Quante possono essere le strade che portano ai Sibillini partendo da Roma?
Tante? Poche? Una sola? Dipende dalla fantasia di ognuno.
Per questo giro noi abbiamo scelto una via lunga e faticosa, attraverso quattro regioni: Lazio, Abruzzo, Marche, ed Umbria.
Da un punto di vista motociclistico il miglior percorso da A a B raramente è quello più corto e veloce; nel rispetto di questo assioma, nel nostro gruppo abbiamo sempre privilegiato l’itinerario più sinuoso, panoramico e, se possibile, meno trafficato ma questa volta siamo andati oltre.
Settimane fa, su proposta del Mister, avevamo ipotizzato un giro a Castelluccio di Norcia, poi accantonato per una gita domenicale al Turano. Alla prima occasione ci siamo rifatti con gli interessi, avendo due giorni a disposizione li abbiamo sfruttati per un giro a più ampio orizzonte, restando a dormire fuori.
Un pazzo può fare danni, due in accordo non ne fanno il doppio ma assai di più, essendo il rapporto esponenziale:
“Ci vediamo alle otto”
“Facciamo alle sette”
“Partiamo subito e ci togliamo dalle scatole il tratto noioso? Faremo colazione in un posto sicuramente meglio dell’area di servizio del gra…”
“Bene, allora facciamo benzina e partiamo!”
E così è andata; certo, la voglia di partire per una due giorni mette sempre tanto entusiasmo e tanta euforia in corpo ma questo dialogo è solo apparentemente pervaso da inutile ed eccessiva enfasi, un fondo di logica invece ce l’ha!
Il meteo diceva che fino alle quattordici di sabato la situazione sarebbe stata nuvolosa ma asciutta, mentre dal primo pomeriggio sarebbe scesa acqua dal cielo. Allora, anche se poco o nullo è il condizionamento delle previsioni meteo nei confronti delle nostre iniziative, certo non ci sarebbe dispiaciuto affatto fare più strada possibile senza dover scomodare gli antipioggia.
Partiamo, dunque, ancora prima delle sette: per taluni arrivare tardi è prassi mentre per altri è mancanza di rispetto; per noi arrivare puntuali è maleducazione! 🙂
Infatti siamo sempre all’appuntamento con largo anticipo.
Via, fuori dall’area di servizio, pochi chilometri di Raccordo e siamo sulla Roma-L’Aquila. Il tempo di allungare un pò la sesta e siamo all’uscita di Vicovaro; passato il casello ci dirigiamo al bar… aria ed aromi di paese, gente genuina e ruspante che sostituisce i frequentatori dell’area di servizio; nei pochi minuti passati in attesa dell’arrivo del mister ho contato, fra le varie famigliole in evidente assetto gitaiolo e squadre di operai diretti al lavoro, anche qualche tossico, un tipo che aveva scritto in fronte “io spaccio” e due mignotte che avevano appena timbrato il cartellino di fine turno.
Colazione e via; siamo in Abruzzo, ovviamente; alle otto meno dieci siamo a Carsoli e ci inerpichiamo per Pietrasecca, altri chilometri e di nuovo varchiamo il confine fra Abruzzo e Lazio. Lambiamo la valle in cui giace il Lago del Salto, ancora sonnolento ed avvolto nelle nebbie. Si sale, si sale ed eccoci di nuovo in Abruzzo; la strada è piacevolmente tortuosa, un pò viscida ma la nebbia si sta diradando, messa in soggezione da un sole sempre più baldanzoso.
Ho le gomme nuove, hanno fatto strada dal gommista a casa e fin qui, la moto scodinzola e sculetta come una signorina poco pratica sui tacchi a spillo… è opportuno non farla innervosire, tanto fra un pò le passerà e tornerà a viaggiare temeraria e leggiadra come con le scarpe da ginnastica. Il Mister procede, un pò rigido anche lui ma va avanti; noto che ha acquisito una maggiore ed evidente dimestichezza con i tracciati, se lo sprono ad aprire la strada non è per mia pigrizia ed i risultati si vedono, come fu a suo tempo per Freeblue, divenuto poi il mio ufficiale di rotta preferito.
Curve, curve, curve ma soprattutto natura incontaminata, profumi di piante selvatiche, odore di erba bagnata… Addirittura un camoscio saltella sul pendio a sinistra della strada, a pochi metri da noi. Il mister riprende tutto con la telecamera montata sul casco.
Siamo di nuovo in Abruzzo e continuiamo a salire verso Nord, lasciandoci L’Aquila al traverso di dritta, ed ecco finalmente la mitica SS80; passiamo a Sud di Campotosto, attraversiamo Ortolano stando bene attenti al cetriolo, arriviamo al bivio dove lasceremo la SS80. Ci fermiamo al bar, prendiamo un piccolo trancio di pizza accompagnato da bevande alcoliche da viaggio: noi, per comodità, quando siamo in moto sostituiamo l’alcol con le bollicine e dunque il nostro sollazzo etilico è soddisfatto da acqua minerale, cocacola o aranciata.
Usciti dal bar ci andiamo a sedere su un muretto al di la della strada, osservando un cane che, per niente spaventato dalle auto che passano, se la dorme beatamente in mezzo alla strada, al sole.
Il cartello al bivio, fra le altre località, indica TERAMO 30km… Sono le dieci in punto ed il Mister esterna una riflessione: “pensa che ci sono motociclisti che si danno appuntamento a quest’ora!” Replico: “Potremmo farlo anche noi… appuntamento alle dieci, ma a Teramo!”.
Le cazzate… basta dirne una che le altre sono come le ciliege. Il tempo tiene, noi anche e ci rimettiamo in marcia.
Se prima la strada era piacevolmente tortuosa ora diventa tortuosamente piacevole, una sorta di sadomaso. Noi non siamo estremisti della piega, nel senso che non andiamo a cercare in strada quello che invece sarebbe più opportuno -e giusto- trovare in pista ma ovviamente, com’è nella natura del motociclista, più curve ci sono e più ci arrapiamo.
Il fondo stradale non è per niente adatto agli intutati ed alle loro moto con i semi manubri posti poco al di sopra della ruota anteriore. Ed Il manto di asfalto diventa sempre più sconnesso e raro. Pane per le nostre GS maaa… qui ho conferma di ciò che sospettavo, un primo grosso difetto rilevato sulla mia moto: le sospensioni di serie non sono per niente all’altezza della situazione e di quello che potenzialmente potresti fare con questo mezzo. Meno male che, ancora nel dubbio, ero comunque già corso ai ripari: un paio di Ohlins viaggiano verso casa mia… Va bene, continuiamo; ci arrampichiamo verso Nord, verso l’alto geografico, come ragni che risalgono il filo, solo che il nostro non è per niente dritto.
E, curva dopo curva, siamo nelle Marche.
Curva dopo curva, ma quante ne abbiamo fatte?!? Sembra di essere sottoposti ad un testi di quelli che nei film fanno agli aspiranti astronauti, per vedere se dopo tanto girare riescono a camminare dritti!
Tenere in traiettoria la moto è veramente un’impresa, mancano pezzi di asfalto, il manto stradale sembra una sbriciolata al bitume! La strada è stretta, fra l’altro, e si aprono improvvise voragini a margine, che naturalmente è sempre quello verso il dirupo.
Ma è questo che ci eccita, il piacere di guidare in condizioni avverse, la consapevolezza che le nostre moto possono affrontare questi percorsi e che noi siamo in grado di guidarle in questi scenari. Lo spettacolo offerto dalla natura è unico! Ci sono rare casette immerse nel verde ed ogni tanto un villaggio di una decina di case o poco più. Arriviamo al dunque; ecco il tratto fuoristrada, che affrontiamo decisi. Mi arriva qualche sasso con su scritto “dono del mister”, temo per il faro senza protezione e per il cupolino, lo affianco per evitare danni ma lui si innervosisce come un cavallo, al quale urlo mentalmente “somaro, sei testardo come un mulo!”
Ha ragione, però… queste non sono moto da cross, i danni possono essere rilevanti; il tracciato non è un semplice sterrato, parola generica usata da coloro che evidentemente poco sanno di fuoristrada. Questo non è percorso da guidare in piedi con il manico di scopa infilato nel culo come solo certi giessisti non hanno vergogna di fare.
Qui si fa sul serio! Sassi di varia grandezza e forma, fondo molto sconnesso, canali, curve e perfino tornanti. Qui se guidi in piedi rigido come un manichino ben presto vieni scalciato dal destriero. Si guida con attenzione, con la velocità giusta per far galleggiare la ruota anteriore, il peso spostato opportunamente, il culo sollevato da sella ma con le gambe piegate, a fare da ulteriore molla ammortizzante. Avambracci alti e polsi d’acciaio.
Questo è fuoristrada vero.
Alla fine della giostra, divertente ed emozionante anche se ha richiesto molta attenzione e fatica, pur essendo stato sempre dietro fortunatamente non ho riportato danni, perchè ho sempre guidato in posizione diagonale rispetto al Mister, Qualche caccolona di fango però ha impreziosito l’anteriore della mia moto, in modo evidente sul parabrezza.
Alla fine della giostra siamo anche sulla SS4, un cartello bisbiglia in modo discreto che siamo a dieci chilometri da Ascoli Piceno, come ad avvertirci senza clamore che “ragazzi, Castelluccio è di là, state facendo un casino, non ci avete capito un cazzo con il percorso!”
Ringraziamo per il suggerimento e prendiamo verso Ovest, modo insolito di arrivare a Castelluccio partendo da Roma. Dopo il tratto di Salaria saliamo per Forca di Presta, panorama che neanche il miglior paesaggista olandese! Le nostre moto, invece, sembrano dipinte da un macchiaiolo, lavarle fra qualche giorno sarà un piacere immenso, “a rimembrar ardite gesta…”.
Eccoci in Umbria, a tratti si vede la cima del Vettore ancora innevata ma la Piana di Castelluccio è protagonista assoluta. Raggiungiamo la valle e per non farci mancare nulla ci imbattiamo in un paio di esemplari di imbecillivvuisti, ovvero di due imbecilli dotati di GS; questa categoria di umanoidi è trasversale, l’imbecille è equamente ripartito in tutte le categorie sociali, senza distinzione di ceto o religione.
Va bene, raggiungiamo Castelluccio e ci teniamo lontani dalla massa… Panini con salsiccia piccantina che doniamo ai nostri stomaci, dono che rende felice anche la gola.
Altro alcol da motociclista, due passi fino al bar sulla curva, acquisto di lenticchie e “fiaschetto” da parte di Sergio Junior e ci dirigiamo verso le moto. Ma al momento di partire, ecco l’acqua!
Antipioggia, via per la discesa, siamo a ventiquattro chilometri dalla meta ma arrivati al distributore già non piove più, solo acqua lontana portata dal vento.
Faccio il pieno alla moto e ripartiamo, altre curve in mezzo al verde ci portano a destinazione, un ex convitto adibito ad albergo.
E, tutto intorno, solo natura incontaminata.
Gentilissimi, all’albergo!
La ragazza alla reception capisce da pochissimi e blandi indizi -casco, stivali, abbigliamento tecnico- che siamo in moto e subito ci offre la possibilità di riporre le cavalcature “o sotto la tettoia o al chiuso”. Non so perchè, ma insieme rispondiamo “al chiuso”.
Se lo sono meritato… infaticabili, ci hanno sostenuto nella nostre folle corsa, prendendo buche, sassi, fango ed acqua, galoppando sul veloce e sullo sconnesso; cavalli affidabili e fedeli e, come tali, è giusto dare loro un riposo confortevole.
Per la cronaca, non sono neanche le diciassette!
Noi in camera, pulita e spaziosa, spartana ma dotata anche di frigo bar.
Doccia, sistemiamo le nostre cose, abiti civili -non che gli altri fossero incivili- e scendiamo.
Aperitivo, ci lasciamo ammaliare da uno spritz a testa, che viene accompagnato da un tagliere di tutto rispetto: salame, ciauscolo, prosciutto, formaggi e cipolline!
Espletata con tutta calma la pratica usciamo all’aperto. Non piove, ammiriamo il bel parco, i monti e gli alberi maestosi, un giro fino alla strada e torniamo indietro, comincia a fare frescolino…
Ci sediamo in uno dei saloni della struttura, in tivvù viene trasmessa una partita dell’europeo alla quale diamo poca importanza.
Fra una cosa e l’altra si fa l’ora di cena. Ci accomodiamo al ristorante; alcuni episodi, che non sto a narrare per pura decenza, ci fanno tracimare in una crisi di ilarità senza precedenti, non riusciamo a smettere di ridere…
La cena, niente di speciale ma pietanze buone e materia prima di qualità; ci consentiamo anche il dolce, visto che il giorno abbiamo fatto parecchio moto.
Altro passaggio ai divani, poi in camera, a vedere un rimasuglio di una partita dell’europeo.
Il sonno si appropria delle mie facoltà psico fisiche, annientandole. In quella pace, in quel silenzio assoluto faccio una prima tirata di circa cinque ore!
Al mattino successivo ci svegliamo alle sette, con moooolta calma facciamo quello che dobbiamo fare, prepariamo il misero bagaglio, ci vestiamo e scendiamo.
Sta piovendo, pioggia leggera ma intensa.
Colazione, poi saliamo nuovamente in camera a prendere le cose ed infine paghiamo e ci andiamo a riprendere le moto. Partiamo che sono le dieci, ci attende la discesa su Visso passando per altre amene località. Fortunatamente quando saliamo in moto non piove più!
La statale della Valnerina è deserta, procediamo con ritmo sostenuto ma non esagerato.
Sosta ad un bar, giochiamo un pò con gli interfoni e poi di nuovo in sella, unica tirata passando per Cascia fino ad arrivare sotto Leonessa. Saliamo in paese, ci passiamo spesso ma senza mai entrare… bel posto, particolare, caratteristico, antico.
Scendiamo di nuovo a valle, vorremmo salire al Terminillo ma la strada è chiusa; la mitica 521 ci consente di aggirare l’ostacolo in modo egregio. Arriviamo alle porte di Rieti, falliamo l’ingresso di una strada e ci ritroviamo nel tunnel di tre chilometri, intubati e successivamente incanalati senza possibilità di tornare indietro. Proseguiamo sulla Salaria, poi uno dei miei soliti flash… mi accosto, chiedo al mister se, al punto in cui siamo, vuole rientrare diretto a casa.
La risposta, che non davo per scontata ma che avrei però gradito è un “NO!” talmente perentorio e deciso che mi entusiasma doppiamente.
Prendo la strada che avevo in mente, altre curve su curve, ci infiliamo in un tunnel nella vegetazione, saliscendi notevoli, ecco, dopo una mezz’ora siamo finalmente sul Monte Tancia.
Una passeggiata fino a Poggio Catino, sono le quattordici passate e ci fermiamo ad un bar-pizzeria sulla piazzetta. Trancio di pizza e minerale, caffè e ripartiamo. Ed inizia a piovere…
Il pensiero di doverci fare questo ultimo centinaio di chilometri sotto l’acqua non ci scompone, ma è ancora una volta un falso allarme… Mi vengono in mente le parole di Gassman/Peppe er Pantera nell’Audace colpo dei Soliti Ignoti: “… senza però che Giove Pluvio ponesse in atto la sua passeggera minaccia.”
Sosta al distributore e, arrivati a Passo Corese, infiliamo decisi l’autostrada.
In breve siamo alle porte di Roma e ci dividiamo, anche questa avventura è giunta al termine nel migliore dei modi.
Nel tratto Abruzzese abbiamo individuato un paio di posti per un bivacco, speriamo di poter elencare nell’album un nuovo GPAQ! L’alta quota c’è, dobbiamo provvedere al GP, che non è un gran premio… 😉
Ringrazio l’amico MrSergio che come sempre asseconda e sprona le mie fantasie motociclistiche, propositivo e positivo in ogni situazione.
Spero che gli altri possano presto rientrare nel giro, ne sento la mancanza.
E, intanto, la macchina babbaluca va avanti…
A presto, amici!