“Ho comprato anche la moto
usata ma tenuta bene
Ho fatto il pieno in autostrada
Prendo l’aria sulla faccia…
… Mare mare mare…”
Così canta Luca Carboni e descrive quasi alla perfezione l’essenza della domenica appena trascorsa in compagnia degli amici.
Quasi, perchè c’era la moto usata ma tenuta bene, c’erano il pieno in autostrada e l’aria sulla faccia, ma invece del mare c’è stato il lago.
La nostra meta era il Turano, gita leggera, un chilometraggio che di solito a noi serve per scaldare le moto e toglierci di dosso il torpore del sonno ed il profumo di lavanda delle lenzuola. Solita area di servizio sul Gra, colazione, pieno alle moto.
Abbiamo due new entries: Silvia, in veste motociclistica perchè di persona già la conosciamo, ed Enrico, introdotto dal Mister. Bell’acquisto, quasi mio coetaneo, un anno di differenza; bel motociclista, una GS Adventure rosso fuoco con evidente aria vissuta (bene), tanti chilometri all’attivo, concreto come piace a me. Anche un bel cazzaro, Babbaluco inside.
Silvia la presento per la prima volta su queste pagine: donzella spigliata, simpatica e molto carina, sa stare in gruppo e soprattutto, qualità eccelsa, non è una rompipalle. Ma le donne Babbaluche sono tutte così, o quasi: da Lucilla ad Annina, da Daniela a Silvia.
Se manca qualcuna è perchè l’ho dimenticata o perchè appartenente alla categoria “rompipalle” 🙂
Si parte, dunque. Breve tratto di raccordo e siamo sulla Flaminia. Ogni volta che imbocco una Consolare ringrazio i miei nonni Antichi Romani che hanno costruito queste meravigliose vie di comunicazione; come erano avanti! Avevano progettato queste strade pensando che un domani i motociclisti ne sarebbero stati felici, pur non esistendo ancora la motocicletta; esisteva però la biga, immortale ed intramontabile nei secoli e nei millenni… piaceva tanto ai nostri avi quanto piace a noi! W LA BIGA!
La Flaminia ci guida fino a Rignano, dove la salutiamo per addentrarci nella campagna, verso la Riserva Naturale del Tevere; bella strada nel verde, fra campi e colline; peccato un pò sconnessa ma le tre GS davvero non ne risentono. Attraversiamo il Tevere e siamo nel cuore della Sabina; la Ternana ci fa guadagnare terreno verso Rieti, con un percorso poco frequentato dalle auto, che preferiscono vie più dirette e veloci; in una serie di saliscendi, con innumerevoli curve e qualche bel tornante, arriviamo al Valico di Fonte Cerreto. Foto, intervento idrico e si riparte.
Mentre guido penso che una notturna, qui, non ci starebbe niente male…
Arriviamo alle porte di Rieti, rituale danza nella quale i passi sono dettati dallo sfarfallio dei navigatori, ma in fondo si tratta solo di un giro di piazza: è vero che le mappe non sono aggiornate, è vero anche, però, che trovo un senso vietato che l’ultima volta non c’era; c’è invece un mini svincolo dove prima non potevi passare e se ti avesse visto il vigile ti avrebbe fatto la multa.
Cazzo, ce sò arrivati a capì che era cosa naturale, buona e giusta attraversare in quel punto!
Bene, siamo sul nostro percorso che si inerpica veloce con ripidi tornanti, di tutto rispetto, e dopo si distende come un serpente, sinuoso ma mai aspro nelle curve. Anche qui il fondo stradale, nonostante non sia una Consolare, risale al tempo degli Antichi Romani.
Anzi, no, perchè lo avessero fatto loro si sarebbe mantenuto meglio.
Però questo asfalto fa da deterrente agli intutati, che sfrecciano sulla Salaria e sulle salite per il Terminillo; meglio così! Le nostre sono le sole moto su questo tracciato.
Al piccolo trotto arriviamo a scollinare proprio sopra il lago; questa è una via ancora meno frequentata: merde assortite di mucca ed una panda con a bordo un burino sdentato, ma sorridente, sono gli unici indizi che anche qui c’è vita. Pochissime le case infrattate nella vegetazione.
La vista sul lago è spettacolare; come diceva Aristotele “in tutte le cose della natura esiste qualcosa di meraviglioso” E’ vero, anche se il lago è artificiale il luogo è straordinario; la valle del Turano è una cartolina, con il lago ed i suoi paesi dipinti: Castel di Tora e Colle di Tora i più in vista, i più pittoreschi, appunto. E comunque qui una volta era tutto sommerso dalle acque del mare!
Dallo stomaco risale sommessa una vocina; percezioni sensitive alimentate da odore di brace, carne arrosto e profumo di rosmarini distraggono la mia vis poetica.
Siamo un’ora in anticipo rispetto all’ETA (Estimated Time Arrival nelle anse del mio cervello adibite alle mansioni lavorative)… l’andatura è veramente lenta, mirata a gustarci il magnifico paesaggio; più piano di così non si può andare ed oltretutto siamo a meno di venti chilometri dal nostro punto di ristoro.
Attraversiamo il ponte sul lago preceduti da un gruppo di Harley con lo scureggiofono a pieno volume… Se il rumore fosse direttamente proporzionale alla velocità queste moto dovrebbero fare trecentotrenta chilometri all’ora, ma in effetti non li fanno nemmeno in un giorno!
Avessi una Harley la vorrei silenziosa, ed un pensierino ce l’avevo pure fatto in passato. Ma sarebbe una seconda moto, comunque.
Arriviamo, salitone ripido ma proprio ripido ripido… Parcheggiamo, ci accomodiamo nella veranda sul lago intenzionati a prenderci un aperitivo ed invece, in breve, arrivano degli antipasti. Vabbè, pare brutto rifiutare… Il pranzetto scorre tranquillo, in armonia e simpatia; Enrico ci fa scompisciare con il racconto di una passeggera in panico su un volo per Londra; altre cazzate seguono; arriva un gruppetto al tavolo di fronte; uno dei tizi, e per me è odio a prima vista, con un cazzo di cappello che mai si leverà dalla testa, neanche per mangiare, prendendo posto dichiara ad alta voce “io sono mancino” ed Enrico ” e io sò Romanista”.
Bella performance, Erì! Parlando scopriamo di avere amici in comune, di uno di loro ne parlavamo nell’interfono io e Lucilla poco prima di arrivare… Coincidenze? Ci credo poco, sposo la tesi di Enrico che dice: “era scritto che io e te dovessimo incontrarci”.
Dopo il pranzetto ci andiamo a stravaccare sull’erba in riva al lago; mmmmhh, una discesella e successiva salita, in mezzo al verde, sassi, canali… evocano sapori di tempi passati ma mai dimenticati e Lucilla, conoscendomi e sapendo ciò che mi sta passando nella testa, mi ammonisce nell’interfono: “vedi de nun fatte pià la frenesia”.
Sto calmo, ovviamente non è il caso, non è la situazione giusta e neanche il contesto.
Stravaccati, dunque; si parla, ancora cazzate a profusione e poi si riparte.
Ripreso l’asfalto seguo il percorso disegnato dal Mister; bello, lo avevo studiato sulla carta, ma arrivato ad Orvinio, come spesso accade, mi prendo una licenza… per Licenza. Il manto stradale è ottimo, qui, le curve molto invitanti; la natura sempre meravigliosa. Nessuno suona, nessuno mi indica di riprendere l’altro percorso e vado avanti; unica sosta ad una fonte, per dissetarci.
Risalgo in sella con qualche difficoltà, il piede sinistro ancora non mi consente di spingere con forza e non riesco a tirare su la moto dal cavalletto laterale… ‘taccisua, quella stronza che mi ha causato tutto ciò mi riviene in mente e le mando l’ennesima maledizione alla Alex Drastico (prego madre natura di infradiciarti di grappoli di emorroidi… di farti sputare sangue una mattina …)
Va bene, lasciamo stare. Ripartiamo ed arrivati a Vicovaro ci consultiamo: prendiamo l’autostrada, la Tiburtina sarà incasinata e per niente attraente verso Tivoli; sono solo trenta chilometri di strada dritta, in fondo, che però ci agevolano parecchio nel rientro.
Qualcuno patisce la monotonia del tracciato e denuncia, sotto forma di capocciata al guidatore, il sopravvenuto abbiocco… Area servizio Colle Tasso, caffè (per me acqua minerale, grazie) saluti ed un appuntamento importante da rispettare: sabato sera a casa di Enrico per una Carbonara.
Signori, giù il cappello, questo è un gruppo di tutto rispetto; come è tradizione dei Babbaluci, in ogni periodo ogni singolo elemento che compone la squadra da sempre profonde il meglio di se stesso (quasi tutti). Lo standard è comunque elevato e mi fa sognare future (prossime) avventure con le chiappe incollate alle selle.
Grazie, amici, alla prossima!