreno.
Arriviamo ad Opi o, meglio, sotto Opi poi, in rapida successione, passiamo Villetta Barrea, il lago, Barrea, Alfedena e ci ritroviamo sulla SS17, (s)conosciuta anche come Appulo-Sannitica.
Distributore, abbevero la moto mentre una signo…ra? ina? alquanto rustica e rotondetta fa le fusa a MrSergio (<em>nzò capace, che m’aiutiii?</em>), che infatti la aiuta a fare rifornimento dal self service; self si fa per dire, era un Se..rgio Service. La pallocca, felice e rifornita, ringrazia e se ne va. Ce ne andiamo anche noi, nel frattempo la pioggia è diminuita, è diventata fine e quasi non la si percepisce. Roccaraso, Rivisondoli e siamo sulla mitica SS84. Scorre rapida la strada sotto le ruote, scorrono paesi dai nomi noti, che infilziamo ad andatura Garibaldina ma controllata ed infine arriviamo a Fara San Martino, in perfetto orario per lo spuntino.
E’ cosa ovvia e buona fermarci alla nostra stazione di posta; ci liberiamo degli ingombranti ed umidicci capi tecnici, in pochi minuti ci viene preparato un tavolo; nell’attesa ci gustiamo l’impresa di un giovane e molto furbo cagnetto che si sbafa quasi un pranzo intero lasciato su un tavolo all’aperto dai commensali che hanno abbandonato la postazione alle prime gocce d’acqua. Si, perchè nel frattempo l’acqua scende a scroscio, più forte che pria.
Prendiamo possesso del tavolo, mangiamo: un piccolo tagliere di salumi ed affettati locali, una carbonara, un gelatino. Naturalmente acqua minerale.
Ci attardiamo un pò,  nessuno ci corre dietro e mancano solo una cinquantina di chilometri a destinazione. Telefono al tizio della locanda e per poco non mi sfonda un timpano! Urla e neanche ti sta a sentire: snocciola rapido il suo discorso smozzicando le parole, non si capisce un’acca!
Va bene, comunque sa che siamo sulla strada e che presto arriveremo. Ripartiamo, ora non piove tanto ma appena le ruote iniziano a girare, ariecco l’acqua!
Il temporale è intenso ma per fortuna dura poco. Ci arrampichiamo su per la Majella: Palombaro, Pennapiedimonte, Bocca di Valle e l’ultimo strappo a Pretoro. Pochi tornanti prima di Passo Lanciano c’è la nostra locanda.
Parcheggiamo, una volta spente le moto regna il silenzio assoluto… ci viene da parlare sottovoce! Prendiamo le borse ed entriamo: una cattedrale deserta! Non un rumore, nessuna anima viva e neanche morta!
Ci sediamo, nella paziente attesa che qualcuno, uomo o animale, si materializzi nella navata…
Ma!? Da dietro una colonna spuntano un mezzo divano ed un mezzo uomo, non nel senso che è corto ma nel senso che gli si vedono solo i piedi e poca gamba… Ora il silenzio è rotto da un russare sordo e profondo, una specie di tromba tibetana con la sordina.
Facciamo piccoli rumori ed l’uomo si sveglia, palesandosi nella sua interezza… beh, in effetti non è che ciò che si celava dietro la colonna fosse molto, un mezzo uomo ma si rivela subito molto simpatico e gentile. E’ lui, l’urlatore telefonico!
Un gaffè, lo volete un gaffè? E senza attendere risposta va dietro al bancone del bar e comincia ad armeggiare…
Va bene. Ci lascia li e sale a verificare la camera, scende, prende i documenti e ci da la chiave. Ma è inutile tentare di instaurare un discorso, parte per la tangente e sciorina rapidamente le cose che ci deve dire.
Ci sistemiamo in camera, doccia e poi scendiamo; questo è il momento del relax, che sempre affrontiamo come un sacro rituale: pochi o tanti che siamo, ci ritroviamo attorno ad un tavolo per un aperitivo, generalmente birra e patatine, e per quattro chiacchiere. Un simpatico cagnone ci porta un bastone ed inizia il gioco del lancio e riporto; conosciamo anche il cameriere tuttofare che ci porta la birra, simpatico e gentile anche lui come la stragrande maggioranza degli Abruzzesi. Poi arriva il gestore, con notes e penna, che ci voglia intervistare? Invece ci raccomanda che si cena alle otto e prende già l’ordinazione, elencandoci prima le proposte della cucina. Decidiamo rapidamente, ma ci blocchiamo sui contorni; diceeee: “<em>c’è l’inzalata, il pomodoro, le verdure, forse c’è anghe altro ma non zono sicuro… vabbè, il condorno lo vediamo dopo, si cena alle otto.</em>” E se ne va, ma in quei pochi passi che deve fare per raggiungere la porta d’ingresso riesce a girarsi tre volte per dirci che si cena alle otto, c’è il pomodoro mavabbè il contorno lo vediamo dopo, si cena alle otto.
Finiamo la birra fra discorsi seri ed ameni, ovvie cazzate; MrSergio sale in camera a prendere una maglia più pesante, io lo aspetto appostandomi vicino alle moto.
I due comici arrivano ora in coppia, l’urlatore esordisce: “belle moto, e quanto sò? quanto sò?” ovviamente si riferisce alla cilindrata.
Rispondo: “questa è milledduecento” e l’altro prontamente esprime il suo candido e sincero commento, palesando meraviglia: “freeeeeeegnaa!“.
Proseguo: “quest’altra invece è novecento” e di rimando l’urlatore riconosce la mia saggezza e parsimonia “grande, anche questa, ma ti sei condenuto, ti sei condenuto“.
Arriva MrSergio, ci muoviamo per fare due passi e i due fanno per rientrare, ma immancabilmente… “si cena alle otto, alle otto, c’è il pomodoro ma vabbè il condorno lo vediamo dopo, si cena alle otto“.
Si fanno le otto e, per carità!, ci avviamo al tavolo.
Non c’è molta gente, atmosfera rilassata, sottofondo musicale tematico: liscio! Ma mica siamo in Romagna… C’è qualche variazione, canzoni di sentimento ed alle prime note il cameriere alza il volume a palla… evidentemente questa canzone gli risveglia vecchi amori o cose simili, perchè non capisce più niente e comincia a sbagliare le portate: a noi ci viene intavolato il secondo prima del primo, ad un altro tavolo porta non so cosa al posto di non so cos’altro… Si ride, lui gira per la sala ripetendo “errore mio, errore mio“.
Ancora una volta ci troviamo fuori dal tempo, fuori dai canoni classici, gente particolare, simpatica, gentile come solo in certi posti si può trovare.
Lui, il cameriere, è un giramondo: è da poco rientrato dall’Australia e fra poco ci tornerà. L’altro anche, ha lavorato in diversi Paesi. Gente che non si è lasciata cambiare da altre culture, altre modalità di vita ed è rimasta semplice, genuina.
Con il primo arriva il gestore, ora in versione direttore di sala: “c’è il pomodoro, l’inzalata oppure la parmiggiana di zucchine…” e che ce la lasciamo scappare?!?
Dopo la pasta “chitarrina” con ragù arriva un piatto con agnello, salsiccia, mozzarella grigliata, a parte le zucchine alla parmigiana.
Tutto ottimo, oltre le aspettative. Il vinello bianco non è un gran che ma un mezzo litro in due va giù con piacere.
Dolcetto, gentilmente rifiutiamo amari ed alcolici vari ed usciamo di nuovo. Bella serata, oramai non piove da un bel pò, l’aria è frizzantina e si sta proprio bene.
Ci addentriamo nel boschetto, ci infanghiamo per bene le nostre belle scarpe da relax, siamo costretti a pulirle con erba e spigolo di muretti…
Fine dei giochi, rientriamo in camera e ci prepariamo per la notte. Chiacchiere, sempre più o meno serie, ma per lo più si ruota sempre al solito argomento per il momento ancora secretato.

Ci si ritrova all’alba, dopo varie interruzioni notturne dei rispettivi sonni… Ma la nottata è stata comunque fresca e tranquilla.
Prepariamo il poco bagaglio e scendiamo per la colazione.
Nel frattempo è arrivata una ambulanza, una vecchietta si è sentita male, problemi di pressione… Ci ritroviamo al banco per il conto, 30 la camera 24 tutto il resto, cena birre acque ecc.
Di nuovo le chiappe sulla sella, cominciavo a sentire la mancanza di questo intimo contatto. Saliamo a Passo Lanciano, ci regaliamo un caffè ed una oransoda prima di salire al Blockhaus.
Si sale, strada immersa nel fitto bosco; tornanti, pratoni di montagna, ecco il rifugio Pomilio, si parcheggiano le moto. Panorama stupendo, montagne austere come tutte quelle dell’Abruzzo.
Ma una marea di antenne e ripetitori di tutti i tipi fanno stupro di questo magnifico paesaggio. E’ il prezzo del progresso e c’è sempre da domandarsi se non sia troppo caro, troppo.
Ma anche gli abitanti di queste regioni hanno il diritto di usare il cellulare, di vedere la tv che spesso è l’unica fonte di svago in paesi che non hanno neanche un cinema o un teatrino, in case che non hanno neanche un paese… Gironzoliamo un pò, poi prendiamo la strada del ritorno, tracciata dalla oramai esperta mano di MrSergio.
Ci addentriamo in un territorio selvaggio, per certi tratti aspro, duro come è dura la vita da queste parti: si vedono casolari di pietra, ricoveri per gli animali, per lo più greggi.
Qui l’allevamento e l’agricoltura sono ancora importanti e spesso le uniche attività possibili.
Scendendo attraversiamo paesini graziosi, abbiamo importanti montagne intorno, strade non sempre ben asfaltate ma che si intonano perfettamente con l’ambiente circostante.
Il Passo Leonardo, un paio di foto e si riprende il cammino. Arriviamo a Pacentro dall’alto; strada chiusa in due punti ma sappiamo che con le dovute accortezze si può passare, non sempre ma spesso, questa volta è una delle tante in cui riusciamo nell’intento. Arrivando a Pacentro da questa direzione non si può non fermarsi a fotografare ed ammirare il paese disteso sul monte e fra il verde, con Sulmona e la Conca Peligna a fare da sfondo. La Conca Peligna… a me evoca immagini erotiche!
Fotografiamo, entriamo in paese e dopo un paio di giri ci fermiamo presso un distributore-bar-alimentari-parco giochi.
Il ragazzo che gestisce l’attività ci fornisce un tavolo all’ombra, panini con hamburger, altri due con salame e formaggio, due cocacole ghiacciate e una simpatica conversazione, raccontando delle sue disavventure motociclistiche. Anche qui ci attardiamo, il posto è incantevole, all’ombra si sta benissimo, le chiacchiere sono piacevoli, ma poi giunge il momento di partire.
Usciamo dal paese, altra strada chiusa (ci dicono che ad aprile ha fatto un metro e venti di neve) ma questa volta siamo costretti a deviare. Attraversiamo il centro di Sulmona e dopo un paio di giri da minuetto siamo sulla statale. Poi un tratto veloce di autostrada, per passare Avezzano; di nuovo la Tiburtina, che percorriamo spediti fino a Vicovaro.
Negli interfoni. durante il tragitto, abbiamo parlato di noi, di progetti, dei Babbaluci e dell’attuale situazione degli stessi… forse l’intimità del casco favorisce l’insorgere di certe tematiche anche loro intime, delicate.
Arriviamo alla stazione di Mandela, sappiamo che da qui alla fine non ci sarà storia: caldo afoso, insopportabile, auto, caos al casello, delirio sul raccordo.
Rapido saluto in corsa, un’occhiata, ci stringiamo la mano mentre le moto corrono e ci facciamo il segno del telefono.
Certo, ci sentiremo, e vedrai che salterà fuori qualche altro bel progetto…

Alla prossima, amici!

18-19 luglio 2015 – Castelluccio

Sabato mattina, ci incontriamo alla solita aera di servizio sul GRA: Freeblue e Annina, MrSergio, Lucilla e Ulysse. In verità c’è anche Daniela che, ancora dolorante alla spalla, non rinuncia però al piacere, suo e nostro, della rituale colazione babbaluca. Cara ragazza!
Si parte, direzione Flaminia, che percorreremo fino a poco dopo Rignano; poi ci immettiasmo su una piacevolissima strada immersa nella natura che, passando sotto Sant’Oreste e poi per Nazzano e Torrita Tiberina, ci porterà a Poggio Mirteto Scalo.
Da qui proseguiamo sulla 313 fino a prendere la deviuazione per Cottanello. E’ presto ma già fa caldo, molto molto caldo. Ci fermiamo al bar sulla piccola piazza di Cottanello, acqua ed un gelato ci rimettono in sesto; durante la sosta arriva un piccolo ma variopinto gruppetto di motociclisti, molto eterogeneo sia nelle persone che nelle cavalcature e non possiamo non notare che sono motociclisti a tempo perso.
Riprendiamo la strada, ma solo per fare quella pochissima distanza che ci separa dall’Eremo di San Cataldo, dove ci fermiamo per qualche foto.
Si riparte, ora che si sale un pò di quota il caldo è molto meno asfissiane e, addirittura, entrando nel bosco possiamo godere di una leggera frescura.
Come da accordi dovremmo fermarci a fare la foto di rito al Valico di Fonte Cerreto, ma con MrSergio alla guida non puoi pretendere tanto.
Gran motociclista, bella guida, efficace, instancabile, ci farei il giro del mondo in moto, ma non fatelo stare davanti! 🙂
Arriviamo a Rieti, vorremmo salire al Terminillo ma una gara automobilistica in salita ce lo vieta. Non ci resta che andare a prendere un tratto che avremmo dovuto fare al rientro e così saliamo per Cantalice, Poggio Bustone, Rivodutri e Morro Reatino. Qui incocciamo in un matrimonio, gente vestita che non si può vedere ma nel mucchio spicca una moretta…
Lasciamo stare, facciamo qualche altro chilometro e ci fermiamo presso una trattoria bar a prendere un pò d’acqua fresca, che il caldo ha ricominciato a farsi sentire.
Ora è la volta di percorrere la mitica 521, con la quale arriveremo sotto Leonessa; da qui prendiamo un percorso non molto battuto, che per campagne e monti ci porta alle porte di Norcia. Bel paesaggio, niente case se non rare e poco concentrate, nessun palazzone, traffico zero. Il fondo stradale non è dei migliori, ma questa strada merita davvero di essere percorsa in moto.
Alle porte di Norcia, dicevamo, Freeblue tira dritto per andare ad incrociare un distributore e così tutti, tranne MrSergio che ha la motocisterna, facciamo il pieno.
Adesso viene il bello, un paio di chilometri a ritroso e prendiamo la strada per Castelluccio.
Poco prima di arrivare in paese ci sono dei “commissari di percorso” che sbarrano la via: le auto non possono entrare, il parcheggio è pieno! Meno male, era ora!
Noi, in moto, possiamo proseguire ed arrivati in piazza, sorpresa! C’è ora un parcheggio fettucciato, sembra il parco chiuso di una gara di enduro… Moto parcheggiate ordinatamente, non più quel solito casino indescrivibile. Meno male, era ora!
Parcheggiamo anche noi, poi andiamo a raggiungere il bar-alimentari dove, seduti al fresco, gusteremo formaggi e salumi locali, con tanto di acqua minerale di una buona annata!
Caffè, qualche cazzatella al locale negozietto di souvenir e si riparte.
Lo scopo della gita sarebbe fotografare la fioritura, ma con il caldo che ha fatto ne resta ben poca. Comunque ci fermiamo nella piana, qualche scatto degno riusciamo a farlo. Si riparte, è la volta di Forca di Presta, c’è un affollamento di auto e camper parcheggiati in ogni dove; da qui parte il sentiero più comodo per il lago di Pilato. Sfliliamo in fretta, dopo il Valico la strada è semplicemente meravigliosa… Boschi, curve di tutti i tipi, paesi minuscoli… Percorriamo circa quaranta chilometri in questo scenario e poi siamo alla fine della strada, a Foce. Quattro case in croce, l’asfalto che ben presto si trasforma in strada bianca piena di pietre che tanto mi piace!
Parcheggiamo davanti alla locanda, molto spartana. Prendiamo possesso delle camere e, dopo una bella doccia, ci ritroviamo fuori per fare quattro passi e l’immancabile birra con patatine, nostro aperitivo preferito prima della cena.
Cena che si svolge nella classica atmosfera babbaluca, cazzate in pieno relax ed a ruota libera. Saltano agli occhi un paio di tavolate: la prima sono ragazzi, una decina; ce ne fosse uno che non ha il cellulare in mano, impegnatissimi a scambiare messaggi ognuno per conto proprio! Ma fra di loro non parlano, assoluto mutismo.
La seconda tavolata è composta da una famiglia composta da un padre, una madre, una probabile zia, quattro fanciulli di età variabile. Tutti, e dico tutti, con il cellulare in mano, anche loro impegnato in messaggerie varie, tranne il più piccolo che ha un iPad con il quale gioca a non so cosa. E’ veramente deprimente vedere queste scene, gente che si apre ai social, al mondo intero puchè sia virtuale, mentre le persone fisiche intorno a loro sono distanti, ignorate… Questi ragazzi cresceranno complessati!
Torniamo a noi: la cena qualitativamente non è il massimo, ma neanche possiamo gridare allo scandalo; tutto sommato ci possaimo alzare da tavola soddisfatti.
Qualche altra chiacchiera e ben presto si raggiungono le stanze per il meritato riposo.

La mattina dopo mi sveglio di buon’ora; scendo armato di reflex e vado a fare qualche scatto verso i pratoni che salgono al Vettore. C’è un ovile, bei cani pastori, di un bianco candido, stanno ancora dormendo; qualcuno, sentendomi, si alza e si stiracchia. Li fotografo.
Arriva il pastore, sulla irrinunciabile Panda 4×4, con un altro cane nel bagagliaio.
Appena entra nel recinto i cani si alzano e vanno ad aspettare due al cancelletto del recinto del gregge e due si appostano poco più avanti. Il pastore entra nel recinto delle pecore, armeggia un pò e poi, emettendo un suono gutturale irripetibile, ordina ai due cani di entrare e far uscire il gregge, compito che viene svolto immediatamente ed egregiamente.
Gli altri due cani pensano a far incolonnare le pecore e farle uscire dal secondo recinto.
I cani le spingono su una spalletta erbosa ed attendono; il pastore chiude il recinto, esce ed emette un altro suono, questo un pò più comprensibile: un AGGHIA’ ripetuto un paio di volte ed i cani immediatamente spingono il gregge in diagonale sul costone della montagna.
Il pastore sta per risalire in auto, seguito dal suo cane personale, ci scambiamo un saluto e gli chiedo: “adesso vai a raggiungere il gregge con l’auto?”
No“, mi risponde lui “i cani sanno dove andare e quello che devono fare, riporteranno le pecore qui oggi pomeriggio alle cinque. Io vado a casa, ritorno qui alle cinque, pure io” .
Capito? questi cani sono impagabili, soldatini ligi al dovere di una affidabilità unica.
Ho avuto l’impressione, studiandoli, che ci fosse un capo cane o un cane capo che era quello che recepiva gli ordini; gli altri aspettavano sempre lui per muoversi ma ad osservarli bene si notavano due cose: il capo cane si muoveva un attimo prima dell’ordine, segno che sapeva già cosa gli sarebbe stato chiesto. Gli altri si muovevano un pò prima del capo cane, coem dei marinai che conoscono perfettamente la manovra da eseguire e non si azzardano a farlo immediatamente per rispetto della gerarchia.
Ritorno alla locanda, trovo gli amici già operativi, sistemiamo i bagagli, facciamo colazione e partiamo. Ci eravamo sentiti con Poldo, il quale ci avrebbe dovuto raggiungere in quel di Amatrice per mangiare qualcosa insieme ed insieme fare un pò di strada. Ma Poldo latita. Lo sentiremo più tardi, ci dirà che non sarà dei nostri.
Intanto, dopo una bella cinquantina di chilometri sempre fra boschi e luoghi ameni, raggiungiamo Arquata del Tronto; dopo una sosta la bar ci rimettiamo in marcia ed in breve siamo ad Amatrice.
Che ve lo dico affà? Trattoria, che già conoscevo. Tavolo, acqua e chiacchiere e la cameriera ci chiede “amatriciana rossa o bianca?” Ribadiamo “amatriciana rossa E bianca”. E così fu.
Qualche costoletta d’abbacchio per gradire e ci rimettiamo in marcia, a panza piena.
Trotterelliamo sgranocchiando chilometri e digerendo amatriciane.
Posta, la strada che porta a Leonessa è tanto bella quanto conosciuta, si fa sempre con gran piacere. Non saliamo al Terminillo, perchè se ieri c’erano le prove oggi ci sarà la gara, sicuro come il giorno che viene dopo la notte! Così è di nuovo SR521, ora in senso inverso.
Poi si scende verso Greccio, dove poco distante ci fermiamo ad una gelateria; si riparte, Monte Tancia è nostro, Poccio Catino, Poggio Mirteto, Passo Corese e fine della storia.
Qui prendiamo l’autostrada per evitare il caos della Salaria verso Roma ed in breve, dopo esserci fermati per i saluti, ognuno prende la strada per la propria casa.
Ancora una bella uscita, due giorni in allegria e in amicizia, aspettando la prossima.

Grazie Amici!

13-21 giugno 2015 – Austria ed Alpi

Il viaggio è stato parecchio tempo in gestazione, diverse mete sono state valutate senza riuscire a trovare una soluzione che rispondesse alle esigenze di tutti. Ma è stato un esercizio utile, le proposte “scartate” sono state comunque elaborate ed archiviate, pronte per essere concretizzate in altri viaggi, con qualche aggiustamento della logistica.
Il gruppo è quello oramai consolidato, con qualche defezione ma anche una new entry, Giuseppe.
Si parte sabato 13 Giugno, di buon ora; siamo:
– Ulysse e Lucilla su TDM 900
– Freeblue e Annina su TDM 900
– Murdok e Giovanna su Multistrada
– MrSergio su R1200GS Adventure
– Poldo su MT09 Tracer
– Giuseppe su  R1200GS LC.
Dopo la sacra colazione e dopo aver perso un po’ di tempo, ma senza rimorso in quanto preventivato dato il largo margine di tempo a disposizione, si parte: Flaminia, Narni, seconda colazione. Sono le sette e venti quando ripartiamo, sembra che ci stiamo mettendo in viaggio ora ma abbiamo già percorso una novantina di chilometri. Spoleto, dunque, e visita alle Fonti del Clitunno; una passeggiata nel parco per ammirare le limpide acque della fonte, acque sacre per gli Antichi Romani. Fa caldo, qualche bottiglietta di acqua fresca seduti al bar del parco ci ristora il giusto prima di rimetterci in marcia. Foligno, la Valtopina, Nocera Umbra, poco prima di Gualdo Tadino una foratura alla gomma posteriore della GS Adventure di MrSergio ci costringe ad una sosta imprevista.
Non si tratta di un foro, è un taglio di modeste dimensioni; mettiamo comunque il chiodo di gomma con il mastice e gonfiamo ad 1,6 per mezzo del piccolo ma efficace compressore portatile, quanto basta per arrivare al primo distributore e ripristinare la corretta pressione. Ma ciò che temevamo si avvera: sul taglio il chiodo nulla può ed una micro perdita ci consiglia di rivolgerci ad un gommista, che troviamo a Gubbio.
Una pezza all’interno del copertone, camera d’aria, problema risolto. Fra foratura e riparazione abbiamo perso due ore di tempo, forse qualcosa in più ed il vantaggio di partire presto si palesa spontaneo.
Di nuovo in sella, per curve e dolci colline andiamo a riprendere il percorso originale ed ecco un nuovo problema: vorremmo percorrere la Gola del Furlo, ma è chiusa per frana!
Poco male, data l’ora mangiamo qualche piadina presso una locanda a Furlo e ripartiamo; ci dirigiamo ad Acqualagna per prendere la E78 per Fano e, da qui, la A14 fino a Ravenna. Proseguiamo poi sulla Romea fino a Rosolina, dove ci fermiamo per la notte. Una locanda pulita e senza pretese, una cena non da urlo ma il vantaggio è di non deviare di un millimetro dal percorso.

Il mattino dopo si riparte, ma sotto la pioggia; la nostra rotta prevede di svalicare in Slovenija dopo Udine, passando per Cividale del Friuli ed il Valico di Stupizza e poi per Kobarid, la tristemente nota Caporetto.
Siamo sulla provinciale, ma a Noventa di Piave decidiamo di prendere l’Autostrada, perché si sta scatenando una vera bufera, un muro d’acqua nel quale volano rami e qualche pezzo di grondaia in rame.
Un’area di servizio ci offre riparo ed approfittiamo per uno spuntino; si riprende il cammino sotto una pioggia sopportabile; abbiamo deciso di cambiare direzione, il meteo ci sconsiglia di inerpicarci nel parco delle Alpi Giulie in Slovenija;  puntiamo su Tolmezzo, valicheremo da questa parte direttamente in Austria, nostra destinazione, senza passare per la Slovenija.
A Tolmezzo, abbandonata l’Autostrada, saliamo per la statale fino al Passo Monte Croce Carnico.
Non piove più, almeno la salita al valico ce la godiamo; il passo è un tuffo nella storia, peccato che sia in evidente stato di abbandono, questi luoghi storici andrebbero curati un po’ di più.
Foto e si riparte per la discesa, oramai in territorio Austriaco.
Strada incastonata nella roccia, i passi Gailbergsattel e poi Iselsbergpass ci conducono alla nostra meta, Dollach, passando per valli amene e boschi spettacolari.
Conosciamo il posto, ci siamo già stati e prima di partire, senza indugio, avevamo prenotato la stessa stupenda locanda.
Non piove, in Austria il tempo, pur coperto ed umido, oggi è decisamente meglio che in Italia, almeno la zona che abbiamo attraversato noi. Scelta più che azzeccata abbandonare, pur se a malincuore, l’incursione in Slovenija.
La locanda dunque non ci riserva sorprese ma piacevoli conferme; le camere sono caratteristiche, ognuna diversa dalle altre. La birra, la cena sontuosa… tutto come ci aspettavamo. Anche il mastodontico cane Max!

Il giorno dopo, siamo a lunedi, saliamo al Grossglockner sotto una pioggerellina; il pass ci è costato solo 10€ contro i 24, grazie ai buoni che ci ha elargito il proprietario dell’albergo.
Salita al ghiacciaio Franz Josef, foto di rito, spillette, adesivi e si scende di nuovo sulla Grossglockner Hochalpenstrasse, fino ad arrivare al passo (e galleria) Hoctor, 2.504m, che segna anche il confine fra Salisburgo e Carinzia. Il termometro all’entrata della galleria segna 5,5 gradi; anche qui qualche foto per poi riprendere la strada che sale ai 2.571m dell’Edelweissspitze. Punto panoramico, con il sole è uno spettacolo! Noi siamo in mezzo alle nuvole, pochissime moto sul piazzale; sono più le nostre! Nel locale/rifugio siamo gli unici: salsicciotti e patate soddisfano il nostro appetito.
Tornando alla base abbiamo modo di fermarci in un paesino per qualche altra foto; il posto è stupendo, come tutta la Carinzia: montagne, prati verdissimi, coltivazioni, ruscelli e cascate, una meraviglia, insomma.
In albergo, dopo una doverosa doccia calda, ci attendono birre e poi la luculliana cena a base di spatzle, gulash e molto altro ancora.

Mercoledi, purtroppo, il tempo peggiora e l’atteso giro per la Nockalmstrasse va a farsi benedire.
Scendiamo, sempre per valli incantate, verso Lienz e da qui rientriamo in Italia, a San Candido, dove ci fermiamo per un giro a piedi ed un mini shopping. Bar e pizzerie locali non offrono un gran che, decidiamo di rimetterci in sella; percorriamo la valle di Anterselva, che ci porta all’omonimo lago; non piove, finalmente una tregua. Aspettiamo pochi minuti che il semaforo ci dia il via libera e saliamo decisi per il Passo Stalle.
Uno spettacolo della natura, un ristretto nastro di asfalto (da qui il senso unico alternato regolato dal semaforo) che si snoda sul fianco della montagna fino a raggiungere i 2.052m al valico.
L’ora c’è, la fame anche, il rifugio in cima al passo ci fornisce ristoro.
Mentre mangiucchiamo ricomincia a piovere, ma dopo i caffè percorriamo ugualmente e lentamente la valle Defereggental al piccolo trotto, per gustarci ogni chilometro di paesaggio. La nostra destinazione odierna è Sankt Veit in Defereggen, il comune più alto del Tirolo orientale, a 1.500m. La locanda che abbiamo prenotato è molto carina, a picco sulla valle, con una cascata proprio di fronte. Accoglienza calorosa, disponibilità, questa locanda/chalet è a conduzione familiare, gente di altri tempi.

Il mattino dopo, giovedi, riprendiamo il cammino percorrendo a ritroso la valle Defereggental, Passo Stalle e la valle di Anterselva; passiamo Brunico e ci dirigiamo verso la Val Gardena; superato il passo ci fermiamo preso uno chalet a gustare un tris di canederli, facciamo foto e riprendiamo anche qualche auto d’epoca ferma nel piazzale. Abbiamo sostato a sufficienza, dobbiamo andare; la destinazione odierna è Vipiteno, ci arriviamo abbastanza presto ed abbastanza asciutti. Foto ad un castello prima di entrare in città, sosta gelato in centro e poi saliamo al nostro rifugio, ancora una volta una locanda tipica, vista panoramica che più non si può, in alto su una montagna che sovrasta Vipiteno.
Oggi il meteo è stato clemente, umido ma senza pioggia e qualche bel raggio di sole a Passo Gardena.
La cena è superba, come richiede l’appetito di un motociclista che ha percorso chilometri di curve e passi.
La birra, a cena, è una abitudine che ci concediamo volentieri, dato che di giorno siamo “analcolici”.

E viene di nuovo la mattina, oggi è un gran giorno e per fortuna il sole, questo sconosciuto, ci accompagnerà per tutto il tragitto.
Lasciata Vipiteno si inizia subito con il Passo di Monte Giovo; qualcuno viene colto di sorpresa, non si aspetta questa impegnativa salita a pochissimi chilometri dalla partenza. Poi, senza soluzione di continuità e senza soste, saliamo al Passo Rombo, uno spettacolo affascinante!
Strada selvaggia, curve e tornanti come si conviene ma tutto in una natura rigogliosa ed aspra, che incute soggezione e rispetto.
C’è molta neve al valico, per fortuna c’è anche il rifugio dove prendere qualcosa di caldo perché nonostante il sole fa fraddino qui a 2.474m.
Siamo di nuovo in Austria, paghiamo il balzello per la Bundenstrasse, meritato se non altro per il panorama, serpeggiamo lungo il confine fino a rientrare in Italia. Passo e Lago di Resia, strada che sembra il Mugello.
Sluderno e … ci siamo! Ecco la salita allo Stelvio!
Ciclisti, troppi; auto, troppe; moto, troppe quelle che ingombrano e purtroppo anche qualche incivile, ma più che altro maldestro, che affronta i tornanti in discesa contromano, non sapendo fare di meglio!
Tutto bene, però; dopo i 48 tornanti (qualcuno si è fregato la targa del primo tornante!) arriviamo al passo, 2.758m, una delle tante Cime Coppi disseminate sulle Alpi.
Parcheggiate le moto decidiamo che lo spuntino si può fare qui, presso un chiosco che arrostisce salsicce; la solita passeggiata per reperire spillette ed adesivi e dopo un caffè si riparte.
La discesa verso Bormio è una passeggiata, strada molto più facile e tranquilla; ci fermiamo anche a fotografare le cascate del Brolio.
Per fortuna, come dicevo, c’è stato il sole tutto il giorno ed arriviamo a meta, Sant’Antonio in Valfurva, perfettamente asciutti.
La locanda ci accoglie stanchi ma soddisfatti, bel giro oggi, veramente. Intenso, faticoso, appagante.
Camere, doccia etc e poi la meritata cena.
Anche qui mangiamo benissimo, ben presto il tavolo si riempie di leccornie e birre…

Siamo a venerdi, oggi saliamo al Mortirolo e poi, passati Edolo, Aprica e Tirano, siamo sulla salita al Passo del Bernina.
Strada molto bella, sinuosa, tornanti e curve di tutti i tipi immersi in una natura incontaminata.
Al Passo Svizzero arriviamo all’ora di pranzo, che per noi varia da mezzogiorno alle quattro del pomeriggio, dipende dal percorso. Ci lasciamo salassare dall’oste Svizzero per un frugale pranzo e siamo di nuovo sul piazzale a far foto.
E’ comunque presto, decidiamo di tornare indietro di due o tre chilometri e infiliamo la Forcola che, attraverso l’omonimo Passo, ci porta a Livigno.
Parcheggio (qui tutto è a pagamento) giriamo a piedi in “cerca di affari” ma è tutto più caro che in Italia! Non conviene proprio… tranne la benzina, con la quale rimpinziamo i serbatoi!
Facciamo le sei del pomeriggio girando per negozi vari, poi riprendiamo le moto e, sempre percorrendo la Forcola, saliamo al Passo d’Eira ed arriviamo a Bormio e di nuovo Sant’Antonio in Valfurva.
La commedia è una replica della sera prima: dopo aver assunto sembianze più umane ci attendono prima uno spritz e poi l’ambita cena.

Sabato, è giorno di partenza; assunta una buona colazione e sistemati i bagagli lasciamo Sant’Antonio e, passata Santa Caterina, attacchiamo decisi il Gavia.
Pochissime o niente moto a salire; fa freddo, non piove ma ad un certo punto inizia a nevicare, una neve leggera e gentile. Arriviamo ai 2.621m in un clima polare, ciclisti intirizziti affollano il rifugio; troviamo posto ad un tavolo e ci sorbiamo una bella cioccolata calda.
Ora nevica fitto, lasciamo un po’ scemare e ripartiamo, appena fatti un paio di tornanti in discesa riappare il sole.
Appare anche in imbecille che con la propria auto sta facendo manovra nel bel mezzo di un tornante, guidato nella manovra da una zoccolona che manco Bocconotti Cinzia!!!
Arriviamo a valle, da Brescia in poi non c’è più storia, l’Autostrada ci ingoia e ci rilascia a Rioveggio; qui una statale molto bella ci porta a Grizzana Morandi, dove passeremo la notte.
Per fortuna ci ha detto più che bene con l’albergo, una struttura molto ben tenuta, staff efficiente e molto gentile, cena superlativa.

La mattina ripartiamo, destinazione casa.
Il venerdi ci aveva lasciati Murdock, richiamato d’urgenza in Azienda.
Sabato, dopo il Gavia, anche Poldo ha preso una direzione diversa; Genova, per un colpo di coda delle ferie. Dunque siamo rimasti in sei su quattro moto.
Partiamo da Grizzana Morandi, un tratto della bella strada del giorno prima ci riporta a Rioveggio, poi per altre strade interessanti arriviamo a Loiano e qui, è inutile dirlo, saliamo per la Raticosa.
Una marea di moto sul piazzale, come al solito; foto e via, per la conseguente Futa.
Molto più discreta la presenza di bikers; foto, caffè, acqua e si riparte, abbiamo una missione importante da compiere: pranzo alla Casa del Prosciutto.
Arriviamo puntualissimi, qualche minuto prima dell’orario prenotato; ci accomodiamo dopo esserci liberati delle armature e comincia la danza: tortelli alle patate, con funghi o sugo di cinghiale; rosticciana, pollo al mattone, braciole, patate arrosto, funghi fritti e dolce. Ovviamente acqua minerale d’annata!
Di solito quando siamo in moto non pranziamo così, ma la Casa del Prosciutto non si può eludere se si è nel raggio di cento chilometri…
Arriva il momento di ripartire, per digerire facciamo due passi: Croce ai Mori e Mandrioli 🙂
Poi ci infiliamo nella tristissima E45 fino a Orte, dove ci divideremo ognuno per la propria strada.
Fine del giro, 3.100 chilometri in parte bagnati, ma goduti tutti fino all’ultimo giro di ruota.
E Poldo ci invia foto da Genova da bordo della barca a vela del suo amico!
In definitiva un bel giro; come da nostra abitudine non ci facciamo scoraggiare dalla pioggia ma cerchiamo alternative per raggiungere la meta in sicurezza; sapersi adattare alla strada ed al meteo è la prima cosa che si impara con l’esperienza, ed i miei sessant’anni, quarantasei dei quali passati su due ruote a motore senza soluzione di continuità, mi hanno insegnato qualcosa. Andare è l’imperativo, in sicurezza è una logica deduzione.

Alla prossima, già si pensa a Settembre…

17-19 aprile 2015 – Isola d’Elba

La proposta, il vaglio ed il travaglio ed alla fine la concretizzazione dell’idea: l’Isola d’Elba.
Ci ritroviamo il venerdi mattina direttamente sull’autostrada per Civitavecchia, presso una stazione di servizio.
Il gruppo è un pò più numeroso che nelle ultime uscite: Freeblue, Annina, MrSergio, Murdock, Giovanna, Lucilla e Ulysse.
Una gita babbaluca non può non iniziare con la colazione ed anche questa volta la tradizione è rispettata; approfittiamo del momento per fare il pieno e si parte, in perfetto orario con la tabella di marcia. Certo, è solo un trasferimento e come tale lo assimiliamo, tranquilli e dritti alla meta. Arriviamo a Piombino; dopo un macchinoso e complicato parto per i biglietti siamo in tempo per prendere il traghetto che sembra aspettare solo noi per salpare. Infatti non appena imbarcate le moto abbiamo giusto il tempo per salire ai ponti superiori e prendere posto nelle poltroncine al bar che il traghetto inizia a muoversi.
Sgranocchiamo toast e patatine in navigazione, aspettando di essere sulla terraferma per mangiare qualcosa di più sostanzioso.
Portoferraio, pochi minuti per sbarcare e ci muoviamo in direzione del centro, attraversando un mercato rionale che oramai sta chiudendo; la tavola calda che abbiamo adocchiato ha però i tavoli tutti prenotati e così andiamo più avanti; c’è un locale a me noto, offre un comodo parcheggio a vista per le moto ed una veranda chiusa; ci preparano il tavolo ed ordiniamo. Una volta qui servivano solo panini, ottimi e di tutti i tipi; adesso il locale ha assunto pretese da ristorante ma la qualità dei panini era decisamente superiore! Il conto, invece, è da ristorante vero… ma l’Elba è questa, bisogna cercare negli angolini nascosti per trovare un rapporto qualità – prezzo decente.
Bene, dopo il frugale pasto riprendiamo le moto e ci dirigiamo verso Marciana Marina ma prima ci fermiamo a fare il pieno. Arriviamo a Marciana Marina, è presto, prendiamo possesso degli alloggi e dopo aver sistemato i bagagli siamo di nuovo in strada, pronti per un primo giro.
Il tempo atmosferico è ottimo, avevamo preso un pò d’acqua all’arrivo a Piombino ma qui sull’isola c’è il sole!
Di nuovo in sella; abbiamo programmato un giro nel quale percorreremo una strada molto sinuosa e montana: da Marciana Marina costeggiamo di nuovo il mare in direzione Procchio e poi su, per Sant’Ilario e Poggio per poi scendere di nuovo a Marciana Marina.
Mente ci accingevamo a prendere la salita per Sant’Ilario, al bivio La Pila, veniamo fermati da un gruppo di commissari di percorso: c’è il rally ed alcune strade sono in fase di chiusura per le prove speciali. Dopo un iniziale malinteso con un commissario intento più a rimpinzarsi che a controllare, lo stesso ci da la benedizione per percorrere lo stretto tracciato, raccomandandoci di andare veloci perchè fra non molto avrebbero chiuso la strada e saremmo rimasti bloccati a Poggio.
Forti di questa autorizzazione  e della raccomandazione ad andare veloci, procediamo a passo garibaldino per lo stretto e sinuoso percorso, incastonato fra i boschi. Fondo stradale pessimo, ma tracciato degno di ospitare la speciale. Sant’Ilario, poi Poggio; parcheggiamo in piazza per un caffè ma siamo costretti a ripartire immediatamente, perchè il gentile vigile ci comunica che stanno per mettere le transenne; e via, questa volta in rapida discesa su Marciana Marina.
E’ ora di farci una bella doccia ma siamo costretti a smadonnare un pò con la caldaia; problema risolto in poco tempo dal proprietario della casa assistito da Freeblue, in versione Puffo Termoidraulico. Ci ritroviamo in strada per fare due passi e fare una ricognizione per pizzerie, tavole calde e trattorie. In verità ce le aveva indicate il proprietario di casa e la ricognizione serve ad annusare, a farci venire l’ispirazione giusta.
Abbiamo scelto, il posto è in un vicolo del lungomare, a pochi passi da casa.
La proprietaria è di Acitrezza e la cucina offre in aggiunta alle specialità locali anche dei piatti siciliani. Facciamo un mix, la cena risulta molto gradevole al palato e, come di consueto, molto gradevole anche dal punto di vista umano; non mancano le cazzate, le risa, gli sfottò e tutto quello che la nostra fantasia riesce a partorire.
Bene, ci è molto piaciuto tanto che ordiniamo la cena per l’indomani sera!
Due passi ancora, per digerire, e cominciamo a far diminuire la distanza fra noi ed i letti…
Un riposo ristoratore ci vuole, praticamente sono diciotto ore che siamo in giro!

La notte scorre serena, senza il minimo rumore; anche il mare è tranquillo e non si riesce a percepire il benchè minimo sciabordio; l’alba risveglia gli infaticabili gabbiani, che salutano il sole a gran voce, con le loro caratteristiche risate.
Qualche automezzo passa sotto le finestre, la nostra casa è sul porto e le attività, qui, iniziano molto presto. Ancora non sveglio riesco però a percepire l’Ape a quattro tempi dalla più vecchia due tempi… Lucilla lascia il giaciglio molto presto, se ne va in giro a respirare l’aria frizzantina del mattino, scattando anche qualche bella foto all’alba nell’Elba.
Abbiamo appuntamento alle nove al bar, per la colazione e qui ci ritroviamo puntuali, tutti o quasi ed il ritardo accumulato ci fa lasciare il bar poco dopo le 10e30; abbiamo deciso di andare a visitare la miniera di Monte Calamita, dato che precedentemente io e Lucilla eravamo riusciti a consultare l’itinerario del rally: interdetta la zona Portoferraio, Volterraio, Rio e più tardi chiuderanno a Lacona… il giro dell’isola va a farsi benedire e noi rimediamo con valida alternativa.
Una bella passeggiata al trotto ci porta a Capoliveri; sosta in piazza per cercare di parlare con qualcuno dell’ufficio visite, ma non c’è nessuno. Un gentile impiegato del municipio mi dice che un minibus è già partito per le miniere, con a bordo una scolaresca, ma chiama al telefono la guida avvertendola del nostro arrivo; bene, ci aspettano con l’altro minibus.
Percorriamo i sei chilometri di sterrato fino al piazzale di partenza per la miniera; parcheggiamo le moto, la guida gentilmente ci concede di lasciare caschi e giacche all’interno dell’ufficio; visitiamo il piccolo museo, ci forniscono i caschetti, saliamo sul minibus e partiamo. Altri chilometri di sterrato e finalmente arriviamo alla miniera.
Il luogo è suggestivo, il mare cristallino contrasta con il rosso e l’ocra della terra e delle rocce circostanti, a loro volta sovrastate da una rigogliosa flora mediterranea; entriamo in miniera, la guida ci precede illustrando luogo e storia, decisamente affascinanti.
Terminata la visita riprendiamo posto sul minibus e torniamo al piazzale, dove dopo una breve sosta riprendiamo le moto e partiamo, tornando a Capoliveri. Oramai sono le 13e30, dobbiamo trovare un posto per lo spuntino; a Capoliveri c’è la morte civile, dobbiamo anche sbrigarci perché fra non molto chiuderanno la strada a Lacona e non potremmo effettuare neanche quel mezzo giro che ci rimane da fare; avrei voluto sostare a Mortigliano per il pranzo, ma l’orario non ce lo consente.
Proseguiamo costeggiando il mare, passiamo Lacona e poco dopo troviamo una specie di pub-trattoria. Ci fermiamo, ci preparano un doppio tavolo all’interno di una veranda e dopo aver fatto un po’ di casino con le ordinazioni finalmente mangiamo: salsicciotti, hamburgher, capresi…
Dobbiamo partire, indugiamo solo un po’ dopo la fine del pranzetto perché fra poco chiudono la strada e noi rischiamo di rimanere bloccati; ci mettiamo in marcia, continuiamo lungo la costiera e dato che oramai siamo passati possiamo anche concederci una sosta per ammirare il panorama. Dopo le foto riprendiamo la strada ma nei pressi di Marciana troviamo la strada bloccata; poco male, ci gustiamo il passaggio di alcune auto impegnate nella speciale e poi una stradina alternativa ci riporta a Marciana Marina.
Doccia, abbiamo anche il tempo per un aperitivo a base di birra e patatine e poi scendiamo a fare due passi.
Alle ventuno siamo alla trattoria, pronti a gustarci cous cous di pesce, caciucco, un frittino di calamari e gamberi, cannoli e caprese per dolce. Che magnata, regà!
Soddisfatti lasciamo la trattoria, il solito camminamento e poi a casa.
La nostra ultima notte sull’isola è dolce e tranquilla come la precedente.

E’ di nuovo giorno; oggi l’appuntamento è al solito bar per le 8e30 ed il ritardo è contenuto…
Dopo la colazione si parte, in mattinata potremmo girare quella parte di isola che ci manca. Solita marcia trotterellante, solo un po’ più allegra. Arriviamo alle Foci, antico crocevia delle nostre scorribande in fuoristrada; all’altezza del campeggio Le Palme prendiamo decisi per il Volterraio; anche se la strada non è più sterrata il fascino del luogo resta intatto; da alcune aperture fra le fronde che coronano la strada si può intravedere un paesaggio marino che neanche in cartolina, mentre dall’altra parte e dall’alto la fortezza guida e sorveglia severa il nostro cammino.
Siamo a Rio nell’Elba, scendiamo verso Rio Marina, piccola deviazione per una frana e siamo in porto.
Parcheggiamo e subito chiediamo alla biglietteria se possiamo imbarcarci da qui, ma non è possibile.
Ci incamminiamo per andare a fare qualche foto alla fine dell’antemurale, dove c’è il cannone, poi di nuovo in moto per andare a rubare qualche scatto al vecchio pontone di carico della miniera.
E’ ora di andare, a Portoferraio dobbiamo imbarcarci alle 14e30 e vorremmo arrivare in tempo per prendere qualcosa da mangiare in traghetto. Arriviamo poco prima delle 12 e decidiamo di imbarcarci subito, pranzeremo a Piombino ed eviteremo di perdere inutilmente tempo.
Detto fatto, in breve siamo seduti ai divani del bar e ci possiamo anche gustare uno scorcio della SuberBike!
Sbarchiamo, giriamo un po’ per Piombino ed alla fine troviamo una rosticceriaristorantebar.
Entriamo e subito scopriamo che la rosticceria è chiusa; va bene, non abbiamo alternative, ci sediamo ad un tavolo ed ordiniamo chi un primo, chi un’insalata e cose così.
Il locale è veramente triste, demodè ed anche kitsch; il cameriere, con i suoi capelli laccati, sembra uscito dalle pagine di Alan Ford… gli avventori, poi, sono caricature viventi: a parte una famigliola sono tutti anziani ma ovviamente non è questo il problema, ma è che sono veramente particolari. Una coppia dove lui sembra un cravattaro o un beccamorto e lei una decrepita Liz Taylor nel suo peggior stato di forma; altra coppia dove lei parla parla parla e lui, che a mala pena si regge sulle gambe, mangia mangia mangia.
Però i piatti che arrivano sono buoni, davvero… mai fidarsi delle apparenze.
Ci rimettiamo in moto, abbiamo davvero guadagnato tanto tempo, tutto quello che avremmo dovuto aspettare inutilmente se avessimo preso il traghetto all’ora stabilita.
Il rientro a casa è monotono, un’Aurelia che più noiosa non si può!
Sosta ad un bar distributore, anche qui gente molto particolare: un gruppo di motociclisti che… meglio lasciar perdere, dico solo che sulla semicarena di una V-Storm campeggiava la scritta “smanetta bike”. Ma si può?!
I personaggi del posto, poi, anche loro sono delle macchiette: tutti superpanzoni, enormi, più che anziani bisognerebbe dire andati a male ed in mezzo una ragazzetta ventenne di tutt’altre fattezze; dietro al distributore, per non farci mancare nulla, una famigliola numerosa in camper si fa la doccia alla fontanella.
Via, dopo il piccolo ristoro maciniamo gli ultimi chilometri e ci fermiamo all’area di servizio sulla Civitavecchia Roma per i saluti.
Anche questa è andata; e bene!
In questa gita abbiamo anche fissato le date e ci siamo contati per il viaggetto annuale, adesso sarà solo da organizzare, ma questa è un’altra storia che spero di scrivere quanto prima.
Bella gita, meteo favorevole, amicizia e condivisione; i Babbaluci non si sono smentiti neanche questa volta.

Alla prossima, amici!

21-22 marzo 2015 – San Vito Chietino

E siamo a Marzo!
Oramai, e da tempo, è consuetudine che i Babbaluci non riescano ad effettuare una gita al gran completo; c’è sempre qualcuno che, per un verso o per l’altro, non può aggregarsi all’allegra brigata.
A me dispiace, noi siamo Amici prima che un gruppo di motociclisti ed ogni volta che parto in formazione ridotta ho sempre l’impressione di aver fatto un torto a chi resta al palo…
Ma dovrò abituarmi all’idea che il tempo spensierato è oramai passato e che gli impegni lavorativi e di famiglia possono prendere il sopravvento su altro. Forse da grande ci riuscirò! 😀
Alla fine siamo io, Ulysse, e MrSergio il quale durante la settimana ha però una sorpresa in serbo; diceeee… “Problemi se viene una amica con noi?”
A Sè, ma quali problemi, telefono alla locanda e prenoto una stanza in più. Detto, fatto.
Ci ritroviamo la mattina del sabato, alle 8e30, alla stazione di servizio Ardeatina, sul Gra. Posto inusuale, per noi, ma siamo solo in 3 e Sergio con Daniela provengono dallo stesso quartiere, via, palazzo… inutile fargli fare tanta strada, mentre per me che vengo da più lontano un punto del Raccordo o un altro è la stessa cosa.
Colazione, la ritualità deve essere rispettata! Daniela si offre di offrire, non è l’ultima arrivata all’appuntamento perchè giunta insieme a MrSergio, ma potrebbe esserlo nel gruppo Babbaluco, così le lasciamo gioia ed emozione di recarsi alla cassa.
Fa freddo, per tutta la settimana il meteo non è stato certo propizio per una gita in moto, anche se una schiarita il giorno precedente ci aveva fatto sperare.
Decidiamo quale percorso prendere: un breve tratto della Roma L’Aquila per poi uscire a Vicovaro e proseguire sulla Tiburtina; MrSergio apre la via e, seguendo l’estro delle sue improvvisazioni alla Paganini, ci conduce sulla Roma Napoli!!! 😀 poco male, recuperiamo in fretta facendo abortire un tentativo per evitare la A24 imboccando da subito la Tiburtina: troppo traffico, troppi semafori, troppi lavori in corso.
Riprendiamo così il percorso deciso all’inizio e rapidamente arriviamo a Vicovaro. Il freddo persiste, ma la pioggia fortunatamente non arriva! Saliamo di quota con la SS5, passiamo Carsoli e poi ancora più su, fino a Tagliacozzo per poi scendere su Avezzano. Prendiamo una strada oramai resa obsoleta e dimenticata dalla superstrada Avezzano Sora, ma un incanto da percorrere in moto.
Un lungo susseguirsi di curve e saliscendi, anche se il fondo stradale non è dei migliori possiamo guidare sciolti e senza avere automobili intorno. Neanche moto, a dire la verità, ma si sa che i Babbaluci non sono motociclisti estivi, la nostra stagione dura tutto l’anno.
Sono contento di vedere, nei retrovisori, Daniela che svolacchia fra le curve come la farfalletta della vispa Teresa; è abile ed agile, una piacevole sorpresa; sta al passo, che cerco di calibrare allungando fino a che non la vedo staccarsi, per poi rallentare di quel tanto che serve a sincronizzarci e procedere allo stesso ritmo. MrSergio chiude la fila, con l’autorità ed il mestiere che gli sono propri.
Arriviamo a Sora, incredibilmente scaldati da un sole per niente timido; rifornimento, opportuna sosta al bar e si riparte, non prima di esserci informati sulle condizioni di Forca d’Acero; dice il giovane benzinaio: “oramai il peggio è passato, potete trovare un pò di ghiaccio all’ombra ma la strada è pulita.”
Saliamo decisi, prudenti ma decisi, e dopo il lungo tratto sinuoso, all’altezza del rifugio iniziano i tornantoni tipici della Route 666, come l’ha poi ribattezzata Daniela.
La neve comincia a fare la sua comparsa a bordo strada, per poi diventare elemento predominante man mano che si sale; la percorrenza del valico e la successiva discesa avvengono fra due muri di neve, sembra di essere in una pista da bob! Strada pulita, sì, ma bisogna camminare al centro evitando di mettere le ruote sul ghiaccio; e comunque il nastro d’asfalto è opportunamente condito con sale misto ad una una finissima ghiaia.

Non ho ansia, MrSergio non è certo una novità e Daniela dimostra perizia e sicurezza; in questo scenario e con tutta la tranquillità del mondo arriviamo sotto Opi, proseguendo verso Barrea su una strada semideserta.
Passiamo il lago, la strada sale di nuovo e noi pure; si va verso Castel di Sangro, Roccaraso e poi Rivisondoli; la neve rende il paesaggio simile ad una foto in High Key: tutto è bianco, dalle campagne ai rilievi montuosi, dagli alberi ai paesi che si intravedono in lontananza. Noi proseguiamo, attraversiamo Campo di Giove su un fondo stradale pessimo ma di grande soddisfazione, perchè siamo consapevoli di esserci, di stare vivendo una delle nostre tante scorribande particolari, dove la nostra presenza è spesso la sola presenza che si può incontrare su due ruote.
Io e MrSergio chiacchieriamo, accoppiati nel canale bluetooth, e ad un certo punto la domanda sorge sponantanea: maaa… ndò se magna?
Rispondo: “avresti dovuto fermarti a Rivisondoli, ora conviene proseguire fino a Fara San Martino, prima non troviamo nulla.” E proseguiamo. La “nostra” fontanella poco dopo il Valico della Forchetta è ghiacciata ma ciò che fa veramente impressione è vedere la strada che percorremmo lo scorso anno in estate, una strada immersa nel bosco e che sbuca a poca distanza dal Valico, completamente sommersa dalla neve; ovviamente una sbarra ne chiude l’accesso, ma se non ci fosse la sbarra non si capirebbe che lì c’è una strada! La neve ricopre tutto, altissima fino ad arrivare a metà dei grossi tronchi e fronde ed alberi caduti fanno pensare ad una selva impenetrabile!
Ma la SS84 ben presto cattura con prepotenza la nostra attenzione, mostrandoci tutta la sua austera bellezza; le rocce che incombono sull’asfalto come panna che ricade sul cioccolato, invadenti, minacciose; il fondo valle che scorre alla nostra destra, tutto incute timore e rispetto e noi guidiamo di conseguenza, non senza prenderci quel minimo di libertà che la confidenza e l’affetto del luogo ci consentono.
Arriviamo così a Fara San Martino; poco prima di uscire definitivamente dall’abitato e dopo l’ennesima curva, c’è un punto di ristoro, un bar pizzeria ristorante che ci accoglie calorosamente, in quanto adeguatamente riscaldato.
Ci liberiamo delle armature, che accatastiamo su un tavolo adiacente: una natura morta fatta di caschi, guanti, protezioni, giacche…
Preso posto al tavolo a fianco ci apprestiamo ad ordinare, non senza aver fatto una visita di cortesia ai bagni. Qualcuno bussa in modo molto maleducato alla porta: ” ma insomma, vogliamo liberare questo bagno?”
Il vaffa fermenta rapidamente in gola, scuotendo prepotentemente le corde vocali; apro la porta per donargli la giusta libertà ma… Sorpresa, Gianfranco!!!
Resto un attimo ammutolito e sbigottito, mentre con uno sforzo deglutisco il vaffa, e poi ci abbracciamo da fraterni amici quali siamo. Queste sono situazioni nelle quali in una frazione di secondo si torna indietro di secoli.
Con Gianfranco e Massimo ho condiviso amicizia intima e scorribande in moto, quante e quante ne abbiamo fatte!
Poi, come spesso avviene, gli accadimenti della vita ci portano a prendere strade diverse ma ciò che è stato fra noi era veramente profondo e per forza di cose è rimasto radicato nell’animo.
Torniamo ai tavoli, saluto Patrizia e Ludovica, moglie e figlia di Gianfranco, ed i loro amici di gita poi, prima che i ricordi rubino la scena, torno al tavolo e mi riunisco ai miei compagni di merenda.
Un tagliere formaggi ed affettati per antipasto; pasta, ottima, abbondante e con l’aggiunta di una ulteriore ciotolona della medesima che ci viene recapitata al tavolo a nostra insaputa.
Acque, caffè e con 10 eurozzi a testa facciamo la nostra porca figura alla cassa.
Saluto rapidamente la combriccola di Gianfranco e poco dopo siamo di nuovo fuori, di nuovo bardati; come novelli crociati alla conquista di Edessa, cavalchiamo i nostri destrieri per raggiungere l’agognata meta.
La strada dopo un pò diventa tranquilla, le curve si addolciscono ed il nastro d’asfalto si distende verso il mare; passato Lanciano non sono molti i chilometri che ci separano dall’arrivo.
Ed arriviamo, possiamo concederci anche un proseguimento a bassa andatura lungo la Costa dei Trabocchi per poi tornare indietro e fermarci alla locanda.
Parcheggiamo le moto e prendiamo possesso delle camere; l’orario di arrivo è quello abituale, quel tardo pomeriggio ma non troppo tardo, che ti consente doccia, relax ed una passeggiata a piedi prima di andare a cena.
Facciamo le foto al trabocco che è proprio di fronte alla locanda, fino al calar del sole in modo da poter catturare la splendida luce naturale che, poco più tardi, si lascia sopraffare dai fanali apposti lungo il molo e sul trabocco.
Due chiacchiere con un loquace indigeno, poi prendiamo la strada della locanda. Ceniamo qui, il tavolo ben presto si riempie: piatti di spaghetti alle vongole, il tipico brodetto locale, dolce, vino, tanta acqua, ben cinque bottiglie che includono la scorta notturna; con 18 euri a testa chiudiamo la pratica.
Due passi dopo cena, constatando che il meteo è stato molto generoso ma che, come ogni cosa, tutto ha un limite: le nuvole, fino ad ora presenti ma discrete, alte, riprendono ad addensarsi in una specie di riunione carbonara, lasciando presagire un complotto ai nostri danni.
Raggiungiamo i giacigli, prima di addormentarmi mi metto a trafficare con la carta per cercare un percorso per il rientro del giorno dopo, che possa essere un itinerario compatibile con il maltempo ma interessante, motociclisticamente dignitoso. Raggiunto lo scopo e soddisfatto, chiudo la carta e mi lascio andare al meritato riposo.

Durante la notte, silenziosa, rilassante, la pioggia scende piano ma incessante. Metto il naso fuori della porta verso le 6 e mi preparo psicologicamente ad un rientro bagnato.
Dopo la colazione, però, la pioggia diventa fine e delicata, più uno sporca visiere che un rovescio vero e proprio. Ma al momento di avviare le moto si prefigura l’episodio che avrebbe dato vita all’avventura di questa gita: la mia moto non parte, batteria completamente a terra. Era successo anche a Casciana, a Febbraio, ed avevo dato la colpa alla notte trascorsa sotto la pioggia incessante ed al freddo.
I cavetti, presto, non c’è un minuto da perdere! MrSergio li tira fuori e la moto riparte; prendiamo la strada del rientro, seguendo la costa fino a poco prima di Ortona, poi deviamo verso l’interno per raggiungere Chieti, attraversando un pò di colline.
Bel percorso, la pioggia ci accompagna ma in modo delicato, senza essere d’intralcio. Lambiamo la periferia di Chieti, ecco la Tiburtina: Manoppello Scalo, Alanno, Scafa, i cartelli scorrono a velocità regolare lungo la via e quasi non ci accorgiamo che, oramai, la pioggia ci ha lasciati da un pò di chilometri.
Arriviamo alle porte di Popoli che lo scenario è umido ma non completamente annacquato; fa freddino, ma le strade sono pulite anche se giustamente e leggermente scivolose.
L’idea pian piano prende forma nell’involucro racchiuso all’interno del casco, rapida consultazione con MrSergio tramite il dente blu e via, in breve siamo a Raiano.
Sosta caffè, cioccolata per Daniela, il freddo ci ricorda di esistere nonostante, da due giorni, siamo in Primavera. Ci scaldiamo un pò all’interno del bar e dopo riprendiamo le moto per goderci le Gole di San Venanzio.
Arriviamo, e passiamo senza fermarci, a Castelvecchio Subequo; proseguiamo verso Castel di Ieri per poter valicare a Forca Caruso… Strada ghiacciata ai bordi, bisogna fare attenzione a dove si mettono le ruote; intorno solo neve e neve; le pale dei generatori eolici che, come fantasmi, appaiono e scompaiono fra le nuvole; atmosfera surreale, scenario insolito ed improponibile se correlato ad una gita in moto.
Ma sappiamo il fatto nostro, la migliore qualità dei Babbaluci non è andare a manetta ad ogni costo, ma sapientemente sapersi adattare al tracciato ed alle condizioni climatiche per poter raggiungere qualsiasi meta, e questo stiamo facendo, siamo semplicemente noi stessi. Ci fermiamo nei pressi del valico per le foto, poi il freddo ci consiglia di non indugiare nella sosta. Cominciamo a scendere verso Celano, poi ecco Avezzano, dove girando per le vie del centro individuiamo un bar ben fornito di focacce e panini. Sosta, l’ora c’è e la fame pure. Ordiniamo e poi ci andiamo a sedere all’interno di un moderno gazebo in metallo e vetro, riscaldato a meraviglia e non da quei funghi cinesi che odio; l’aria calda arriva dalle grate incassate nel pavimento di legno.
Consumiamo il frugale e soddisfacente pasto e ci rimettiamo in sella, ma senza partire perchè la mia moto, di nuovo, si rifiuta di avviarsi e lo fa solo dopo tante preghiere e convincimenti.
Si va verso Tagliacozzo, saliamo e dopo Sante Marie la moto si ammutolisce, del tutto e definitivamente. Il sospettato è ora reo confesso: lo statore!
La strada è ghiacciata, siamo dopo una curva e Daniela, saggiamente, si apposta all’inizio della medesima per le opportune segnalazioni.
Io e MrSergio armeggiamo con cavetti e batterie, ma visto l’esito negativo dei nostri tentativi e la luce che comincia a scarseggiare, decidiamo per il traino.
Siamo attrezzati, in ordine di apparizione entrano in scena la fettuccia da montagna, i rinvii ed il cordino d’acciaio che MrSergio ha sapientemente inguainato in un tubetto di gomma e provvisto di redance.
La mia moto è ora unita alla sua in un cordone ombelicale che va dai riser del mio manubrio al suo portapacchi; la comunicazione via interfono si dimostra quanto mai utile per tenere la corda sempre in tiro.
Una quindicina di chilometri, poi Carsoli; un distributore, ci accampiamo; il gentilissimo gestore chiama al telefono il proprietario di un negozio di ricambi moto proprio di fronte, ma questi essendo domenica è fuori; però ci dice che la madre può venirci ad aprire il negozio e possiamo prendere ciò che ci serve, batteria e quant’altro, “poi quando ripasserete da qui, pagherete”.
Ci sta un triplo esclamativo? Si, proprio tutto, anche tre!!! Però non ha la batteria adatta, le sue dovrebbero essere riempite di acido e tenute sotto carica almeno tre ore.
Così torna alla ribalta l’idea iniziale: supermercato, MrSergio parte, io e Daniela ci occupiamo dei preparativi per l’operazione: si tagliano a misura i cavi dei morsetti di MrSergio, si scollega la vecchia batteria, si prepara il sito per il trapianto della nuova, che verrà sistemata all’interno della borsa da serbatoio.
Mr ritorna con una batteria da auto da 35Ah, che inseriamo nell’alloggio previsto e tramite le nuove arterie artificiali connettiamo ai morsetti della vecchia. Il tutto, cavi e morsetti, viene posizionato e fasciato con cura meticolosa, nulla deve pendere, nulla deve scintillare; i cavi escono da sotto la sella, vengono fissati con fascette alla maniglia della borsa e dalla congiunzione delle cerniere entrano nella borsa.
Operazione da manuale, trapianto perfettamente riuscito! All’inizio la moto borbotta, ha un avvio incerto e faticoso, la centralina si è giustamente risentita di tutti gli sbalzi che ha dovuto subire.
Ma poi, capito che avevamo agito anche per il suo bene, per consentirle una alimentazione corretta e sufficiente, si mette a disposizione senza ulteriori polemiche.
Stacco l’anabbagliante, che consumerebbe troppa energia; oramai è scuro, prendiamo l’autostrada che è a soli due chilometri e procedo con la sola posizione e, di tanto in tanto, le quattro frecce -che consumano parecchio- , l’incedere sicuro protetto da MrSergio in avanguardia e Daniela subito dietro.
Arrivare al casello è abbastanza veloce ed agevole, poi il deliro del raccordo. Ci eravamo salutati all’area di servizio Colle Tasso, poco prima del casello, la mia moto rigorosamente lasciata accesa.
Loro avevano anche insistito per scortarmi fino a casa, ma lo ritenevo inutile. Così, acceso solo l’abbagliante nello svincolo GRA – AUTOSTRADA FIUMICINO, prendo per Civitavecchia sempre con le sole quattro frecce e la posizione. Arrivo a casa; entro nel garage, spengo la moto e non riparte più!!!

La gita si è conclusa, e con essa l’avventura. Abbiamo percorso strade non facili in ambienti non facili; neve, ghiaccio, freddo, nulla ci ha fermato, neanche l’inconveniente alla mia moto.
I Babbaluci hanno dimostrato ancora una volta di essere ciò che sono: motociclisti veri, senza fanatismi, senza borchie, senza tute in pelle ma molto efficaci, molto consistenti.
Daniela ha degnamente arricchito le nostre fila; è un piacere vedere la gente guidare in quel modo, molti maschietti potrebbero vergognosamente arrossire dentro il casco.
I complimenti si estendono anche scesi di sella: compagnia e simpatia sono quanto di meglio si possa sperare.
Su MrSergio nulla da dire che già non sia stato detto, posso solo ripetere condensando in una sola parola la mia concezione sull’uomo e motociclista: affidabile! C’è, sempre, in ogni situazione non si tira mai indietro, è uno di quelli (pochissimi) con i quali farei il giro del mondo in moto.
Io? Che c’entro io, la mia poca esperienza e la mia troppa modestia mi impediscono di esprimermi adeguatamente.

Alla prossima, Amici.
E vorrei vedervi tutti, Babbaluci che non siete altro.

14-15 febbraio 2015 – Casciana Terme

Uno dei luoghi di incontro più utilizzati dai Babbaluci, un’area di servizio sul GRA, vede arrivare alle 8e15 di mattina la coppia Ulysse-Lucilla.

Mentre completiamo il pieno di carburante arriva anche MrSergio; insieme ci trasferiamo davanti al bar e poco dopo arrivano Andrea ed Annina.
Siamo tutti qui, lo sparuto gruppo di Babbaluci ha perso nella settimana anche donna Flò, influenzata.
Murdok probabilmente sperduto nelle regioni Balcaniche, Poldo afflitto da poltronite, freddo, sindrome da cambio moto o chissà che altro… E gli altri immersi ognuno nei propri impicci.
Colazione, gentilmente “offerta” dalla coppia Freeblue-Annina come da antica tradizione, che vede l’ultima moto appropriarsi dell’ambito posto alla cassa.
Convenevoli, giochiamo con le radio e finalmente, poco dopo le 9, partiamo.
Cassia, il meteo a rischio non ci consente grosse alternative; percorriamo un lungo tratto un tratto della Consolare, poi una interruzione ci costringe a salire a Radicofani e dopo un giro tutto curve e saliscendi riprendiamo la strada maestra; tutto sommato un gradevole imprevisto!
Trotterellando senza fretta arriviamo a Bagno Vignoni; una sosta è d’obbligo anche per chi già conosce questo luogo incantevole, a maggior ragione per chi non l’ha mai visto.
Foto, fotine, autoscatti e… s’è fatta ‘na certa, come si dice da noi.
Decidiamo che ci conviene fare uno spuntino qui, data l’ora, perchè più avanti, lasciata la Cassia per addentrarci fra colline e campagne della Maremma, sarà difficile trovare un posto per rifocillarsi lungo la via.
Spuntino in una specie di grotta; crostoni, arrosticini, polenta… Doveva essere veloce, ma la flemma degli autoctoni non ci consente questa facoltà.
Si riparte; poco prima di Siena lasciamo la Cassia e dopo un bel tratto di Maremmana arriviamo a San Galgano, altra sosta prevista ed imperdibile.
Parcheggiamo le moto, entriamo nell’Abbazia dopo aver pagato il relativo biglietto; una gentile impiegata ci invita a lasciare caschi e zaini alla reception.
Visita interessante, sempre affascinante; anche qui altre foto, una sosta al bar una volta usciti e di nuovo in sella.
Il tempo regge, a tratti abbiamo anche un bel sole; la mattina era stata umidiccia e fredda, ma da Bagno Vignoni è andata molto meglio.
Andatura decisa ma tranquilla, la strada scorre piacevolmente e senza soste sotto le nostre ruote, ad una quarantina di km all’arrivo arriva il buio.
La strada è scivolosa, altra piccola deviazione, ma oramai siamo arrivati: ecco il nostro B&B!
Meno male, perchè qualche goccia d’acqua aveva già cominciato a cadere…
Sistemiamo le moto nel parcheggio interno, scarichiamo i pochissimi bagagli e prendiamo possesso delle camere.
Bella struttura, pulita, accogliente. Una bella doccia ci rimette in pace con noi stessi, fugando le fatiche della giornata dovute più al freddo che al tracciato.
Ci ritroviamo tutti nel soggiorno-sala da pranzo-cucina e decidiamo per la cena; non siamo entusiasti all’idea di riprendere le moto, sta piovendo; non ci va neanche di andare a piedi alla pizzeria poco lontano.
La signora del B&B telefona ad una trattoria non molto distante dal B&B, chiedendo se possiamo ordinare una cena da portare via.
Affare fatto. MrSergio, più tardi, chiama e coadiuvato da Freeblue, in una sorta di siparietto tipo Totò e Peppino che scrivono la lettera alla malafemmina, fanno le ordinazioni.
I due si recheranno poi, in moto, alla trattoria per prelevare la frugale cena.
Con 16 euri a testa ci sbafiamo: due focacce e un pezzo di casareccio; rigatoni con funghi, rigatoni con sugo piccante, tagliata, straccetti con rughetta e parmigiano, patate, verdure grigliate, il tutto per sei persone mentre noi siamo in cinque. A complemento una bottiglia di rosso, una birra e cinque bottiglie di acqua!!! Che cena!
Ma il bello di questa cena, più che la bontà del cibo ed il ridicolo esborso, sono l’atmosfera ed il contesto.
Babbaluci riuniti a tavola, come tantissime altre volte, ma come se fossimo a casa nostra.
La signora e relativo marito ci lasciano padroni della locanda, con tanto di chiavi, in quanto si recano al porto di Livorno.
Eh si, i Babbaluci ispirano e meritano fiducia!
Durante la cena le nostre cazzate si fondono e si confondono con quelle provenienti dall’ultima serata del festival di San Remo, in sottofondo televisivo.
Finita la cena un vorace MrSergio si finisce gli ultimi rigatoni al sugo piccante rimasti nella teglia! ‘Ccitua, Sè!!!
Le chiacchiere dopocena ci accompagnano al commiato per il meritato riposo.
Le stanze sono molto carine, pulite e confortevoli. L’appuntamento è per l’indomani mattina alle nove, per la colazione.

La notte scorre tranquilla e silenziosa, mentre la pioggia cade incessante.
Siamo a colazione, fra un fetta di torta ed una crostata cerchiamo di definire il percorso per il rientro.
Deciso, passiamo per le Terme di Saturnia.
Partiamo in un momento di tregua dalla pioggia; una strada sinuosa e piacevole, nonostante sia abbastanza scivolosa, ci conduce per valli e colline da cartolina.
Umidicci ma ancora salvi dalla pioggia arriviamo fino all’Aurelia, dove invece ci si rovescia addosso un incessante acquazzone.
Percorriamo la Consolare 1, grandissimo regalo di Gaio Aurelio Cotta, fin quasi a Grosseto, per poi piegare nuovamente verso l’interno.
Belle strade, la pioggia ora è cessata e la guida è più rilassata. Pancole, Scansano, ma poco prima di Montemerano di nuovo strada interrotta!
Siamo a pochissimi km da Saturnia, ma aggirare il blocco ci costrebbe più di 40km… Improponibile, con questo tempo e a quest’ora.
Torniamo sui nostri passi poi, per strade e stradine incantevoli ed immerse in scenari bucolici, ritorniamo sull’Aurelia, all’altezza di Montalto, passando sotto Capalbio e per Pescia Fiorentina.
Il tratto di Aurelia è abbastanza anonimo, unica nota registrata il ritorno della pioggia, ma più leggera.
Ci fermiamo per uno spuntino, sono quasi le 16. Fortunatamente ripartiamo asciutti e a Civitavecchia prendiamo l’autostrada.
Ci fermiamo ad una stazione di servizio per i saluti.
Dispiace sempre lasciarci dopo aver passato delle belle giornate insieme, nonostante le avversità meteo.
Ma fin dai giorni del Porcoddue abbiamo imparato a non far condizionare le nostre uscite dai capricci di Giove Pluvio.
Bella uscita, impronta Babbaluca molto marcata.
Un plauso alle ragazze, Annina e Lucilla, che hanno affrontato senza batter ciglio i lunghi tratti senza sosta, il freddo e la pioggia.

Alla prossima, Amici!