1-7 luglio 2012 – RDGA

Domenica 1 luglio.
Sono da poco passate le 5 del mattino quando io, Ulysse, e Sam ci incontriamo; senza toglierci neanche il casco e senza scendere dalle moto ci avviamo decisi verso il luogo dell’appuntamento con gli altri Babbaluci Romani: Freeblue e Murdok. Con loro l’appuntamento è alle 6 ma quando arriviamo, in anticipo ovviamente, Murdok è già lì, dalle 5! L’ansia per la partenza si era impossessata della sua anima e delle sue facoltà mentali…
Poco dopo arriva anche Freeblue, rapida colazione e si parte, l’avventura è ufficialmente iniziata.
Per Marmar è iniziata la sera precedente, partito da Palermo con il traghetto; l’appuntamento con lui è alle 18:30 presso un’area di servizio a Genova – Voltri, sulla A26.
Percorriamo velocemente ed in assenza di traffico la Roma – Firenze, fino a Valdichiana; qui imbocchiamo la Siena – Bettolle e ci fermiamo al primo distributore, luogo di incontro con Jack, proveniente da Fabriano.
L’appuntamento è per le 8:30, noi siamo li alle 8:15 e dopo pochi minuti ecco spuntare Jack, sincronismo perfetto!
Ripartiamo così qualche minuto prima dell’ora dell’appuntamento; se è importante non perdere tempo, guadagnarne lo è ancor di più…
Veloce passaggio sulla Siena – Bettolle, dunque, e giunti a Poggibonsi lasciamo le strade veloci per effettuare una piacevolissima diagonale verso nord ovest che ci porta fino a Borgo a Mozzano; ovvia sosta foto al Ponte della Maddalena, altrimenti detto Ponte del Diavolo. Si riprende il viaggio, passiamo per Castelnuovo in Garfagnana e deviamo per Isola Santa; qui evitiamo di salire al Passo del Vestito, percorrendo la più veloce ma altrettanto suggestiva -e curvosa- alternativa per Forte dei Marmi; entriamo nuovamente in autostrada al casello Versilia e ci dirigiamo a nord.
Una cinquantina di chilometri ed usciamo a Carrodano – Levanto: l’Aurelia ed il Passo del Bracco ci porteranno a fare la sosta pranzo all’Osteria Tagliamento, alle 14 in punto.
Siamo messi molto bene con l’orario e ci possiamo permettere una sosta abbastanza comoda; pasta al pesto, veramente speciale e scopo della fermata non casuale. Ci sono molte altre moto al parcheggio, come sempre in questo posto essendo l’Aurelia ed il passo del Bracco meta molto ambita dai motociclisti. Il pranzetto scorre piacevolmente, inframmezzato da chiacchiere con altri motociclisti; qualcuno si concede un caffè e poi si riparte; abbiamo tempo ed invece di riprendere l’autostrada a Deiva Marina scendiamo per l’Aurelia fino a Sestri Levante. Strada molto bella, ma dopo pochi chilometri noto che mancano un paio di moto, in coda… ci fermiamo ad aspettare all’ombra, poi passa una delle persone con la quale avevo parlato all’osteria, su uno scooter, e ci dice che la polizia ha fermato i nostri amici. Attendiamo ancora e ci meravigliamo un pò: stavamo procedendo a velocità molto al di sotto del limide del CdS e quando i due arrivano si svela l’arcano: i poliziotti, attratti dalla bellissima moto di Murdok, lo avevano fermato per vederla da vicino e soddisfare la loro curiosità. Meglio così.
Sestri Levante, si rientra in autostrada; percorriamo in scorrevolezza un pò di chilometri ma arrivati nei pressi di Genova c’è il blocco totale; con le moto si riesce a passare in una corsia centrale fra le due file di automobili ma dato che non tutti sono così intelligenti da lasciare libero questo spazio, a volte si deve fare un pò di gimkana e proprio in uno di questi passaggi l’automobile che mi precede si blocca di colpo e la struscio con la valigia laterale; nello sbandamento che segue urto il guard rail con il manubrio e si spezza il collare della pompa freno anteriore. L’auto non riporta nessun danno, solo una strusciatura di vernice e così, dopo che Freeblue mi ha sistemato con delle fascette il bracciale, possiamo ripartire. Nel delirio di auto che continua ad intasare l’autostrada sbagliamo una deviazione ed invece di essere sulla A26 cio ritroviamo sulla A7; poco male, più a nord troveremo la bretella per Alessandria ed i km supplementari sono veramente irrisori. Però Marmar, che ci ha avvisato di essere arrivato ed in attesa di sbarcare, ha appuntamento sulla A26 e così dopo esserci fermati alla prima area di servizio lo chiamiamo per comunicargli le coordinate del nuovo appuntamento.
Mentre sorseggiamo acqua minerale eccolo che arriva; anche in questo caso e nonostante l’incoveniente siamo in perfetto orario!
Si riparte quasi subito, per l’ultima sgroppata autostradale della giornata. Arriviamo ad Ivrea, in albergo, poco dopo le 20; ci presentiamo alla reception ma senza neanche scaricare il bagaglio e senza cambiarci ripartiamo per una pizzeria poco distante, prenotata telefonicamente da Freeblue, per la cena e per vederci la finale dell’Europeo fra Italia e Spagna.
Certo il risultato della partita, peraltro meritato, non ci ha portato fortuna… Dopo la cena rientriamo in albergo, fermandoci ad un distributore a fare il pieno per l’indomani; com’è, come non è, arrivato in albergo Jack si accorge di non avere più il portafoglio; soldi ce n’erano pochi perchè per fortuna li teneva separati ma c’erano dentro le carte, la patente, la carta d’identità… Minchia, che guaio!
Lui e qualcun altro si rifanno la strada a ritroso, ritornano in pizzeria, al distributore ma niente. Si bloccano le carte e si va a dormire.
Per oggi è abbastanza; chi è partito da Roma si è fatto più di 800 km, 14 ore in moto per le italiche strade; Jack, da Fabriano, ne ha fatti poco meno mentre Marmar si è fatto solo la tratta Genova – Ivrea, circa 180 km.
Domani si passerà il confine…

Lunedi 2 luglio.
La giornata inizia presto, prima delle 7 sono già alle prese con la mia moto: aperta l’officina mobile su di un tavolo in giardino ed aperte le varie borsette con i ricambi cerco e trovo una delle piccole piccola staffe in ergal che mi sono autocostruito per ovviare ad una eventuale, ma in questo caso reale, rottura di un bracciale pompa freno o frizione.
Tolte le fascette in plastica applicate il giorno prima da Freeblue sistemo la staffa in modo che il pezzo rotto si comprima fra questa ed il manubrio restando solidale con il resto del collare. Usando poi dei bulloni più lunghi per compensare il maggior spessore dovuto alla staffa, stringo il tutto e la riparazione è ultimata. Freeblue e Marmar aiutano, sistemando anche il retrovisore che si era allentato nell’urto.
Jack invece è disperato, in preda allo sconforto; vuole rientrare a casa per via dei documenti persi e noi facciamo di tutto per convincerlo a proseguire… Paghiamo il conto dell’albergo, ci avviamo verso il centro di Ivrea per fermarci al primo bar per la colazione; continua la nostra insistenza, continua la sua resistenza, ma alla fine cede lui. Si riparte, direzione Aosta percorrendo la SS26; da qui proseguiamo per Courmayeur e ci infiliamo nel tunnel… Comodo per un trasferimento veloce, ma ci costa ben 26 euri e 10 centesimi, ‘cciloro!
L’uscita dal traforo ci vede fuori dai nostri confini, in Francia. Ci fermiamo nell’ampio piazzale per ricongiungerci; qualche foto, le solite cazzate e si riparte, scendendo verso Chamonix. Da qui dobbiamo percorrere circa 90 km per arrivare ad Annecy, nostro way point per la sosta spuntino che prevede anche un rapido giro a piedi per i canali ed i vicoli del centro storico. Lo stomaco lo soddisfiamo a Le Brooklin, con hamburgher, patate, insalate, dolci etc; in genere nelle escursioni in moto preferiamo un panino al volo, ma in viaggio le giornate sono molto più lunghe ed una sosta pranzo più lunga è opportuna; comunque non facciamo certo pranzi luculliani e di certo non beviamo alcoolici; ripartiti da Le Brooklin raggiungiamo il centro e parcheggiamo le moto in un garage privato, custodito. Possiamo lasciare tutti i bagagli, anche i caschi assicurati alle moto e portando via la sola borsa da serbatoio. Il giretto ad Annecy è piacevole, acquistiamo anche delle spillette da applicare sulle giacche da moto ma ci dilunghiamo un pò troppo tanto che Marmar, il quale solitamente si dimentica dell’orologio, esclama un “minchia, ma sono quasi le sette!” Di corsa, si riprendono le moto e si paga l’amaro conto del posteggio, ben 2 euri e 40; si imbocca l’autostrada e dopo una deviazione che però ci porta via solo qualche chilometro, arriviamo a Thonon Les Bains, dove imbocchiamo la direzione di Vacheresse; la strada è proprio sulla Route Des Grandes Alpes; qui, però, troviamo un blocco che ci costringe ad una ulteriore deviazione ma riusciamo ad arrivare alla locanda in tempo per sistemare i bagagli, darci una cambiata e presentarci a cena in modo decente.
La cena, come il locale, è molto rustica e molto buona: antipasto di affettati vari, risotto ai funghi, tacchino in salsa, formaggi vari senza limite di quantità, dolce e, per chi lo gradisce, anche un liquore locale; l’intera bottiglia lasciata sul tavolo… ma la cosa più buona della serata è senz’altro la cameriera! Un Culo spettacolare, come se ne vedono pochi e due occhi (scusate il termine) splendidi; fra l’altro molto graziosa anche nei modi, simpatica e sorridente. Murdok l’aveva notata già prima di entrare, come la maggior parte di noi, ma lui in quel preciso momento ha coniato il tormentone che ci ha poi accompagnato per tutto il viaggio: “MA QUELLA?!”.
Cotti dalla stanchezza, dalle birre e dal liquore, dall’abbondante libagione, ci lasciamo andare sempre più raggiungendo limiti impensabili in situazioni normali, nella vita quotidiana; le cazzate fioccano e si ride a crepapelle; non è buona educazione ripetere qui, pubblicamente, ciò che si è sentito durante la serata ma potete facilmente immaginare qual’è stato l’argomento principale delle varie battute… si, proprio gli occhi della giovane cameriera.Cameriera che ad un certo punto è sparita; eravamo i soli nella piccola sala da pranzo e data l’ora tarda aveva evidentemente finito il proprio turno di lavoro; ad un certo punto appare quella che doveva essere la di lei madre… è comparsa silenziosamente, all’impovviso, materializzandosi accanto a Marmar il quale avvertita una umana presenza si è girato credendo di trovare il culo ed invece ha trovato un donnone scaruffato! Mariiiiia, che scantu! Comunque la signora, che ci aveva già accolto alla reception (il piccolo banco del bar) era molto simpatica e disponibile; ha scherzato un pò con noi e poi siamo andati finalmente a dormire.
Oggi abbiamo percorso circa 360 km, attraversando la splendida Val d’Aosta con i suoi panorami, i castelli, i vigneti a terrazza, la Dora, Courmayeur. poi il T1, tunnel del Monte Bianco. Abbiamo lambito Chamonix; poi la bella discesa verso Flumet, su una strada panoramica e tutte curve; abbiamo visitato Annecy, perla di rara bellezza con la sua antica prigione nel bel mezzo del canale principale, l’omonimo lago ed i pittoreschi canali e vicoli.
Giornata ricca, andiamo a letto contenti di averla vissuta e di averla conclusa con una degna cena, offuscata solo da IL CULO! Bonanotte…

Martedi 3 luglio
Ci alziamo in orario tutto sommato comodo, la colazione è per le 8:30. Fortunatamente non abbiamo nulla da sistemare sulle moto se non ingrassare le catene, a quelle che ce l’hanno.
Colazione servita dalla signora, e ho detto tutto! Piacevole comunque; si paga l’esiguo conto (50 euri a testa per pernotto, cena e che cena, e la colazione).
Si sistemano i bagagli e si parte che oramai sono le 9:30. Il blocco del giorno prima ci costringe a modificare un pò l’itinerario ma dato che siamo comunque in montagna e che qui le strade sono tutte belle, un percorso molto sinuoso ed appagante ci porta prima a svalicare le Col du Corbier, non previsto, e poi ad immetteci sulla RDGA senza aver perso nulla di significativo.
Inizia la lunga salita, non una percentuiale notevole ma costante, che conduce a Les Gets. Sosta a Taninges, per dissetarci e per acquistare pile di ricambio per le radio; si riparte, passate Cluses e Le Reposoir ci attende il Col de la Colombiere, dove facciamo sosta per le foto di rito. Di nuovo in sella, la strada pur ammirando i panorami scorre rapidamente: Le Grand Bonard, Saint Jean de Sixt ed infine il Col des Aravis, dove ci fermiamo per lo spuntino. Con disappunto e stupore vedo che Les Rhodos è completamente bruciato, distrutto! Ripieghiamo sulla brasserie di fronte, ottima comunque. Moto parcheggiate proprio di sotto alla terrazza dove sono sistemati i tavoli; arriva la cameriera (MA QUELLA?!) con i baffi ma molto molto carina ed “azzinnata”, come direbbe Paolo Stoppa, ed ordiniamo un piatto unico, tipico di questa zona: la plancha; è un piatto grande, rettangolare, con ricco assortimento… prosciutto, salumi, patè, patate, formaggi, insalata etc.
Naturalmente acqua minerale e/o Coca Cola. Finiamo di mangiare e torniamo al parcheggio, preparandoci per la ripartenza. Mentre sono indaffarato intorno alla mia moto Marmar mi chiama: abbiamo un problema da risolvere, problema serio! Penso ovviamente che è successo qualcosa alla sua moto ma quando mi avvicino mi dice che è la moto a fianco, una mastodontica Honda Pan-American di una coppia francese, ad avere la manopola del comando gas bloccata; si può dare gas, forzandola, ma ovviamente non ritorna ed è impossibile proseguire il viaggio. Apro l’officina mobile ed in 10 minuti sistemiamo l’inconveniente… la moto era stata trasportata su un carrello ed una delle cinghie che assicuravano la moto al carrello era stata tirata a morte; di conseguenza la manopola era andata a finire contro il comando luci ed anche il bilanciere, non si sa come, era stato tirato in dentro… Riposiziono il tutto, aiutato da Marmar e Freeblue ed incassati i mille ringraziamenti della coppia riprendiamo la nostra strada.
Notre Dame de Bellecombe, Hauteluce, Beaufort, Col de Meraillet con sosta per gustare una bibita rinfrescante sulla terrazza di un bar affacciata sul lago di Roselend. Foto, cazzate, coinvolgimento della cameriera, vivace e procace, e di nuovo in sella… Pochi chilometri ci portano ad una nuova sosta, per documentare il passaggio al Cormet de Roselend, ultimo colle della giornata.
Dopo il valico la strada prosegue immersa in un paesaggio incantevole, da fiaba, in un susseguirsi di curve senza fine; guidiamo in scioltezza, non abbiamo fretta in quanto siamo in perfetto orario; oggi ce la siamo presa comoda, la nostra destinazione è Seez, poco dopo Bourg Saint Maurice, dove fra l’altro ci fermiamo per fare il pieno. A Seez alloggiamo al Relais des Villards, l’unico posto in cui sosteremo due notti di seguito.
Arriviamo dunque al grande chalet, Murdok sbriga le formalità di presentazione ed io, che conosco il posto avendoci pernottato lo scorso anno, gli dico di farci aprire il cancello del grande giardino dove troveranno ricovero le nostre moto; altri clienti debbono spostare le loro, di moto, in quanto le hanno messe a cazzo di cane occupando tutto lo spazio disponibile, ma lo fanno di buon grado.
Raggiungiamo le camere, sistemiamo i bagagli, doccia e in poco tempo ci troviamo tutti attorno ad un tavolo all’aperto, per una bella birra in compagnia in attesa della cena. Ne approfittiamo per fare il punto della situazione, soprattutto per l’escursione al Monte Bianco che vorremmo effettuare l’indomani. Fra chiacchiere serie e le solite cazzate a profusione dove predomina l’esclamazione “MA QUELLA?!” soprattutto ll’indirizzo dell’ennesima cameriera degna di nota, arriva l’ora di cena. Ceniamo fuori, la serata è bella e nonostante le mosche si sta molto bene. Zuppa o crostini al pomodoro, una pasta tipo quadrucci ma molto più grandi condita con formaggio ed erbe, molto delicata; carne in salsa di semi di senape, insalata, dolce, caffè, ammazzacaffè, birre, birre, birre e qualche coca cola per gli analcolici del gruppo.
Concudiamo in maniera degna anche questa giornata: i chilometri sono stati circa 200, pochini ma suffcienti a farci gustare bei percorsi, colli, paesaggi, laghi, cascatelle, belle figliole; infine relax ed una bella cena in compagnia degli amici, che si può volere di più?

Mercoledi 4 luglio
Oggi non abbiamo nessun bagaglio da caricare in moto in quanto è giorno di escursione e questa sera dormiremo ancora nello stesso albergo.
Si parte non troppo presto, anche per dare modo a Marmar di riprendersi da una nottata insonne causa problemi al … retrofit!
Il nostro chalet è proprio su Route de Petit Saint Bernard ed una volta in sella iniziamo subito a salire per i tornanti che in breve ci porteranno al Colle: solo 26 chilometri ci separano dal confine con l’Italia.
La strada, anche se non troppo ben tenuta, è scorrevole e sgranelliamo i tornanti rapidamente, fermandoci poi ad un paio di km dal valico per fare foto ad una cascatella ed al paesaggio circostante. Poco dopo altra fermata, d’obbligo, al passo per le foto di rito e per vedere se possiamo comprare qualche altra cazzatella. Niente di che, solo qualche adesivo… si riparte, la discesa verso Champex è rapida, imbocchiamo la SS26 in direzione Aosta, percorsa in senso contrario qualche giorno prima, e saliamo poi verso il Col de Grand Saint Bernard. Man mano che si sale il paesaggio diventa lunare, selvaggio. Arriviamo al colle non tutti insieme in quanto io, Marmar e Freeblue ci siamo fermati a fare delle foto senza scendere dalle moto. Gli altri sono già li, parcheggiati davanti al laghetto prima del valico presidiato dalla Polizia di Frontiera.
Qualche foto e poi, con un pò di apprensione per Jack, in fila indiana passiamo il varco senza problemi. Ci fermiamo subito dopo, nei pressi dell’Ospizio. Altre foto, acquisti di spille, patch, magliette e si riparte per la splendida discesa nella valle d’Entremont in territorio svizzero, direzione Martigny; passato il lungo tratto di strada protetto dal para valanghe lasciamo la strada principale deviando per Champex, lago e paesino, perchè sapevo essere strada molto bella incassata in una valle da cartolina. Così è; ci fermiamo al lago, qualche foto e vorremmo anche mangiare qualcosa ma visto che una margherita costa circa 18 € preferiamo proseguire e sconfinare in Francia.
La nostra destinazione è Chamonix, ci arriviamo rapidamente e qui ci rifocilliamo presso un McDonald. Dobbiamo fare presto perchè rischiamo di perdere il trenino a cremagliera per il Mar de Glace; lasciamo le moto parcheggiate davanti al McDonald e a piedi raggiungiamo la stazione Chemin de Fer du Montenvers. Il treno parte dopo un quarto d’ora circa ed una volta in carrozza ci godiamo la salita verso il ghiacciaio, facendo foto all’interno del treno e dai finestrini; oltre a noi solo un altro piccolo gruppo di passeggeri, abbiamo la carrozza in esclusiva! Arriviamo al ghiacciaio dove sostiamo meno di un’ora, dato che quello che ci riporterà a valle sarà l’ultimo trenino della giornata. Esperienza interessante, comunque, perchè lo spettacolo è davvero impressionante per l’imponenza del ghiacciaio e la severità delle vette circostanti. Ritorno a valle un pò più sacrificato visto che l’ultimo treno è ovviamente affollato. Arrivati al parcheggio delle moto decidiamo di fare il traforo per accorciare i tempi del rientro, dato che si è fatto un pò tardino.
Da Camonix al traforo è un niente, non c’è neanche fila per passare la barriera e rapidamente ci troviamo in Italia, a Courmayueur. Altrettanto rapidamente raggiungiamo Pre Saint Didier dove inizia la salita al Piccolo San Bernardo, che percorriamo in senso contrario rispetto a quello effettuato la mattina; in solitaria perchè siamo gli unici a salire e non ricordo di aver visto altre moto a scendere, non sul tratto del passo vero e proprio; inoltre sono oramai le 19 passate e la luce è fantastica, le montagne sono di un rosso dorato incantevole. Rientro veloce, dunque, visto che da Chamonix abbiamo percorso solo 75 km per arrivare alla nostra locanda.
Anche oggi giornata molto appagante: belle strade, due colli importanti come il Piccolo ed il Gran San Bernardo di cui il primo percorso nei due sensi di marcia; panorami mozzafiato, la salita al Mar de Glace del Monte Bianco…  Il tutto in soli 320 km. Arrivati in albergo svolgiamo il solito rituale: doccia, abiti più che comodi, aperitivo e cena. Dopo il piatto di apertura, zuppa di legumi o altro, ci gustiamo una succulenta Tartiflette, piatto tipico dell’Alta Savoia: si tratta di uno sformato di patate cucinato in forno, con lardo, cipolle ed il formaggio locale, che ovviamente si fonde, denominato reblochin, dal sapore e dal profumo inconfondibili. Tutti tranne Marmar, per i noti problemi al retrofit… Le solite birre e le solite Coche per i “pupi” che non bevono alcoolici, dolce, liquore e la giornata si conclude in un crescendo di goliardia ed allegria, come è giusto che sia in queste situazioni.
Domani si sbaracca e dormiremo in un altro posto.

Giovedi 5 luglio
Lasciamo Seez ed il Relais des Villards, dopo la solita colazione e dopo aver sistemato i bagagli sulle moto.
Marmar non sta ancora benissimo e prima di lasciare Bourg Saint Maurice ci fermiamo presso la locale farmacia per procuraci qualcosa di efficace per il suo problema. Marmar assume subito delle pillole e ci mettiamo in marcia.
Dirigiamo verso la Val d’Isere, dove arriviamo dopo soli 35 km di marcia, smalteno un pò perchè non troviamo distributori lungo la strada… il navigatore ce ne segnalava un paio ma erano informazioni fasulle. Facciamo dunque il pieno (magari la benzina costasse così anche da noi…) e oramai sereni attraversiamo la valle, davvero un paradiso Terrestre, salendo verso il colle. Un paio di cartelli sono in contraddizione perchè uno dice che il colle è chiuso ed un altro dice che è aperto… un terzo recita che la chiusura è solo in ore notturne, per manutenzione. Oramai siamo qui, decidiamo di proseguire fin dove è possibile. A pochi km dalla vetta un ulteriore cartello, questa volta sincero, dice che c’è una frana dopo lo scollinamento e che di conseguenza la strada è sbarrata. Continuiamo, fortunatamente possiamo arrivare in vetta e fare almeno le foto sul passo. Diprendiamo la strada per ritornare a Bourg Saint Maurice, dove ci fermiamo per fare il punto della situazione: sono oramai le 12 passate, decidiamo di acquistare qualcosa al supermercato per fare uno spuntino veloce e ripartire al più presto mettendo in atto il piano B. Lo spuntino non è poi così veloce: ci infiliamo in un parco dove è possibile accedere con le moto fin dove ci sono dei tavoli con panche per i pic nic. Ci sistemiamo, prepariamo i panini con proscitto, mortadella e formaggio, mangiamo bevendo la solita acqua minerale e poi cazzariamo un pò come di consueto. Proprio li di fronte scorre un grazioso ruscello, c’è ombra offerta generosamente dai numerosi alberi circostanti ed è difficile rompere l’incantesimo. Alla fine saliamo in sella che sono le 14, direzione Col de la Madeleine. Questo colle non era previsto, ovviamente, ma siamo molto contenti di essere stati costretti a farlo: strada bellissima, un continuo susseguirsi di curve e tornanti, soliti panorami diversi fra loro ma tutti belli allo stesso modo. Sulla strada notiamo le scritte fresche fresche per il Tour de France, che passerà di qui fra non molto ed infatti la strada, non solo questa, è stata riasfaltata da pochissimo. Svalicato il colle proseguiamo per Saint Michel de Maurienne, dove ci ricongiungiamo con l’itinerario originale. Per arrivare qui dal Col de l’Iseran abbiamo percorso quasi 200 km di strade di montagna, contro i 75 dell’itineraio originale, più del doppio. 125 km in montagna non sono pochi ma un buon ritmo ci ha consentito di recuperare il tempo perso e fortunatamente abbiamo perso solo quello, senza aver dovuto rinunciare a nessuno dei colli previsti per la giornata odierna, anzi ce ne ritroviamo con uno in più… tutta salute!
Una volta tornati sulla retta via inanelliamo nell’ordine: col du Telegraph, Col du Galibier e Col du Lautaret dove siamo costretti ad indossare gli antipioggia per un improvviso temporale. Continuiamo su una strada di fondovalle, sinuosa, che ci conduce fino a Briancon; ha smesso di piovere, da un pezzo oramai, e saliamo rapidamente verso l’ultimo colle della giornata: il Col de l’Izoard. Se la salita offre un panorama incredibilmente suggestivo, la discesa dal Col de l’Izoard verso il successivo Col de la Platriere è uno spettacolo mozzafiato! Pinnacoli di roccia incastonati come diamanti lungo i pendii della Casse Deserte… uno di questi pinnacoli è un monumento in quanto sono poste due distinte targhe a memoria di Coppi e Bobet dove sono ritratti i loro profili e posti dei mazzi di fiori. Riesco a vedere il monumento per puro caso e di sfuggita, perchè ho l’abitudine di guardarmi sempre intorno, ma purtroppo non riesco a fermarmi per fotografare, data la posizione che ho assunto nel gruppo sarebbe rischioso fermarsi di colpo… Proseguiamo; la strada, mai noiosa, si infila nel Canyon de Queyras in un susseguirsi senza fine di curve veloci, rocce sporgenti sull’asfalto, torrente incazzoso che scorre accanto alla strada. Arrivati quasi alla fine del canyon dietro una curva, infilati in una piazzola a filo strada, ci sono dei personaggi accanto alle loro auto che evidentemente hanno appena concluso una discesa in rafting e si stanno cambiando, montrando le chiappe al vento. Passando mi attacco al clacson come a voler rimproverare la loro indecenza e loro mi urlano qualcosa… rido nel casco, a volte sono, siamo veramente deficienti ma è un bene, perchè ci si diverte con poco!
La bella strada è finita, siamo a Guillestre; la attraversiamo, passiamo anche Eygliers ed in breve ci infiliamo nel cortile-parcheggio del nostro Motel. Come al solito e come da sua incombenza Murdok sbriga la presentazione alla reception, prendiamo possesso delle camere, doccia, abiti civili, due chiacchiere e siamo a cena.
Il motel è discreto, tranquillo, con un bel parcheggio chiuso da un cancellone scorrevole ed un parco con sdraio, tavoli e sedie per il relax. Il ristorante è di quelli che da fuori non gli dai fiducia ma avendoci fatto sosta lo scorso anno sapevo di cosa si trattava. Cena luculliana: antipasto a buffet e la gentile, sensuale cameriera la quale non ha certo evitato il corale “MA QUELLA?!” ci ha specificato che potevamo andare al buffet quante volte lo avessimo desiderato. E già così si era consumata una cena degna, con tanto di biere a pression formato grande. A seguire entrecote con patate ed insalata, altro giro di birra, acque minerali, dolce… L’entrecote di Sam, come le nostre, era pepata per cui abbiamo chiesto a QUELLA di farne preparare un’altra in cucina. Nessun problema.
Andiamo a letto più che soddisfatti, fino ad oggi ci ha detto sempre bene, sia con i percorsi che con i pasti; il resto lo ha fatto il gruppo con la tenacia che lo distingue, ovviando ai vari problemi che si sono presentati; con l’amicizia profonda ed oramai fortemente radicata, con l’allegria di cui è capace. I km oggi sono stati circa 340, impegnativi sia per la natura del tracciato e dell’ambiente, sia per aver trovato la strada sbarrata ed essere stati costretti, ma non penalizzati, a cambiare percorso, sia per le non perfette condizioni fisiche di alcuni di noi.

Venerdi 6 luglio
Murdok si aggirava nel parcheggio già all’alba! Troviamo le catene pulite con l’apposito detergente ed ingrassate; ho il sospetto che, non avendo più nulla da fare, abbia ingrassato anche gli ingranaggi del cancello!!!
E sì che io e Freeblue siamo scesi abbastanza presto per caricare i bagagli, con molto anticipo sull’orario stabilito. Arrivano poi Marmar, Sam ed infine Jack lo sdocumentato.
Saldiamo il conto dopo aver fatto colazione: la notte, la cena come descritta (la doppia entrecote non era stata conteggiata) e la colazione ci sono costate solo 67 € a testa. Ripartiamo per fare solo qualche centianio di metri e ferrmarci al distributore per il pieno quotidiano. Anche qui, dato che non è bello tirare santioni perlomeno di prima mattina, tiro un sospiro di auto compassione: la superplus 98 ottani la paghiamo meno della eurosuper 95 ottani, la standard, da noi… Come dice il Marchese del Grillo: posso essè ancora un pò incazzato?”
Va bene, fatto il pieno si parte sul serio, lagiornata sarà molto lunga. A pochi chilometri dal nostro punto di partenza iniziamo a salire verso il Col du Vars; sosta al sommo della salita, foto e visitina al bar-ristoro-cianfrusaglie.
Troviamo degli adesivi molto carini e Sam acquista anche un oggetto per la sua collezione: un parallelepipedo di cristallo con incione laser interna, raffigurante una moto.
Riprendiamo la strada, la cosa si fa seria in quanto fra pochissimo inizieremo la lunga salita verso la Bonette. La giornata è soleggiata, luminosa e ciò nonostante a Vars avevamo indossato wind stopper sotto le giacche, buff e guanti pesanti perchè faceva già freschetto. Saliamo agevolmente, la strada è stata ovviamente riasfaltata ed in alcuni punti sembra anche più larga rispetto a quando l’ho fatta lo scorso anno, in solitaria; forse anceh perchè non c’è il muro di ghiaggio e neve a ricoprire la parete a monte che mi aveva accompagnato per un lungo tratto. Scomparse anche le buche e le crepe sull’asfalto, ma lo scorso anno lo feci una decina di giorni prima rispetto al periodo attuale; c’era anche fango sulla strada, a causa del disgelo che iniziava il suo lavoro. Meglio così, tanto di guadagnato in sicurezza. Arriviamo in cima, 2802 mt; non c’è tantissima gente e sicuramente le bici sono in gran numero. Facciamo le foto inquadrando anche la targa commemorativa e poco dopo scendiamo dal versante opposto, fermandoci intorno ai 2000 mt persso un vecchio presidio militare, per fare altre foto e toglierci lo strato termico; ora fa caldo, il sole cuoce con tutta la sua intensità. Cazzariamo un pò, il posto è gradevole ed il clima anche, ci fa piacere stare un pò fermi; poi il dovere ci chiama.
In sella, ci aspetta un bel tratto di strada da fare senza tentennamenti, per arrivare ad un’ora decente alla sosta spuntino evitando così di ritardare l’arrivo in albergo e crearci inutili disagi. A noi piace arrivare comodi, magari partiamo più presto rispetto ad altri, ma essere in albergo ad un orario che ci consente di fare una bella doccia, di sistemare le cose con calma,di  stare almeno un’ora tutti insieme in giardino o comunque seduti attorno ad un tavolo prendendo un aperitivo mentre si parla della tratta appena conclusa, del programma del giorno dopo e, perchè no, di rilassarci beatamente distesi sulla marea di cazzate che produciamo è una condizione propria del nostro gruppo ed oramai irrinunciabile se non per cause di forza maggiore.Ci fermiamo dunque a Saint Dalmas per il pranzo, posto conosciuto anche questo. pranziamo all’aperto, le moto bene in vista anche se qui, presi fra le montane, non ci sono davvero timori a rovinare la nostra tranquillità. Consumato il pasto lentamente ci rimettiamo in marcia, ora ci aspetta un pò di strada scorrevole che serpeggia in una bella vallata e poi l’icredibile, seppur con un modesto profilo altimetrico, ascesa al Col de Turini. I rettilinei su questo tracciato non sono stati contemplati in fase di progettazione: innumerevoli tornanti fanno da contorno ad una lunga serie di curve di tutti i tipi, rigorosamente tutte in salita. All’inizio suggestive pareti di rocce rosse accompagnano il nostro cammino, qualche tunnel molto rustico, con pietre a vista, e poi ci troviamo immersi in un fitto bosco dove la frescura ci da la necessaria energia per essere un pò aggressivi, per tirare con grinta l’asfalto sotto le ruote. Si cammina, ci siamo solo noi e sembra di non avere bagaglio al seguito. Tutti con le gomme nuove, montate subito prima della partenza, più o meno tutti arriviamo al colle coni riccioli a bordo gomma.
Foto sul colle; ci trasferiamo alla fontana che è dall’altra parte del grande piazzale. Acqua gelata, di fonte, nulla di più piacevole; ma si sa che le fontanelle sono anche fonte di gioco, scherzo specie per chi da bambino ne ha avute a disposizione tantissime, come nei quarieri del centro di Roma… ed eccco che esce fuori il bambimo, un pò deficiente in verità, che è in noi. E’ anceh un modo per rinfrescarci, senza dubbio, ma è più divertente di una semplice e tradizinoale sciacquettata. Ecco, ora che abbiamo soddisfatto anche la nostra non latente parte imbecille possiamo ripartire felici. Stanchi ma felici. La discesa verso Menton ci fa un pò venire la nausea per tutti quei tornanti a ripetizione, in effetti ci siamo saziati oltremisura e li affrontiamo un pò svogliatamente. Arriviamo alle porte di Menton, autostrada! Circa 135 km di questo infuocato nastro di asfalto per uscire a Varazze ed essere poi con pochi km di tornantini alla nostra pensione. Arriviamo, dopo aver fatto una sosta rifornimento e refrigerante in un’area di servizio, al nostro alberghetto immerso nella pineta alle 19 circa.
Superdoccione, sistemazione dei bagagli e lungo relax nel giardino dell’albergo, al fresco sotto gli alti pini. Aperitivo, ovviamente; chiacchiere, ovviamente ed ovviamente cazzate in produzione industriale, mentre Sam è impegnato a sguazzare nella piscina dell’albergo. La struttura è una tipica pensione anni 50 ed i clienti sono ottuagenari in cerca di frescura, in prevalenza donne anche a gruppetti; uno di questi gruppetti di simpatiche vecchiette ci aveva notato al nostro arrivo e mentre passavamo nel giardino per recarci alla reception commentavano ad alta voce: “Sò motociclisti… Si, si, sò tuuuutti motociclisti, che belli!”.
Poco prima di cena si spandeva nell’aere una musica da fiera di paese, brani facenti parte di una scaletta un pò disomogenea: dalla mazurka alla tecno passando per la Carrà e la Pausini.
Ceniamo: spaghetti al pesce spada con pomodorini ed olive, grandioso fritto misto di pesce, contorno e per la prima volta in questo viaggio beviamo vino: un gradevole Vermentino di Luni, fresco e frizzantino; gli analcolici vanno sempre ad acqua e/o coca, ovviamente.
Dopo cena, incitati dalla cameriera, decidiamo di andare a dare un’occhiata alla festa e mentre scendiamo il pensiero comune è che probabilmente troveremo solo simpatiche vecchiette, tanto che sentendo la cantante – presentatrice annunciare la waka waka Murdok commenta: “antro che waka waka, qui famo la wechia wechia!” Il rombo delle risate per un pò ha coperto i decibel degli amplificatori.
E invece, appena sbucati sul piazzale… E QUELLA?! E QUELLA?! E QUELLA?!… pieno di gioventù e di vie di mezzo, quasi tutte gradevoli e per giunta in abiti discinti o più che discinti. Comunque la nostra è solo una toccata e fuga, dopo un pò ritorniamo al nostro alberghetto, altre due chiacchiere e ce ne andiamo a dormire. Il tono generale è un pò calato, c’è in noi la consapevolezza che siamo giunti al termine dell’avventura. Domani si farà strada verso casa ma siamo altrettanto consapevoli di aver scritto un’altra importante pagina della nostra bella storia. Buonanotte.

Venerdi 6 luglio
La mattina facciamo rapidamente colazione, paghiamo il conto, anche qui in linea con il nostro standard, sistemiamo per l’ultima volta i bagagli sulle moto e partiamo.
Ci aspettano 230 km di autostrada, che divoriamo facendo una sosta rifornimento, percorsi i quali siamo alle porte di Pisa e possiamo prendere strade decisamente più divertenti; però era importante fare un pò di strada veloce per non allungare i tempi del rientro. Attraversiamo dunque la Toscana da nord a sud, seguendo una ipotetica linea parallela alla costa ma una cinquantina di km verso l’interno. Nomi noti scorrono sui cartelli stradali, passiamo sotto Volterra, a Castelnuovo di Cecina, a pochissimi km da San Galgano ed arrivati a Monticiano ci fermiamo per lo spuntino. Fa caldo, fa veramente caldo; ne avevamo avuto un assaggio il giorno prima appena imboccata l’autostrada a Menton, avvertendo tutto il contrasto con le temperature molto più fresche registrate sulle Alpi Francesi. Il caldo, unito alla stanchezza, fa desiderare a tutti di accorciare il percorso e così, dopo pranzo, dimentichiamo l’Amiata e puntiamo l’Aurelia il cui punto più vicino è Grosseto. Dopo pochi km Jack si separa, prendendo la strada per Fabriano. Noi scendiamo verso Grosseto sempre tenendo le moto più inclinate che dritte: la strada è piacevolissima e addirittura divertente quando imbocchiamo la SP19, tutta curve in discesa e con delle rampe veramente ripide che sembrano far scomparire la moto che ci precede!
Grosseto, la civiltà, il caldo ancora più caldo, il traffico tornato a livelli normali… ci fermiamo ad un distributore per il rabbocco. Prendiamo dell’acqua gelata al bar e mentre siamo seduti, svogliatamente, all’ombra a gustarci l’effimera frescura idrica si ferma un’auto con un giovane a bordo. Chiede a Marmar, seduto accanto a me: “Conosci Selva Nera?”. Marmar neanche risponde e punta l’indice verso di me, che dato il caldo e la non disponibilità dovuta allo status di fine viaggio ho ancora meno voglia di dare indicazioni. Il tizio ovviamente ripete a me la domanda: “Conosci Selva Nera?”. Risposta: ” di Selva Nera conosco solo la topa!” E quello riparte, ridendo fragorosamente. Ritorniamo sull’Aurelia, rovente; ci avviciniamo sempre più a casa e quando siamo a Civitavecchia avverto fisicamente la fine del viaggio. L’ultima area di sosta per i saluti prima della divisione: io, Sam e Marmar usciremo a Cerveteri, Marmar lascerà la moto da me e farà ritorno in Sicilia in aereo. Freeblue e Murdok proseguiranno per Roma. Ripartiamo; la conclusione di un viaggio mi lascia sempre sensazioni discordanti: la felicità per aver archiviato l’ennesima avventura, in compagnia degli amici poi, ed il rammarico per la fine del viaggio e per il commiato dal gruppo. Ma dura poco, guidando negli ultimi chilometri sto già pensando al prossimo capitolo che scriveremo insieme. Quando prendiamo la rampa di uscita mi sfogo attaccandomi al clacson per salutare i due che invece stanno tirando dritto.

Bei posti ne abbiamo visti in questo viaggio, tutti incantevoli seppur diversi fra loro. Strade avvincenti, disegnate espressamente per le moto anche; abbiamo fatto indigestione di curve e tornanti, di vette, di ruscelli e cascate di tutte le dimensioni. Ma credo che le emozioni più intense, i ricordi più belli siano legati a ciò che abbiamo vissuto insieme e sò che è così anche per gli altri, per chi ha avuto la fortuna di esserci.
Ogni viaggio è una storia a sè in cui gli unici elementi che si ripetono costantemente sono la nostra unione e la nostra intesa, che più dei luoghi, delle cose da vedere, delle strade da percorrere ci spingono a programmare già da ora il prossimo viaggio.
Grazie, Amici!