25-27 novembre 2016 – Termoli

Anche questo novembre abbiamo potuto vivere i “giorni del porcoddue”.
Oramai è un evento classico, uno dei tanti appuntamenti ricorsivi caratteristici del nostro gruppo; nacque dalla voglia di evadere, di far respirare il cervello soffocato dagli impegni e mortificato dalla routine quotidiana che, giunti a novembre, diventano di un peso insopportabile.
Allora è il momento di sfogarsi, di urlare un bel “porcoddue” , mollare tutto e andare, nonostante il clima, le piogge e, talvolta, anche la neve.
Questa volta siamo stati fortunati, il freddo c’è stato ma non la pioggia e neanche la neve.
Si parte sabato mattina, Freeblue, MrSergio ed Ulysse; l’appuntamento è presso un’area di servizio lungo il Grande Raccordo Anulare, ore otto.
Io, Ulysse, e Freeblue arriviamo come di consueto un pò prima. Rifornimento nella inusuale attesa  del Mister. Mi pare strano che non sia ancora arrivato, anche lui è solito arrivare in abbondante anticipo ed infatti, poco dopo, giunge una chiamata sul cellulare… brutto segno, se chiama quando invece dovrebbe essere già qui, si palesano tristi presagi.
Nulla di grave, per fortuna; solo un infarto alla batteria della moto; ovviamente certe nefaste coincidenze si rendono tali quando sei già in difficoltà: il Mister è momentaneamente senza auto e dunque non può ricorrere all’ausilio della di lei batteria; il caricabatterie, che pur aveva messo in opera la sera prima, non aveva svolto il suo compito.
Ma chi ha amici non deve tremare: al grido di aiuto la nostra risposta è unanime e corale: “accoro!”, in Italiano ci vorrebbe la seconda ere… 🙂
Partiamo, rapida inversione di marcia ed in pochi minuti siamo al box: moto già pronta per l’intervento, si collegano i cavi alla mia moto e, per trasfusione diretta, si rianima la batteria.
La moto parte subito! Restano, però, da capire due cose:
– perchè il carica batterie non ha funzionato?
– perchè la batteria, pur essendo stata sostituita non molto tempo prima, muore spesso? Forse c’è ancora qualche residuo di luminaria cinese che assorbe o disperde preziosa energia? Forse l’alternatore non fa il suo dovere? No, questa no, perchè la moto proprio grazie al lavoro dell’alternatore poi riparte sempre… Allora il guaio, la ciucciazione di preziosa energia, avviene a moto spenta.
Andiamo, sosta alla stessa area di servizio per consentire al mister di rifornirsi anche di energia liquida e si parte, veramente. Una rapida occhiata all’orologio dice che, pur avendo agito in fretta, abbiamo accumulato un’ora e più di ritardo. Fissare la partenza al mattino presto ripaga sempre, possiamo intraprendere il viaggio senza affanni.
Sosta sull’Anagnina per l’obbligatoria colazione; assisto impotente ad una suddivisione fifty fifty di un maritozzo con panna fra il Mister e Freeblue! Una bestemmia, un sacrilegio di prima mattina, il maritozzo non si divide nè si condivide!!!
Io assumo due piccoli cornetti, uno al cioccolato ed uno alla crema, per imparzialità.
Fuori del bar impostiamo i percorsi nei navigatori, la prima tratta ci porterà sui Monti del Matese, dunque proseguiamo piacevolmente sull’Anagnina prima e sulla Tuscolana poi ed infine sulla via Latina, che ci porta a Colleferro. Qui, data la nebbia persistente, imbocchiamo l’autostrada, settanta chilometri bevuti d’un sorso, fino a San Vittore.
Usciamo, sosta bar a Venafro per un rinforzino di colazione, più che altro per riscaldarci.
Si riparte, il tempo di immetterci nella strada che attraversa il Parco del Matese e la nebbia sparisce di colpo, regalandoci un sole che se non ci riscalda più di tanto perlomeno ci consente di ammirare il panorama e di guidare sereni, nonostante alcuni tratti in ombra siano veramente viscidi.
Il ritmo è allegro, non strafottente, godiamo della guida e dell’ambiente, la strada sale sempre più; un intoppo: un cartello recita che la strada è chiusa e poco distante, infatti, vediamo camion e ruspe al lavoro, ma oramai neanche ci consultiamo più… oltrepassiamo decisi il cartello e riusciamo a superare il blocco grazie anche alla collaborazione degli operai, che ci indicano un piccolo bypass.
Riprendiamo l’andatura, siamo perfettamente in tabella nonostante la digressione iniziale; nonostante ci siamo già spesi il bonus dell’early morning abbiamo ancora quello di un arrivo previsto non oltre le diciotto, che ci consente ancora un’ora di buffer e quello di una tabella generosa, concepita per poter essere ancora stressata.
Arriviamo a Bocca della Selva, millequattrocento metri sul livello del mare; di questa stagione è una altitudine ragguardevole e si sente; freddo secco, di montagna, tutto sommato meglio della pioggia. Intervento sulla moto di Freeblue, il primo della serie: fusibile da sostituire ma la faccenda non è così banale, perchè poi si brucia anche il nuovo… rapidamente identifichiamo il responsabile: i guanti riscaldati. Pochi minuti di lavoro, comunque.
Sull’ampio piazzale c’è un negozio di attrezzature sportive, a fianco un caciottaro ed infine un rifugio-trattoria, l’unico che ci possa garantire un pasto caldo.
Per la cronaca sono le tredici, siamo al traguardo della tratta impostata nei navigatori e nè l’orario nè il capolinea sono casuali; conoscevo il posto e la sosta era preventivata qui, più o meno a quest’ora, ad un’ora adatta adeguato per la sosta spuntino.
Roba da Babbaluci, con orgoglio! 🙂
Entriamo, bel calduccio emanato da una bella stufa e da un camino, ci accomodiamo al tavolo, rapida scelta: un assaggio di tortelli con porcini e tartufo per tutti, tagliata per me, arrosto misto per i compagni. Contorno di melanzane e zucchine grigliate con annessi porcini. Una tantum e contrariamente alle nostre abitudini, una lacrima di rosso per accompagnare le pietanze. Nell’attesa ci vengono recapitati, a nostra insaputa, due antipastini: fagioli al sugo e fegatini con peperoni, entrambi molto graditi.
Arriva l’assaggio di tortelli, ma in realtà si tratta di una porzione piena a testa. Ottimi!
Poi, contro ogni previsione visto come era andata fin’ora, siamo costretti ad aspettare un bel pò per la ciccia. Attesa ricompensata dalla bontà della carne, ma ci siamo giocati in tutto tre ore di sosta, due oltre il preventivato. Il conto, però, ci strappa un sorriso a mostra denti.
Ci rimettiamo in sella, la strada non offre molte alternative, anzi nessuna: bisogna scendere dal valico. Arrivati al punto X, comunque dopo una bella cavalcata sui monti ed immersi in una natura incontaminata, decidiamo per il taglio.
Statale, dunque, attraversando il lago in uno scenario oramai crepuscolare ma che ci lascia intravedere le meraviglie di questi paesaggi.
Solo una sosta rifornimento, arriviamo a destinazione comunque nell’orario prefissato.
Il gestore del B&B ci viene incontro, lo avevo chiamato dal distributore, una cinquantina di chilometri prima di Termoli, per avvisarlo.
Ci guida nel borgo, interdetto al traffico, noi però abbiamo il lasciapassare per lo scarico dei bagagli, effettuato il quale andiamo a parcheggiare sempre dentro le mura ma in zona consentita.
Ottima camera, da quattro persone; ampia, pulita, c’è anche il frigo bar. Piano terra, affaccio diretto sulla bella piazza.
Doccia, abiti civili e si va ad incontrare un amico collega di Freeblue, di stanza alla locale Guardia Costiera, e la di lui consorte. Molto simpatici, gradevolissima compagnia.
Passeggiata per il centro, poi ristorante, tutti insieme.
Pesce, buono, abbondante; vino adeguato, spesa al di sotto dell’immaginabile.
Dopo altro breve peregrinare siamo in stanza, bella calda grazie al termoconvettore.
Un pò di cazzeggio e poi Morfeo, lento ma inesorabile, prende possesso delle nostre facoltà fisiche e mentali.
La mattina dopo ci svegliamo verso le otto, preparazione dei fagotti, colazione e breve giro a piedi, con foto. Poi di nuovo in moto, dopo aver stivato il misero bagaglio.
Si parte, previa scelta del percorso. Statale, bella, appagante dal punto di vista paesaggistico, scorrevole e “da guidare”.
Arrivano le montagne… Sosta al bar, ma siamo in verità alla ricerca di un distributore.
Ennesima sostituzione fusibili, Freeblue li sta grigliando senza sosta e dunque è opportuno eliminare la causa di tanto fastidio; circoscriviamo la zona incriminata, il problema è fra l’interruttore ed il connettore dei guanti riscaldati, non li potrà usare.
Ripristiniamo le connessioni precedentemente manipolate e… uno sguardo all’orologio ci rivela che sono quasi le tredici. Chiedo al Mister di impostare una nuova destinazione sul navigatore, noi manterremo la traccia originale; so che non molto distante ci dovrebbe essere una bettola già precedentemente frequentata ed infatti il responso del navigatore dice che siamo a soli dodici chilometri. Senza indugio il Mister apre la strada ed a passo svelto raggiungiamo il bivio, mi infilo in uno stradello e subito dopo la curva ecco il nostro ristoro.
Ci sediamo davanti al camino acceso.
In breve: tre enormi tranci di pizza che facciamo ripienare con porchetta o capocollo, con aggiunta di formaggio. Acqua minerale, coca, tre caffè; sei euri a testa, prego.
Si riparte, suggerisco di tornare a percorrere la traccia originale per godere della vista delle Mainarde; i ragazzi non le conoscono e non possono perdere questa bella occasione, oltretutto con un bel sole a supportarci. Ma lascio decidere a loro, che decidono per il meglio, come sempre.
Si va, si sale, si guida, si gode, si ammirano le montagne, si rigode.
Scendiamo a valle, oramai è tempo di autostrada, da qui in poi nulla ci potrà regalare pari emozioni.
Entriamo a Cassino, percorriamo velocemente i circa centodieci chilometri che ci separano dal Grande Ingorgo Anulare. Distributore, ci salutiamo qui…
Ognuno prende la via di casa, siamo soddisfatti: bel giro -a casa totalizzo 720 chilometri-, belle strade, bei panorami, belle mangiate… Una gita coi fiocchi, cosa normale per noi ma che lascia sempre un sapore indescrivibile, ogni volta diverso, irripetibile anche se, per certi versi e per le modalità di effettuazione, questa uscita ha avuto, almeno per me, un piacevole retrogusto antico, di tempi lontani nel tempo ma ben vivi nella memoria.

Tutto questo grazie a quegli incorreggibili cazzari dei mie compagni, amici impareggiabili.
Oh, resta inteso che questa gli è da rifare, in tarda primavera e magari aggiungendo un giorno in più per pernottare al valico!
Come al solito resta il dispiacere per chi non ha potuto partecipare.
Grazie, alla prossima!