11-12 agosto 2015 – Majella

LE FOTO

Ci siamo regalati una uscita infrasettimanale…
Il sondaggio fra gli amici del gruppo aveva rilevato che, oltre me, l’unico ad avere disponibilità per questa uscita era MrSergio.
In settimana avevamo ipotizzato un paio di mete ed alla fine si era deciso per la Majella -che non è una imprecazione- dedicandoci poi agli itinerari ed alla ricerca del posticino per passare la notte. Tutto pronto, non ci resta che andare… il lunedì viene giù acqua che sembra il diluvio universale; per martedi le previsioni meteo dicono che ci sarà ancora pioggia, ma per noi è un dato puramente statistico, siamo noi che decidiamo quando andare e non ci lasciamo condizionare dalle stagioni, dai capricci del meteo, dagli orari o altre simili sciocchezze. Se si deve andare in moto si va, punto. E basta, aggiungo.
Ci vediamo dunque alle sette di martedi mattina presso un’area di servizio sul Gra; sono in ritardo di mezz’ora, nel senso che arrivando quasi sempre mezz’ora in anticipo, questa volta presentandomi alle sette in punto mi trovo in ritardo sull’anticipo. S’è capito?
MrSergio è infatti già lì, in ansia, e sento squillare il telefono mentre entro nel piazzale: è lui!
Facciamo colazione ed una volta fuori restiamo a parlare quasi un’ora. Di cosa? mmmmh, al momento è ancora top secret!
Si parte, sono le otto; piccola tiratina sul raccordo ed usciamo sulla Anagnina.
Trotterelliamo allegri fino ad arrivare ad Artena, sempre splendido il colpo d’occhio sul paese arroccato là in alto.
Arrivare a Colleferro e ritrovarci sulla Carpinetana è un attimo; Montelanico, Carpineto Romano, passiamo sotto Maenza e poi serpeggiamo fra Pisterzo, Amaseno, Arce, Fontana Liri ed infine ci fermiamo a Isola del Liri.
Parcheggiamo le moto, bar per un rinfresco e poi a piedi andiamo a fotografare la cascata. Una mezz’ora di sosta, tempo ne abbiamo.
Ci rimettiamo in marcia, Sora e poi veloci verso Forca d’Acero. Il tempo fino ad ora ha retto, ma là in alto i monti sono avvolti da un hijab più o meno integrale; gocce d’acqua si materializzano sul cupolino e sulla visiera. Come era facile immaginare, qualche tornante prima del valico la pioggia si fa più consistente ed arrivati ai chioschi sul passo ci fermiamo per indossare gli antipioggia. Ma non restiamo li a perdere tempo aspettando che spiova, non è cosa.
Scendiamo dal passo, la centralina che abbiamo nella scatola cranica si è già auto settata su modalità RAIN, adottando l’adeguata mappatura.
Il passo non è lento, ma cambia il modo di frenare, di entrare ed uscire dalle curve, di piegare la moto.
L’esperienza rende automatici questi adattamenti, ed è quello che ci ha sempre consentito di uscire con qualunque tempo, su qualunque terreno.
Arriviamo ad Opi o, meglio, sotto Opi poi, in rapida successione, passiamo Villetta Barrea, il lago, Barrea, Alfedena e ci ritroviamo sulla SS17, (s)conosciuta anche come Appulo-Sannitica.
Distributore, abbevero la moto mentre una signo…ra? ina? alquanto rustica e rotondetta fa le fusa a MrSergio (<em>nzò capace, che m’aiutiii?</em>), che infatti la aiuta a fare rifornimento dal self service; self si fa per dire, era un Se..rgio Service. La pallocca, felice e rifornita, ringrazia e se ne va. Ce ne andiamo anche noi, nel frattempo la pioggia è diminuita, è diventata fine e quasi non la si percepisce. Roccaraso, Rivisondoli e siamo sulla mitica SS84. Scorre rapida la strada sotto le ruote, scorrono paesi dai nomi noti, che infilziamo ad andatura Garibaldina ma controllata ed infine arriviamo a Fara San Martino, in perfetto orario per lo spuntino.
E’ cosa ovvia e buona fermarci alla nostra stazione di posta; ci liberiamo degli ingombranti ed umidicci capi tecnici, in pochi minuti ci viene preparato un tavolo; nell’attesa ci gustiamo l’impresa di un giovane e molto furbo cagnetto che si sbafa quasi un pranzo intero lasciato su un tavolo all’aperto dai commensali che hanno abbandonato la postazione alle prime gocce d’acqua. Si, perchè nel frattempo l’acqua scende a scroscio, più forte che pria.
Prendiamo possesso del tavolo, mangiamo: un piccolo tagliere di salumi ed affettati locali, una carbonara, un gelatino. Naturalmente acqua minerale.
Ci attardiamo un pò,  nessuno ci corre dietro e mancano solo una cinquantina di chilometri a destinazione. Telefono al tizio della locanda e per poco non mi sfonda un timpano! Urla e neanche ti sta a sentire: snocciola rapido il suo discorso smozzicando le parole, non si capisce un’acca!
Va bene, comunque sa che siamo sulla strada e che presto arriveremo. Ripartiamo, ora non piove tanto ma appena le ruote iniziano a girare, ariecco l’acqua!
Il temporale è intenso ma per fortuna dura poco. Ci arrampichiamo su per la Majella: Palombaro, Pennapiedimonte, Bocca di Valle e l’ultimo strappo a Pretoro. Pochi tornanti prima di Passo Lanciano c’è la nostra locanda.
Parcheggiamo, una volta spente le moto regna il silenzio assoluto… ci viene da parlare sottovoce! Prendiamo le borse ed entriamo: una cattedrale deserta! Non un rumore, nessuna anima viva e neanche morta!
Ci sediamo, nella paziente attesa che qualcuno, uomo o animale, si materializzi nella navata…
Ma!? Da dietro una colonna spuntano un mezzo divano ed un mezzo uomo, non nel senso che è corto ma nel senso che gli si vedono solo i piedi e poca gamba… Ora il silenzio è rotto da un russare sordo e profondo, una specie di tromba tibetana con la sordina.
Facciamo piccoli rumori ed l’uomo si sveglia, palesandosi nella sua interezza… beh, in effetti non è che ciò che si celava dietro la colonna fosse molto, un mezzo uomo ma si rivela subito molto simpatico e gentile. E’ lui, l’urlatore telefonico!
Un gaffè, lo volete un gaffè? E senza attendere risposta va dietro al bancone del bar e comincia ad armeggiare…
Va bene. Ci lascia li e sale a verificare la camera, scende, prende i documenti e ci da la chiave. Ma è inutile tentare di instaurare un discorso, parte per la tangente e sciorina rapidamente le cose che ci deve dire.
Ci sistemiamo in camera, doccia e poi scendiamo; questo è il momento del relax, che sempre affrontiamo come un sacro rituale: pochi o tanti che siamo, ci ritroviamo attorno ad un tavolo per un aperitivo, generalmente birra e patatine, e per quattro chiacchiere. Un simpatico cagnone ci porta un bastone ed inizia il gioco del lancio e riporto; conosciamo anche il cameriere tuttofare che ci porta la birra, simpatico e gentile anche lui come la stragrande maggioranza degli Abruzzesi. Poi arriva il gestore, con notes e penna, che ci voglia intervistare? Invece ci raccomanda che si cena alle otto e prende già l’ordinazione, elencandoci prima le proposte della cucina. Decidiamo rapidamente, ma ci blocchiamo sui contorni; diceeee: “<em>c’è l’inzalata, il pomodoro, le verdure, forse c’è anghe altro ma non zono sicuro… vabbè, il condorno lo vediamo dopo, si cena alle otto.</em>” E se ne va, ma in quei pochi passi che deve fare per raggiungere la porta d’ingresso riesce a girarsi tre volte per dirci che si cena alle otto, c’è il pomodoro mavabbè il contorno lo vediamo dopo, si cena alle otto.
Finiamo la birra fra discorsi seri ed ameni, ovvie cazzate; MrSergio sale in camera a prendere una maglia più pesante, io lo aspetto appostandomi vicino alle moto.
I due comici arrivano ora in coppia, l’urlatore esordisce: “belle moto, e quanto sò? quanto sò?” ovviamente si riferisce alla cilindrata.
Rispondo: “questa è milledduecento” e l’altro prontamente esprime il suo candido e sincero commento, palesando meraviglia: “freeeeeeegnaa!“.
Proseguo: “quest’altra invece è novecento” e di rimando l’urlatore riconosce la mia saggezza e parsimonia “grande, anche questa, ma ti sei condenuto, ti sei condenuto“.
Arriva MrSergio, ci muoviamo per fare due passi e i due fanno per rientrare, ma immancabilmente… “si cena alle otto, alle otto, c’è il pomodoro ma vabbè il condorno lo vediamo dopo, si cena alle otto“.
Si fanno le otto e, per carità!, ci avviamo al tavolo.
Non c’è molta gente, atmosfera rilassata, sottofondo musicale tematico: liscio! Ma mica siamo in Romagna… C’è qualche variazione, canzoni di sentimento ed alle prime note il cameriere alza il volume a palla… evidentemente questa canzone gli risveglia vecchi amori o cose simili, perchè non capisce più niente e comincia a sbagliare le portate: a noi ci viene intavolato il secondo prima del primo, ad un altro tavolo porta non so cosa al posto di non so cos’altro… Si ride, lui gira per la sala ripetendo “errore mio, errore mio“.
Ancora una volta ci troviamo fuori dal tempo, fuori dai canoni classici, gente particolare, simpatica, gentile come solo in certi posti si può trovare.
Lui, il cameriere, è un giramondo: è da poco rientrato dall’Australia e fra poco ci tornerà. L’altro anche, ha lavorato in diversi Paesi. Gente che non si è lasciata cambiare da altre culture, altre modalità di vita ed è rimasta semplice, genuina.
Con il primo arriva il gestore, ora in versione direttore di sala: “c’è il pomodoro, l’inzalata oppure la parmiggiana di zucchine…” e che ce la lasciamo scappare?!?
Dopo la pasta “chitarrina” con ragù arriva un piatto con agnello, salsiccia, mozzarella grigliata, a parte le zucchine alla parmigiana.
Tutto ottimo, oltre le aspettative. Il vinello bianco non è un gran che ma un mezzo litro in due va giù con piacere.
Dolcetto, gentilmente rifiutiamo amari ed alcolici vari ed usciamo di nuovo. Bella serata, oramai non piove da un bel pò, l’aria è frizzantina e si sta proprio bene.
Ci addentriamo nel boschetto, ci infanghiamo per bene le nostre belle scarpe da relax, siamo costretti a pulirle con erba e spigolo di muretti…
Fine dei giochi, rientriamo in camera e ci prepariamo per la notte. Chiacchiere, sempre più o meno serie, ma per lo più si ruota sempre al solito argomento per il momento ancora secretato.

Ci si ritrova all’alba, dopo varie interruzioni notturne dei rispettivi sonni… Ma la nottata è stata comunque fresca e tranquilla.
Prepariamo il poco bagaglio e scendiamo per la colazione.
Nel frattempo è arrivata una ambulanza, una vecchietta si è sentita male, problemi di pressione… Ci ritroviamo al banco per il conto, 30 la camera 24 tutto il resto, cena birre acque ecc.
Di nuovo le chiappe sulla sella, cominciavo a sentire la mancanza di questo intimo contatto. Saliamo a Passo Lanciano, ci regaliamo un caffè ed una oransoda prima di salire al Blockhaus.
Si sale, strada immersa nel fitto bosco; tornanti, pratoni di montagna, ecco il rifugio Pomilio, si parcheggiano le moto. Panorama stupendo, montagne austere come tutte quelle dell’Abruzzo.
Ma una marea di antenne e ripetitori di tutti i tipi fanno stupro di questo magnifico paesaggio. E’ il prezzo del progresso e c’è sempre da domandarsi se non sia troppo caro, troppo.
Ma anche gli abitanti di queste regioni hanno il diritto di usare il cellulare, di vedere la tv che spesso è l’unica fonte di svago in paesi che non hanno neanche un cinema o un teatrino, in case che non hanno neanche un paese… Gironzoliamo un pò, poi prendiamo la strada del ritorno, tracciata dalla oramai esperta mano di MrSergio.
Ci addentriamo in un territorio selvaggio, per certi tratti aspro, duro come è dura la vita da queste parti: si vedono casolari di pietra, ricoveri per gli animali, per lo più greggi.
Qui l’allevamento e l’agricoltura sono ancora importanti e spesso le uniche attività possibili.
Scendendo attraversiamo paesini graziosi, abbiamo importanti montagne intorno, strade non sempre ben asfaltate ma che si intonano perfettamente con l’ambiente circostante.
Il Passo Leonardo, un paio di foto e si riprende il cammino. Arriviamo a Pacentro dall’alto; strada chiusa in due punti ma sappiamo che con le dovute accortezze si può passare, non sempre ma spesso, questa volta è una delle tante in cui riusciamo nell’intento. Arrivando a Pacentro da questa direzione non si può non fermarsi a fotografare ed ammirare il paese disteso sul monte e fra il verde, con Sulmona e la Conca Peligna a fare da sfondo. La Conca Peligna… a me evoca immagini erotiche!
Fotografiamo, entriamo in paese e dopo un paio di giri ci fermiamo presso un distributore-bar-alimentari-parco giochi.
Il ragazzo che gestisce l’attività ci fornisce un tavolo all’ombra, panini con hamburger, altri due con salame e formaggio, due cocacole ghiacciate e una simpatica conversazione, raccontando delle sue disavventure motociclistiche. Anche qui ci attardiamo, il posto è incantevole, all’ombra si sta benissimo, le chiacchiere sono piacevoli, ma poi giunge il momento di partire.
Usciamo dal paese, altra strada chiusa (ci dicono che ad aprile ha fatto un metro e venti di neve) ma questa volta siamo costretti a deviare. Attraversiamo il centro di Sulmona e dopo un paio di giri da minuetto siamo sulla statale. Poi un tratto veloce di autostrada, per passare Avezzano; di nuovo la Tiburtina, che percorriamo spediti fino a Vicovaro.
Negli interfoni. durante il tragitto, abbiamo parlato di noi, di progetti, dei Babbaluci e dell’attuale situazione degli stessi… forse l’intimità del casco favorisce l’insorgere di certe tematiche anche loro intime, delicate.
Arriviamo alla stazione di Mandela, sappiamo che da qui alla fine non ci sarà storia: caldo afoso, insopportabile, auto, caos al casello, delirio sul raccordo.
Rapido saluto in corsa, un’occhiata, ci stringiamo la mano mentre le moto corrono e ci facciamo il segno del telefono.
Certo, ci sentiremo, e vedrai che salterà fuori qualche altro bel progetto…

Alla prossima, amici!