21-22 marzo 2015 – San Vito Chietino

E siamo a Marzo!
Oramai, e da tempo, è consuetudine che i Babbaluci non riescano ad effettuare una gita al gran completo; c’è sempre qualcuno che, per un verso o per l’altro, non può aggregarsi all’allegra brigata.
A me dispiace, noi siamo Amici prima che un gruppo di motociclisti ed ogni volta che parto in formazione ridotta ho sempre l’impressione di aver fatto un torto a chi resta al palo…
Ma dovrò abituarmi all’idea che il tempo spensierato è oramai passato e che gli impegni lavorativi e di famiglia possono prendere il sopravvento su altro. Forse da grande ci riuscirò! 😀
Alla fine siamo io, Ulysse, e MrSergio il quale durante la settimana ha però una sorpresa in serbo; diceeee… “Problemi se viene una amica con noi?”
A Sè, ma quali problemi, telefono alla locanda e prenoto una stanza in più. Detto, fatto.
Ci ritroviamo la mattina del sabato, alle 8e30, alla stazione di servizio Ardeatina, sul Gra. Posto inusuale, per noi, ma siamo solo in 3 e Sergio con Daniela provengono dallo stesso quartiere, via, palazzo… inutile fargli fare tanta strada, mentre per me che vengo da più lontano un punto del Raccordo o un altro è la stessa cosa.
Colazione, la ritualità deve essere rispettata! Daniela si offre di offrire, non è l’ultima arrivata all’appuntamento perchè giunta insieme a MrSergio, ma potrebbe esserlo nel gruppo Babbaluco, così le lasciamo gioia ed emozione di recarsi alla cassa.
Fa freddo, per tutta la settimana il meteo non è stato certo propizio per una gita in moto, anche se una schiarita il giorno precedente ci aveva fatto sperare.
Decidiamo quale percorso prendere: un breve tratto della Roma L’Aquila per poi uscire a Vicovaro e proseguire sulla Tiburtina; MrSergio apre la via e, seguendo l’estro delle sue improvvisazioni alla Paganini, ci conduce sulla Roma Napoli!!! 😀 poco male, recuperiamo in fretta facendo abortire un tentativo per evitare la A24 imboccando da subito la Tiburtina: troppo traffico, troppi semafori, troppi lavori in corso.
Riprendiamo così il percorso deciso all’inizio e rapidamente arriviamo a Vicovaro. Il freddo persiste, ma la pioggia fortunatamente non arriva! Saliamo di quota con la SS5, passiamo Carsoli e poi ancora più su, fino a Tagliacozzo per poi scendere su Avezzano. Prendiamo una strada oramai resa obsoleta e dimenticata dalla superstrada Avezzano Sora, ma un incanto da percorrere in moto.
Un lungo susseguirsi di curve e saliscendi, anche se il fondo stradale non è dei migliori possiamo guidare sciolti e senza avere automobili intorno. Neanche moto, a dire la verità, ma si sa che i Babbaluci non sono motociclisti estivi, la nostra stagione dura tutto l’anno.
Sono contento di vedere, nei retrovisori, Daniela che svolacchia fra le curve come la farfalletta della vispa Teresa; è abile ed agile, una piacevole sorpresa; sta al passo, che cerco di calibrare allungando fino a che non la vedo staccarsi, per poi rallentare di quel tanto che serve a sincronizzarci e procedere allo stesso ritmo. MrSergio chiude la fila, con l’autorità ed il mestiere che gli sono propri.
Arriviamo a Sora, incredibilmente scaldati da un sole per niente timido; rifornimento, opportuna sosta al bar e si riparte, non prima di esserci informati sulle condizioni di Forca d’Acero; dice il giovane benzinaio: “oramai il peggio è passato, potete trovare un pò di ghiaccio all’ombra ma la strada è pulita.”
Saliamo decisi, prudenti ma decisi, e dopo il lungo tratto sinuoso, all’altezza del rifugio iniziano i tornantoni tipici della Route 666, come l’ha poi ribattezzata Daniela.
La neve comincia a fare la sua comparsa a bordo strada, per poi diventare elemento predominante man mano che si sale; la percorrenza del valico e la successiva discesa avvengono fra due muri di neve, sembra di essere in una pista da bob! Strada pulita, sì, ma bisogna camminare al centro evitando di mettere le ruote sul ghiaccio; e comunque il nastro d’asfalto è opportunamente condito con sale misto ad una una finissima ghiaia.

Non ho ansia, MrSergio non è certo una novità e Daniela dimostra perizia e sicurezza; in questo scenario e con tutta la tranquillità del mondo arriviamo sotto Opi, proseguendo verso Barrea su una strada semideserta.
Passiamo il lago, la strada sale di nuovo e noi pure; si va verso Castel di Sangro, Roccaraso e poi Rivisondoli; la neve rende il paesaggio simile ad una foto in High Key: tutto è bianco, dalle campagne ai rilievi montuosi, dagli alberi ai paesi che si intravedono in lontananza. Noi proseguiamo, attraversiamo Campo di Giove su un fondo stradale pessimo ma di grande soddisfazione, perchè siamo consapevoli di esserci, di stare vivendo una delle nostre tante scorribande particolari, dove la nostra presenza è spesso la sola presenza che si può incontrare su due ruote.
Io e MrSergio chiacchieriamo, accoppiati nel canale bluetooth, e ad un certo punto la domanda sorge sponantanea: maaa… ndò se magna?
Rispondo: “avresti dovuto fermarti a Rivisondoli, ora conviene proseguire fino a Fara San Martino, prima non troviamo nulla.” E proseguiamo. La “nostra” fontanella poco dopo il Valico della Forchetta è ghiacciata ma ciò che fa veramente impressione è vedere la strada che percorremmo lo scorso anno in estate, una strada immersa nel bosco e che sbuca a poca distanza dal Valico, completamente sommersa dalla neve; ovviamente una sbarra ne chiude l’accesso, ma se non ci fosse la sbarra non si capirebbe che lì c’è una strada! La neve ricopre tutto, altissima fino ad arrivare a metà dei grossi tronchi e fronde ed alberi caduti fanno pensare ad una selva impenetrabile!
Ma la SS84 ben presto cattura con prepotenza la nostra attenzione, mostrandoci tutta la sua austera bellezza; le rocce che incombono sull’asfalto come panna che ricade sul cioccolato, invadenti, minacciose; il fondo valle che scorre alla nostra destra, tutto incute timore e rispetto e noi guidiamo di conseguenza, non senza prenderci quel minimo di libertà che la confidenza e l’affetto del luogo ci consentono.
Arriviamo così a Fara San Martino; poco prima di uscire definitivamente dall’abitato e dopo l’ennesima curva, c’è un punto di ristoro, un bar pizzeria ristorante che ci accoglie calorosamente, in quanto adeguatamente riscaldato.
Ci liberiamo delle armature, che accatastiamo su un tavolo adiacente: una natura morta fatta di caschi, guanti, protezioni, giacche…
Preso posto al tavolo a fianco ci apprestiamo ad ordinare, non senza aver fatto una visita di cortesia ai bagni. Qualcuno bussa in modo molto maleducato alla porta: ” ma insomma, vogliamo liberare questo bagno?”
Il vaffa fermenta rapidamente in gola, scuotendo prepotentemente le corde vocali; apro la porta per donargli la giusta libertà ma… Sorpresa, Gianfranco!!!
Resto un attimo ammutolito e sbigottito, mentre con uno sforzo deglutisco il vaffa, e poi ci abbracciamo da fraterni amici quali siamo. Queste sono situazioni nelle quali in una frazione di secondo si torna indietro di secoli.
Con Gianfranco e Massimo ho condiviso amicizia intima e scorribande in moto, quante e quante ne abbiamo fatte!
Poi, come spesso avviene, gli accadimenti della vita ci portano a prendere strade diverse ma ciò che è stato fra noi era veramente profondo e per forza di cose è rimasto radicato nell’animo.
Torniamo ai tavoli, saluto Patrizia e Ludovica, moglie e figlia di Gianfranco, ed i loro amici di gita poi, prima che i ricordi rubino la scena, torno al tavolo e mi riunisco ai miei compagni di merenda.
Un tagliere formaggi ed affettati per antipasto; pasta, ottima, abbondante e con l’aggiunta di una ulteriore ciotolona della medesima che ci viene recapitata al tavolo a nostra insaputa.
Acque, caffè e con 10 eurozzi a testa facciamo la nostra porca figura alla cassa.
Saluto rapidamente la combriccola di Gianfranco e poco dopo siamo di nuovo fuori, di nuovo bardati; come novelli crociati alla conquista di Edessa, cavalchiamo i nostri destrieri per raggiungere l’agognata meta.
La strada dopo un pò diventa tranquilla, le curve si addolciscono ed il nastro d’asfalto si distende verso il mare; passato Lanciano non sono molti i chilometri che ci separano dall’arrivo.
Ed arriviamo, possiamo concederci anche un proseguimento a bassa andatura lungo la Costa dei Trabocchi per poi tornare indietro e fermarci alla locanda.
Parcheggiamo le moto e prendiamo possesso delle camere; l’orario di arrivo è quello abituale, quel tardo pomeriggio ma non troppo tardo, che ti consente doccia, relax ed una passeggiata a piedi prima di andare a cena.
Facciamo le foto al trabocco che è proprio di fronte alla locanda, fino al calar del sole in modo da poter catturare la splendida luce naturale che, poco più tardi, si lascia sopraffare dai fanali apposti lungo il molo e sul trabocco.
Due chiacchiere con un loquace indigeno, poi prendiamo la strada della locanda. Ceniamo qui, il tavolo ben presto si riempie: piatti di spaghetti alle vongole, il tipico brodetto locale, dolce, vino, tanta acqua, ben cinque bottiglie che includono la scorta notturna; con 18 euri a testa chiudiamo la pratica.
Due passi dopo cena, constatando che il meteo è stato molto generoso ma che, come ogni cosa, tutto ha un limite: le nuvole, fino ad ora presenti ma discrete, alte, riprendono ad addensarsi in una specie di riunione carbonara, lasciando presagire un complotto ai nostri danni.
Raggiungiamo i giacigli, prima di addormentarmi mi metto a trafficare con la carta per cercare un percorso per il rientro del giorno dopo, che possa essere un itinerario compatibile con il maltempo ma interessante, motociclisticamente dignitoso. Raggiunto lo scopo e soddisfatto, chiudo la carta e mi lascio andare al meritato riposo.

Durante la notte, silenziosa, rilassante, la pioggia scende piano ma incessante. Metto il naso fuori della porta verso le 6 e mi preparo psicologicamente ad un rientro bagnato.
Dopo la colazione, però, la pioggia diventa fine e delicata, più uno sporca visiere che un rovescio vero e proprio. Ma al momento di avviare le moto si prefigura l’episodio che avrebbe dato vita all’avventura di questa gita: la mia moto non parte, batteria completamente a terra. Era successo anche a Casciana, a Febbraio, ed avevo dato la colpa alla notte trascorsa sotto la pioggia incessante ed al freddo.
I cavetti, presto, non c’è un minuto da perdere! MrSergio li tira fuori e la moto riparte; prendiamo la strada del rientro, seguendo la costa fino a poco prima di Ortona, poi deviamo verso l’interno per raggiungere Chieti, attraversando un pò di colline.
Bel percorso, la pioggia ci accompagna ma in modo delicato, senza essere d’intralcio. Lambiamo la periferia di Chieti, ecco la Tiburtina: Manoppello Scalo, Alanno, Scafa, i cartelli scorrono a velocità regolare lungo la via e quasi non ci accorgiamo che, oramai, la pioggia ci ha lasciati da un pò di chilometri.
Arriviamo alle porte di Popoli che lo scenario è umido ma non completamente annacquato; fa freddino, ma le strade sono pulite anche se giustamente e leggermente scivolose.
L’idea pian piano prende forma nell’involucro racchiuso all’interno del casco, rapida consultazione con MrSergio tramite il dente blu e via, in breve siamo a Raiano.
Sosta caffè, cioccolata per Daniela, il freddo ci ricorda di esistere nonostante, da due giorni, siamo in Primavera. Ci scaldiamo un pò all’interno del bar e dopo riprendiamo le moto per goderci le Gole di San Venanzio.
Arriviamo, e passiamo senza fermarci, a Castelvecchio Subequo; proseguiamo verso Castel di Ieri per poter valicare a Forca Caruso… Strada ghiacciata ai bordi, bisogna fare attenzione a dove si mettono le ruote; intorno solo neve e neve; le pale dei generatori eolici che, come fantasmi, appaiono e scompaiono fra le nuvole; atmosfera surreale, scenario insolito ed improponibile se correlato ad una gita in moto.
Ma sappiamo il fatto nostro, la migliore qualità dei Babbaluci non è andare a manetta ad ogni costo, ma sapientemente sapersi adattare al tracciato ed alle condizioni climatiche per poter raggiungere qualsiasi meta, e questo stiamo facendo, siamo semplicemente noi stessi. Ci fermiamo nei pressi del valico per le foto, poi il freddo ci consiglia di non indugiare nella sosta. Cominciamo a scendere verso Celano, poi ecco Avezzano, dove girando per le vie del centro individuiamo un bar ben fornito di focacce e panini. Sosta, l’ora c’è e la fame pure. Ordiniamo e poi ci andiamo a sedere all’interno di un moderno gazebo in metallo e vetro, riscaldato a meraviglia e non da quei funghi cinesi che odio; l’aria calda arriva dalle grate incassate nel pavimento di legno.
Consumiamo il frugale e soddisfacente pasto e ci rimettiamo in sella, ma senza partire perchè la mia moto, di nuovo, si rifiuta di avviarsi e lo fa solo dopo tante preghiere e convincimenti.
Si va verso Tagliacozzo, saliamo e dopo Sante Marie la moto si ammutolisce, del tutto e definitivamente. Il sospettato è ora reo confesso: lo statore!
La strada è ghiacciata, siamo dopo una curva e Daniela, saggiamente, si apposta all’inizio della medesima per le opportune segnalazioni.
Io e MrSergio armeggiamo con cavetti e batterie, ma visto l’esito negativo dei nostri tentativi e la luce che comincia a scarseggiare, decidiamo per il traino.
Siamo attrezzati, in ordine di apparizione entrano in scena la fettuccia da montagna, i rinvii ed il cordino d’acciaio che MrSergio ha sapientemente inguainato in un tubetto di gomma e provvisto di redance.
La mia moto è ora unita alla sua in un cordone ombelicale che va dai riser del mio manubrio al suo portapacchi; la comunicazione via interfono si dimostra quanto mai utile per tenere la corda sempre in tiro.
Una quindicina di chilometri, poi Carsoli; un distributore, ci accampiamo; il gentilissimo gestore chiama al telefono il proprietario di un negozio di ricambi moto proprio di fronte, ma questi essendo domenica è fuori; però ci dice che la madre può venirci ad aprire il negozio e possiamo prendere ciò che ci serve, batteria e quant’altro, “poi quando ripasserete da qui, pagherete”.
Ci sta un triplo esclamativo? Si, proprio tutto, anche tre!!! Però non ha la batteria adatta, le sue dovrebbero essere riempite di acido e tenute sotto carica almeno tre ore.
Così torna alla ribalta l’idea iniziale: supermercato, MrSergio parte, io e Daniela ci occupiamo dei preparativi per l’operazione: si tagliano a misura i cavi dei morsetti di MrSergio, si scollega la vecchia batteria, si prepara il sito per il trapianto della nuova, che verrà sistemata all’interno della borsa da serbatoio.
Mr ritorna con una batteria da auto da 35Ah, che inseriamo nell’alloggio previsto e tramite le nuove arterie artificiali connettiamo ai morsetti della vecchia. Il tutto, cavi e morsetti, viene posizionato e fasciato con cura meticolosa, nulla deve pendere, nulla deve scintillare; i cavi escono da sotto la sella, vengono fissati con fascette alla maniglia della borsa e dalla congiunzione delle cerniere entrano nella borsa.
Operazione da manuale, trapianto perfettamente riuscito! All’inizio la moto borbotta, ha un avvio incerto e faticoso, la centralina si è giustamente risentita di tutti gli sbalzi che ha dovuto subire.
Ma poi, capito che avevamo agito anche per il suo bene, per consentirle una alimentazione corretta e sufficiente, si mette a disposizione senza ulteriori polemiche.
Stacco l’anabbagliante, che consumerebbe troppa energia; oramai è scuro, prendiamo l’autostrada che è a soli due chilometri e procedo con la sola posizione e, di tanto in tanto, le quattro frecce -che consumano parecchio- , l’incedere sicuro protetto da MrSergio in avanguardia e Daniela subito dietro.
Arrivare al casello è abbastanza veloce ed agevole, poi il deliro del raccordo. Ci eravamo salutati all’area di servizio Colle Tasso, poco prima del casello, la mia moto rigorosamente lasciata accesa.
Loro avevano anche insistito per scortarmi fino a casa, ma lo ritenevo inutile. Così, acceso solo l’abbagliante nello svincolo GRA – AUTOSTRADA FIUMICINO, prendo per Civitavecchia sempre con le sole quattro frecce e la posizione. Arrivo a casa; entro nel garage, spengo la moto e non riparte più!!!

La gita si è conclusa, e con essa l’avventura. Abbiamo percorso strade non facili in ambienti non facili; neve, ghiaccio, freddo, nulla ci ha fermato, neanche l’inconveniente alla mia moto.
I Babbaluci hanno dimostrato ancora una volta di essere ciò che sono: motociclisti veri, senza fanatismi, senza borchie, senza tute in pelle ma molto efficaci, molto consistenti.
Daniela ha degnamente arricchito le nostre fila; è un piacere vedere la gente guidare in quel modo, molti maschietti potrebbero vergognosamente arrossire dentro il casco.
I complimenti si estendono anche scesi di sella: compagnia e simpatia sono quanto di meglio si possa sperare.
Su MrSergio nulla da dire che già non sia stato detto, posso solo ripetere condensando in una sola parola la mia concezione sull’uomo e motociclista: affidabile! C’è, sempre, in ogni situazione non si tira mai indietro, è uno di quelli (pochissimi) con i quali farei il giro del mondo in moto.
Io? Che c’entro io, la mia poca esperienza e la mia troppa modestia mi impediscono di esprimermi adeguatamente.

Alla prossima, Amici.
E vorrei vedervi tutti, Babbaluci che non siete altro.