Eccoci giunti all’appuntamento con uno dei nostri eventi annuali: il GPAQ.
GPAQ sta a significare Gay Pride in Alta Quota, che nulla a che vedere con il gay pride così come lo conosciamo ma è una espressione scherzosa per definire quello che inizialmente era un appuntamento per soli maschi.
Tutti a mangiare e dormire insieme, liberi anche dalle pastoie comportamentali che la vita di tutti i giorni ci impone; ognuno libero di essere solamente se stesso, senza vincoli, tabù o falsi pudori ed il tutto, ovviamente, con l’unico limite del buon gusto e del rispetto.
Anche quest’anno, per la seconda volta, il GPAQ ha visto la presenza di Flò in rappresentanza del … e adesso, dopo la premessa, come lo chiamiamo? Gentil sesso?!? 🙂
Ci si vede, puntuali, ad uno dei nostri abituali punti di incontro: Murdok, Freeblue, MrSergio, Flò, Ulysse ed un (mica tanto) inaspettato Drago.
Colazione, qualcuno rabbocca il serbatoio e si parte; poco Raccordo, qualche chilometro di statale e poi, come usanza del GPAQ vuole, deviamo per strade meno frequentate.
Girovaghiamo allegri, buon ritmo ma senza esagerazioni, fino ad arrivare in un paesino. Incredibile entrare in un bar a circa cento km da casa e sentire la cameriera/proprietaria chiedere: “il solito? Tramezzino tonno e mozzarella e aranciata amara?” Certo che si!
Ci rifocilliamo, i tramezzini sono uno spettacolo, preparati al momento!
Un pò di sano cazzeggio fuori del bar e si riparte; ora ci si diverte ancora di più: la strada sale, si respira il profumo e l’aria leggera delle alture, priva dell’afa della pianura; bella strada, sinuosa; bei panorami, scorci da cartolina.
Le moto hanno abbandonato il borbottio sommesso e tranquillo per lasciarsi andare ad un respiro più ampio, un canto di qualche ottava più alto e sicuramente più ritmico.
Qualche foto, qua e là, ma senza perdere troppo tempo. La strada, tranne un breve tratto di sei km per evitare un centro abitato, riprende il suo percorso fra boschi, alture, discese e salite, sempre in piega.
Anche non esagerando con la manopola de gas si può godere delle belle curve, incessanti, che ci scorrono sotto le ruote.
Di questo passo arriviamo a metà giornata ed è il momento in cui Drago deve rientrare; ci sediamo all’ombra di un albero, su un muretto; chiacchiere, le solite cazzate, è una specie di tutti contro tutti; poi alla fine i saluti: Drago prende la via del rientro, noi saliamo ancora, per un percorso in cui a tratti l’asfalto è un antico ricordo.
La soddisfazione di ammirare paesaggi anche conosciuti, ma da un punto di vista assolutamente inedito ci ripaga ampiamente della strada deformata e dissestata.
Si scende, ora, e passato lo stradello sulla sommità di una diga, la strada si allarga, dotata anche di un buon fondo stradale, tranne in un punto dove pur a velocità molto modesta, non più di ottanta all’ora, una curva più che scivolosa mi fa intraversare come se stessi facendo speedway; mai mollare il gas, in simile frangente: l’improvviso grip avrebbe come effetto collaterale un bel lancio dalla sella ed allora, dosando, assecondo la derapata.
Queste cose hanno una durata temporale di qualche secondo, ma lasciano sensazioni ed emozioni profonde…
Si percorre il bel tracciato a buon passo e poi viene nuovamente il momento di deviare per le alture: un lungo toboga, asfalto quasi perfetto, ci porta ad attraversare diverse comunità montane, per poi alla fine scendere di nuovo a valle; mancano oramai pochi chilometri all’ultimo paese che dobbiamo raggiungere, dopo di che l’asfalto lascerà il posto a qualcosa di più divertente…
Arriviamo, sono da poco passate le tredici ed oramai l’alimentari, l’unico del paese, è chiuso; dobbiamo aspettare le sedici e trenta e così, dopo esserci un pò *sfiammati* all’ombra di una pergola, entriamo nell’unica trattoria del paese per rifocillarci.
Acqua minerale come se piovesse, antipastino all’italiana, con affettati e bruschette; dei primi al ragù o con zucchine e salsiccia, melanzane grigliate e patate per contorno.
Ci dilunghiamo, tanto abbiamo tempo… Poi fuori, di nuovo sotto la pergola; arrivano le sedici, andiamo al bar, l’unico del paese anche questo, prendiamo vino ed acqua minerale, il tutto bello freddo, e sistemiamo le bottiglie nello zaino termico posizionato sul mio retro sella. Scendiamo di nuovo verso l’alimentari, solo un paio di cento metri, e provvediamo a scaricare la moto di Flò: il suo bagaglio lo sistema Freeblue sulla sella della sua moto, Flò salirà in moto con MrSergio e la sua motina resterà parcheggiata davanti alla stazione dei Carabinieri.
Apre anche l’alimentari, si comprano le cose necessarie, mentre tutto il *grigliabile* è già dalla mattina stipato nella borsa termica, proveniente dal mio macellaio di fiducia.
Si sistemano anche gli ultimi acquisti, un’ultima abbeverata e risciacquo alla fresca fontanella in piazza e finalmente si parte per il fuoristrada.
Qualcuno del paese ci avvisa che in settimana “la strada è stata sistemata”, ovvero sono passati con una ruspa a spianare alcuni punti insidiosi. Noi procediamo; man mano che si sale le pareti rocciose si avvicinano l’una all’altra, formando un vero e proprio canyon.
Siamo immersi nel fitto bosco e in una atmosfera quasi surreale. Le moto arrancano, senza fatica, e sembrano non risentire dell buche, dei sassi fissi e mobili, dei profondi avvallamenti dovuti all’attraversamento del ruscello in periodo di disgelo. Lunga salita, a tratti un poco ripida, ma con le dovute accortezze tutto fila liscio. In una mezz’ora o poco più siamo al punto in cui pianteremo le nostre tende: uno slargo pianeggiante, con bei prati. Si vede il cielo, ma gli alberi contornano le radure in un fitto bosco. E proprio ai limiti di questo bosco scegliamo l’area per il bivacco. Ogni tanto passa qualche fuoristrada a quattro ruote ed in buon numero sono le moto da enduro o da cross che sfilano lungo il percorso; tutti ci guardano e ci scambiamo saluti e sguardi di approvazione gli uni verso gli altri.
In poco tempo le tende sono montate, c’è ancora molta luce. Freeblue, coadiuvato da Murdok, MrSergio e perfino da Flò, attrezza una panca a quattro posti, da fare invidia alle panchine del Pincio.
Anche un bel lampadario viene montato in quattro e quattr’otto, siamo proprio una squadra fortissimi!!!
Murdok provvede anche a reperire un bel pezzo di tronco il quale, con un masso sistemato da MrSergio, sarà il mio scranno, comodo ed invidiabile.
Comincia a calare la luce, mentre Flò affetta formaggio e salame fra una marea di battute e doppi sensi, Murdok affetta il pane; MrSergio e Freeblue invece provvedono a posizionare e studiare i barbecue preconfezionati.
Sembra che abbiamo preso una sola, la brace non si avvia, è debole ma poi avremo modo di ricrederci. Intanto Flò, finito il suo lavoro di affettatrice, prende a leggere le istruzioni, ma dato che già abbiamo iniziato a sorseggiare il vino, non è poi così lucida… “Io leggio… cuocendo girando vivande…” e la cantilena diventa un tormentone, fra risa e prese per il culo.
Uno dei bracieri sembra avviato meglio degli altri e su questo Free sistema gli spiedi di pollo, tacchino e pancetta. Sugli altri due bracieri Murdok, Flò e MrSergio sistemano le prime bistecche di dinosauro… Insomma, tutti si danno da fare meno che io, che osservo e commento comodamente seduto sul mio trono; il fatto è che un fortissimo mal di schiena mi blocca, conseguenza di un brutto colpo preso un paio di giorni prima.
Ma qui siamo tutti amici, si sa che se uno non partecipa è perchè non può ed anche se non gli andasse di fare una beneamata cippa non ci sarebbero problemi, è consentito, tanto approfittatori fra noi non ce ne sono.
Le carbonelle vanno a tutto spiano, cominciamo a consumare spiedi e bistecche, mentre MrSergio sistema le salsicce man mano che si liberano le griglie. Che mangiata! Il formaggio ed il salame sono andati giù come olive, la ciccia ce la siamo sbafata in un baleno; il vinello pure è finito, si è fatto buio, le chiacchiere e le cazzate, mai sopite in verità, riprendono il loro incessante scorrere.
Ecco che arriva un cane, avrà sentito l’odore della carne da chissà dove… Diventa subito nostro amico, cibandosi di avanzi di carne, formaggio e dell’ultima salsiccia rimasta. Poi, così come era arrivato, sparisce nel buio fitto, senza un guaito, senza abbaiare, senza far rumore.
A proposito di rumori: dal bosco provengono versi di uccellacci, schiocchi di rami spezzati, altri rumori che mettono in allarme Flò… per fortuna ci siamo noi a rincuorarla, mettendoci il carico da undici 🙂
Sistemiamo le griglie, raccogliamo in un sacco avanzi e rifiuti, che poi appendiamo ad un albero.
E’ tempo di ritirarci nelle tende, dopo aver contemplato il cielo limpido e di un blù intenso, pieno di stelle che solo in montagna è possibile vedere.
La mattina, ero già sveglio da un pò, sento flebili rumori, passi… esco dalla tenda e vedo MrSergio girovagare nel campo, con la fotocamera imbracciata. Parlottiamo, verifichiamo l’ora che avevamo ipotizzato e che si rivela esatta; poi iniziamo a preparare il caffè: macchinetta, acqua, caffè, zucchero… Porcamignotta, l’accendino! Dico a MrSergio di prenderlo in una sacchetta nella mia tenda, ma dalla tenda di Freeblue esce “la Mano”, solo quella, che porge l’accendino… La parola caffè, pur pronunciata sottovoce, ha risvegliato corpo ed anima!
Poco dopo, reduce dal letargo, si fa vivo Murdok.. Caffè anche per lui, anche latte, visto che lo avevamo portato ed era stato scaldato anche lui in una cuccumella, alla potente fiamma del fornelletto a spirito costruito da Andrea con due mezze lattine di birra… Ammazza, se ci chiamano all’isola dei famosi facciamo fuori tutti, con le nostre risorse e capacità.
Eccola, fa capolino dalla tenda anche Flò che per riprendere completa padronanza di se ha bisogno della sua tisana del caz.. eehhmmm, della sua tisana in tazza.
Colazione lenta, fra il ripristinarsi della favella e delle capacità motorie cominciamo a smontare il campo ed alle dieci siamo pronti, con i bagagli nuovamente caricati sulle moto.
Scendiamo, gli otto chilometri in fuoristrada ci risvegliano completamente; siamo di nuovo in paese; altra colazione al bar, dal mitico Vincenzo che ci accoglie con la sua solita simpatia. Si parte, finalmente e definitivamente.
La strada ci porta ad attraversare nuovamente zone montane; sembra non finire mai… infine ci fermiamo in un paese, sono le quattordici circa.
Ho addocchiato un posticino per spiluccare qualcosa, un bar bello grande con una terrazza dove spira anche un leggero refolo d’aria fresca, a tratti. Certo, avevamo anche azzardato l’ipotesi di andare da Aaaaaangela, è proprio qui dietro, ma ci vorrebbe troppo tempo e poi fa caldo; abbandonata anche l’idea di scendere sulle sponde del fiume per mangiare in un posticino, ma oggi, essendo domenica, sarà strapieno.
Invece nel bar siamo solo noi; un simpatico ragazzotto ci rifornisce di acqua minerale, patatine, panini con cotoletta o cheeseburger, cocacola ed un buon quantitativo di ghiaccio. Proprio quello che ci voleva.
Si riprendono le moto, si concorda l’ultimo tratto di percorso e via, di nuovo in strada, a macinare chilometri e curve, a non finire.
Ecco, ci siamo: ultima fatica, i venti chilometri di A24… Ci fermiamo all’area di servizio prima del casello, siamo in una fornace… bottigliette di acqua fredda, i saluti e poi… Oh cazzo! La mia gomma posteriore completamente a terra. Niente paura, spostiamo la moto all’ombra ed in un baleno la foratura è riparata; altri saluti, ora si parte davvero.
Ed ora finisce anche questa avventura; l’ennesima e l’ennesima ben riuscita. Che gruppo fantastico!!!
Ho volutamente omesso i nomi delle strade, delle località, dei paesi per due motivi: uno, per non dare indicazioni precise a quei motociclisti che già troppi posti ci hanno sputtanato, con il loro comportamento barbaro.
Due, perchè qualunque sia il luogo i Babbaluci stanno bene se sono in compagnia fra di loro. A noi basta poco: una strada e del tempo libero, tutto il resto, compresa l’amicizia che ci lega, l’affiatamento, l’affetto, lo portiamo sempre con noi nella nostra casetta…
Alla prossima, Amici!