A volte capita di uscire in solitaria; magari si ha un giorno libero non di fine settimana e non ci sono amici disponibili a formare un gruppetto o quanto meno una coppia di baldanzosi motociclisti alla ricerca di una giornata in completa libertà.
A me capita spesso, perchè essere solo non mi impedisce di farmi una bella cavalcata in moto.
Fino ad ora, a parte qualche piccolo resoconto sul forum, non ho mai redatto un vero e proprio report di queste giornate, ma ora mi piace farlo, almeno per trasmettere le sensazioni che si provano ad andare in giro in compagnia di se stessi e della propria moto.
La prima cosa, abbastanza evidente, è che orari e ritmo sono perfettamente calzanti alle proprie personali esigenze, abitudini e, perchè no, all’estro del momento.
Io mi sveglio presto ma se so che debbo andare in moto l’orologio biologico anticipa ulteriormente la sveglia. In questa occasione si è ripetuto ciò che succede generalmente in situazioni simili: occhi sbarrati, all’improvviso, intorno alle tre di notte. E così mi ritrovo nel mio garage che sono circa le quattro, ora cosiddetta legale, perchè l’orologio della mia moto è fisso sull’ora vera, quella solare: giro la chiave nel quadro e leggo 3:03…
Mi preparo, la metodologia acquisita impedisce che io dimentichi qualcosa; faccio presto ed alle 3:20 sono fuori del garage, con la moto che borbotta gentilmente senza, credo, aver svegliato i vicini.
Il pieno di carburante è stato effettuato il pomeriggio precedente, così come tutti i controlli di routine, livelli e così via.
Bar aperti a quest’ora non ce ne sono e così trotterello sull’Aurelia, a circa settanta all’ora, dirigendomi verso il Grande Raccordo Anulare; area di servizio Selva Candida, frequente punto di incontro con gli amici; potrei fermarmi qui ma è ancora troppo presto e dunque tiro lungo; viaggiando ad una velocità modesta, fra i novanta ed i cento all’ora, arrivo sulla A24 e mi fermo a Colle Tasso Sud, altro punto di incontro noto ai Babbaluci,. Data l’ora non c’è praticamente nessuno; lascio la moto davanti alla vetrina così, facendo colazione, la potrò controllare, dato che non ho staccato nè il navigatore nè la borsa sul portapacchi.
La colazione è veloce quanto deprimente, mi rimetto subito in marcia; c’è una foschia nell’aria che preannuncia una giornata di sole intenso, ma al momento è umido e non fa certo caldo. Durante la vestizione ho indossato un wind stopper sotto la giacca ed i guanti in pelle, cosa che si rivela opportuna.
Sempre sul filo dei novanta-cento percorro i pochissimi chilometri di autostrada, per uscire a Vicovaro Mandela. Tiburtina, ora, passando per una ancora assonnata Arsoli, da dove le valli sottostanti risultano nascoste nella nebbia; Carsoli, dove incrocio un paio di camioncini ed altrettanti trattori. Ancora nebbia, si sale; attraverso paesaggi ovattati e le mille curve, serrate, di tutti i tipi, passo Pescorocchiano, San’Elpidio ed infine Tornimparte. Non riesco a vedere neanche il lago del Salto, dove la nebbia ne copia perfettamente i contorni. A Tornimparte un paio di strade interrotte mi costringono a fare delle deviazioni antipatiche, ma in breve sono su una delle strade più belle e motociclistiche d’Italia, la SS 80. Passo in completa solitudine il Valico delle Capannelle e, senza incontrare anima viva, arrivo al lago di Provvidenza. Un paio di foto, senza scendere di sella e con il motore acceso… Il ritmo è modesto ma costante, concedo poco alla velocità di punta e nulla alle soste. Ad Aprati dovrei fare rifornimento, ma il pos del distributore non funziona e nei dintorn inon c’è un bancomat dove prelevare. Vado avanti, lasciando la SS 80 per salire a Crognaleto, sono a circa trenta chilometri da Teramo. Benzinai neanche l’ombra, tanto meno bancomat; entro nel paese di Altavilla ed un attempato nonchè pittoresco abitante del posto scoppia a ridere quando gli chiedo del bancomat e del distributore: “Ma tu proprio qui vai cerchenno ste cose? Da dove arrivi?” Da Aprati, rispondo, e lui: ” Ecco, allora tornaci oppure riprendi la strada sopra e vai a Montorio… Ce la fai?, sennò te la do io un pò di benzina.” Millle ringraziamenti, ma non mi meraviglio, gli Abruzzesi sono così! Ce la faccio, comunque; mi rode un pochino arrivare a Montorio per poi ritornare qui, perchè è chiaro che debbo seguire il mio percorso; mi rode ancora di più tornare indietro, sono ancora più chilometri. Per forza di cose raggiungo Montorio, dove ho un altro siparietto con altro attempato locale, molto distinto: “Si, la posta è in piazza, quella principale”. Io: “E dov’è la piazza principale?” Lui: “Un poco più avanti, sulla destra, dove c’è la posta.” Chiarissimo, no? Non contento chiedo anche se c’è anche un distributore e lui: “Per il distributore devi cambiare!” Che devo cambiare? mica sono in treno!!! Non si scompone e con tutta calma risponde: “Devi cambiare strada, no?!”.
Espletate le operazioni di rifornimento contante e carburante ripercorro a ritroso la strada fatta, che in totale sono circa venticinque chilometri, e riprendo il percorso che avevo disegnato. Molto ben fatto, mi complimento con me stesso perchè se avessi fatto diversamente, ovvero se da Montorio avessi ripreso la SS 80, mi sarei perso degli angoli incantevoli, con tanto di ruscelletto canterino ed innumerevoli cascatelle!
Fino ad ora, dopo la colazione, l’unica volta che sono sceso di sella è stato alla posta, anche il rifornimento è stato fatto a cavallo sulla moto.
Comunque, alla fine, sempre sulla SS 80 mi ritrovo, poco distante dal bivio per salire a Pietracamela ed ai Prati di Tivo. Poco più di quattordici chilometri di salita e tornanti, con il suggestivo panorama sul Gran Sasso a fare da quinta. Paesaggio severo, austero, magnifico. Passo, senza entrarci, il paese di Pietracamela; anche lui incute un certo timore, ricorda storie antiche, di pastori, mi vengono in mente i racconti di Ignazio Silone… Il paese sembra perennemente minacciato dalle pareti rocciose fra le quali è incassato, davvero suggestivo. Proseguo, al piccolo trotto; la strada, invece, mi ricorda i tornanti della recentissima vacanza in Basilicata, in compagnia dei Babbaluci; mi accorgo che, sotto la visiera, sto sorridendo al ricordo!
Durante il tragitto ho già ricevuto una chiamata da MrSergio, che mi accompagnava nell’itinerario seguendolo su Google Maps, ed una chiamata da Dragokappa, che invece chiedeva informazioni riguardo ad un intervento che avrebbe dovuto effettuare sulla moto di un suo amico.
Fa caldo, ora, caldissimo! Durante la breve sosta a Montorio mi ero tolto il wind stopper ed aperto tutte le prese d’aria della giacca e dei pantaloni ed avevo indossato i guanti leggerissimi, da fuoristrada, in luogo dei pesanti guanti in pelle. Farò pubblicità, ma non ho obblighi verso nessuno pertanto non frega: impagabile il completo Rev’it; appena posso ne prendo un altro!
Sono le ore undici, solari, nonostante la deviazione. Mentre continuo a salire mi faccio mentalmente due conti pensando a quanto si potrebbe impiegare con il gruppo per arrivare fin qui. Si può fare!
Arrivato ai Prati di Tivo faccio una ricognizione ai prati bassi poi, completato l’anello, salgo per i prati alti. E’ tutta un’altra musica! Si è immersi nel fitto bosco, luce ne penetra veramente poca. Prendo appunti: individuati due posti per il picnic, con panche e tavoli, più una fontana con acqua corrente; nei prati bassi, invece, individuati posti per un buon bivacco. Oddio! L’asfalto finisce di botto, me la rido sotto la visiera… Più che sterrato, pietraia, canali, buche di varia profondità, acqua. Ci sarà, e c’è, da divertirsi; arrivo al capolinea, una sbarra dice che è vietato proseguire; non per i validi ciclisti, in MTB, che sono già oltre la sbarra e studiano un percorso su carta e GPS; è gente pratica, non il solito pollame di allevamento, si vede subito, come subito si riconoscono certi motociclisti della domenica. Plauso.
Dietro front, un pargolo sui tre anni saluta, seduto sul gradino di un camper fra le gambe del giovane papà; esce anche la mamma, il bimbo mi indica ed urla cose incomprensibili; i genitori ridono, io mi fermo, spengo il motore e tolgo il casco. Ci salutiamo allegramente, tutti, fra le risa generali per i versi che fa, che urla il bimbetto.
Fa bene vedere certe cose, l’imprinting giusto glie lo stanno dando, mettendolo a contatto con la natura, quella vera, e non relegandolo sotto un ombrellone su una spiaggia gremita di soliti polli, quelli di batteria. Ah, la massa… fuggirne è un obbligo morale verso se stessi.
Riparto; scendo a folle ed a motore spento i primi tornanti, per non disturbare la quiete dei pochi escursionisti, poi riprendo il pieno controllo del mezzo; sappiamo per esperienza che a folle, a motore spento, in fuoristrada si possono fare danni, vero Manga?!? 😀
Di nuovo alla piazzetta, scendo ancora, ripercorrendo la strada verso Pietracamela; adesso entro in paese, mi accingo a prendere nota sui vari macellai, alimentari ma nulla di fatto; se torneremo qui per un bivacco, sarà bene approvvigionarsi a Montorio.
Eccomi ancora una volta sulla SS 80, ancora in direzione di Montorio ma questa volta è giusto così, è iniziato il percorso di rientro.
Per strade che non sto a spiegare ma che sono facilmente intuibili, dopo un’oretta mi ritrovo al Rifugio Mucciante; una sosta sarebbe opportuna, per le chiappe e la panza, ma ho una leggera antipatia per questo posto, un tempo vero rifugio dove era possibile sostare in santa pace.
Squilla il telefono nell’auricolare, è Murdok; quanto mi fa piacere sentire gli amici che vogliono in qualche modo partecipare al giro e si tengono informati.
Scendo per Castel del Monte, San Demetrio, Molina Aterno; mi godo in completa solitudine le Gole di San Venanzio, procedo per Goriano; lascio l’asfalto per un corto sentiero che mi porta sulla sommità di una collinetta: lascerò raffreddare un pò la moto e mi riposerò anche io. Mi spoglio, inserisco l’antifurto semmai dovessi addormentarmi e mi sdraio sull’erba, all’ombra di un alberello. Quarantacinque minuti, in silenzio e nel silenzio; qualche raro cinguettio, nessun mezzo a due o quattro ruote che passa; qualche scricchiolio dalla moto, anche il metallo si rilassa.
Riparto, ora sento la fame, ma tiro dritto: Collarmele, Celano ed entro in autostrada, mi da fastidio attraversare Avezzano.
Ne approfitto per prendere un panino ed una coca all’area di servizio, ma il cassiere mi fa innervosire con la sua insistenza per farmi prendere un menù, cosi me ne vado, lasciando la signorina con il panino in mano: “Senta, ma io il panino l’ho scaldato!” Bene, lo dia al suo collega, con sessanta centesimi può prendere anche il dolce, è conveniente…” Esco, casco e guanti, al pari un nobile incazzato che avrebbe preteso guanti e cappello; risalgo sul mio poderoso destriero e via. Poca autostrada, esco a Magliano de Marsi, qui il panino vero, al mio bar preferito, con tanto di bibita ghiacciata; ci sta tutto. Altra bibita, alla faccia dei cassieri invadenti!
Riparto, strada nota: Scurcola Marsicana, Tagliacozzo; prima dei Colli di Monte Bove mi concedo una deviazione: un omaggio alla memoria, la mia; per non dimenticare mai, come si dice. Marsia. Ci venivo da ragazzetto, ancorchè quattordicenne, a cavallo del mio Corsarino 50 ZZ; un gruppetto di amichetti, la tenda militare presa a via Sannio… Che tempi!
Riprendo l’itinerario del rientro: Colli di Monte Bove, come dicevo, poi giù, verso Carsoli e di nuovo Mandela Scalo, dove mi immetto sulla A24 per l’ultimo noioso tratto verso casa. Al garage conto i chilometri; fra itinerario e deviazioni sono ottocentoquarantasei; per il giro con gli amici, al netto del percorso di avvicinamento da e per casa, saranno circa settecento; in due giorni, in gruppo, si può fare.
Anche questa è oramai in archivio.
In certi momenti, viaggiando da soli, si secca la gola e le mandibole si serrano per mancanza di articolazione… Ma un paio di telefonate degli amici aiutano a rinfrancare lo spirito, la loro presenza si sente ed è molto gradita, pur se via etere. Progressi della tecnologia, il bluetooth fa miracoli! Ovviamente ci vogliono anche gli amici giusti, ed io ce l’ho! Molto soddisfatto del giro, delle varianti effettuate per necessità, per curiosità o per romanticismo, saudade di tempi che non ritorneranno mai più.
Eh, si, viaggiare da soli innesca ricordi, introspezioni; molti ne ho fatti di viaggi o semplici giri in solitaria, ogni volta prima che un viaggio per i luoghi è un viaggio dentro se stessi.
E mi piace, quasi quanto viaggiare in compagnia!
Alla prossima, Amici!